x

x

Art. 79

Sospensione e interruzione del processo

1. La sospensione del processo è disciplinata dal codice di procedura civile, dalle altre leggi e dal diritto dell’Unione europea.

2. L’interruzione del processo è disciplinata dalle disposizioni del codice di procedura civile.

3. Le ordinanze di sospensione emesse ai sensi dell’articolo 295 del codice di procedura civile sono appellabili. L’appello è deciso in camera di consiglio.

Bibliografia. R. De Nictolis, Codice del Processo Amministrativo Commentato, IV ed., Wolters Kluver, 2017; F. Caringella e M. Giustiniani, Manuale del processo amministrativo, II ed., Dike, 2017; Quaranta e Lopilato, Il Processo amministrativo – commentario al Decreto Legislativo 104/2010, Giuffrè editore, 2011; R. Garofoli, Codice Amministrativo ragionato, VII edizione, Nel diritto editore, 2020

 

Sommario. 1. La sospensione. 2. L’interruzione.

 

1. La sospensione

La sospensione riguarda l’arresto temporaneo del processo, in attesa che un determinato evento giunga a conclusione.

Il CPA richiama espressamente, ai fini della sospensione, il codice di procedura civile ed il diritto dell’Unione Europea.

Il codice di procedura civile disciplina la sospensione del processo agli articolo 295 e 296.

La sospensione è “propria”, quando, il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa (articolo 295 c.p.c.).

La sospensione può essere impropria in senso stretto (incidente di costituzionalità, questione eurounitaria) e in senso lato (sospensione per questione di costituzionalità o eurounitaria sollevata da altro giudice), istituto di elaborazione giurisprudenziale che, in assenza di una contraria disposizione normativa, è stato pensato per ragioni di economia processuale, per evitare plurime rimessioni a diverso giudice di identica questione sollevata in altro giudizio (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 29 novembre 2019 n. 8204).

La sospensione può essere anche “concordata”, per cui sono le parti a richiedere la sospensione, normalmente per addivenire ad una definizione bonaria della controversia (articolo 297 c.p.c.).

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 640 del 17 febbraio 2016, ha precisato che la sospensione prevista dall’articolo 295 è consentita solo per la c.d. pregiudizialità tecnica (o necessaria). Questa sussiste quando una controversia (pregiudiziale) costituisca l’indispensabile antecedente logico-giuridico dal quale dipenda la decisione della causa pregiudicata, in ragione del fatto che il rapporto giuridico della prima rappresenta un elemento costitutivo della situazione sostanziale dedotta nella seconda, per cui il relativo accertamento si imponga nei confronti di quest’ultima con efficacia di giudicato, al fine di assicurare l’uniformità di decisioni (ex multis: Cass., Sez. un., ord. 27 luglio 2004, n. 14060, sent. 5 giugno 2000, n. 408, 11 aprile 1994, n. 3354; Sez. I, ord. 2 agosto 2007, n. 16995, 27 gennaio 2006, n. 1741; Sez. III, ord. 28 dicembre 2009, n. 27426, 25 maggio 2007, n. 12233 , 30 giugno 2005, n. 13950; Sez. lav., 24 gennaio 2006, n. 1285; Sez. VI, ord. 29 luglio 2014, n. 17235, 8 febbraio 2012, n. 1865, 9 dicembre 2011, n. 26469, 18 febbraio 2011, n. 3059; Cons. Stato, Sez. IV, 18 novembre 2014, n. 5662, 8 gennaio 2013, n. 39; Sez. V, 16 febbraio 2015, n. 806; Sez. VI, 12 marzo 2012, n. 1386).

La pregiudizialità necessaria si pone tra rapporti giuridici diversi, collegati in modo tale per cui la situazione giuridica della causa pregiudiziale si pone come elemento costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo del distinto rapporto dedotto nella causa dipendente, la cui esistenza è dunque necessariamente presupposta dalla prima. Il rapporto di pregiudizialità in senso tecnico è pertanto configurabile quando il petitum della domanda pregiudiziale costituisce al contempo la causa petendi o, per converso fatto paralizzante (impeditivo, modificativo, estintivo), della domanda dedotta nella causa dipendente.

Il nesso di pregiudizialità-dipendenza intercorre tra distinti rapporti giuridici quando l’esistenza di uno dipende dall’esistenza o inesistenza dell’altro ed in base a ciò il fondamentale principio di unità dell’ordinamento giuridico impone la conformità tra giudicati.

Al di fuori di questa ipotesi la sospensione non è obbligatoria, perché come debitamente evidenziato dalla Corte di Cassazione nella ordinanza del 27 luglio 2004, n. 14060, essa determina l’arresto del processo dipendente per un tempo indeterminato «e certamente non breve (…) fino al passaggio in giudicato della decisione sulla causa pregiudiziale (…)  onde evitare il rischio di conflitto tra giudicati», così dilatando i tempi della decisione finale del giudizio e le aspettative ad una sua rapida definizione che le parti che si oppongono alla sospensione legittimamente possono vantare.

