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Art. 86

Procedimento di correzione

1. Ove occorra correggere omissioni o errori materiali, la domanda per la correzione deve essere proposta al giudice che ha emesso il provvedimento, il quale, se vi è il consenso delle parti, dispone con decreto, in camera di consiglio, la correzione.

2. In caso di dissenso delle parti, sulla domanda di correzione pronuncia il collegio con ordinanza in camera di consiglio.

3. La correzione si effettua a margine o in calce al provvedimento originale, con indicazione del decreto o dell’ordinanza che l’ha disposta.

Bibliografia. M. Acone, Riflessioni sul rapporto tra la correzione degli errori materiali ed i mezzi di impugnazione, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1980, 1297; V. Caianiello, Manuale di Diritto Processuale Amministrativo, UTET, Torino, 1994; A. Corsaro, Il processo amministrativo. Percorsi giurisprudenziali, Giuffrè, 2012; E. D’Apuzzo, Dir. Proc. Amm.vo, 2009, 4, 1319; R. De Nictolis, La correzione di errore materiale dei provvedimenti del giudice, in Il codice del processo amministrativo commentato, Milano, 2008; A. Liberati, Il Nuovo Diritto Processuale Amministrativo, IV volume, CEDAM, 2010; G. Marasco, Le impugnazioni nel codice del processo, Giuffrè, 2012; P. Patrito – M. Protto, Correzione dell’errore materiale, in Urbanistica e Appalti, 2012, 12, 1335; N. Saitta, Sistema di Giustizia Amministrativa, Giuffrè, 2012; S. Sambataro, Sulla correzione dell’errore materiale nel processo amministrativo, Roma, 1971; A. Sandulli, Diritto Processuale Amministrativo, Giuffrè, 2013; M.A. Sandulli, Il nuovo processo amministrativo, vol. II, Giuffrè, 2013; R. Vaccarella – M. Giorgetti, Codice di procedura civile annotato con la giurisprudenza, Torino, 2006, 987.

 

Sommario. 1. Introduzione. 2. La definizione dell’errore materiale. 3. L’errore materiale nella regolamentazione delle spese di lite. 4. La natura giuridica del procedimento di correzione. 5. La legittimazione ad agire. 6. Il procedimento. 7. La correzione e il giudizio di appello.  8.  La correzione della sentenza contenente una errata indicazione della composizione del collegio. 9. La correzione del dispositivo in mancanza della motivazione della sentenza.

 

1. Introduzione

Il procedimento in esame mira alla correzione di eventuali omissioni ed errori materiali compiuti dal giudice amministrativo nella redazione della propria decisione. L’articolo 86 CPA, ripropone quasi del tutto il contenuto dell’articolo 93 del R.D. n. 642/1907 che ha operato fino all’avvento del codice processuale.

 

2. La definizione dell’errore materiale

In assenza di una definizione codicistica dell’istituto, la dottrina e la giurisprudenza amministrativa hanno delineato l’errore materiale sfruttando tutte quelle indicazioni provenienti dal codice processuale civile. 

In linea di massima, l’errore materiale “riguarda la manifestazione del pensiero all’atto della formazione del provvedimento e si risolve in una fortuita divergenza fra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza e, come tale, percepibile e rilevabile ictu oculi” (Cons. St. del 20.02.2020, n. 1270).

L’errore materiale deve essere rilevabile da chiunque legga il provvedimento decisorio e, per sua natura, è inidoneo a modificare il contenuto espositivo, enunciativo e prescrittivo della decisione (Cons. St. del 08.05.2007, n. 2172; Cons. St. del 20.12.2005, n. 7200; Cons. St. del 27.09.1996, n. 1172; Cons. St. del 10.11.1995, n. 1272; Cons. St. del 31.03.1987, n. 189; Cons. St. del 27.04.1979, n. 329).

Come già anticipato nell’introduzione, l’errore materiale deve essere imputabile solo ed esclusivamente al giudice e non alle parti: sono giudicate inammissibili le istanze di correzione di errori materiali commessi dalle parti nella redazione dei propri atti che “comportino l’erroneità dei dati contenuti nel provvedimento giudiziario (nel caso di specie il nome della parte)” (Cons. St. del 21.11.2017, n. 5404).

