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Art. 130

Procedimento in primo grado in relazione alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e parlamento europeo

1. Salvo quanto disposto nel Capo II del presente Titolo, contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all’emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’impugnazione dell’atto di proclamazione degli eletti:

a) quanto alle elezioni di comuni, province e regioni, da parte di qualsiasi candidato o elettore dell’ente della cui elezione si tratta, al tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il predetto ente territoriale, da depositare nella segreteria del tribunale adito entro il termine di trenta giorni dalla proclamazione degli eletti;

b) quanto alle elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, da parte di qualsiasi candidato o elettore, davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, da depositare nella relativa segreteria entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’elenco dei candidati proclamati eletti.

2. Il presidente, con decreto:

a) fissa l’udienza di discussione della causa in via di urgenza;

b) designa il relatore;

c) ordina le notifiche, autorizzando, ove necessario, qualunque mezzo idoneo;

d) ordina il deposito di documenti e l’acquisizione di ogni altra prova necessaria;

e) ordina che a cura della segreteria il decreto sia immediatamente comunicato, con ogni mezzo utile, al ricorrente.

3. Il ricorso è notificato, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, a cura di chi lo ha proposto, entro dieci giorni dalla data della comunicazione del decreto di cui al comma 2:

a) all’ente della cui elezione si tratta, in caso di elezioni di comuni, province, regioni;

b) all’Ufficio elettorale centrale nazionale, in caso di elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia;

c) alle altre parti che vi hanno interesse, e comunque ad almeno un controinteressato.

4. Entro dieci giorni dall’ultima notificazione di cui al comma 3, il ricorrente deposita nella segreteria del tribunale la copia del ricorso e del decreto, con la prova dell’avvenuta notificazione, insieme con gli atti e documenti del giudizio.

5. L’amministrazione resistente e i controinteressati depositano nella segreteria le proprie controdeduzioni nei quindici giorni successivi a quello in cui la notificazione si è perfezionata nei loro confronti.

6. All’esito dell’udienza, il collegio, sentite le parti se presenti, pronuncia la sentenza.

7. La sentenza è pubblicata entro il giorno successivo alla decisione della causa. Se la complessità delle questioni non consente la pubblicazione della sentenza, nello stesso termine di cui al periodo precedente è pubblicato il dispositivo mediante deposito in segreteria. In tal caso la sentenza è pubblicata entro i dieci giorni successivi.

8. La sentenza è immediatamente trasmessa in copia, a cura della segreteria del tribunale amministrativo regionale, al Sindaco, alla giunta provinciale, alla giunta regionale, al presidente dell’ufficio elettorale nazionale, a seconda dell’ente cui si riferisce l’elezione. Il comune, la provincia o la regione della cui elezione si tratta provvede, entro ventiquattro ore dal ricevimento, alla pubblicazione per quindici giorni del dispositivo della sentenza nell’albo o bollettino ufficiale dell’ente interessato a mezzo del segretario che ne è diretto responsabile. In caso di elezioni relative a comuni, province o regioni, la sentenza è comunicata anche al Prefetto. Ai medesimi incombenti si provvede dopo il passaggio in giudicato della sentenza annotando sulla copia pubblicata la sua definitività.

9. Il tribunale amministrativo regionale, quando accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo. In caso di ricorso avverso le operazioni elettorali inerenti il Parlamento europeo, i voti delle sezioni le cui operazioni sono state annullate non hanno effetto.

10. Tutti i termini processuali diversi da quelli indicati nel presente articolo e nell’articolo 131 sono dimezzati rispetto ai termini del processo ordinario.

11. L’ente comunale, provinciale o regionale, della cui elezione si tratta, comunica agli interessati la correzione del risultato elettorale. L’Ufficio elettorale nazionale comunica la correzione del risultato elettorale agli interessati e alla segreteria del Parlamento europeo(1)(2).

 

(1) Ai sensi dell’articolo 7, comma 8 quater, d.l. 31 agosto 2016, n. 168, recante Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l’efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa (in Gazz. Uff.  31 agosto 2016, n. 203), nel testo modificato dalla legge di conversione 25 ottobre 2016, n. 197 (in Gazz. Uff. 29 ottobre 2016, n. 254), entrata in vigore il 30 ottobre 2016, «Le disposizioni in materia di contenzioso sulle operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province e delle regioni, previste dal libro quarto, titolo VI, del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, si applicano anche al contenzioso sulle operazioni elettorali delle città metropolitane». 

(2) Con sentenza 11 novembre 2011, n. 304 la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli articoli 24, 76, 97, 103, 111, 113 e 117 Cost., degli articoli 8, comma 2, 77, 126, 127, 128, 129, 130 e 131 nella parte in cui, prevedendo l’obbligo della devoluzione al giudice ordinario della risoluzione dell’incidente di falso riguardo agli atti muniti di fede privilegiata, comprimerebbero la tutela degli interessi legittimi, introducendo una limitazione della tutela.

