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Art. 87

Udienze pubbliche e procedimenti in camera di consiglio

1. Le udienze sono pubbliche a pena di nullità, salvo quanto previsto dal comma 2, ma il presidente del collegio può disporre che si svolgano a porte chiuse, se ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di buon costume.

2. Oltre agli altri casi espressamente previsti, si trattano in camera di consiglio:

a) i giudizi cautelari e quelli relativi all’esecuzione delle misure cautelari collegiali;

b) il giudizio in materia di silenzio;

c) il giudizio in materia di accesso ai documenti amministrativi e di violazione degli obblighi di trasparenza amministrativa;

d) i giudizi di ottemperanza;

e) i giudizi in opposizione ai decreti che pronunciano l’estinzione o l’improcedibilità del giudizio.

3. Nei giudizi di cui al comma 2, con esclusione dell’ipotesi di cui alla lettera a) e fatto salvo quanto disposto dall’articolo 116, comma 1, tutti i termini processuali sono dimezzati rispetto a quelli del processo ordinario, tranne, nei giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti. La camera di consiglio è fissata d’ufficio alla prima udienza utile successiva al trentesimo giorno decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti intimate. Nella camera di consiglio sono sentiti i difensori che ne fanno richiesta.

4. La trattazione in pubblica udienza non costituisce motivo di nullità della decisione.

Bibliografia. V. Caianiello, Diritto Processuale Amministrativo, UTET, Torino, 2003; A. Carratta, Le più recenti riforme del processo civile, Giappichelli, 2017; M. Corradino – S. Sticchi Damiani, Il processo amministrativo, Giappichelli, 2014; G. Ferrari, Termini per il deposito del ricorso nel giudizio di ottemperanza, in Giornale Dir. Amm., 2012, 1, 92; P. Gonnelli, Le novità del processo amministrativo, Iuridica Edizioni Distribuz., 2010; V. Italia – D. Tassan Mazzocco, Videoconferenze e gestione degli appalti nel periodo di Covid-19, Editore Key, 2020; A. Liberati, Il Nuovo Diritto Processuale Amministrativo, IV volume, CEDAM, 2010; F.G. Scoca, Giustizia amministrativa, Giappicchelli, 2017; P. Patrito – M. Protto, Giudizi in camera di consiglio: termine per l’appello, in Urbanistica e Appalti, 2012, 12, 1336; G. Veltri, Il processo amministrativo. L’oralità e le sue modalità in fase emergenziale: “tutto andrà bene”, in www.giustizia-amministrativa.it, 2020; M.T. Zanzucchi, Diritto Processuale Civile, Giuffrè, Milano, 1964.

 

Sommario. 1. La distinzione tra le udienze pubbliche e le adunanze camerali. 2. L’inosservanza dei riti processuali previsti dalla legge. 3. La deroga prevista dal D.L. n. 18/2020 per effetto dell’emergenza COVID-19.

 

1. La distinzione tra le udienze pubbliche e le adunanze camerali

La celebrazione dell’udienza avviene, a seconda della materia, in udienza pubblica o in camera di consiglio: il codice processuale predilige la trattazione pubblica, riservando, invece, la forma camerale c.d. “a porte chiuse” alle ipotesi tassativamente indicate dal comma II dell’articolo 87 CPA, nonché ai casi in cui sussistano ragioni, al vaglio del giudice, di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico e, infine, di buon costume.

L’articolo 87, co. II, CPA, prevede inoltre la trattazione in camera di consiglio negli “altri casi espressamente previsti” dalla legge ossia: A) per il procedimento di rilievo della incompetenza (articolo 15 CPA); B) per le ordinanze di sospensione del procedimento (articolo 79, co. III, CPA); C) per la correzione degli errori materiali (articolo 86 CPA); D) nei giudizi di appello contro i provvedimenti dei tribunali amministrativi regionali che hanno declinato la giurisdizione o la competenza (articolo 105, co. II, CPA).

La procedura in camera di consiglio si caratterizza non solo per la enunciata assenza del pubblico ma anche per il dimezzamento dei termini processuali rispetto a quelli del processo ordinario: il dimezzamento riguarda anche i termini di impugnazione (Cons. St. del 26.07.2012, n. 4252; Cons. St. del 26.01.2012, n. 365) mentre non opera, tuttavia, per le misure cautelari, il giudizio in materia di accesso (Cons. St. del 15.06.2011, n. 3650) e le notifiche del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti.

