Cassazione SU Civili: la Circolare dell’Agenzia delle Entrate non vincola il contribuente
2) La circolare nemmeno vincola, a ben vedere, gli uffici gerarchicamente sottordinati, ai quali non è vietato di disattenderla (evenienza, questa, che, peraltro, è raro che si verifichi nella pratica), senza che per questo il provvedimento concreto adottato dall’ufficio (atto impositivo, diniego di rimborso, ecc.) possa essere ritenuto illegittimo "per violazione della circolare": infatti, se la (interpretazione contenuta nella) circolare è errata, l’atto emanato sarà legittimo perché conforme alla legge, se, invece, la (interpretazione contenuta nella) circolare è corretta, l’atto emanato sarà illegittimo per violazione di legge.
3) La circolare non vincola addirittura la stessa autorità che l’ha emanata, la quale resta libera di modificare, correggere e anche completamente disattendere l’interpretazione adottata. Ciò è tanto vero che si è posto il problema della eventuale tutela del contribuente di fronte al mutamento di indirizzo (interpretativo) adottato dall’ amministrazione e si è escluso che tale tutela sia possibile anche sotto il profilo dell’affidamento, stante la evidente collisione che si determinerebbe con il principio - coniugato secondo un diverso lessico, ma riferito ad un unico concetto - di inderogabilità delle norme tributarie, di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, di vincolatezza della funzione di imposizione, di irrinunciabilità del diritto di imposta. Non si può, al riguardo, non concordare con quella autorevole dottrina che sostiene che, ammettere che l’amministrazione, quando esprime opinioni interpretative (ancorché prive di fondamento nella legge), crea vincoli per sé e i giudici tributari, equivale a riconoscere all’amministrazione stessa un potere normativo che, a tacer d’altro, è in palese conflitto con il principio costituzionale della riserva relativa di legge codificato dall’art. 23 della Costituzione. Tutt’al più, come è stato pure affermato, potrebbe ammettersi che il mutamento da parte dell’amministrazione di un precedente indirizzo (interpretativo) sul quale il contribuente possa aver fatto affidamento, eventualmente rilevi (o possa esse valutato) ai fini della applicazione delle sanzioni.
4) La circolare non vincola, infine, come già si è detto, il giudice tributario (e, a maggior ragione, la Corte di Cassazione) dato che per l’annullamento di un atto impositivo emesso sulla base di una interpretazione data dall’amministrazione e ritenuta non conforme alla legge, non dovrà essere disapplicata la circolare, in quanto l’ordinamento affida esclusivamente al giudice il compito di interpretare la norma (del resto, al giudice tributario è attribuita, nella materia tributaria, la giurisdizione esclusiva). In tal caso non può non concordarsi con una autorevole dottrina secondo la quale, ammettere l’impugnabilità della circolare interpretati va innanzi al giudice amministrativo - con la possibilità per quest’ultimo di annullarla, peraltro con effetto erga omnes - significherebbe precludere a tutti gli uffici dell’ amministrazione finanziaria di accogliere quella interpretazione, con il risultato - contrario ai principi costituzionali - di elevare il giudice amministrativo al rango di interprete autentico della norma tributaria.
In realtà, la circolare interpretativa esprime, come è stato efficacemente detto, una "dottrina dell’amministrazione", vale a dire l’opinione di una parte (anche se "forte") del rapporto tributario, che, peraltro, può essere discussa e disattesa dal giudice tributario. E, qualora il giudizio di quest’ultimo corrisponda al parere espresso dall’amministrazione, caso sarà pur sempre l’interpretazione del giudice che avrà esclusivo valore ed efficacia.
L’irrilevanza, nel senso fin qui spiegato, della circolare interpretativa in materia tributaria è stata, indirettamente, confermata da una recente sentenza della Corte costituzionale - la n. 191 del 14 giugno 2007 - a proposito di un atto che sembrerebbe avere rispetto alla circolare, un "valore più cogente", dato il suo carattere "intersoggettivo", e cioè la risposta dell’Agenzia delle Entrate ad una istanza di interpello ex art. Il della legge 27 luglio 2000, n.212 (c.d. "Statuto del contribuente").
