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Art. 129

Giudizio avverso gli atti di esclusione dal procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali  

1. I provvedimenti immediatamente lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali e per il rinnovo dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia sono impugnabili innanzi al tribunale amministrativo regionale competente nel termine di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovvero dalla comunicazione, se prevista, degli atti impugnati (1)(2).

2. Gli atti diversi da quelli di cui al comma 1 sono impugnati alla conclusione del procedimento unitamente all’atto di proclamazione degli eletti (3).

3. Il ricorso di cui al comma 1, nel termine ivi previsto, deve essere, a pena di decadenza:

a) notificato, direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, esclusivamente mediante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati; in ogni caso, l’ufficio che ha emanato l’atto impugnato rende pubblico il ricorso mediante affissione di una sua copia integrale in appositi spazi all’uopo destinati sempre accessibili al pubblico e tale pubblicazione ha valore di notifica per pubblici proclami per tutti i controinteressati; la notificazione si ha per avvenuta il giorno stesso della predetta affissione;

b) depositato presso la segreteria del tribunale adito, che provvede a pubblicarlo sul sito internet della giustizia amministrativa e ad affiggerlo in appositi spazi accessibili al pubblico (4).

4. Le parti [ove stiano in giudizio personalmente e non siano titolari di indirizzi di posta elettronica certificata risultanti dai pubblici elenchi] indicano, rispettivamente nel ricorso o negli atti di costituzione, l’indirizzo di posta elettronica certificata o il numero di fax da valere per ogni eventuale comunicazione e notificazione (5).

5. L’udienza di discussione si celebra, senza possibilità di rinvio anche in presenza di ricorso incidentale, nel termine di tre giorni dal deposito del ricorso, senza avvisi. Alla notifica del ricorso incidentale si provvede con le forme previste per il ricorso principale.

6. Il giudizio è deciso all’esito dell’udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi nello stesso giorno. La relativa motivazione può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie.

7. La sentenza non appellata è comunicata senza indugio dalla segreteria del tribunale all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato.

8. Il ricorso di appello, nel termine di due giorni dalla pubblicazione della sentenza, deve essere, a pena di decadenza:

a) notificato, direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, esclusivamente mediante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati; in ogni caso, l’ufficio che ha emanato l’atto impugnato rende pubblico il ricorso mediante affissione di una sua copia integrale in appositi spazi all’uopo destinati sempre accessibili al pubblico e tale pubblicazione ha valore di notifica per pubblici proclami per tutti i controinteressati; la notificazione si ha per avvenuta il giorno stesso della predetta affissione; per le parti costituite nel giudizio di primo grado la trasmissione si effettua presso l’indirizzo di posta elettronica certificata o il numero di fax indicato negli atti difensivi ai sensi del comma 4;

b) depositato in copia presso il tribunale amministrativo regionale che ha emesso la sentenza di primo grado, il quale provvede ad affiggerlo in appositi spazi accessibili al pubblico;

c) depositato presso la segreteria del Consiglio di Stato, che provvede a pubblicarlo nel sito internet della giustizia amministrativa e ad affiggerlo in appositi spazi accessibili al pubblico (6).

9. Nel giudizio di appello si applicano le disposizioni del presente articolo.

 

10. Nei giudizi di cui al comma 1 non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 52, comma 5, e 54, commi 1 e 2 (7)(8).

 

(1)Comma così sostituito dall’articolo 1, comma 1, lett. s, Decreto Legislativo 14 settembre 2012, n. 160, recante Ulteriori disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo, a norma dell’articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (in Gazz. Uff. 18 settembre 2012, n. 218). Il secondo correttivo al Codice è entrato in vigore il 3 ottobre 2012.

Il testo originario del comma 1 così recava:

«1. I provvedimenti relativi al procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali concernenti l’esclusione di liste o candidati possono essere immediatamente impugnati, esclusivamente da parte dei delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi, innanzi al tribunale amministrativo regionale competente, nel termine di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovvero dalla comunicazione, se prevista, degli atti impugnati».

(2)Ai sensi degli articoli 5, 9 e 12, Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (in vigore dal 5 gennaio 2013), recante Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190, (in Gazz. Uff. 4 gennaio 2013, n. 3) si propongono dinanzi al giudice amministrativo ex articolo 129 CPA i ricorsi aventi ad oggetto le decisioni di incandidabilità alle elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali.

(3)Comma così sostituito dall’articolo 1, comma 1, lett. s, Decreto Legislativo 14 settembre 2012, n. 160, cit. a nota 1, che precede.

Il testo originario del comma 2 così recava:

«2. Al di fuori di quanto previsto dal comma 1, ogni provvedimento relativo al procedimento, anche preparatorio, per le elezioni di cui al comma 1 è impugnabile soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’atto di proclamazione degli eletti, ai sensi del Capo III del presente Titolo».