Bibliografia: G. Palliggiano, U. G. Zingales, Il codice del nuovo processo amministrativo, 2012; V. Salamone, I riti speciali nel nuovo processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it del 17.11.2010; G. Guzzo, Il contenzioso elettorale, in www.lexitalia.it, n. 5/2020.

 

SOMMARIO: Premessa. 1. Il giudizio elettorale dopo la proclamazione degli eletti. 2. Questioni controverse.

 

Premessa

Il giudizio elettorale disciplinato dall’articolo 130 CPA assorbe l’intero contenzioso delle operazioni elettorali di Comuni, Province. Regioni e Parlamento europeo. La differenza rispetto a quello previsto dall’articolo 129 CPA risiede nel fatto che il ricorso introduttivo della lite, in questo caso, investe la proclamazione degli eletti e non gli atti di esclusione delle liste e/o dei singoli candidati. In altre parole è un giudizio che coinvolge l’esito delle operazioni elettorali e non gli atti preparatori. Per questo motivo i tempi processuali sono decisamente maggiori rispetto a quelli previsti dal precedente articolo 129 CPA anche se ridotti rispetto ad un ordinario giudizio amministrativo.

1. Il giudizio elettorale dopo la proclamazione degli eletti.

Il Capo III, contenuto nel Titolo VI del Libro IV, disciplina il contenzioso ordinario, relativo alle operazioni elettorali di Comuni, Province, Regioni e Parlamento europeo. Esso si sviluppa attraverso tre disposizioni: l’articolo 130, che detta le regole per il procedimento in primo grado per tutti i tipi di competizione elettorale; gli articoli 131 e 132, che disciplinano il procedimento d’appello, rispettivamente per le operazioni elettorali di Comuni, Province e Regioni e per quelle del Parlamento europeo (G. Palliggiano – U. G. Zingales). Per quanto concerne l’articolo 130 del Codice, il comma 1 prevede che contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all’emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso solo alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’atto di proclamazione degli eletti. Il ricorso deve essere depositato entro trenta giorni da tale ultimo atto. Resta salvo il rimedio anticipato previsto dall’articolo 129 per gli atti di esclusione di liste o candidati nelle elezioni amministrative e regionali. Legittimati a presentare ricorso sono: - per le elezioni amministrative e regionali, qualsiasi candidato o elettore dell’ente della cui elezione si tratta; - per le elezioni europee, qualsiasi candidato o elettore. Il ricorso, per tutti i tipi di operazioni elettorali, come già anticipato in precedenza, va preventivamente depositato nella segreteria del tribunale adito entro il termine di trenta giorni dalla proclamazione degli eletti. Il giudice competente è il T.A.R. nella cui circoscrizione si trova l’ente territoriale per le elezioni amministrative e regionali e il T.A.R. Lazio per le elezioni europee. Il comma 2 – riproducendo sostanzialmente il contenuto dell’articolo 83-undecies, comma 1, d.P.R. n. 570/1960 (inserito dall’articolo 2 della L. n. 1147/1966) – detta i compiti del presidente del tribunale, il quale: - fissa l’udienza di discussione della causa in via di urgenza; - designa il relatore; - ordina le notifiche, autorizzando, ove necessario, qualunque mezzo idoneo; - ordina il deposito di documenti e l’acquisizione di ogni altra prova necessaria; - ordina che a cura della segreteria il decreto sia immediatamente comunicato con ogni mezzo utile al ricorrente. A norma del comma 3, il ricorso è notificato, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, a cura di chi lo ha proposto, entro dieci giorni dalla dati di comunicazione del decreto presidenziale: - all’ente della cui elezione si tratta, in caso di elezioni di Comuni, Province, Regioni; - all’Ufficio elettorale centrale nazionale, in caso di elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia; - alle altre parti che vi hanno interesse e, comunque, ad almeno un controinteressato. Entro dieci giorni dall’ultima notificazione, il ricorrente deposita nella segreteria del tribunale la copia del ricorso e del decreto, con la prova dell’avvenuta notificazione, insieme con gli atti e documenti del giudizio (comma 4). Nei quindici giorni successivi a quello in cui la notificazione si è perfezionata, l’amministrazione resistente ed i controinteressati depositano in segreteria le proprie controdeduzioni (comma 5). A conclusione dell’udienza, il collegio, sentite le parti se presenti, pronuncia la sentenza, la quale è pubblicata entro il giorno successivo alla decisione della causa (commi 6 e 7). Se la complessità delle questioni non consente la pubblicazione della sentenza, il giorno successivo all’udienza è emesso il dispositivo mediante deposito in segreteria (G. Guzzo). In tal caso la sentenza è pubblicata entro i dieci giorni successivi. Non è, quindi, più prevista la lettura del dispositivo immediatamente all’udienza pubblica da parte del presidente (articolo 83-undecies, comma 4, d.P.R. n. 570/1960). La sentenza è immediatamente trasmessa in copia, a cura della segreteria del T.A.R., al Sindaco, alla Giunta provinciale, alla