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Coronavirus e paradosso asiatico: perché a Taiwan si muore 60 volte in meno che in Italia

I dati su Giappone, Corea del Sud e Taiwan sono a dir poco sconvolgenti
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Coronavirus e paradosso asiatico: perché a Taiwan si muore 60 volte in meno che in Italia

Coronavirus: in Italia si muore 60 volte in più di covid che a Taiwan. Perché in Asia ci sono meno infetti e nessun lockdown?

Prendo spunto da un interessante e ben approfondito articolo di Federico Rampini, comparso oggi sulle colonne del quotidiano Corriere della Sera, per affrontare un tema che da tempo mi sta a cuore, e del quale da un po’ vorrei scrivere: il paradosso orientale nei contagi e nelle morti da Covid-19.
 

Coronavirus e paradosso asiatico: numeri da capire

Perché il Giappone ha 15 volte meno morti dell’Italia? E la Corea del Sud 30 volte in meno di decessi? E Taiwan, udite udite, 60 volte di morti in meno del nostro Paese?

Sembra assurdo fare un calcolo sui morti, ma dopo quasi due anni di coronavirus e pandemia è anche il momento di tirare le somme e cercare di comprendere certi fenomeni.

Quali sono i motivi di questi dati?

Osserviamo, intanto, che questi tre Paesi non sono mai ricorsi a lockdown generalizzati, a differenza dell’Italia e dell’Europa tutta, che ha fatto del confinamento, a tratti anche duro (ricordiamo i mesi di marzo, aprile e maggio dello scorso anno) uno degli elementi di maggior rigore della risposta sociale a coronavirus e pandemia.

Dunque, nonostante questo, Taiwan, Corea del Sud e Giappone hanno visto molti meno decessi.

In particolare, il Giappone, che pure conta il doppio degli abitanti dell’Italia (sono circa 126 milioni) ha registrato circa 1,7 milioni di contagi e 18.363 morti, con una media di 146 defunti per ogni milione di persone.

La Corea del Sud, invece, che ha una popolazione sovrapponibile a quella italiana (circa 51 milioni di abitanti) ha segnato 460.000 casi di Covid e 3.705 morti, con una incidenza media di 73 decessi per milione di abitanti.

Ma il più virtuoso di tutti è lo Stato di Taiwan che conta 24 milioni di abitanti con soltanto 848 decessi, ed una incidenza di decessi pari a 36 per milione di persone.

Ricordiamo che l’Italia ha registrato 5,09 milioni di infezioni, ha avuto sinora 134.000 vittime con un’incidenza media di 2.222 morti per milione di abitanti (dati rilevati da Ourwordindata).

Sono numeri impressionanti quelli appena indicati, che possono davvero farci parlare da un lato di “Modello asiatico” e di “sistema virtuoso”, e dall’altro di vero e proprio paradosso asiatico.

Come è possibile, dunque, che tre paesi così vicini alla Cina, luogo dal quale ha avuto tutto origine, che non hanno messo in pratica lockdown generalizzati e che non sono caratterizzati da sistemi politici autoritari, come la Cina (motivo che da un lato ci fa dubitare dei dati virtuosi forniti da Pechino e dall’altro giustifica i buoni risultati con sistemi coercitivi e a tratti davvero dittatoriali) siano riusciti a tenere così basse le infezioni e soprattutto le morti da coronavirus?

Coronavirus e paradosso asiatico: i vaccini

Altro dato interessante da analizzare sono i vaccini.

Se escludiamo la Corea del Sud, che ha un tasso di vaccinazione più alto dell’Italia (secondo il Report Vaccini nel nostro Paese la percentuale over 12 che ha completato il ciclo vaccinale è pari all’84,75%), assestandosi attorno all’88% dei vaccinabili, gli altri due Paesi hanno percentuali che non superano l’80% e che in Giappone si attestano al 79%, con campagne partite in ritardo, ma realizzate in tempi record e con grande efficienza e capillarità.

Ricordiamo incidentalmente che nel mondo sono state somministrate più di 8 miliardi e 143 milioni di dosi di vaccino e che la percentuale complessiva di vaccinati con due dosi è pari al 44,12% della popolazione mondiale.

Il Portogallo, insieme alla Corea del Sud, è il paese con più vaccinati al mondo, con una percentuale dell’88% della popolazione che ha completato il ciclo vaccinale e addirittura il 100% tra gli over 65.

Il Burkina Faso è il Paese al mondo con meno vaccinati, solo 5.635 pari allo 0,03% degli abitanti (i dati sulle vaccinazioni in Asia e nel mondo sono presi dal sito Gedi Visual).
 

Dunque, che differenze ci sono tra questi tre Paesi asiatici e l’Italia? Cosa è accaduto?


Coronavirus e paradossi asiatico: i motivi di un successo

Federico Rampini cerca di dare una sua spiegazione, in particolare parlando del senso di coesione, di appartenenza sociale molto forte dei tre Paesi, ai quali non serve l’autoritarismo per rispettare tutte le regole imposte, di distanziamento sociale, di uso maniacale della mascherina (alla quale in molti erano già abituati nei mesi invernali), di igiene personale accurata e costante.

Dunque, un senso civico più marcato, e, anche, il ricorso alla chiusura delle frontiere per isolarsi dal resto del mondo e bloccare l’accesso del virus (il Giappone ha bloccato i voli per contrastare la variante omicron).

Infine, Rampini ricorda che i tre Paesi, che erano già stati scottati dalla pandemia di Sars nel 2003, anche quella volta nascosta da bugie dei politici cinesi, molti Paesi dell’Estremo Oriente e Sud-est asiatico si erano dotati di sistemi di avvistamento rapido e precoce delle infezioni, facendo sì che, una volta giunto il Covid, è stato subito utilizzato il predetto mix vincente di risposte, dettato dal senso di coesione sociale altissimo, nessun confinamento totale e campagne di vaccinazioni tardive ma efficienti.

A queste, mi permetto di aggiungere un dato che Rampini non dice: i sistemi di tracciamento, che in Italia sono stati a dir poco fallimentari (ricordiamo il flop della App italiana Immuni, che non si è rivelata per nulla utile) e che invece nei Paesi asiatici hanno funzionato alla grande (ricordiamo solo il caso della App giapponese Cocoa (Covid-19 Contact Confirming Application) che utilizzava la tecnologia decentralizzata messa a disposizione da Apple e Google).

Insomma, tutti questi elementi hanno reso i Paesi asiatici modello virtuoso e paradosso al contempo, un esempio comunque, se non da seguire da osservare e da studiare con molta attenzione, visto che qui, a parte Rampini e questo modesto articolo, non ne parla nessuno.