(4)Comma così sostituito dall’articolo 1, comma 1, lett. s, Decreto Legislativo 14 settembre 2012, n. 160, cit. a nota 1, che precede.

(5)Il periodo «ove stiano in giudizio personalmente e non siano titolari di indirizzi di posta elettronica certificata risultanti dai pubblici elenchi» è inserito nel comma 4, ai sensi dell’articolo 20, comma 1 bis, d.l. 27 giugno 2015, n. 83, recante Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria (in Gazz. Uff. 27 giugno 2015, n. 147), convertito con modificazioni dalla l. 6 agosto 2015, n. 132, a decorrere dalla data di entrata in vigore del processo amministrativo telematico, individuata nell’1 luglio 2016 dal comma 1 bis dell’articolo 38, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, recante Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari (in Gazz. Uff. 24 giugno 2014, n. 144), convertito con modificazioni dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, nel testo modificato dall’articolo 2, d.l. 30 dicembre 2015, n. 210, recante Proroga di termini previsti da disposizioni legislative (in Gazz.Uff. 30 dicembre 2015, n. 302), convertito con modificazioni dalla l. 25 febbraio 2016, n. 21.

(6)Lettera così modificata dall’articolo 1, comma 1, lett. s, Decreto Legislativo 14 settembre 2012, n. 160, cit. a nota 1, che precede.

(7)Con sentenza 11 novembre 2011, n. 304 la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli articoli 24, 76, 97, 103, 111, 113 e 117 Cost., degli articoli 8, comma 2, 77, 126, 127, 128, 129, 130 e 131 nella parte in cui, prevedendo l’obbligo della devoluzione al giudice ordinario della risoluzione dell’incidente di falso riguardo agli atti muniti di fede privilegiata, comprimerebbero la tutela degli interessi legittimi, introducendo una limitazione della tutela.

(8)Ai sensi dell’articolo 7, comma 8 quater, d.l. 31 agosto 2016, n. 168, recante Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l’efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa (in Gazz. Uff.  31 agosto 2016, n. 203), nel testo modificato dalla legge di conversione 25 ottobre 2016, n. 197 (in Gazz. Uff. 29 ottobre 2016, n. 254), entrata in vigore il 30 ottobre 2016, «Le disposizioni in materia di contenzioso sulle operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province e delle regioni, previste dal libro quarto, titolo VI, del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, si applicano anche al contenzioso sulle operazioni elettorali delle città metropolitane».

Bibliografia: G. Palliggiano, U. G. Zingales, Il codice del nuovo processo amministrativo, 2012; C. E. Gallo, L’ambito del giudizio elettorale nella decisione dell’adunanza plenaria n. 10 del 2005, nota a Cons. St., Ad. plen., 24 novembre 2005, n. 10, in Foro amm.- Cons. St., 2005, 3244 ss.; N. Saitta, I giudizi elettorali, Milano, 2010; P. Quinto, Il nuovo codice, il giudizio elettorale e la Corte costituzionale: una singolare coincidenza?, in Foro Amm. - Tar, 2010, 2228 ss.; P. Virga, in Diritto amministrativo, vol. II, Atti e ricorsi, VI edizione, Giuffrè 2001; G. Guzzo, Il contenzioso elettorale; in www.lexitalia.it, n. 5/2020.

 

SOMMARIO: Premessa. 1. L’articolo 129 CPA: la tutela anticipata avverso gli atti di esclusione dai procedimenti elettorali preparatori per le elezioni comunali, provinciali e regionali. 2. Le criticità. 

 

Premessa

 La tutela anticipata nel giudizio elettorale, ovvero la contestazione degli atti di esclusione dai procedimenti elettorali prima della proclamazione degli eletti, da sempre, ha dato luogo ad orientamenti giurisprudenziali e dottrinali discordanti. Il punto di sintesi delle varie aporie createsi nel corso degli anni, in  specie a livello giurisprudenziale, è indubbiamente costituito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 236/2010 che ha dichiarato incostituzionale dell’articolo 83–undecies del d.P.R. 16.5.60 n. 570 nella parte in cui escludeva la possibilità di un’autonoma impugnativa degli atti del procedimento preparatorio alle elezioni comunali, provinciali e regionali, ancorché immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti sancendone, di guisa, l’impugnabilità. Tale pronuncia si rese necessaria all’indomani dell’arresto dell’A.P. n. 10/2005 che, invece, ne disconosceva la impugnabilità posticipando la contestazione di tali atti alla intervenuta proclamazione degli eletti. Il dictum in parola fu immediatamente contestato dai T.a.r.  e dallo stesso Consiglio di Stato dando la stura ad orientamenti contrastanti poi risolti dalla citata sentenza n. 236/2010 della Consulta. Ciononostante, il giudizio in parola presenta ancora qualche criticità: su tutte la non riconosciuta possibilità di proporre motivi aggiunti in tale fase.