 

3. L’errore materiale nella regolamentazione delle spese di lite

La richiesta di correzione di un errore materiale nella regolamentazione delle spese di lite è giudicata inammissibile dalla giurisprudenza amministrativa: “Vi ostano, infatti, per un verso, la mancata formale proposizione del ricorso ai sensi dell’articolo 86 del Decreto Legislativo n. 104/2010 e, per un altro verso, la natura dell’attività richiesta, la quale implica la formulazione di un nuovo (inammissibile) giudizio di valore, anziché (come consentito) la mera e semplice rilevazione di un’inesattezza o di un’omissione, rilevabile ictu oculi in base al tenore letterale e sistematico della sentenza” (Cons. St. del 14.01.2019, n. 312).

 

4. La natura giuridica del procedimento di correzione

La qualificazione giuridica dell’errore/omissione materiale si riflette sulla natura del procedimento di correzione. Una volta abbandonata la tesi della natura impugnatoria, la dottrina e la giurisprudenza hanno riconosciuto piena natura amministrativa al procedimento di correzione: “mentre le impugnazioni in senso proprio presuppongono l’ingiustizia o l’illegittimità della pronuncia e la soccombenza di una parte, la correzione è sovente richiesta dalla parte che ha interesse non a censurare l’attività dell’organo giudicante, bensì solo a conferirle stabilità eliminando mere irregolarità formali” (G. Marasco).

A sostegno della natura amministrativa del procedimento di correzione intervengono una serie di considerazioni: in primo luogo, l’articolo 86 CPA, riproduce fedelmente l’analoga procedura di correzione dell’articolo 287 c.p.c., che, osserva la Cassazione, è priva di natura decisoria e non incide su diritti sostanziali o processuali delle parti (Cass. Civ. del 28.03.2008, n. 8103).

In seconda battuta, il provvedimento di correzione non ha alcuna autonomia rispetto alla sentenza emendata poiché “la validità si ripete nella sentenza medesima, appartenendo a questa la volontà della dichiarazione rappresentata dal provvedimento corretto” (G. Marasco).

Non da ultimo, giova ricordare che la pendenza del procedimento di correzione non sospende la decorrenza dei termini processuali per l’impugnazione del provvedimento correggibile.

 

5. La legittimazione ad agire

La correzione è eseguita su richiesta di una o di entrambe le parti così come è attuabile ex officio dal giudice (G. Marasco).

In base al principio di interesse all’azione ed al processo, la parte istante può promuovere il procedimento solo se, dalla correzione dell’errore od omissione, può derivarne un vantaggio personale: “è necessario che l’errore o l’omissione determinino una oggettiva incertezza circa il contenuto essenziale della pronuncia o si traducano in una lacuna formale tali che, senza la correzione, potrebbero prodursi effetti suscettibili di causare un apprezzabile pregiudizio” (Cons. St. del 17.03.1998, n. 291).

 

6. Il procedimento

L’istanza di correzione viene presentata dinanzi al giudice che ha emesso il provvedimento: se vi è consenso tra le parti, il giudice dispone con decreto, in camera di consiglio, la correzione; contrariamente, la decisione sulla correzione viene pronunciata dal collegio con ordinanza in camera di consiglio.

La correzione viene compiuta dal giudice, “inteso nel senso di stesso ufficio giudiziario e non necessariamente di stesso magistrato come persona fisica” (G. Marasco), responsabile del provvedimento irregolare.

Non esistono limiti di tempo per la proponibilità della correzione sebbene valga la regola, prevista dall’articolo 288, co. III, c.p.c., secondo cui “se è chiesta la correzione di una sentenza dopo un anno dalla sua pubblicazione, il ricorso e il decreto devono essere notificati alle altre parti personalmente”. 

Tra i provvedimenti correggibili sono incluse le sentenze, i decreti, le ordinanze ma non, invece, i provvedimenti revocabili da parte del giudice che, per la loro stessa natura, non abbisognano della procedura in oggetto per essere corretti. In ragione del rinvio operato, rispettivamente, dagli articoli 38 e 39 del CPA, la procedura di correzione si estende anche alle impugnazioni, ai riti speciali previsti da altre sezioni del CPA, ai provvedimenti resi nel giudizio di ottemperanza e, infine, alle ordinanze pronunciate nei giudizi cautelari.

In presenza di nuovi errori od omissioni la procedura di correzione può essere reiterata: “L’istanza di correzione degli errori materiali della sentenza, anche nel caso in cui sia stata già respinta, può essere riproposta allorquando siano stati reperiti nuovi elementi atti a provare l’asserito errore di cui si invoca la correzione” (Cons. St. del 22.05.2004, n. 2358). Il provvedimento decisorio, una volta corretto, può essere oggetto d’impugnazione ordinaria.

