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Nuova Zelanda e Coronavirus: “Elimination Strategy”, un approccio vincente?

Il modello Nuova Zelanda nella lotta alla pandemia
Nuova Zelanda
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Nuova Zelanda vs Coronavirus: quale strategia dal 2020?

Il nuovo lockdown della Nuova Zelanda, scattato il 17 agosto scorso per un caso di variante Delta del virus Covid-19, non raggiungeva il livello 4 (massimo grado di allerta e restrizione) da oltre un anno.

La Nuova Zelanda vantava infatti il record di giorni senza Coronavirus (165, ossia da febbraio del 2021) e di numero di morti correlati (26 in totale dall’inizio della pandemia).

Ma qual è stata la strategia della Nuova Zelanda contro il Covid, finora?

Facciamo un passo indietro, a inizio marzo 2020.

La Nuova Zelanda accerta il primo caso di Covid-19 il 28 febbraio 2020. La contagiata è una donna di circa 60 anni di ritorno dall’Iran. La prima ministra, Jacinda Ardern, decide immediatamente per il pugno di ferro, imponendo un lockdown totale e chiudendo del tutto le frontiere.

La Nuova Zelanda ha attuato così fin da subito una politica di contrasto al Coronavirus definita “Elimination Strategy”.

Al contrario di Paesi come la Svezia, dove l’obiettivo era l’immunità di gregge, la Nuova Zelanda ha infatti tentato, attraverso lockdown brevi ma molto rigidi (fermo e chiusura di tutte le attività, blocco dei confini persino con la vicina Australia), di eliminare alla radice il virus piuttosto che puntare a una sua circolazione “in sicurezza”.

Tra le conseguenze di questa “Elimination Strategy” si potrebbe annoverare infatti anche la bassa percentuale di vaccinati pro capite della Nuova Zelandala più bassa, in effetti, tra i Paesi della OECD (ossia i più sviluppati economicamente).  


Nuova Zelanda vs Coronavirus: quali benefici e quali costi?

In ogni caso, una politica “zero Covid” che ha dato i suoi frutti: la Nuova Zelanda è stata uno dei pochissimi Paesi al mondo a diventare Covid-free, e a rimanere tale per ben 165 giorni, con soli 26 morti dall’inizio della pandemia.

Le ripercussioni economiche non sono state certo leggere. Come scrive Paul Dyer in un articolo su Brookings, “la Nuova Zelanda sta attraversando la sua prima recessione dalla crisi economica globale del 2008”, con ripercussioni drammatiche soprattutto nel settore turistico.

Eppure, grazie alla guida severa e “gentile” della prima ministra Jacinda Ardern e all’acclamato funzionario del Ministero della salute Ashley Bloomfield, la “squadra dei cinque milioni” di neozelandesi pareva aver segnato, con tenacia e spirito di comunità, la meta contro il Covid.

Almeno fino al 17 agosto 2021.


Nuova Zelanda vs Coronavirus: perché il nuovo lockdown di agosto?

Lo scorso 17 agosto, infatti, un nuovo caso di Covid-19 ha messo in allarme l’intera nazione neozelandese.  La variante Delta del virus ha fatto capolino in Nuova Zelanda attraverso un uomo di 58 anni, risultato positivo dal 12 e accertato dal 16 agosto.

Il cluster di Auckland, zona in cui l’uomo ha transitato di ritorno da Coromandel, in Australia, non è stato però il solo a finire in lockdown.

La risposta del Labour government di Jacinda Ardern non ha tardato, ferma come all’inizio della pandemia. Un nuovo lockdown totale ha bloccato la Nuova Zelanda dal 18 al 31 di agosto, tra lo sconforto dei cittadini e le polemiche dell’opposizione.

Per la prima volta dall’inizio della pandemia, la variante Delta ha fatto vacillare la sicurezza con cui la prima ministra e il suo governo hanno finora perseguito la strategia “zero Covid”.

Eppure, la “Fortress New Zealand”, la fortezza neozelandese, ha di nuovo rispettato il lockdown in maniera compatta, arrivando in due settimane a riportare i contagi a una soglia accettabile (21 casi attuali), con 855 casi di variante Delta finora accertati dal focolaio di Auckland.
 

Nuova Zelanda vs Coronavirus: quali prospettive?

Per il quinto giorno di fila, scrive Eva Corlett sul Guardian, il numero di contagi non supera i 21.

Ma slitta comunque il progetto di riapertura dei confini: per permettere alle varie zone del Paese di raggiungere le soglie minime di vaccinazione, e per monitorare una volta di più il numero dei casi.

A 18 mesi dall’inizio della pandemia, la cosiddetta “Elimination Strategy” sembra quindi essere un’utopia anche in Paesi come la Nuova Zelanda, in cui a una minima densità demografica corrisponde un massimo senso di comunità.