1. L’articolo 129 CPA: la tutela anticipata avverso gli atti di esclusione dai procedimenti elettorali preparatori per le elezioni comunali, provinciali e regionali.

Il Codice del processo amministrativo, nell’articolo 129, che apre il Capo II del Titolo VI del CPA, disciplina una tutela giurisdizionale anticipata, vale a dire la possibilità di ricorrere immediatamente avverso i provvedimenti preliminari del procedimento elettorale preparatorio, senza attendere la proclamazione degli eletti. Il sindacato, in questo caso, viene attribuito alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo. La particolarità di tale rito sembra conferire allo stesso il carattere di una nuova materia di giurisdizione esclusiva anche se l’articolo 129 CPA non la configura tale e di essa non vi è alcuna menzione nel successivo articolo 133 del Codice (G. Guzzo). Venendo al merito di questo particolare giudizio, va sottolineato come la giurisdizione esclusiva abbia ad oggetto le controversie in materia di ammissione ed esclusione delle liste e/o candidati. Restano sottratti, invece, al sindacato del giudice amministrativo, in quanto atti meramente politici, il decreto di indizione dei comizi elettorali ed i procedimenti governativi volti a disciplinare le operazioni elettorali. Nella vigenza della precedente normativa, come evidenziato da attenta dottrina (G. Palliggiano – U. G. Zingales) in merito alla possibilità di tutela immediata avverso i provvedimenti preliminari del procedimento elettorale di ammissione ed esclusione delle liste, si sono registrati in giurisprudenza tre orientamenti: - un primo orientamento ha sostenuto che i provvedimenti di ammissione e di esclusione delle liste dovessero essere impugnati entro il termine di trenta giorni dalla loro conoscenza; - un secondo orientamento ha posto in essere la distinzione tra provvedimenti di ammissione e provvedimenti di esclusione, ammettendo l’impugnazione immediata solo dei secondi; - un terzo orientamento, avallato anche dalla pronuncia n. 10/2005 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ha ritenuto che l’impugnazione fosse ammissibile solo successivamente alla proclamazione degli eletti. In particolare, la citata pronuncia dell’Adunanza Plenaria statuiva che: “(…) i ricorsi contro le operazioni elettorali successive all’emanazione del decreto di convocazione dei comizi, tra le quali ci sono quelle relative all’ammissione ed all’esclusione delle liste elettorali, vanno proposti dopo la proclamazione degli eletti (…)”, evidenziando come: “(…) è ben vero che in tal modo non c’è immediata tutela giurisdizionale contro i provvedimenti di esclusione delle liste; ma è altrettanto vero che l’ammissione della lista esclusa potrebbe essere data solo con provvedimento cautelare di sospensione dell’efficacia dell’esclusione, non essendo praticamente possibile definire il giudizio prima dello svolgimento delle elezioni, sicché in ogni caso l’ammissione o esclusione delle liste, e con esse i risultati delle elezioni, sarebbero provvisori, e vi sarebbero altrettante probabilità di far competere una lista illegittimamente esclusa quante di fare svolgere elezioni invalide; ed in definitiva l’immediatezza della tutela sarebbe puramente apparente (…)”. E, infatti, “(…) la non impugnabilità immediata di atti aventi effetti sicuramente lesivi (quali quelli di esclusione dal procedimento elettorale), con conseguente improponibilità anche di misure cautelari, non appare contrastante con il principio, affermato dalla Corte Costituzionale, secondo cui il potere di sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo è un elemento connaturale del sistema di tutela giurisdizionale (…)”. Sulla decisione dell’Adunanza Plenaria si sono formati pareri contrastanti. Pare opportuno ricordare che, già prima della citata pronuncia dell’A.P., parte della dottrina (P. Virga), condivisibilmente, riteneva che gli atti endoprocedimentali, in generale, non fossero impugnabili. Riguardo, invece, alla impugnabilità degli stessi nel giudizio elettorale andava registrata l’adesione di larga parte della dottrina (tra i tanti S. Cassese, tra l’altro, estensore della storica sentenza della Corte costituzionale n. 236/2010). I sostenitori della tesi della non impugnabilità ritenevano che l’Adunanza Plenaria, non ammettendo le impugnative degli atti interni al procedimento elettorale prima della proclamazione degli eletti, decretava, di fatto, la fine delle c.d. “strategie” processuali dei concorrenti ammessi con riserva e di quelli che avevano ottenuto, con una pronuncia cautelare, l’esclusione di una lista concorrente. Accadeva, infatti, che i ricorrenti, in ragione dei risultati ottenuti dalla tornata elettorale, decidevano di continuare a coltivare il ricorso oppure di rinunciarvi o, ancora, di non impugnare la successiva proclamazione degli eletti, rendendo, così, il ricorso improcedibile (G. Guzzo). Nella ipotesi in cui