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ChatGPT e il lavoro ombra in editoria

editoria e ChatGPT
editoria e ChatGPT

ChatGPT e il lavoro ombra in editoria

Gli amici di FiordiRisorse mi hanno invitato al loro bellissimo Festival, svoltosi quest’anno a Roma. Fra quattro mesi compio 70 anni di lavoro, quindi ero coerente con il tema: “Il Lavoro”. Questa la traccia seguita.

Essendo al contempo editore e giornalista, ho raccontato il mio rapporto con la novità del momento, la ChatGPT, che noi di Zafferano.news studiamo da tempo.

Che piaccia o meno: la Chat è un pezzo del nostro futuro, uno dei “lavori ombra” che entreranno nel mondo del lavoro intellettuale, nell’editoria, nel management, nella consulenza, nelle banche, e così medici, avvocatura, architetti, magistrati. Ha confessato l’Arcivescovo di Milano che se ne avvarrà per le omelie.

Nulla di nuovo. Siamo tornati agli anni Ottanta, all’arrivo dei robot, quando parte del lavoro operaio fu brutalmente sostituito e le aziende ristrutturate. Allora ero il CEO di una multinazionale, il dilemma “operaio o robot” lo superammo nascondendoci dietro al paravento dell’innovazione “costi-benefici”.

Succederà lo stesso con la Chat per il lavoro intellettuale?

Certo, le leadership editoriali non si faranno sfuggire l’occasione, si rinasconderanno dietro al paravento “costi-benefici”. Oltretutto, è idiota combattere o rallentare l’innovazione, la si deve sempre e solo cavalcare.

Un passo indietro. Tra i primi anni Cinquanta e i primi Settanta, fui operaio Fiat, e poi piccolo travet. Facevo lavori idioti, però ero molto efficiente nel farli, per cui avevo molto tempo libero; iniziai a studiare la sociologia. Periodo curioso quello: un operaio giovanissimo studiava il lavoro futuro a Mirafiori durante le ore di lavoro!

Mi innamorai di Ivan Illich e del suo lavoro ombra. Ne scriveva come fosse un sottoprodotto della teologia della liberazione, lo definì: “lavoro non retribuito che va a vantaggio di qualcun altro”. Cinquant’anni dopo io lo vedo, spogliato da ogni componente para marxista, come la “pedalata assistita” a quegli addetti che sostituiranno i ciclisti convenzionali.

Un altro passo indietro. Nel 2007, a 73 anni, decisi che avrei sì continuato a lavorare, ma senza più essere pagato. Mi ero convinto che certi lavori erano destinati a diventare altro. Stante la sua crisi profonda, scelsi il business dell’informazione.

Le indicazioni di marketing dell’epoca erano chiare: l’informazione, specie cartacea, sarebbe progressivamente collassata, forse nel 2030 sarebbero scomparsi i lettori dei quotidiani, perché i vecchi boomer non sarebbero stati sostituiti dai giovani. Già oggi, al di sotto dei sessant’anni, nessuno compra un quotidiano cartaceo, e il digitale non sfonda.

In quegli anni fondai, in successione, una casa editrice (Grantorino Libri), quindi un settimanale digitale, Zafferano.news, solo per abbonati, ma tutto era, ed è, gratis e senza pubblicità. Oggi, 4 anni dopo, abbiamo oltre 18.000 abbonati, il 25% dei quali ha da 18 a 28 anni.

Da sei mesi esce, sulla piattaforma Twitter, un prototipo di quotidiano digitale (ZAF), cinque articoli-tweet che si leggono in due minuti (il tempo di attenzione di un diciottenne). Il mio funge da prima pagina, gli altri sono presi dalla rete con una logica editoriale. Per ora è pura sperimentazione, ne riparleremo nel 2030.

Nel Progetto ZAF stiamo provando a simulare la sostituzione dell’intero “establishment” di un quotidiano con tre prototipi di figure nuove, una “in ombra” e due “in piena luce”.

Oggi, ZAF ha al vertice un vecchio come me, in luogo di Editore, AD, Direttore, Comitato di Redazione, e un ventenne (Alessandro Cesare Frontoni), poeta e studente di beni culturali, da me promosso sul campo Giornalista ZAF, che si avvale, con intelligenza, del “lavoro ombra” della Chat.

È un cambio radicale della struttura organizzativa. Così il Quotidiano non è più un prodotto ma un processo, l’Editore dovrà trasformare l’azienda in una Process Company. Gli esperti di management sanno che governare le Process Company richiede uno stile di management e addetti entrambi particolari.

Così il lavoro giornalistico si destruttura: quello “convenzionale” lo fa la Chat con modalità di lavoro ombra, mentre il Giornalista ZAF dovrà essere in grado di dominare l’intero processo, con la quasi totale scomparsa delle funzioni di controllo.

ChatGPT via via diventerà immensamente colto, ma non sarà mai intelligente. Per dare il meglio di sé avrà bisogno di una “Guida”, come fu Virgilio per Dante. Provate a chiedere alla Chat: “Tu dici la verità?”, vi risponderà “Verifichi sempre le fonti!”

Siamo ancora in una fase di “evoluzione” del modello. Prima di poter parlare di “rivoluzione” ce ne passa. Però indietro non si torna.

Immagino per ZAF un futuro affascinante, fatto di poche professionalità nuove di zecca, tutte in piena luce mentre la Chat rimarrà in ombra. È il suo ruolo, ci deve aiutare a pedalare.

Il problema non sono le Chat di IA, ma il livello culturale delle nostre leadership politiche, imprenditoriali, manageriali.

Dovranno capire che i supporti per una “pedalata assistita” delle stesse saranno ottimizzate solo se le organizzazioni private (aziende) e pubbliche (lo Stato) avranno modelli organizzativi di nuovo tipo, come ad esempio, le process company (Zafferano.news è nata e vive da process company).

 

Zafferano.news