Una ulteriore peculiarità della udienza camerale è data dall’audizione dei difensori che avviene solo su loro espressa richiesta; diversamente, la causa è mandata direttamente in decisione.

La camera di consiglio è fissata d’ufficio alla prima udienza utile successiva al trentesimo giorno decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti intimate (articolo 87, co. III, CPA).

 

2. L’inosservanza dei riti processuali previsti dalla legge

Così come previsto dall’articolo 87, co. I, CPA e dalla stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU del 08.02.2005, causa Miller c. Svezia), costituisce motivo di nullità la trattazione camerale di una materia per la quale sia prevista la celebrazione dell’udienza pubblica: “Le udienze sono pubbliche a pena di nullità…ecc”. 

Al contrario, la trattazione in udienza pubblica di un rito camerale non determina la nullità della decisione né può rappresentare un motivo di gravame: “ciò perché il legislatore del codice ha voluto evitare che un vizio meramente formale come quello della trattazione in udienza pubblica di un rito camerale possa essere utilizzato strumentalmente per allungare i tempi del processo e quindi incidere negativamente sull’effettività della tutela” (M. Corradino – S. Sticchi Damiani).

 

3. La deroga prevista dal D.L. n. 18/2020 per effetto dell’emergenza COVID-19

La pandemia da COVID-19 ha costretto il legislatore a varare una serie di disposizioni che hanno temporaneamente impedito, per esigenze di distanziamento sociale, la celebrazione fisica dei processi.

Le disposizioni relative alla giustizia amministrativa, racchiuse nell’articolo 84 del D.L. n. 18/2020, hanno previsto in un primo momento la sospensione di tutti i termini processuali e il rinvio a data successiva di tutte le udienze pubbliche e camerali pendenti tra il 08.03.2020 e il 15.04.2020 (co. I).

Successivamente è stata disposta la trattazione cartolare “coatta” di tutte le controversie pendenti tra il 06.04.2020 e il 15.04.2020: “le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, se ne fanno congiuntamente richiesta tutte le parti costituite. La richiesta è depositata entro il termine perentorio di due giorni liberi prima dell’udienza e, in tal caso, entro lo stesso termine le parti hanno facoltà di depositare brevi note…ecc..” (co. II).

Dapprincipio la scelta legislativa di limitare la trattazione dei processi alla sola forma cartolare – escludendo, a priori, qualsiasi forma di trattazione “da remoto” delle udienze – è stata fortemente osteggiata dalla comunità giuridica, comportando l’intervento del Consiglio di Stato: secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 84 del D.L. n. 18/2020, l’orientamento del processo amministrativo verso forme di trattazione cartolare non può in alcun modo giustificare il sovvertimento delle garanzie comunitarie (articolo 6 CEDU) e costituzionali (articoli 24 e 111) della oralità e della pubblicità dell’udienza. La tutela del contraddittorio e del diritto di difesa – prosegue il Consiglio di Stato - si esprime solo attraverso la partecipazione diretta, fisica ed immediata delle parti al processo che, interloquendo col giudice, garantiscono la piena operatività al “giusto processo” di memoria costituzionale (Cons. St. del 21.04.2020, n. 2539).

Per queste ragioni, a seguito dell’intervento del Consiglio di Stato, il legislatore ha modificato il suddetto articolo 84 prevedendo che “A decorrere dal 30 maggio e fino al 31 luglio 2020 può essere chiesta discussione orale con istanza depositata entro il termine per il deposito delle memorie di replica ovvero, per gli affari cautelari, fino a cinque giorni liberi prima dell’udienza in qualunque rito, mediante collegamento da remoto con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione dei difensori all’udienza…” (articolo 4 del D.L. n. 28/2020 rubricato “Disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia amministrativa”).

In sostanza, la suddetta disposizione ha consentito e consente alle parti processuali di scegliere tra una trattazione cartolare e una, invece, “da remoto” dei processi amministrativi.