La norma, come è noto, prevede che il contribuente possa «inoltrare per i scritto all’amministrazione finanziaria, che risponde entro centoventi giorni, circostanziate e specifiche istanze di interpello concernenti l’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse» (art. Il, comma 1): «la risposta dell’amministrazione finanziaria, scritta e motivata, vincola con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza di interpello, e limitatamente al richiedente» (art. Il, comma 2). Orbene, la Corte costituzionale, affermato che «l’istituto dell’interpello del contribuente, regolato dall’art. Il della legge n. 212 del 2000, sostituisce lo strumento attraverso il quale si esplica in via generale l’attività consultiva delle agenzie fiscali in ordine all’interpretazione delle disposizioni tributarie», evidenzia che il parere espresso nella risposta «è vincolante soltanto per l’amministrazione e non anche per il contribuente, il quale resta libero di disattenderlo»: «coerentemente con la natura consultiva dell’attività demandata all’Agenzia delle entrate nella procedura di interpello, l’art. 11 non prevede, invece, alcun obbligo per il contribuente di confonnarsi alla risposta dell’ amministrazione finanziaria, né statuisce l’autonoma impugnabilità di detta risposta davanti alle commissioni tributarie (oggetto di impugnazione può essere, eventualmente, solo l’atto con il quale l’amministrazione esercita la potestà impositiva in conformità all’interpretazione data dall’agenzia fiscale nella risposta alI’ interpello)>>: sicché deve ritenersi che «la risposta all’interpello, resa dall’amministrazione ai sensi dell’art. 11 della legge n. 212 del 2000, deve considerarsi un mero parere, che non integra alcun esercizio di potestà impositiva nei conftonti del richiedente». Conclusione, codesta, che deve essere assunta anche riguardo alla circolare emanata dall’amministrazione.
Alla luce delle considerazioni svolte può, pertanto, affermarsi il seguente principio di diritto: «La circolare con la quale l’Agenzia delle Entrate interpreti una norma tributaria, anche qualora contenga una direttiva agli uffici gerarchicamente subordinati perché vi si uniformino, esprime esclusivamente un parere dell’amministrazione non vincolante per il contribuente, e non è, quindi, impugnabile né innanzi al giudice amministrativo, non essendo un atto generale di imposizione, né innanzi al giudice tributario, non essendo atto di esercizio di potestà impositiva». Va, pertanto, dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione con la conseguente cassazione senza rinvio della sentenza impugnata. La particolarità e complessità della fattispecie giustifica la compensazione detIe spese deIl’intero giudizio".
La sentenza è integralmente consultabile sul Sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 2 novembre 2007, n.23031: Valore ed efficacia della Circolare dell’Agenzia delle Entrate).
2) La circolare nemmeno vincola, a ben vedere, gli uffici gerarchicamente sottordinati, ai quali non è vietato di disattenderla (evenienza, questa, che, peraltro, è raro che si verifichi nella pratica), senza che per questo il provvedimento concreto adottato dall’ufficio (atto impositivo, diniego di rimborso, ecc.) possa essere ritenuto illegittimo "per violazione della circolare": infatti, se la (interpretazione contenuta nella) circolare è errata, l’atto emanato sarà legittimo perché conforme alla legge, se, invece, la (interpretazione contenuta nella) circolare è corretta, l’atto emanato sarà illegittimo per violazione di legge.
3) La circolare non vincola addirittura la stessa autorità che l’ha emanata, la quale resta libera di modificare, correggere e anche completamente disattendere l’interpretazione adottata. Ciò è tanto vero che si è posto il problema della eventuale tutela del contribuente di fronte al mutamento di indirizzo (interpretativo) adottato dall’ amministrazione e si è escluso che tale tutela sia possibile anche sotto il profilo dell’affidamento, stante la evidente collisione che si determinerebbe con il principio - coniugato secondo un diverso lessico, ma riferito ad un unico concetto - di inderogabilità delle norme tributarie, di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, di vincolatezza della funzione di imposizione, di irrinunciabilità del diritto di imposta. Non si può, al riguardo, non concordare con quella autorevole dottrina che sostiene che, ammettere che l’amministrazione, quando esprime opinioni interpretative (ancorché prive di fondamento nella legge), crea vincoli per sé e i giudici tributari, equivale a riconoscere all’amministrazione stessa un potere normativo che, a tacer d’altro, è in palese conflitto con il principio costituzionale della riserva relativa di legge codificato dall’art. 23 della Costituzione. Tutt’al più, come è stato pure affermato, potrebbe ammettersi che il mutamento da parte dell’amministrazione di un precedente indirizzo (interpretativo) sul quale il contribuente possa aver fatto affidamento, eventualmente rilevi (o possa esse valutato) ai fini della applicazione delle sanzioni.