L’ordinamento processuale interno, ivi compreso quello amministrativo, conosce la c.d. sospensione impropria del giudizio, adottabile dal giudice qualora in altro giudizio sia stata sollevata una questione di legittimità costituzionale di una norma applicabile nel primo (Ad. plen., ord. 15 ottobre 2014, n. 28). Come infatti puntualizzato nella pronuncia ora richiamata, questa statuizione sospensiva produce a sua volta effetti di economia dei mezzi processuali e di ragionevole durata del processo, evitando che la Corte Costituzionale sia nuovamente investita della medesima questione già sollevata nell’altro giudizio ed il conseguente rischio prolungare la durata del giudizio di costituzionalità, e di riflesso di quello a quo.

Tuttavia, deve del pari precisarsi che la sospensione impropria costituisce oggetto di una facoltà del giudice, per l’esercizio della quale egli deve avere appunto riguardo alle conseguenze sulla durata e sull’esito del giudizio di cui è chiesta la sospensione.

Altre ipotesi di sospensione sono:

  • il regolamento di giurisdizione ex articolo 10 CPA;
  • la proposizione di querela di falso ex articolo 77 CPA.

Le ordinanze di sospensione, disposte ai sensi dell’articolo 295 c.p.c., sono appellabili.

L’appello è deciso in camera di consiglio.

 

2. L’interruzione

Il CPA per l’interruzione del processo rinvia integralmente al codice di procedura civile (articoli 299, 300 e 301 c.p.c.).

Le disposizioni richiamate si riferiscono alle ipotesi di morte ovvero perdita della  capacità di stare in giudizio con riferimento  alla parte in causa.

Altre disposizioni invece si riferiscono alla carenza di rappresentanza legale da parte dell’avvocato.

Nell’attuale sistema del processo civile ed amministrativo l’interruzione del processo per morte o perdita di capacità processuale della parte costituita non è frutto di un automatismo, ma consegue esclusivamente ad un’apposita dichiarazione fatta dal procuratore della parte stessa (cfr. Corte Cost., 10 aprile 2002, n. 102).

Un eventuale evento interruttivo, cioè, per poter assurgere a rilevanza nel processo deve necessariamente essere rilevato nei modi di cui agli articoli 299 e ss. cod. proc. civ., la cui disciplina è richiamata dall’articolo 79, comma 2, CPA, ossia mediante dichiarazione o notificazione dell’evento ad opera del procuratore costituito per la parte colpita dall’evento interruttivo (v. C.d.S., VI, 27 ottobre 2011, n. 5788), forme di comunicazione dell’evento che non ammettono equipollenti: laddove in mancanza di tale dichiarazione o notificazione da parte del difensore della parte colpita il processo prosegue (C.d.S., V, 12 luglio 1996, n. 857; 29 maggio 2000, n. 3090; VI, 10 aprile 2003, n. 1906).

L’incidenza dell’evento morte di una parte costituita con procuratore, verificatosi durante il giudizio di primo grado o d’impugnazione è regolata dall’articolo 300 cod. proc. civ. e, pertanto, essendo indispensabile e insostituibile ai fini di tale incidenza la comunicazione formale dell’evento da eseguirsi dal procuratore della parte deceduta e non avendo rilevanza la conoscenza che dell’evento stesso le altre parti abbiano avuto eventualmente "aliunde", l’effetto interruttivo de processo è prodotto da una fattispecie complessa, costituita dal verificarsi dell’evento o dalla dichiarazione in udienza o dalla notificazione fatta dal procuratore alle altre parti. Dichiarazione o notificazione che soltanto il procuratore della parte defunta può discrezionalmente non fare o fare nel momento da lui giudicato più opportuno per provocare l’interruzione del processo, la quale non si verifica in modo automatico come conseguenza diretta ed esclusiva della morte della parte a cui, quindi, deve essere notificato l’atto d’impugnazione, perché considerata ancora in vita nel caso in cui della propria morte il suo procuratore abbia omesso la dichiarazione in udienza o la notificazione alle altre parti" (Cass.civ., II, 5 giugno 1990, n. 5391).

Nel caso in cui il difensore della parte colpita dall’evento interruttivo si sia limitata a depositare in atti una copia del certificato di morte, senza nulla dichiarare ai fini dell’interruzione del processo, non sono con ciò integrati presupposti rilevanti ai fini dell’interruzione ex articolo 300 c.p.c., poiché manca una dichiarazione del procuratore costituito o una notificazione dell’evento ai sensi del medesimo articolo (C.d.S., VI, 10 aprile 2003, n. 1906).

Analogamente, è stato precisato che la comunicazione della morte del ricorrente depositata nella segreteria dell’organo giudicante dal procuratore costituito non è idonea ad integrare l’interruzione del processo prevista e disciplinata dall’articolo 300 c.p.c., non essendo stata formulata in uno dei due modi previsti tassativamente dalla legge (dichiarazione in udienza o notifica alle altre parti) [con la decisione della Sez. IV n. 199 del 30 marzo 1987].

Altra ipotesi di interruzione è il caso di carenza di stare in giudizio (ad esempio per morte o per cancellazione o radiazione dell’avvocato dall’albo degli avvocati).

 

Il punto di vista dell’Autore

Il CPA sia per la sospensione che per l’interruzione ha previsto un rinvio alle disposizioni di altre normative ed in particolare al codice di procedura civile.

Le disposizioni sulla sospensione e sull’interruzione assolvono alla necessità di garantire un processo equo ed efficace ed anche effettivo, sacrificando, proprio per le sole ipotesi ivi contemplate, la celerità del processo.