Cassazione SU Civili: legge applicabile alla revocatoria contro banca estera

Le Sezioni Unite della Cassazione si sono pronunciate sulla legge applicabile nell’ipotesi di revocatoria fallimentare promossa dalla Curatela di un fallimento dichiarato nel nostro ordinamento nei confronti di banca di diritto estero (nel caso di specie di San Marino).

Le Sezioni Unite hanno esaminato i diversi orientamenti sviluppatisi in dottrina, per poi pronunciarsi a favore della tesi che dichiara applicabile la legge cui è soggetta la procedura di fallimento. Seguiamo i passaggi principali delle motivazioni della sentenza.

"Premesso che non è invocabile, nel caso in esame, la disciplina dettata dal Regolamento Ce n. 1246/2000, relativo alle procedure d’insolvenza, giacché la banca convenuta non ha sede in uno Stato aderente all’Unione Europea, occorre rilevare come, dovendo stabilire quale legge sia applicabile in situazioni come l’attuale, la dottrina abbia in passato manifestato qualche incertezza nello scegliere tra due possibili soluzioni, talvolta inclinando per la legge applicabile all’atto da revocare (lex contractus o lex causae), altre volte per la legge cui è soggetta la procedura di fallimento (lex fori concursus).

A favore della prima soluzione si è invocata l’unicità dei principi che reggono l’istituto dell’azione revocatoria, sia che essa venga esperita in via ordinaria dal singolo creditore sia che ad esercitarla sia il curatore di un fallimento, e la natura sostanziale (e non quindi processuale) delle norme che in entrambe tali ipotesi la disciplinano: tali per cui, trattandosi pur sempre d’intervenire sugli effetti di un atto negoziale, la legge di riferimento non potrebbe che essere, appunto, quella dalla quale l’atto medesimo è regolato. Di contro si è però fatto osservare - e questa seconda opinione sembra prevalere nella dottrina più recente - che, pur essendo innegabili i punti di contatto tra l’azione revocatoria ordinaria e quella fallimentare, e pur dovendosi convenire in via teorica sulla natura sostanziale anche delle norme che corredano l’azione revocatoria fallimentare con un peculiare regime di presunzioni, ciò che davvero caratterizza quest’ultimo tipo di azione è proprio il suo essere in rapporto inscindibile con la procedura concorsuale. Rapporto funzionale così stretto da far sì che necessariamente la legge da cui è retta quella procedura debba essere la stessa da applicare all’azione che da essa promana: e ciò vuoi alla stregua - come taluno opina - di una lettura più ampia dell’art. 12 della citata legge n. 218 del 1995, secondo cui il processo che si svolge in Italia è regolato dalla legge italiana, vuoi in forza dei principi di territorialità e di universalità che altri ritiene inerenti all’istituto stesso del fallimento.

... Decisivo appare, a tal riguardo, il fortissimo radicamento nella procedura concorsuale dell’azione in esame, che si manifesta in modo evidente sia nella genesi stessa di tale azione, sia nella funzione che essa è chiamata ad assolvere. Il legame con la procedura concorsuale è nella stessa genesi dell’azione, perché, con le caratteristiche indicate dall’art. 67 l. fall., essa non potrebbe concepirsi all’infuori del fallimento o di altra analoga procedura concorsuale. Anche nell’eccezionale caso in cui l’art. 124 l. fall. ipotizza che l’azione revocatoria possa sopravvivere alla chiusura del fallimento, per essere stata ceduta all’assuntore di un concordato, dal fallimento essa deve pur sempre avere avuto vita, solo così potendosi giustificare il suo ulteriore esercizio nell’ambito di un procedimento concordatario, che dell’originaria procedura concorsuale costituisce quasi una propaggine.

Non meno evidente tale legame appare ove si abbia riguardo alla funzione che l’azione revocatoria assolve nella procedura concorsuale e che la rende strumentale alle finalità specifiche di quella procedura: in particolare al ristabilimento della (almeno tendenziale) par condicio creditorum ed alla concreta acquisizione di beni o valori destinati a confluire nella massa attiva per essere assoggettati a liquidazione e permettere poi il riparto del ricavato tra i creditori dell’insolvente.

Il che consente, in definitiva, di affermare che detta azione, quantunque disciplinata (anche) da norme di diritto sostanziale, è in effetti essenzialmente destinata a svolgere una funzione servente nella procedura esecutiva concorsuale. Donde l’imprescindibile necessità di applicare ad essa la medesima legge in base alla quale la procedura concorsuale si svolge, giacché si rischierebbe altrimenti di determinare disparità di trattamento tra creditori diversi e, pertanto, di compromettere proprio una delle finalità salienti del procedimento esecutivo concorsuale".

La pronuncia è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 7 febbraio 2007, n. 2692: Revocatoria fallimentare nei confronti di banca di diritto estero (San Marino) - Legge applicabile - Legge della procedura).

