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Art. 670 - Questioni sul titolo esecutivo

1. Quando il giudice dell’esecuzione accerta che il provvedimento manca o non è divenuto esecutivo, valutata anche nel merito l’osservanza delle garanzie previste nel caso di irreperibilità del condannato, lo dichiara con ordinanza e sospende l’esecuzione, disponendo, se occorre, la liberazione dell’interessato e la rinnovazione della notificazione non validamente eseguita. In tal caso decorre nuovamente il termine per l’impugnazione.

2. Quando è proposta impugnazione od opposizione, il giudice dell’esecuzione, dopo aver provveduto sulla richiesta dell’interessato, trasmette gli atti al giudice di cognizione competente. La decisione del giudice dell’esecuzione non pregiudica quella del giudice dell’impugnazione o dell’opposizione, il quale, se ritiene ammissibile il gravame, sospende con ordinanza l’esecuzione che non sia già stata sospesa.

3. Se l’interessato, nel proporre richiesta perché sia dichiarata la non esecutività del provvedimento, eccepisce che comunque sussistono i presupposti e le condizioni per la restituzione nel termine a norma dell’articolo 175, e la relativa richiesta non è già stata proposta al giudice dell’impugnazione, il giudice dell’esecuzione, se non deve dichiarare la non esecutività del provvedimento, decide sulla restituzione. In tal caso, la richiesta di restituzione nel termine non può essere riproposta al giudice dell’impugnazione. Si applicano le disposizioni dell’articolo 175 commi 7 e 8.

Rassegna giurisprudenziale

Questioni sul titolo esecutivo (art. 670)

Il condannato con sentenza pronunciata in assenza che intenda eccepire nullità assolute e insanabili derivanti dall’omessa citazione in giudizio sua o del suo difensore nel giudizio di cognizione, non può adire il giudice dell’esecuzione per richiedere, a norma dell’art. 670, in relazione a tali vizi, la declaratoria dell’illegittimità del titolo di condanna e la sua non esecutività. Può invece proporre richiesta di rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629-bis, allegando l’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo derivata dalle indicate nullità. La richiesta formulata dal condannato perché sia dichiarata la non esecutività della sentenza ai sensi dell’art. 670 in ragione di nullità che abbiano riguardato la citazione a giudizio nel procedimento di cognizione, non è riqualificabile come richiesta di rescissione del giudicato secondo il principio di conservazione dell’impugnazione di cui all’art. 568, comma 5 (SU, 15498/2021).

Il giudice dell’esecuzione deve dichiarare, a norma dell’art. 670, l’ineseguibilità del giudicato quando la Corte EDU abbia accertato che la condanna sia stata pronunciata in violazione delle regole sul processo equo sancite dall’art. 6 CEDU e abbia riconosciuto il diritto del condannato alla rinnovazione del giudizio, anche se il legislatore abbia omesso di introdurre nell’ordinamento il mezzo idoneo a instaurare il nuovo processo (Sez. 1, 2800/2006).

Il giudice dell’esecuzione dinanzi al quale sia stata (sostanzialmente) eccepita la nullità del titolo esecutivo e contestualmente avanzata istanza di restituzione nel termine per impugnare in ragione di difetto di effettiva conoscenza dello stesso, deve pregiudizialmente verificare la validità del suddetto titolo e, accertata l’esecutività, è tenuto ad esaminare autonomamente l’istanza presentata ai sensi dell’art. 175 (Sez. 1, 36357/2016).

Ai fini della verifica della tempestività della richiesta di restituzione nel termine a norma dell’art. 175, comma 2-bis, il giudice, nel caso in cui la richiesta sia presentata a mezzo del servizio postale, deve fare riferimento alla data di spedizione della richiesta (SU, 42043/2017).

La previsione di cui all’art. 670 - che disciplina la competenza del giudice dell’esecuzione in ordine all’esistenza ed alla corretta formazione del titolo esecutivo - si distingue dall’istituto della remissione in termini, ex art. 175, il quale presuppone, invece, la rituale formazione del titolo esecutivo e la sua mancata conoscenza da parte dell’interessato.

Ne consegue che qualora l’interessato deduca la non corretta formazione del titolo esecutivo per mancata notifica dell’avviso di deposito della sentenza, ex art. 548, comma 2, non sussistono i presupposti per la restituzione in termini ma quelli di cui all’art. 670 - concernenti la formazione del titolo esecutivo - di guisa che il giudice dell’esecuzione, in tal caso, non solo deve dichiarare l’omessa formazione del titolo esecutivo ed assumere i provvedimenti conseguenti ma deve anche disporre contestualmente, ex art. 670, comma 1 seconda parte, la esecuzione della notificazione non eseguita, ex art. 548, per consentire la ricorrenza del termine per l’impugnazione (Sez. 3, 38767/2018).

La previsione di cui all’ultimo comma dell’art. 175  secondo cui, nell’ipotesi di restituzione nel termine concessa ai sensi del comma secondo del predetto articolo nella versione antecedente le modifiche operate dalla L. 67/2014, non si tiene conto, nel computo della prescrizione del reato, del tempo intercorso tra la notificazione della sentenza contumaciale o del decreto di condanna e la notificazione alla parte dell’avviso di deposito dell’ordinanza che concede la restituzione – non è suscettibile di estensioni analogiche “in malam partem”, non potendo in particolare ricomprendere, ai fini della sterilizzazione dei tempi di prescrizione, l’ipotesi in cui il giudice dell’esecuzione accerti, ai sensi dell’art. 670, che la sentenza non è esecutiva per omessa notificazione, disponendone la rinnovazione (Sez. 3, 8713/2017).