Nello specifico, l’articolo 4 ha disposto che la trattazione “da remoto” deve essere accolta dal presidente del collegio giudicante in presenza del consenso di tutte le parti processuali; in mancanza di una volontà unanime, prosegue la norma, la trattazione “da remoto” viene valutata ed eventualmente accolta dal presidente del collegio giudicante sulla base del proprio convincimento e delle osservazioni ricevute dalle parti. In via ulteriore, la trattazione “da remoto” può essere disposta ex officio direttamente dal giudice.

Nel momento in cui viene disposta la trattazione “da remoto” della lite, “la segreteria comunica, almeno un giorno prima della trattazione, l’avviso dell’ora e delle modalità di collegamento…ecc…Il luogo da cui si collegano i magistrati, gli avvocati e il personale addetto è considerato udienza a tutti gli effetti di legge. In alternativa alla discussione possono essere depositate note di udienza fino alle ore 9 antimeridiane del giorno dell’udienza stessa o richiesta di passaggio in decisione e il difensore che deposita tali note o tale richiesta è considerato presente a ogni effetto in udienza. Il decreto di cui al comma 2 stabilisce i tempi massimi di discussione e replica” (articolo 4, D.L. n. 28/2020).

 

Il punto di vista dell’Autore

L’emergenza pandemica ha comportato la temporanea soppressione della trattazione fisica dell’udienza in nome di primarie ragioni di sicurezza e salute pubblica.

Negli scorsi mesi, la sostituzione della udienza camerale e pubblica con una trattazione cartolare “coatta” dei processi ha suscitato grandi perplessità da parte della comunità forense. Il già annunciato intervento del Consiglio di Stato (ord. n. 2539/2020) e la successiva modifica dell’articolo 84, D.L. n. 18/2020 sembrerebbero prima facie confermare l’illegittimità della trattazione cartolare “coatta” del contenzioso amministrativo e ristabilirebbero il primato della oralità e, in generale, del “giusto processo” fisico.

La questione può dirsi chiusa? Non del tutto. La prima ragione è dettata dall’accelerazione della telematizzazione del processo amministrativo e, in generale, giudiziario. Nel bel mezzo dell’emergenza epidemiologica, difatti, il legislatore ha già prescritto l’adozione di nuove “regole tecnico-operative per la sperimentazione e la graduale applicazione degli aggiornamenti del processo amministrativo telematico” (articolo 4, co. II, D.L. 30 aprile 2020, n. 28): per aggiornamento “deve evidentemente intendersi l’adeguamento del processo telematico alla necessità di effettuare, non solo il deposito degli atti, ma anche la discussione della causa da remoto in guisa da consentire che la modalità succedanea sia utile ed efficace come quella in presenza” (G. Veltri).

La seconda ragione è data, invece, dalla continua evoluzione del concetto di pubblicità dell’udienza. Non è una mistero, oramai, che molti procedimenti amministrativi siano trattati in via ordinaria dal giudice amministrativo in camera di consiglio “secondo un principio, implicito, per il quale è il legislatore a individuare i casi in cui rimane necessaria la pubblicità dell’udienza” (G. Veltri). 

La stessa Corte di Cassazione, per esempio, si è spinta ad affermare che “dalla giurisprudenza della corte EDU si ricaverebbe l’ammissibilità dell’eccezione al generale principio di pubblicità dei giudizi nei casi in cui: a) non vi siano questioni di credibilità del tribunale o della corte; b) non vi sia da ricostruire un fatto o da assumere prove; c) vi siano particolari esigenze di una trattazione rapida dell’affare; d) si verta esclusivamente su punti di diritto; e) l’oggetto sia altamente tecnico” (Cass. ord. 22 febbraio 2017, n. 4541).

A mio parere, tutti questi rilievi suggeriscono, da un lato, la progressiva ascesa della trattazione cartolare nel processo amministrativo e, dall’altro, una nuova declinazione del principio di oralità (l’udienza “da remoto”), almeno per il momento, limitata a situazioni eccezionali e residuali.

Spetta al legislatore l’arduo compito di garantire che, in questa stagione riformatrice, non vengano compromessi i diritti di difesa del cittadino e che il valore dell’oralità sia interpretato e tutelato in funzione delle specificità di ogni ordinamento processuale. In determinate situazioni, difatti, sarebbe opportuno che le modalità cartolari e/o virtuali di trattazione dell’udienza accompagnassero e non sostituissero la celebrazione fisica del processo.