Le Sezioni Unite della Cassazione si sono pronunciate sulla legge applicabile nell’ipotesi di revocatoria fallimentare promossa dalla Curatela di un fallimento dichiarato nel nostro ordinamento nei confronti di banca di diritto estero (nel caso di specie di San Marino).

Le Sezioni Unite hanno esaminato i diversi orientamenti sviluppatisi in dottrina, per poi pronunciarsi a favore della tesi che dichiara applicabile la legge cui è soggetta la procedura di fallimento. Seguiamo i passaggi principali delle motivazioni della sentenza.

"Premesso che non è invocabile, nel caso in esame, la disciplina dettata dal Regolamento Ce n. 1246/2000, relativo alle procedure d’insolvenza, giacché la banca convenuta non ha sede in uno Stato aderente all’Unione Europea, occorre rilevare come, dovendo stabilire quale legge sia applicabile in situazioni come l’attuale, la dottrina abbia in passato manifestato qualche incertezza nello scegliere tra due possibili soluzioni, talvolta inclinando per la legge applicabile all’atto da revocare (lex contractus o lex causae), altre volte per la legge cui è soggetta la procedura di fallimento (lex fori concursus).

A favore della prima soluzione si è invocata l’unicità dei principi che reggono l’istituto dell’azione revocatoria, sia che essa venga esperita in via ordinaria dal singolo creditore sia che ad esercitarla sia il curatore di un fallimento, e la natura sostanziale (e non quindi processuale) delle norme che in entrambe tali ipotesi la disciplinano: tali per cui, trattandosi pur sempre d’intervenire sugli effetti di un atto negoziale, la legge di riferimento non potrebbe che essere, appunto, quella dalla quale l’atto medesimo è regolato. Di contro si è però fatto osservare - e questa seconda opinione sembra prevalere nella dottrina più recente - che, pur essendo innegabili i punti di contatto tra l’azione revocatoria ordinaria e quella fallimentare, e pur dovendosi convenire in via teorica sulla natura sostanziale anche delle norme che corredano l’azione revocatoria fallimentare con un peculiare regime di presunzioni, ciò che davvero caratterizza quest’ultimo tipo di azione è proprio il suo essere in rapporto inscindibile con la procedura concorsuale. Rapporto funzionale così stretto da far sì che necessariamente la legge da cui è retta quella procedura debba essere la stessa da applicare all’azione che da essa promana: e ciò vuoi alla stregua - come taluno opina - di una lettura più ampia dell’art. 12 della citata legge n. 218 del 1995, secondo cui il processo che si svolge in Italia è regolato dalla legge italiana, vuoi in forza dei principi di territorialità e di universalità che altri ritiene inerenti all’istituto stesso del fallimento.

... Decisivo appare, a tal riguardo, il fortissimo radicamento nella procedura concorsuale dell’azione in esame, che si manifesta in modo evidente sia nella genesi stessa di tale azione, sia nella funzione che essa è chiamata ad assolvere. Il legame con la procedura concorsuale è nella stessa genesi dell’azione, perché, con le caratteristiche indicate dall’art. 67 l. fall., essa non potrebbe concepirsi all’infuori del fallimento o di altra analoga procedura concorsuale. Anche nell’eccezionale caso in cui l’art. 124 l. fall. ipotizza che l’azione revocatoria possa sopravvivere alla chiusura del fallimento, per essere stata ceduta all’assuntore di un concordato, dal fallimento essa deve pur sempre avere avuto vita, solo così potendosi giustificare il suo ulteriore esercizio nell’ambito di un procedimento concordatario, che dell’originaria procedura concorsuale costituisce quasi una propaggine.

Non meno evidente tale legame appare ove si abbia riguardo alla funzione che l’azione revocatoria assolve nella procedura concorsuale e che la rende strumentale alle finalità specifiche di quella procedura: in particolare al ristabilimento della (almeno tendenziale) par condicio creditorum ed alla concreta acquisizione di beni o valori destinati a confluire nella massa attiva per essere assoggettati a liquidazione e permettere poi il riparto del ricavato tra i creditori dell’insolvente.

Il che consente, in definitiva, di affermare che detta azione, quantunque disciplinata (anche) da norme di diritto sostanziale, è in effetti essenzialmente destinata a svolgere una funzione servente nella procedura esecutiva concorsuale. Donde l’imprescindibile necessità di applicare ad essa la medesima legge in base alla quale la procedura concorsuale si svolge, giacché si rischierebbe altrimenti di determinare disparità di trattamento tra creditori diversi e, pertanto, di compromettere proprio una delle finalità salienti del procedimento esecutivo concorsuale".

La pronuncia è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 7 febbraio 2007, n. 2692: Revocatoria fallimentare nei confronti di banca di diritto estero (San Marino) - Legge applicabile - Legge della procedura).