Giunta regionale, al Presidente dell’ufficio elettorale nazionale, a seconda dell’ente cui si riferisce l’elezione. Il Comune, la Provincia o la Regione della cui elezione si tratta provvede, entro ventiquattro ore dal ricevimento, alla pubblicazione per quindici giorni del dispositivo della sentenza nell’albo o bollettino ufficiale dell’ente interessato a mezzo del segretario che ne è diretto responsabile. In caso di elezioni di Comuni, Province o Regioni, la sentenza è comunicata anche al Prefetto. Ai medesimi incombenti si provvede dopo il passaggio in giudicato della sentenza annotando sulla copia pubblicata il carattere definitivo (comma 8). Il T.A.R., quando accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo. In caso di ricorso avverso le operazioni elettorali inerenti il Parlamento europeo, i voti delle sezioni le cui operazioni sono state annullate non hanno alcun effetto. Peraltro, questa disposizione non comprende i casi in cui l’accoglimento è potenzialmente idoneo ad inficiare l’intero svolgimento delle elezioni. La prova di ciò è data dal fatto che all’annullamento giurisdizionale delle operazioni continua ad applicarsi l’articolo 85 del d.P.R. n. 570/1960, che non è stato abrogato dal Codice. Sempre nell’ottica di celerità del procedimento giurisdizionale, il comma 10 dispone che tutti i termini diversi da quelli indicati nell’art 130 (e 131) sono dimezzati rispetto ai termini del processo ordinario. Infine, il comma 11 prescrive gli adempimenti ai fini della pubblicità che ciascuna amministrazione nel proprio ambito di competenza territoriale è tenuta a svolgere: l’ente comunale, provinciale o regionale, della cui elezione si tratta, comunica agli interessati la correzione del risultato elettorale; l’Ufficio elettorale nazionale comunica la correzione del risultato elettorale oltre che agli interessati anche alla segreteria del Parlamento europeo.  Come attentamente osservato da attente dottrina (V. Salamone), il contenzioso elettorale innanzi al giudice amministrativo, pur se soggetto ad un rito speciale, è pur sempre inquadrato nello schema del processo d’impugnazione, onde l’oggetto del giudizio è definito dai motivi dedotti entro il termine di decadenza ed il ricorrente è tenuto a specificarli con l’atto introduttivo, ancorché sia consentita una minore precisione nella prospettazione dei vizi, mentre nelle memorie e nella discussione orale può essere illustrato quanto già dedotto. Pertanto, sarebbe inammissibile il ricorso con cui, nel contestare le operazioni elettorali, si prospettino vizi generici o ipotetici, o una generica omissione nel computo di voti e preferenze, allo scopo di evitare che l’omessa indicazione dei vizi si trasformi in un mero espediente per provocare il generale riesame, in sede di giudizio delle schede elettorali. Nel giudizio elettorale unica parte pubblica necessaria è l’ente locale interessato, che si appropria del risultato elettorale e sul quale si riverberano gli effetti di un eventuale annullamento, ovvero della conferma della proclamazione degli eletti; per cui in particolare, gli organi temporanei, abilitati a dichiarare i risultati finali del procedimento elettorale, come l’ufficio elettorale centrale, e a maggior ragione gli uffici circoscrizionali e di sezione, non sono portatori di un interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei loro atti, per cui il ricorso contro le operazioni elettorali non deve essere ad essi notificato ed ove il ricorso sia stato notificato ad uno dei predetti uffici, questi ultimi devono essere estromessi dal giudizio elettorale per difetto di legittimazione passiva (Consiglio Stato ad. plen., 23 febbraio 1979 , n. 7). A questo si aggiunga che, secondo il costante orientamento giurisprudenziale, “(…) In base a un condiviso orientamento la radicale invalidità delle operazioni elettorali può essere ravvisata solo quando la mancanza di elementi o di requisiti essenziali impedisca il raggiungimento dello scopo che connota il singolo atto, mentre non possono comportare l’integrale annullamento delle operazioni le mere irregolarità, ossia quei vizi da cui non derivi alcun pregiudizio per le garanzie o la compressione della libera espressione del voto (in tal senso - ex plurimis -: Cons. Stato, III, 23 maggio 2016, n. 2119)”. Inoltre, “(…) Nel procedimento elettorale preordinato alla formazione e all’accertamento della volontà degli elettori infatti, producono effetto invalidante solo quelle anormalità procedimentali che impediscono l’accertamento della regolarità delle operazioni elettorali con effettiva e radicale diminuzione delle garanzie di legge. Le altre anormalità, invece, quali le omissioni di adempimenti formali ovvero le irregolarità comunque inidonee ad alterare in odo irrimediabile il canone della genuinità del voto nel suo complesso costituiscono delle mere irregolarità tutte le volte che non incidano negativamente sulla finalità che il procedimento persegue, id est l’autenticità, la genuinità e la correttezza degli adempimenti” (così: Cons. St., sez. III, sent. n. 3045/2020). 

