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Art. 80 - Obbligo di comunicazione

1. Salvo quanto previsto dall’articolo 30 della legge 13 settembre 1982, n. 646, le persone già sottoposte, con provvedimento definitivo, ad una misura di prevenzione, sono tenute a comunicare per dieci anni, ed entro trenta giorni dal fatto, al nucleo di polizia economico–finanziaria del luogo di dimora abituale, tutte le variazioni nell’entità e nella composizione del patrimonio concernenti elementi di valore non inferiore ad euro 10.329,14. Entro il 31 gennaio di ciascun anno, i soggetti di cui al periodo precedente sono altresì tenuti a comunicare le variazioni intervenute nell’anno precedente, quando concernono complessivamente elementi di valore non inferiore ad euro 10.329,14. Sono esclusi i beni destinati al soddisfacimento dei bisogni quotidiani. (1)

2. Il termine di dieci anni decorre dalla data del decreto ovvero dalla data della sentenza definitiva di condanna.

3. Gli obblighi previsti nel comma 1 cessano quando la misura di prevenzione è a qualunque titolo revocata.

(1) Nel presente provvedimento le parole: «nucleo di polizia tributaria» sono state sostituite dalle seguenti: «nucleo di polizia economico–finanziaria», ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 8, lett. a), D. LGS. 95/2017.

Rassegna di giurisprudenza

Quesito posto alle Sezioni unite: se l’obbligo di comunicazione delle variazioni patrimoniali di cui all’art. 80 possa ritenersi configurabile, con rilevanza penale della sua violazione, in ipotesi di soggetto destinatario di misura di prevenzione personale per pericolosità cosiddetta semplice (ai sensi dell’art. 1 L. 1423/1956) divenuta definitiva in epoca antecedente alla riformulazione dell’art. 30 L. 246/1982, adottata con L. 136/2010 (Sez. 1, 51652/2018).

Soluzione adottata dalla Sezioni unite: l’art. 80, relativo all’obbligo, per i soggetti già sottoposti a misura di prevenzione personale ex lege 1423/1956, di comunicare le variazioni del proprio patrimonio, la cui omissione è penalmente sanzionata dall’art. 76, comma 7, si applica anche quando il provvedimento che ha disposto la misura è divenuto definitivo in data anteriore all’introduzione di tale obbligo (SU, 16896/2019).

La delibazione circa la sussistenza del fumus del reato ex art. 76, comma 7, non può limitarsi alla mera verifica dell’omissione della comunicazione richiesta da detta norma, ma deve estendersi alla delibazione della sussistenza dell’elemento soggettivo tipico – nella specie il dolo omissivo – con esclusione di quelle componenti, come l’impossibilità materiale di adempiere all’obbligo o anche il carattere colposo dell’omissione, che si riflettono sulla struttura stessa del reato, negandola. Invero, ove si accertasse – sia pure a livello di mera delibazione – che l’interessato abbia omesso colposamente di adempiere l’obbligo di comunicazione, il reato non potrebbe ritenersi nemmeno astrattamente configurato, non essendo previsto in forma colposa (Sez. 1, 51404/2018).

È un errore interpretare restrittivamente la norma che prescrive l’obbligo di comunicazione (art. 30 L. 646/1982) come se riguardasse esclusivamente gli incrementi patrimoniali: al contrario, l’obbligo è più ampio e concerne tutte le variazioni del patrimonio, non solo quanto alla sua entità, ma anche quanto alla sua composizione. In sostanza non è evento affatto irrilevante, ai fini dell’obbligo di comunicazione, che il patrimonio del soggetto obbligato sia composto di denaro contante o di quote di fondi obbligazionari (Sez. 2, 4667/2011), così come non sono irrilevanti diminuzioni del patrimonio in misura superiore alla soglia di legge.

L’interpretazione che qui si adotta è imposta dal tenore letterale della norma ed è coerente con la natura di reato di pericolo presunto del delitto di cui all’art. 31 e con la funzione preventiva dell’istituto, diretto a permettere una verifica sistematica ed analitica a cura della Guardia di Finanza di tutte le variazioni che intervengano nella composizione del patrimonio del soggetto condannato (Sez. 1, 7215/2018).