la pronuncia cautelare veniva confermata in quella di merito producendosi, di guisa, la caducazione ex tunc degli effetti dell’ordinanza emessa, le liste ammesse con riserva che partecipavano alla competizione dovevano essere ritenute non più valide competitrici nel confronto elettorale, con la conseguente necessità, da parte dell’Autorità prefettizia, di valutare gli estremi dell’annullamento d’ufficio di tutta la competizione. I sostenitori della tesi opposta, invece, hanno evidenziato come l’interpretazione dell’Adunanza Plenaria non risultasse aderente al principio secondo cui gli atti endoprocedimentali dotati di propria autonoma lesività e conclusivi di fasi del procedimento amministrativo sono, di regola, da ritenere impugnabili immediatamente, salvo l’onere di contestare l’atto finale (N. Saitta). In altri termini, non si poteva mettere in dubbio il fatto che gli atti di ammissione e/o esclusione dalla competizione elettorale di liste, di candidati e simboli fossero atti conclusivi di una vera e propria fase procedimentale, avente una propria autonomia – quella della selezione dei soggetti partecipanti alla competizione di voto – ed atti produttivi di rilevanti effetti, condizionanti lo stesso andamento della procedura elettorale. Anche nella giurisprudenza successiva non sono mancate le interpretazioni sfavorevoli alla possibilità di ammettere l’impugnativa immediata avverso gli atti endoprocedimentali del procedimento elettorale. Ad esempio, il Consiglio di Stato, Sezione V, con ordinanza n. 2368 del 16.5.2006 dissentiva dalla decisione dell’Adunanza Plenaria ed affermava l’ammissibilità di un ricorso in materia elettorale avverso gli atti di esclusione o di ammissione di una lista alla competizione elettorale “(…) in considerazione della necessità più volte sottolineata dalla Corte Costituzionale di assicurare piena ed incondizionata tutela alla res integra, in relazione all’articolo 24 Cost. (…)”. Lo stesso dicasi per il T.A.R. Puglia – Sez. di Lecce, che poneva in motivato dissenso rispetto alla decisione dell’Adunanza Plenaria, a far tempo dall’ordinanza n. 536 del 10.5.2006, ripetutamente ribadita in altre pronunce, affermando, per un verso, il carattere immediatamente lesivo dei provvedimenti di esclusione delle liste, e, per altro verso, che una tutela giurisdizionale accordata in un momento successivo allo svolgimento delle elezioni e quindi in un contesto ormai mutato, non è coerente con i principi anche costituzionali sul giusto processo. Dunque, numerose decisioni dei giudici amministrativi, sin da subito, hanno riconosciuto la fondatezza dell’opposta tesi circa l’immediata ed autonoma impugnabilità del provvedimento di esclusione di una lista elettorale, attesa la sua idoneità a ledere il bene della vita costituito dalla partecipazione ad una tornata di voto caratterizzata da un preciso contesto temporale ed ambientale e, per altro verso, che una tutela giurisdizionale accordata in un momento successivo allo svolgimento delle elezioni e, quindi, in un contesto anche politicamente ormai mutato, non è coerente con i principi, anche costituzionali, sul giusto processo. In particolare, occorre segnalare che dal provvedimento di esclusione di una lista discende, comunque, un pregiudizio attuale e percepibile per i suoi sottoscrittori e candidati, nonché per gli stessi cittadini elettori. Ciò, invece, non può sempre affermarsi per la decisione di ammettere una lista, la cui concreta incidenza sullo svolgimento delle elezioni non può essere valutata ex ante ma soltanto all’esito della consultazione in base all’atto conclusivo di proclamazione. La Corte costituzionale in un primo momento, rilevando l’esistenza in materia di contrastanti interpretazioni giurisprudenziali, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale. In seguito, con la pronuncia n. 236 del 7 luglio 2010 - una sorta di correttivo alla controversa sentenza della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 10/2005 – la suprema Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 83-undecies del d.P.R. n. 570/1960, introdotto dall’articolo 2 della L. n. 1147/1966 (“Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo”), nella parte in cui escludeva la possibilità di un’autonoma impugnativa degli atti del procedimento preparatorio alle elezioni, ancorché immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti. È opportuno precisare che il Legislatore si era orientato nel senso di ammettere l’impugnativa immediata avverso gli atti di ammissione e/o esclusione di liste, con il Decreto del 5 marzo 2010, n. 29, rubricato “Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione”. In tale contesto, dunque, si colloca il Codice che mira, infatti, a recepire il più recente orientamento espresso sul punto dalla giurisprudenza e condiviso dal Legislatore. L’articolo 129, comma 1, c. p. a., quindi, ammette la facoltà di impugnativa immediata