La nullità dell’elezione di domicilio, verificatasi nel giudizio di cognizione, rileva nel giudizio di esecuzione nella misura in cui determini l’invalidità della notifica dell’estratto contumaciale, che non subisce alcuna preclusione collegata al giudicato (Sez. 1, 7430/2017).

Il giudice dell’impugnazione proposta in seguito alla restituzione nel termine concessa dal giudice dell’esecuzione, che ha respinto la richiesta di non esecutività della sentenza, non può dichiarare l’impugnazione inammissibile per tardività, non potendo sindacare la decisione del giudice dell’esecuzione, divenuta definitiva (Sez. 3, 6826/2015).

La pena dell’ergastolo inflitta all’esito del giudizio abbreviato, richiesto dall’interessato in base all’art. 30, comma 1, lett. b), L. 479/1999, ma conclusosi nel vigore della successiva e più rigorosa disciplina dettata dall’art. 7, comma 1, DL 341/2000 e in concreto applicata, non può essere ulteriormente eseguita, essendo stata quest’ultima norma ritenuta, successivamente al giudicato, non conforme al principio di legalità convenzionale di cui all’art. 7, § 1, CEDU, come interpretato dalla Corte EDU, e dichiarata incostituzionale per contrasto con l’art. 117, comma 1, Cost.

Il giudice dell’esecuzione, investito del relativo incidente ad istanza di parte e avvalendosi dei suoi poteri di controllo sulla permanente legittimità della pena in esecuzione, è legittimato a sostituirla, incidendo sul giudicato, con quella di anni trenta di reclusione, prevista dalla più favorevole norma vigente al momento della richiesta del rito semplificato (SU, 18821/2014).

Il giudice dell’esecuzione decide sulla richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione anche quando, investito della richiesta di declaratoria di non esecutività del provvedimento, la dichiari inammissibile (Sez. 6, 39279/2013).

Nel caso di contestuale pendenza di una richiesta diretta all’accertamento della mancanza o non esecutività del titolo davanti al giudice dell’esecuzione e dell’atto di impugnazione davanti al giudice della cognizione, quest’ultimo è competente anche per l’incidente di esecuzione, salvo che non sia già intervenuta decisione irrevocabile, che preclude ogni ulteriore valutazione da parte del giudice dell’esecuzione o di altro giudice (Sez. 1, 22073/2013).

Le decisioni della Corte EDU che evidenzino una situazione di oggettivo contrasto  non correlata in via esclusiva al caso esaminato  della normativa interna sostanziale con la CEDU assumono rilevanza anche nei processi diversi da quello nell’ambito del quale è intervenuta la pronunzia della predetta Corte internazionale (SU, 34472/2012).

In caso di condanna pronunciata all’esito di un giudizio contumaciale giudicato non equo dalla Corte EDU, il condannato, onde ottenere la rinnovazione del giudizio, può avvalersi unicamente dell’istituto della rimessione in termini per la proposizione dell’impugnazione, come disciplinato dall’art. 175, comma 2 e 2-bis, rimanendo per converso escluso che egli possa ottenere la declaratoria di non eseguibilità della condanna, semplicemente proponendo incidente di esecuzione ai sensi dell’art. 670, senza nel contempo avanzare, come tra l’altro previsto dal comma terzo dello stesso art. 670, anche richiesta di restituzione in termini (Sez.5, 4395/2007).

Quando il giudice dell’esecuzione abbia ritenuto, con provvedimento irrevocabile, la nullità della notifica dell’estratto contumaciale della sentenza, ordinando la sua rinnovazione, la relativa questione deve considerarsi definitivamente risolta, restandone preclusa la rivalutazione da parte del giudice dell’impugnazione successivamente proposta dall’interessato avverso la sentenza contumaciale (SU, 36084/2005).

Qualora venga presentato davanti al giudice dell’esecuzione un atto formalmente qualificato come istanza di incidente di esecuzione, con il quale sia in realtà chiesta la restituzione nel termine per impugnare ex art. 175., spetta al giudice dare l’esatta qualificazione dell’atto sottoposto al suo esame (Sez.6, 9088/2003).

L’art. 670, comma 1, nel demandare, fra l’altro, al giudice dell’esecuzione il compito di valutare «anche nel merito, l’osservanza delle garanzie previste nel caso di irreperibilità del condannato», intende riferirsi soltanto alle eventuali irregolarità riguardanti la dichiarazione di irreperibilità emessa dopo la pronuncia della sentenza e quindi potenzialmente idonee ad impedire il passaggio in giudicato della medesima, con esclusione, pertanto, di altre irregolarità concernenti l’irreperibilità dichiarata nel corso del procedimento di cognizione (Sez. 5003/2000).

La richiesta formulata dal condannato, finalizzata ad ottenere una dichiarazione di non esecutività della sentenza (art. 670) in ragione di nullità che abbiano riguardato la citazione a giudizio nel procedimento di cognizione, non è riqualificabile, ai sensi dell’art. 568 co. 5, come richiesta di rescissione del giudicato (Sez. 1, 37051/2020).

In tema di esecuzione, il giudice, adito con istanza di revoca della sentenza definitiva di condanna a seguito della sopravvenuta dichiarazione di parziale incostituzionalità dell'art. 181, comma 1-bis, d.lgs. n.42 del 2004, deve dichiarare l'estinzione per prescrizione del reato oggetto della predetta sentenza, riqualificato come contravvenzione, ai sensi del comma 1 della norma citata, qualora la prescrizione sia maturata in pendenza del procedimento di cognizione e fatti salvi i rapporti ormai esauriti (Sez. 3, 36934/2020).