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Art. 479 - Questioni civili o amministrative

1. Fermo quanto previsto dall’articolo 3, qualora la decisione sull’esistenza del reato dipenda dalla risoluzione di una controversia civile o amministrativa di particolare complessità, per la quale sia già in corso un procedimento presso il giudice competente, il giudice penale, se la legge non pone limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa, può disporre la sospensione del dibattimento, fino a che la questione non sia stata decisa con sentenza passata in giudicato.

2. La sospensione è disposta con ordinanza, contro la quale può essere proposto ricorso per cassazione. Il ricorso non ha effetto sospensivo.

3. Qualora il giudizio civile o amministrativo non si sia concluso nel termine di un anno, il giudice, anche di ufficio, può revocare l’ordinanza di sospensione.

Rassegna giurisprudenziale

Questioni civili o amministrative (art. 479)

La sospensione del processo è un mezzo eccezionale cui il giudice deve fare ricorso solo quando la legge espressamente lo consenta e cioè quando la decisione dipende dalla risoluzione di una questione pregiudiziale costituzionale ovvero civile o amministrativa, ai sensi dell’art. 3, per cui fuori da tali casi il giudice è tenuto a risolvere ogni altra questione pregiudiziale, seppure con efficacia non vincolante.

Nel caso di un ricorso al Tar avvero il provvedimento di diniego del permesso di costruire in sanatoria, non vi è la pregiudizialità necessaria per una sospensione facoltativa ex art. 479, in quanto dalla pronuncia di annullamento del provvedimento amministrativo o del silenzio significativo di rigetto della domanda di concessione del permesso di costruire in sanatoria non discende automaticamente l’applicabilità di una causa estintiva del reato (art. 45 TUE), bensì solo la riapertura del procedimento amministrativo per rilasciare o meno il permesso in sanatoria, cosicché dalla risoluzione della questione extra-penale non dipende l’esito della decisione penale (Sez. 7, 43843/2016).

Il giudice penale, salvo che non sia diversamente stabilito, è fisiologicamente tenuto a risolvere in via incidentale ogni questione civile, amministrativa o penale da cui dipende la decisione, sicché la presentazione di un ricorso avverso un provvedimento amministrativo non solo non impedisce al giudice penale di conoscere autonomamente della legittimità del provvedimento stesso impugnato (ai fini di una sua eventuale disapplicazione), ma non lo obbliga nemmeno a sospendere il procedimento penale, né a motivare sulle ragioni della mancata sospensione, posto che solo l’ordinanza con la quale si dispone la sospensione è impugnabile (artt. 3 e 479), non anche quella che non l’ha disposta (Sez. 3, 37640/2015).

Al giudice penale è preclusa la valutazione della legittimità dei provvedimenti amministrativi che costituiscono il presupposto dell’illecito penale qualora sul tema sia intervenuta una sentenza irrevocabile del giudice amministrativo, con la sottolineatura che tale preclusione non si estende ai profili di illegittimità, fatti valere in sede penale, che non siano stati dedotti ed effettivamente decisi in quella amministrativa.

Ciò in quanto l’AG ordinaria non ha il potere di valutare la conformità a legge di un indirizzo interpretativo di un’altra giurisdizione: ciò in quanto il cittadino – pena la vanificazione dei suoi diritti civili – non può essere privato della facoltà di fare affidamento sugli strumenti della tutela giurisdizionale posti a sua disposizione dall’ordinamento.

Ne consegue che il potere del giudice penale di accertare la conformità alla legge di determinati comportamenti e conseguentemente di valutare la legittimità di eventuali provvedimenti amministrativi concessori o autorizzatori, trova un limite nei provvedimenti giurisdizionali del giudice amministrativo passati in giudicato che abbiano espressamente affermato la legittimità della concessione o della autorizzazione ed il conseguente diritto del cittadino all’esercizio di facoltà legittime  (Sez. 3, 44077/2014).

Ai sensi dell’art. 238-bis è lecita l’acquisizione in dibattimento, ai fini probatori, di sentenze irrevocabili, da riscontrare ai sensi degli artt. 192, comma 3, e 197. Dal punto di vista strettamente processuale, l’art. 479 consente la sospensione del processo penale solo per pregiudiziali civili ed amministrative, non penali. Residua l’art. 2 che consente al giudice penale ogni statuizione incidentale, la quale esaurisce valore nello specifico processo (Sez. 2, 7795/2013).  

In tema di bancarotta semplice, l’imputato che, ai sensi dell’art. 479, richieda la sospensione del dibattimento, in attesa della definizione del processo instaurato contro la dichiarazione di fallimento, è tenuto  allo scopo di consentire al giudice penale di valutare la opportunità dell’esercizio del proprio potere discrezionale sul punto  a fornire allegazioni non solo in ordine alla esistenza della procedura in sede civile, ma anche in ordine alla serietà della questione sollevata, atteso che costituisce presupposto, normativamente postulato, della invocata sospensione la complessità del giudizio instaurato in sede civile o amministrativa (Sez. 5, 8607/2011).

La richiesta di sospensione del dibattimento ai sensi dell’art. 479, pur essendo oggetto di valutazione discrezionale, obbliga il giudice a fornire puntuale motivazione delle ragioni per le quali ritenga superfluo attendere l’esito del giudizio civile o amministrativo dalla cui risoluzione può dipendere la decisione sull’esistenza del reato (Sez. 3, 17528/2010).

La sospensione del procedimento penale per la pendenza di controversia civile o amministrativa, quale prevista dall’art. 479, può essere disposta, in applicazione estensiva di detta disposizione normativa, anche in sede di udienza preliminare, avuto riguardo alla sostanziale assimilazione della disciplina di tale fase procedimentale a quella del dibattimento (Sez. 5, 4391/2009).

In tema di reati di bancarotta, il giudice penale può disporre la sospensione del dibattimento a norma dell’art. 479 qualora sia in corso il procedimento civile per la revoca della sentenza dichiarativa di fallimento (Sez. 5, 41255/2008).

Anche nel rito abbreviato è possibile la sospensione del procedimento, tanto in attesa della risoluzione di questione sullo stato di famiglia o di cittadinanza (ai sensi dell’art. 3), quanto in pendenza di giudizio su altre questioni pregiudiziali civili o amministrative di particolare complessità, come previsto dall’art. 479, atteso che non può ritenersi vincolante la lettera di tale articolo, la quale fa riferimento solo alla sospensione del dibattimento, considerato che detta sospensione non è finalizzata ad operare sul momento della acquisizione probatoria, ma su quello della decisione; invero, proprio dalla decisione pregiudiziale di altro giudice, il giudice penale attende la possibilità di acquisire, non ulteriori dati probatori, quanto elementi indispensabili al fine di pervenire ad una corretta soluzione (Sez. 5, 13780/2002).