ponendo, però, alcuni limiti. Essa, infatti, viene consentita: - per i provvedimenti di esclusione di liste o candidati, non per le ammissioni; - relativamente alle operazioni per le elezioni comunali, provinciali e regionali, con esclusione delle elezioni europee; - solo da parte dei delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi. Il termine di decadenza per la notificazione del ricorso è di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovvero, se prevista, dalla comunicazione degli atti impugnati. La decadenza vige solo ai fini dell’impugnativa immediata perché in ogni caso rimane la possibilità di impugnativa differita dopo la proclamazione degli eletti. Il comma 2 della norma de qua prevede che tutti gli altri provvedimenti relativi al procedimento elettorale, anche preparatorio – inclusi i provvedimenti relativi all’ammissione delle liste, ai contrassegni o ai collegamenti – sono impugnabili solo alla conclusione del procedimento elettorale, insieme all’atto di proclamazione degli eletti. Una procedura rapida e semplificata ai fini dell’impugnativa immediata, sia in primo grado, davanti al T.A.R., sia in secondo grado, davanti al Consiglio di Stato, è disciplinata dal comma 3 dell’articolo 129 del Codice. Tale giudizio è ispirato a criteri di massima semplificazione, sia per il ricorso che per la decisione. Nonostante non vi sia un vincolo costituzionale in ordine ai tempi delle elezioni amministrative, la previsione di un rito compatto che si esaurisce, tra il primo ed il secondo grado, in un arco massimo di sedici giorni (tre giorni, in primo grado, per la notifica ed altrettanti per il deposito e per l’udienza di discussione e decisione; due giorni, in secondo grado, per la notifica e altrettanti per il deposito, tre per l’udienza di discussione e decisione) mira ad evitare che l’accoglimento del ricorso intervenga successivamente allo svolgimento delle elezioni, il che comporterebbe la necessità della loro ripetizione, con negativi riverberi, tra l’altro, sulle finanze pubbliche. La notifica è effettuata direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, esclusivamente mediante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati. In ogni caso, l’ufficio che ha emanato l’atto impugnato rende pubblico il ricorso mediante affissione di una copia integrale in appositi spazi allo scopo destinati, sempre accessibili al pubblico. È opportuno precisare che tale pubblicazione non si risolve in un adempimento solo formale perché, non solo assicura ampia conoscibilità circa la pendenza di un contenzioso sulle imminenti elezioni, ma assume a tutti gli effetti valore di notifica per pubblici proclami nei confronti dei controinteressati. La notificazione si considera avvenuta il giorno stesso dell’affissione, previsione che incide sui termini di decorrenza per le eventuali iniziative processuali (ad es. costituzione, presentazione memorie, ricorso incidentale) che i controinteressati intendono intraprendere. Acquisendo il pieno valore di notifica, la mancata pubblicazione mediante affissione da parte dell’ufficio competente comporta la non opponibilità ai controinteressati, ove non avessero ricevuto in altro modo notifica individuale, della decisione resa a conclusione di un giudizio al quale non hanno potuto partecipare. Si ritiene che, in questo caso, i controinteressati – in applicazione all’articolo 102, comma 2, del Codice – siano legittimati ad appellare in quanto, pur non avendo preso parte al giudizio di primo grado, sono portatori di un interesse legittimo dotato di autonomia. Al riguardo, l’articolo 105, comma 3, CPA dispone che il Consiglio di Stato, annullando la sentenza di primo grado a causa della mancata integrità del contraddittorio in quella fase, rinvia la causa al primo giudice. Quest’ultimo fissa quanto prima la data dell’udienza di discussione derogando al criterio cronologico. Tuttavia, nonostante la previsione introduca un criterio di velocizzazione della trattazione della causa, essa sembra essere inadeguata rispetto alle esigenze di massima celerità del contenzioso elettorale. Infatti, non esiste alcuna specifica disposizione che imponga tempi certi e ravvicinati per la fissazione dell’udienza pubblica in caso di annullamento con rinvio. Pertanto, il rischio è di assistere ad una inevitabile dilatazione dei tempi per concludere il contenzioso elettorale frustrando le buone intenzioni del Legislatore. Il ricorso, di seguito, è depositato nel termine di tre giorni dall’avvenuta notifica presso la segreteria del tribunale adito che lo affigge in appositi spazi accessibili al pubblico. Il comma 4 dell’articolo 129 del Codice del processo amministrativo prescrive alle parti, ove stiano in giudizio personalmente e non siano titolari di indirizzi di posta elettronica certificata risultanti dai pubblici elenchi, di indicare, rispettivamente, nel ricorso o negli atti di costituzione, l’indirizzo di posta