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Art. 78

Deposito della sentenza resa sulla querela di falso

1. Definito il giudizio di falso, la parte che ha dedotto la falsità deposita copia autentica della sentenza in segreteria.

2. Il ricorso è dichiarato estinto se nessuna parte deposita la copia della sentenza nel termine di novanta giorni dal suo passaggio in giudicato.

Bibliografia. R. De Nictolis, Codice del Processo Amministrativo Commentato, IV ed., Wolters Kluver, 2017; F. Caringella e M. Giustiniani, Manuale del processo amministrativo, II ed., Dike, 2017; Quaranta e Lopilato, Il Processo amministrativo – commentario al Decreto Legislativo 104/2010, Giuffrè editore, 2011; R. Garofoli, Codice Amministrativo ragionato, VII edizione, Nel diritto editore, 2020

 

Sommario. 1. Il deposito della sentenza e la prosecuzione del giudizio. 2. La querela di falso in appello.

 

1. Il deposito della sentenza e la prosecuzione del giudizio

Una volta definito il giudizio di falso, la parte che ha dedotto la falsità e che ha proposto la querela di falso è tenuta a depositare copia autentica della sentenza in segreteria del giudice amministrativo presso cui pende la controversia.

Il comma 2 impone inoltre un termine entro il quale la sentenza deve essere depositata pena l’estinzione del giudizio: entro novanta giorni dal passaggio in giudicato.

Il dies a quo per il CPA, a differenza del precedente articolo 43 R.d. 642/1907, è individuato dal passaggio in giudicato della sentenza e non dalla sua pubblicazione.

Con il riferimento al “passaggio in giudicato della sentenza”, secondo alcuni autori, si è voluto scongiurare il pericolo che il processo amministrativo proseguisse nonostante la questione di falso fosse ancora sub iudice.

L’articolo 78 prevede novanta giorni per il deposito della sentenza. 

Il termine dovrà essere ridotto alla metà per i riti che presentano termini dimidiati (es. rito appalti).

 La disposizione del comma 1 ascrive l’onere di deposito della sentenza a carico della parte che ha sollevato l’incidente di falso. 

Il comma 2 invece prevede la possibilità per tutte le parti - e quindi non solo per la parte proponente la querela - di depositare la sentenza, al fine di evitare l’estinzione del ricorso.

Tale ultima previsione è volta ad evitare che l’eventuale inerzia strumentale di una parte possa avere degli effetti sull’intero processo e sugli interessi ala definizione di tutte le altre parti.

 

2. La querela di falso in appello

Sulla proponibilità della querela di falso in appello, la giurisprudenza amministrativa non è univoca.

Secondo una prima tesi del Consiglio di Stato la querela di falso relativa ad un documento già prodotto nel corso del primo grado di giudizio può essere proposta in via incidentale anche in grado di appello; in questo caso, il collegio è tenuto a compiere l’indagine preliminare volta ad accertare la configurabilità o meno dei presupposti che giustificano l’introduzione del giudizio di falso, ed in caso di valutazione positiva, deve sospendere il procedimento di appello, per consentire la riassunzione del giudizio di falso dinanzi al tribunale ordinario (Consiglio di Stato sez. VI, 07/12/2007, n. 6291).

Tale impostazione però è stata oggetto di critica sempre da parte dei giudici di Palazzo Spada quanto alla potenziale violazione del divieto di nova di cui all’articolo 104 CPA nel giudizio di appello.

Nell’ottica del principio dispositivo circa la delimitazione del thema decidendum e del concomitante principio devolutivo in materia di appello, ciò che osta alla proposizione della querela di falso in appello è la circostanza che il ricorrente in primo grado, pur avendo piena possibilità di farlo, non ha proposto l’incidente processuale, con la conseguenza che esso, allo stato, non può essere introdotto per non determinare un’indebita violazione del generale divieto di nova in grado di appello. Ciò anche ai sensi di quanto previsto dall’articolo 104, comma 1, primo periodo, del CPA, secondo cui “Nel giudizio di appello non possono essere proposte nuove domande, fermo quanto previsto dall’articolo 34, comma 3, né nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio”.

Invero il nuovo codice del processo amministrativo si preoccupa di soddisfare le istanze di celerità connesse alla durata dei processi nei quali la querela di falso può essere proposta, anche per evitare ritardi nella decisione del merito, con conseguente compromissione del diritto delle parti ad una definizione rapida del giudizio. Ecco perché la decisione in ordine alla sospensione, oltre ad essere subordinata alla sussistenza dei presupposti sulla rilevanza della questione di falso, deve giungere entro e non oltre i tempi di legge. Secondo il disposto del primo comma dell’articolo 77 del CPA, la parte che deduce la falsità dinanzi al giudice amministrativo deve in primo luogo fornire la prova dell’avvenuta proposizione della querela e, in subordine, domandare la fissazione di un termine entro cui attivare il giudizio ordinario di falso. Pertanto la parte avrebbe dovuto chiedere la fissazione del termine in questione al T.A.R. adito, in sede di giudizio di primo grado, quando già tale convinzione si era radicata in loro e non successivamente in grado di appello; tra l’altro in assenza di alcuna specifica e fondata motivazione. Sulla richiesta, alla luce del divieto di nova ex articolo 104, comma 1, del CPA, sono pertanto da ritenersi ormai maturate le preclusioni di rito (Consiglio di Stato sez. V, 18/1/2013, n. 278).

 

Il punto di vista dell’Autore

Le disposizioni sulla querela di falso rispondo a due distinte esigenze. Da un lato quella di garantire processi veloci e senza interruzioni. Dall’latro lato, la necessità di garantire un processo efficace.

Il CPA, a differenza del passato, proprio sulla base di tale seconda esigenza ha previsto che la sentenza dovesse essere depositata dopo il suo passaggio in giudicato, segnando pertanto un forte distinguo rispetto al passato quando il termine per il deposito decorreva dalla pubblicazione, con il rischio che l’accertamento sul falso non fosse definitivo.