2. Questioni controverse

Una delle questioni più diffuse che investe il giudizio è indubbiamente quella relativa alla corretta apposizione delle preferenze. Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa, anche recentemente, ha stabilito che “ove risulti votata una lista e, nel relativo riquadro, sia indicata la preferenza per il candidato consigliere di un’altra lista, è valido il voto espresso per la lista, mentre va annullato quello di preferenza per il consigliere (Cons. St., sez. V, 13 aprile 2016, n. 1477)”. Il principio è stato da ultimo confermato dal supremo consesso della giustizia amministrativa con la sentenza n. 2911/2020. L’aspetto in parola indubbiamente rientra tra quelli che “impediscono l’accertamento della regolarità delle operazioni elettorali con effettiva e radicale diminuzione delle garanzie di legge”. Si tratta di un profilo molto diffuso, di difficile composizione, atteso che investe la voluntas del singolo elettore che esprime un consenso non sempre pienamente consapevole delle norme che disciplinano i meccanismi di voto. A questo si contrappone l’ampia discrezionalità del G.A. che, esercitando una giurisdizione di merito, ben può modificare l’esito della competizione elettorale. Per questo motivo, come del resto imposto dalla stessa giurisprudenza, i vizi devono essere denunciati dal ricorrente con sufficiente grado di precisione e ragionevole presunzione di attendibilità, mentre non può trovare ingresso la prospettazione di vizi ipotetici (T.a.r. Milano, sent. n. 129/2012).  Del resto l’articolo 64 del d.P.R. 570/60 ha la finalità di “salvare” la volontà del cittadino elettore, per cui le ipotesi di nullità del voto si pongono come eccezioni a tale principio e devono considerarsi come tassativamente previste e limitate ai casi in cui segni, scritture o errori siano tali da essere intesi in modo inoppugnabile ed univoco come volontà dell’elettore di far riconoscere il proprio suffragio (Consiglio di Stato, sez. V – 19/11/2009 n. 7241, che ha aggiunto che la deformazione del cognome di un candidato o anche l’incertezza nell’indicazione si possono spiegare con una scarsa dimestichezza del votante con la scrittura o con un’inesatta memoria del nome – ipotesi non inusuali – mentre non dimostrano in maniera inoppugnabile la volontà dell’elettore di rendere riconoscibile il proprio voto). La ratio, dunque, è quella di garantire il rispetto della volontà espressa dal corpo elettorale e di permettere a tutti gli elettori di effettuare le loro scelte, compresi coloro che non siano in grado di apprendere e di osservare appieno le istruzioni ai fini dell’espressione del voto. Compito certamente non facile.

 

Il punto di vista dell’autore

Il giudizio elettorale disciplinato dall’articolo 130 CPA costituisce una sorta di complemento di quello regolamentato dal precedente articolo 129 CPA La durata del processo, com’è naturale che sia, differisce sensibilmente da quella scandita dall’articolo 129 CPA I termini per contestare la intervenuta proclamazione degli eletti sono di giorni trenta, vale a dire circa il doppio della durata del giudizio normato dall’articolo 129 CPA, compresa la fase di appello. La lettura della norma in esame, tuttavia, mostra alcune criticità. Uno dei problemi che investe questo tipo di giudizio è quello che investe la profondità del sindacato del giudice amministrativo che nel caso di specie, esercitando la giurisdizione esclusiva, può proclamare eletti gli aventi titolo diversi da quelli in precedenza proclamati mutando radicalmente l’esito della competizione elettorale. Si tratta di un compito molto delicato che investe la vita democratica del Paese che passa attraverso la corretta espressione del voto popolare la cui volontà non sempre è facilmente ricostruibile attraverso l’esame delle preferenze di voto espresse sulle schede. Per queste ragioni le ipotesi di nullità del voto si pongono come eccezioni e devono essere limitate ai casi in cui segni, scritture o errori siano tali da non potere consentire una chiara ed inequivoca volontà dell’elettore di far riconoscere il proprio suffragio.