elettronica certificata o il numero di fax da valere per ogni eventuale comunicazione e notificazione. A norma del comma 5 della norma de qua, l’udienza di discussione si celebra nel termine di tre giorni dal deposito del ricorso. Non essendo previsti avvisi e non essendo, pertanto, le parti in grado di sapere quando è avvenuto con precisione il deposito del ricorso, è loro onere apprendere la notizia del giorno di fissazione dell’udienza. Il rinvio dell’udienza è vietato, anche in presenza di ricorso incidentale, per la notifica del quale si provvede con le forme e, nel silenzio della norma, entro gli stessi termini del ricorso principale. Il giudizio è deciso a conclusione dell’udienza con sentenza in forma semplificata da pubblicarsi nello stesso giorno. La motivazione può consistere anche nel mero richiamo alle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie (articolo 129, comma 6, c. p. a.). Tale norma introduce un caso di motivazione per relationem non su precedenti giurisprudenziali ma direttamente sulle argomentazioni delle parti. Il comma 7 dell’articolo 129 prevede la comunicazione senza indugio della sentenza non appellata, a cura della segreteria del tribunale, all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato. La fase dell’appello, anch’essa ispirata a criteri di massima accelerazione e compressione dei tempi, è disciplinata dai commi 8 e 9 dell’articolo 129 del Codice. Il Legislatore, al comma 8, regolamenta i momenti della notifica e del deposito. Per ciò che concerne la notifica, la disposizione normativa prevede che il ricorso in appello deve essere, nel termine perentorio di due giorni dalla pubblicazione della sentenza, “(…) notificato, direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, esclusivamente mediante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati (…)”. Inoltre, l’ufficio che ha emanato l’atto impugnato è tenuto a rendere pubblico il ricorso con le stesse modalità previste, per il giudizio di primo grado, dal comma 3. È opportuno chiarire che, anche in questo caso, la pubblicazione ha valore di notifica per pubblici proclami per tutti i controinteressati e si ha per avvenuta il giorno stesso della predetta affissione. Il valore di notifica vige ovviamente soltanto nei confronti dei controinteressati non costituitisi in primo grado. Infatti, il comma 8 prescrive che per le parti costituite nel giudizio di primo grado la trasmissione della notificazione si effettua presso l’indirizzo di posta elettronica certificata o il numero di fax indicati negli atti difensivi a norma del comma 4. Per ciò che concerne il deposito del ricorso, invece, esso va effettuato, in copia, presso il tribunale amministrativo regionale che ha emesso la sentenza di primo grado, in originale, presso la segreteria del Consiglio di Stato che provvede a pubblicarlo nel sito internet della giustizia amministrativa e ad affiggerlo in appositi spazi accessibili al pubblico. Dunque, le rispettive segreterie provvedono ad affiggerlo in appositi spazi accessibili al pubblico. Manca nel Codice una disposizione che chiarisca esplicitamente entro quanti giorni vada fissata l’udienza di discussione. Tuttavia, in virtù dell’articolo 129, comma 9, che rende applicabili nel giudizio di appello le disposizioni previste dal medesimo articolo 129 per il giudizio di primo grado, dovrebbe farsi riferimento al comma 5, secondo cui l’udienza va celebrata entro tre giorni dal deposito. Rilevanti, poi, le previsioni contenute al comma 10 (P. Quinto). La disposizione non rende applicabili per i giudizi relativi al procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali, le disposizioni fissate dall’articolo 52, comma 5, che, ai fini della proroga dei termini, assimila la giornata del sabato a quella dei giorni festivi nonché quelle contenute all’articolo 54, commi 1 e 2, relative, rispettivamente, all’autorizzazione del presidente al deposito tardivo di memorie e documenti ed alla sospensione feriale dei termini processuali, previsione opportuna ma, prevedibilmente, di scarso impatto pratico, posto che risulta difficile la fissazione di competizioni elettorali in piena estate. Infine, per completezza di informazione, va aggiunto che ai sensi dell’articolo 7, comma 8 quater, d.l. 31 agosto 2016, n. 168, recante “Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l’efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa”, (in Gazz. Uff.  31 agosto 2016, n. 203), nel testo modificato dalla legge di conversione 25 ottobre 2016, n. 197 (in Gazz. Uff. 29 ottobre 2016, n. 254), entrata in vigore il 30 ottobre 2016, “Le disposizioni in materia di contenzioso sulle operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province e delle regioni, previste dal libro quarto, titolo VI, del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, si applicano anche al contenzioso sulle operazioni elettorali delle città metropolitane”.