4) La circolare non vincola, infine, come già si è detto, il giudice tributario (e, a maggior ragione, la Corte di Cassazione) dato che per l’annullamento di un atto impositivo emesso sulla base di una interpretazione data dall’amministrazione e ritenuta non conforme alla legge, non dovrà essere disapplicata la circolare, in quanto l’ordinamento affida esclusivamente al giudice il compito di interpretare la norma (del resto, al giudice tributario è attribuita, nella materia tributaria, la giurisdizione esclusiva). In tal caso non può non concordarsi con una autorevole dottrina secondo la quale, ammettere l’impugnabilità della circolare interpretati va innanzi al giudice amministrativo - con la possibilità per quest’ultimo di annullarla, peraltro con effetto erga omnes - significherebbe precludere a tutti gli uffici dell’ amministrazione finanziaria di accogliere quella interpretazione, con il risultato - contrario ai principi costituzionali - di elevare il giudice amministrativo al rango di interprete autentico della norma tributaria.
In realtà, la circolare interpretativa esprime, come è stato efficacemente detto, una "dottrina dell’amministrazione", vale a dire l’opinione di una parte (anche se "forte") del rapporto tributario, che, peraltro, può essere discussa e disattesa dal giudice tributario. E, qualora il giudizio di quest’ultimo corrisponda al parere espresso dall’amministrazione, caso sarà pur sempre l’interpretazione del giudice che avrà esclusivo valore ed efficacia.
L’irrilevanza, nel senso fin qui spiegato, della circolare interpretativa in materia tributaria è stata, indirettamente, confermata da una recente sentenza della Corte costituzionale - la n. 191 del 14 giugno 2007 - a proposito di un atto che sembrerebbe avere rispetto alla circolare, un "valore più cogente", dato il suo carattere "intersoggettivo", e cioè la risposta dell’Agenzia delle Entrate ad una istanza di interpello ex art. Il della legge 27 luglio 2000, n.212 (c.d. "Statuto del contribuente").
La norma, come è noto, prevede che il contribuente possa «inoltrare per i scritto all’amministrazione finanziaria, che risponde entro centoventi giorni, circostanziate e specifiche istanze di interpello concernenti l’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse» (art. Il, comma 1): «la risposta dell’amministrazione finanziaria, scritta e motivata, vincola con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza di interpello, e limitatamente al richiedente» (art. Il, comma 2). Orbene, la Corte costituzionale, affermato che «l’istituto dell’interpello del contribuente, regolato dall’art. Il della legge n. 212 del 2000, sostituisce lo strumento attraverso il quale si esplica in via generale l’attività consultiva delle agenzie fiscali in ordine all’interpretazione delle disposizioni tributarie», evidenzia che il parere espresso nella risposta «è vincolante soltanto per l’amministrazione e non anche per il contribuente, il quale resta libero di disattenderlo»: «coerentemente con la natura consultiva dell’attività demandata all’Agenzia delle entrate nella procedura di interpello, l’art. 11 non prevede, invece, alcun obbligo per il contribuente di confonnarsi alla risposta dell’ amministrazione finanziaria, né statuisce l’autonoma impugnabilità di detta risposta davanti alle commissioni tributarie (oggetto di impugnazione può essere, eventualmente, solo l’atto con il quale l’amministrazione esercita la potestà impositiva in conformità all’interpretazione data dall’agenzia fiscale nella risposta alI’ interpello)>>: sicché deve ritenersi che «la risposta all’interpello, resa dall’amministrazione ai sensi dell’art. 11 della legge n. 212 del 2000, deve considerarsi un mero parere, che non integra alcun esercizio di potestà impositiva nei conftonti del richiedente». Conclusione, codesta, che deve essere assunta anche riguardo alla circolare emanata dall’amministrazione.
Alla luce delle considerazioni svolte può, pertanto, affermarsi il seguente principio di diritto: «La circolare con la quale l’Agenzia delle Entrate interpreti una norma tributaria, anche qualora contenga una direttiva agli uffici gerarchicamente subordinati perché vi si uniformino, esprime esclusivamente un parere dell’amministrazione non vincolante per il contribuente, e non è, quindi, impugnabile né innanzi al giudice amministrativo, non essendo un atto generale di imposizione, né innanzi al giudice tributario, non essendo atto di esercizio di potestà impositiva». Va, pertanto, dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione con la conseguente cassazione senza rinvio della sentenza impugnata. La particolarità e complessità della fattispecie giustifica la compensazione detIe spese deIl’intero giudizio".
La sentenza è integralmente consultabile sul Sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 2 novembre 2007, n.23031: Valore ed efficacia della Circolare dell’Agenzia delle Entrate).