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Catalogo delle single: illegittima la vendita dei dati

New York
Ph. Simona Balestra / New York

Anche la ricerca dell’amore oggi è sempre più social. Se nell’ottobre del 2020 Facebook introduceva la funzionalità Facebook Dating per trovare potenziali partner, c’è chi già nel 2017 aveva costruito un sistema simile.

Ci riferiamo al catalogo delle donne single di Lecco, creato appunto nel 2017 e messo in vendita dall’autore sul sito lulu.com in forma di e-book. Il catalogo, contenente ben 1218 profili Facebook di donne di Lecco e provincia e venduto “al prezzo di un drink” (7€), è stato causa della condanna a 1 anno a 6 mesi per concorso di reati fra i quali figura il reato di trattamento illecito di dati personali di cui all’articolo 167 del codice privacy. 

A pronunciarsi sulla questione è stato il Tribunale di Lecco, nella persona del giudice onorario Maria Chiara Arrighi, le cui motivazioni sono state depositate il 5 settembre 2021 e hanno avallato l’integrazione di tutti gli elementi costitutivi del reato di trattamento illecito.

 

Il fatto: la creazione del catalogo delle single

Come anticipato, il catalogo delle single fu creato dall’autore nel 2017 e riempito con i dati ricavati dai profili Facebook delle vittime, evidentemente inseriti sui social ai soli fini di registrazione.

L’illiceità della condotta dell’autore è stata riscontrata nella creazione del catalogo delle single senza aver ottenuto il preventivo consenso di queste ultime.

Quindi basta la creazione di un catalogo delle single per rischiare la condanna? Assolutamente no! Tralasciando le questioni giuridiche relative al dolo, è importante sottolineare che la semplice creazione del catalogo delle single per finalità esclusivamente personali non sarebbe rientrata nemmeno nell’ambito di applicazione del GDPR!

Infatti, l’articolo 2 del GDPR, disciplinante l’ambito di applicazione materiale della normativa, esclude dal campo di applicazione del Regolamento tutti i trattamenti di dati effettuati da una persona fisica per “l'esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico” che, secondo quanto statuito dalla giurisprudenza della Corte Europea, non può operare nei casi in cui i dati vengono fatti circolare apertamente sul web, com’è stato appunto nel caso deciso dal Tribunale.

Quindi, oltre alla creazione del catalogo delle single, è stata componente fondamentale nell’integrazione del reato la loro pubblicazione sul web.

 

Il dolo specifico: la vendita del catalogo delle single

Passando all’elemento soggettivo del reato, l’esistenza del dolo nella creazione del catalogo delle single è stata banalmente riscontrata nella vendita del catalogo sulla pubblica piazza virtuale, sponsorizzata al modico prezzo di un drink, 7€!

Al profitto dell’autore, si è aggiunto anche il danno per le interessate che, a seguito dell’acquisto del catalogo delle single da parte dei clienti dell’autore, si sono viste inondare da richieste di amicizia e da messaggi offensivi di anonimi leoni da tastiera.

 

Non solo il catalogo delle single…

La condanna relativa al catalogo delle single non è stata l’unica pronuncia rilevante nel campo del dating online.

Il 7 settembre 2021 anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha pubblicato una sentenza che riguarda, per quanto indirettamente, le chat di incontri virtuali.

Una vicenda molto più soft rispetto alla creazione del catalogo delle single, per fortuna, sebbene, in questo caso, i giudici abbiamo dovuto concentrarsi su una vertenza che riguardava una separazione.

In breve, la questione sollevata davanti alla Corte di Strasburgo consisteva nella possibilità di produrre in un giudizio di separazione i messaggi inviati dal partner a terzi su una chat virtuale. Secondo la ricorrente, la produzione di tali messaggi nell’ambito della causa da parte del marito, considerata pienamente lecita dai giudici portoghesi, aveva violato il suo diritto alla riservatezza, riconosciutole dall’articolo 8 CEDU.

La Corte Europea, rigettando il ricorso e pronunciandosi a favore dei giudici portoghesi, ha ritenuto che il diritto di cui all’articolo 8 sia stato adeguatamente garantito alla ricorrente, stante la rilevanza della corrispondenza in questione per la causa e l’ambito di divulgazione di tali messaggi, evidentemente limitato al procedimento civile di separazione.

Nulla a che vedere quindi con la destinazione alla pubblica diffusione online dei dati personali che ha contraddistinto il catalogo delle single

Il caso deciso dalla CEDU ricorda una vicenda analoga decisa dal Tribunale di Torino l’8 maggio 2013, nell’ambito della quale è stata riconosciuta la legittimità nel produrre copie di sms e mail provanti un tradimento coniugale a patto che il dispositivo dal quale siano state ottenute fosse stato lasciato “incustodito” dall’infedele.

 

Quali insegnamenti trarre dalle vicende?

Le due sentenze che abbiamo riportato ci permettono di trarre qualche utile insegnamento.

Primo: se proprio vogliamo trovare un partner online, lasciamo stare qualsiasi catalogo delle single.

Secondo: se utilizziamo i dati personali altrui, anche se ricavati dai social, rischiamo di rientrare nell’ambito di applicazione del GDPR.

Terzo: Sempre meglio non lasciare oggetti incustoditi!