2. Le criticità

Il giudizio regolamentato dall’articolo 129 CPA, proprio per la specifica estensione longitudinale del sindacato del giudice, conferisce allo stesso una peculiarità che consiste nel dare corpo ad una vera e propria ulteriore ipotesi di giurisdizione esclusiva, sebbene non espressamente contemplata nel successivo articolo 133 del Codice del processo amministrativo. Questo rappresenta un aspetto che meriterebbe di essere approfondito allo scopo di stabilire se, effettivamente, occorra o meno introdurre una modifica al citato articolo 133 del CPA consistente nella previsione anche del giudizio de quo. In generale, si condivide la tesi di quanti ritengano che la conclusione entro sedici giorni di tale contenzioso, compresa la fase di appello, non possa intendersi come una illegittima compressione del diritto di difesa, atteso che il sovrastante interesse pubblico alla ultimazione delle operazioni elettorali ed al funzionamento degli organi elettivi, che attraversa trasversalmente la vita democratica di un Paese, deve necessariamente essere inteso come un valore preminente. Altra questione fortemente dibattuta è quella che riguarda l’ingresso nel processo elettorale dell’istituto dei motivi aggiunti disciplinati dall’articolo 43 del CPA Il problema si pone soprattutto con riferimento al giudizio previsto dall’articolo 129 CPA Al riguardo, la giurisprudenza (ex multis: Cons. St., sez. V, sent. n. 1477/2016) è categorica nel ritenere “(…) il thema decidendum del giudizio elettorale non può essere esteso oltre le domande e i vizi posti a fondamento delle stesse, dedotti originariamente nel ricorso introduttivo, con esclusione di motivi nuovi riguardanti asseriti vizi emersi a seguito dell’istruttoria, di contenuto diverso rispetto a quelli dedotti originariamente, dovendo tali motivi aggiunti, per poter trovare ingresso nel giudizio amministrativo, riguardare non solo le stesse Sezioni, ma anche le stesse schede, le stesse operazioni elettorali e le stesse irregolarità già oggetto di censura, e quindi essere specificazione soltanto di vizi già dedotti nel ricorso originale, e ciò al fine di non eludere la regola della immutabilità dei risultati elettorali non tempestivamente impugnati ed evitare che i motivi aggiunti possano prestarsi ad una impropria funzione di revisione oggettiva e totale delle operazioni elettorali, non consentita dall’attuale normativa, essendo precluso al giudice riesaminare tutte le operazioni elettorali attraverso l’esercizio di una giurisdizione di tipo obiettivo (…)”. Recentemente il CGARS, Sez. giurisdizionale, con sentenza del 3 giugno 2020, n. 380, ha chiarito che “(…) Nel giudizio elettorale, poi, il principio della specificità dei motivi di censura e dell’onere della prova è da considerarsi attenuato, ancorché si richieda sempre, ai fini dell’ammissibilità del ricorso o delle singole doglianze, che l’atto introduttivo indichi la natura dei vizi denunziati, il numero delle schede contestate e le sezioni cui si riferiscono le schede medesime (tutto ciò non in termini astratti, ma con riferimento a fattispecie concrete (…)”. La stessa sentenza, relativamente ai motivi aggiunti, ha sottolineato che “(…)
Nel giudizio elettorale con i motivi aggiunti non possono dedursi, in base alle risultanze della verificazione disposta dal giudice, vizi inediti e cioè vizi che non trovano sufficiente e adeguato riscontro in quelli dedotti col ricorso introduttivo; e, in particolare, che nel giudizio elettorale sono ammissibili i motivi aggiunti che costituiscano esplicitazione, puntualizzazione o svolgimento di censure tempestivamente proposte, mentre non sono ammessi nuovi motivi derivanti da ulteriori vizi emersi a seguito delle verifiche istruttorie disposte dal giudice in relazione alle originarie censure, così conciliandosi i contrapposti interessi in gioco della effettività della tutela giurisdizionale e della celerità e speditezza che il giudizio elettorale deve in ogni caso assicurare  (…)”. Approfondendo il tema, poi della inammissibilità del ricorso, il C.g.a. ha evidenziato che nel ricorso elettorale si configura la genericità dei motivi solo quando il giudice non sia posto in grado di comprendere quali vizi il ricorrente deduca per sostenere l’invalidità del provvedimento impugnato, così che, fuori da questi stretti limiti, è dovere del giudice stesso interpretare il gravame ed esaminare le censure ancorché non organicamente articolate, ricavandole dal contesto del ricorso e della richiesta avanzata. É stato più volte ribadito che, ai fini della regolarità ed ammissibilità dei motivi del ricorso, basta che siano sufficientemente specificate le questioni che si intendono proporre al giudice, in modo da permettere l’identificazione