 

7. La correzione e il giudizio di appello

Merita di essere esaminato il rapporto tra la procedura di correzione e l’eventuale giudizio di appello del provvedimento correggibile. La procedura di correzione non è esperibile ove la parte istante abbia, per altre e diverse ragioni, impugnato il provvedimento viziato da errori od omissioni: il giudice dell’appello, revisionando l’intero contenzioso, può correggere eventuali errori od omissioni presenti nel provvedimento di prime cure (Cons. St. del 22.02.2019, n. 1230; Cons. St. del 08.06.2009, n. 3513; Cons. St. del 17.07.2000, n. 3928; Cons. St. del 13.11.1996, n. 1588).

D’altro canto non si determina l’assorbimento della istanza di correzione nel giudizio di appello quando l’impugnazione avviene, per ragioni di legittimità, dinanzi alla Corte di Cassazione: in simili circostanze, l’eventuale istanza di correzione del provvedimento di prime cure viene indirizzata al giudice del merito (Cass. Civ. del 27.07.2001, n. 10289).

Per le suesposte ragioni, in conclusione, non è proponibile un atto di appello che sia unicamente motivato dalla sussistenza di un errore materiale nel provvedimento di prime cure: in tale ipotesi l’unica via percorribile è dettata dalla procedura di correzione (Cons. St. del 13.11.1992, n. 948).

 

8. La correzione della sentenza contenente una errata indicazione della composizione del collegio

La sentenza afflitta dalla errata indicazione della composizione del collegio potrebbe essere emendata, secondo una corrente giurisprudenziale, attraverso la procedura di correzione ex articolo 86 CPA: l’intestazione della sentenza ad un magistrato diverso del collegio “è priva di autonoma efficacia probatoria, esaurendosi nella riproduzione dei dati del verbale d’udienza, e che, in difetto di elementi contrari, si devono ritenere coincidenti i magistrati indicati in tale verbale come componenti del collegio giudicante con quelli che in concreto hanno partecipato alla deliberazione della sentenza medesima” (Cons. St. del 03.05.2000, n. 2622; Cass. Civ. del 19.10.2006, n. 22497; Cass. Civ. del 13.07.1982, n. 4129; Cass. Civ. del 19.02.1981, n. 1037).

Secondo una diversa corrente, invece, la sentenza dovrebbe essere nulla o inesistente (Cons. St. del 23.02.1987, n. 109).

 

9. La correzione del dispositivo in mancanza della motivazione della sentenza

Il giudice amministrativo può provvedere, in mancanza di motivazione della sentenza, alla correzione del dispositivo. 

La correzione del dispositivo avviene ex officio – ad opera dello stesso collegio che ha pronunciato il dispositivo - in sede di redazione definitiva della sentenza (A. Corsaro): le parti, infatti, non potrebbero richiedere la correzione del dispositivo perché, non avendo preso visione della motivazione della sentenza, non sarebbero in grado di conoscere la difformità tra il dispositivo della sentenza e la sua motivazione (Cons. St. del 09.03.2010, n. 1365; Cons. St. del 28.03.2008, n. 1679).

 

Il punto di vista dell’Autore

A differenza di quanto previsto dall’articolo 287 c.p.c., la procedura di correzione processuale amministrativa non è utilizzabile per l’emendamento degli errori di calcolo commessi dal giudice. Si rende necessario, pertanto, l’intervento del legislatore acchè questa anomalia (momentaneamente superabile attraverso una interpretazione combinata degli articoli 86 CPA e 287 c.p.c.) venga tempestivamente eliminata. La risoluzione di questa criticità, peraltro, consentirebbe l’utilizzo della procedura di correzione finanche per la revisione di mere sviste e/o disattenzioni del giudice nella determinazione delle spese di lite.

Nel processo civile, del resto, è già ammesso l’utilizzo del procedimento di correzione quando il giudice: I) compie degli errori materiali nella determinazione delle spese di lite; II) omette di provvedere sulla domanda di distrazione delle spese proposta ai sensi dell’articolo 93 c.p.c., dal difensore della parte vittoriosa (Cass. Sez. Un. del 27.11.2019, n. 31033); III) omette di liquidare le somme dovute per le spese generali in favore del difensore della parte vittoriosa; IV) rigetta erroneamente la domanda di distrazione delle spese proposta ex articolo 93 c.p.c., dal difensore della parte vittoriosa (Cass. Civ. del 30.01.2012, n. 1301); V) omette di provvedere sulla liquidazione delle spese nel dispositivo di una sentenza sebbene abbia manifestato, nella motivazione del provvedimento, la propria volontà di porre le spese processuali a carico della parte soccombente (Cass. Sez. Un. del 21.06.2018, n. 16415).