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Catarsi

Ombre e nebbie
Ph. Luca Martini / Ombre e nebbie

Catarsi

 

Mi siedo in platea senza aspettative… gli spettacoli degli ultimi tempi sembrano aver risentito dell’oppressione del lockdown e spesso ripercorrono sfoghi intimistici che rasentano uno stato di depressione latente o insoluto. Sempre più spesso mi capita di lasciare il teatro perplessa e più angosciata di come sono arrivata.

Si spengono le luci e appena scorgo una tuta gialla penso “Oh no… un clown”.

Guardo di sfuggita le mie amiche. Sembrano attente. Mi costringo a posizionare lo sguardo sulla scena e mi dico che qualcosa di buono ci sarà in questa messa in scena e comunque finirà e potrò tornare alle mie cose, come prima.

Osservo i faretti in alto e mi chiedo perché non abbia bevuto un altro americano prima dello show. La mia vita è un rebus e mi trovo a guardare uno spettacolo per bambini.

Lui comincia a muoversi sulla scena, devo ammettere che è insolito, ma non rido, non ci trovo niente da ridere in questa vita bislacca. Ha una corda in mano, anzi ha un cappio in mano! Ecco, ora il male di vivere me lo spiega lui… anzi loro. Arrivano sulla scena più pagliacci. Mano mano che lo spettacolo procede le musiche e quegli occhi così mobili mi prendono il cervello, mi affido a quei movimenti e comincio a seguire tutto, i dettagli mi commuovono. C’è il “tu” dell’amicizia, c’è la relazione con l’altro, specchio e fratello, c’è il limite della nostra testa, c’è la durezza del cuore, ma c’è anche uno spiraglio di tenerezza, speranza ultima di qualcosa di bello. Che non si sciupa, ma si irradia attorno e acquista sempre più forza, fino a coprire tutto il teatro. Non parlano i pagliacci, ma raccontano con un linguaggio primordiale qualcosa che riguarda tutti, un esperanto della gestualità che non ha bisogno di traduzioni. È mimesi dell’umanità fin nelle pieghe più sacre e dolci.

Trovo una piccola me lì e tutti i pensieri pesanti si fanno leggeri come palloncini, non perdono consistenza, ma si ricollocano nella loro corretta posizione. Un susseguirsi di emozioni mi toglie il cerone e la poesia di ogni gesto diventa comprensione di qualcosa.

Mi lascio saggiamente ingannare dal teatro di Slava Polunin per guadagnarci un cuore pulito e uno scatto d’intelletto. Niente spiega come la poesia.

L’arte così non la vivevo da tempo e mi sembra di comprendere ancora quella catarsi di cui ci diceva Aristotele.