dei vizi del provvedimento che si vuole denunciare e la individuazione delle norme ritenute violate, ancorché gli uni e le altre non siano precisamente ed espressamente specificati, poiché la formulazione alquanto sintetica dei motivi non impedisce al giudice ed alle parti resistenti di coglierne il contenuto, considerato anche che l’art 156 c.p.c. esclude la dichiarazione della nullità per inosservanza di forme di un atto processuale che abbia raggiunto il suo scopo; i motivi di ricorso devono considerarsi muniti di adeguata consistenza e specificazione (che ne impone l’esame da parte del giudice) non già quando descrivono le conclusioni cui essi sono indirizzati, ma se e quando indicano pure le ragioni che vengono poste a base di siffatte conclusioni e danno dimostrazione, secondo l’intendimento del ricorrente, del titolo e della causa delle richieste e delle norme che le giustificano (laddove invece, in presenza di motivi generici, non può essere invocato il principio "iura novit curia", perché la conoscenza che il giudice ha e deve avere delle norme dell’ordinamento non esonera il ricorrente dallo specificare adeguatamente le sue richieste, né il principio può essere interpretato nel senso che il giudice debba prestare la sua opera ovviando con la sua attività all’incapacità delle parti di reperire un qualunque fondamento per le loro pretese.
Come si è detto, nel giudizio elettorale, poi, il principio della specificità dei motivi di censura e dell’onere della prova è da considerarsi attenuato, ancorché si richieda sempre, ai fini dell’ammissibilità del ricorso o delle singole doglianze, che l’atto introduttivo indichi la natura dei vizi denunziati, il numero delle schede contestate e le sezioni cui si riferiscono le schede medesime (tutto ciò non in termini astratti, ma con riferimento a fattispecie concrete, onde evitare inammissibili azioni volte al mero riesame delle operazioni svolte, ovvero meramente esplorative, Cons. St., V, 4 maggio 2010, n. 2439): ciò in considerazione della peculiare situazione di (obiettiva) difficoltà in cui si trova il soggetto che ha interesse ad aggredire le operazioni elettorali illegittime, sulla base di semplici informazioni, pur formalmente dichiarate ed acquisite agli atti del giudizio, ma necessariamente indiziarie, e tenendo conto dell’indefettibile esigenza di assicurare, tuttavia, l’effettività della tutela giurisdizionale, sancita dagli articoli 24 e 113 Cost., così che possono ritenersi ammissibili censure anche parzialmente generiche o che risultino poi affette da errata individuazione del fatto che ha provocato la determinazione illegittima. Ritornando alla specifica questione dell’ammissibilità dei motivi aggiunti nel giudizio elettorale, certa dottrina (C. E. Gallo) ha evidenziato che così ragionando non si determini una restrizione dell’uso dei motivi aggiunti nel processo elettorale ma una sostanziale abrogazione dell’istituto. Infatti, ritenere che i motivi aggiunti debbano costituire un mero svolgimento di quelli originari significa vietare la presentazione dei motivi aggiunti, i quali, per loro stessa natura, sono appunto nuovi. A tale proposito va ricordato che  autorevole dottrina (N. Saitta), nel discostarsi dal maggioritario orientamento giurisprudenziale innanzi riportato, ha  sottolineato che, a giudizio elettorale già pendente (ovviamente si parla della medesima competizione elettorale), ben potrebbe sorgere l’esigenza di impugnare un atto diverso da quello impugnato con l’atto introduttivo (si pensi ad un provvedimento di ammissione impugnato in prima battuta ed alla proclamazione degli eletti intervenuta successivamente). Il che renderebbe assolutamente indispensabile il ricorso all’istituto dei motivi aggiunti. Il problema dell’utilizzo dei motivi aggiunti, invece, non trova cittadinanza nel rito previsto dall’articolo 130 CPA giacché in tale caso ad essere impugnata è la proclamazione degli eletti e dunque è pressoché impossibile che possano emergere ulteriori atti da censurare. 

 

Il punto di vista dell’autore

In conclusione, il giudizio elettorale, fatto salvo l’auspicabile “sdoganamento” dei motivi aggiunti nel contenzioso regolamentato dall’articolo 129 CPA, pare ben strutturato da un punto di vista processuale grazie soprattutto al contributo correttivo della magistratura e all’opera di indirizzo svolta della dottrina.  Come detto, resta sullo sfondo la risoluzione dell’ammissibilità dei motivi aggiunti che, in taluni casi, appare più che opportuna in considerazione del fatto che una posticipazione dell’impugnativa alla intervenuta proclamazione degli eletti interverrebbe in un momento successivo caratterizzato, comunque, da un contesto ambientale e politico verosimilmente mutato.