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Art. 678 - Procedimento di sorveglianza

1.  Salvo quanto stabilito dal successivo comma 1-bis, il tribunale di sorveglianza nelle materie di sua competenza, e il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti ai ricoveri previsti dall’articolo 148 del codice penale, alle misure di sicurezza e alla dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere procedono, a richiesta del pubblico ministero, dell’interessato, del difensore o di ufficio, a norma dell’articolo 666. Tuttavia, quando vi è motivo di dubitare dell’identità fisica di una persona, procedono a norma dell’articolo 667 comma 4.

1-bis. Il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alla rateizzazione e alla conversione delle pene pecuniarie, alla remissione del debito e alla esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata, ed il tribunale di sorveglianza, nelle materie relative alle richieste di riabilitazione ed alla valutazione sull’esito dell’affidamento in prova al servizio sociale, anche in casi particolari, procedono a norma dell’articolo 667 comma 4.

2. Quando si procede nei confronti di persona sottoposta a osservazione scientifica della personalità, il giudice acquisisce la relativa documentazione e si avvale, se occorre, della consulenza dei tecnici del trattamento.

3. Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate, davanti al tribunale di sorveglianza, dal procuratore generale presso la corte di appello e, davanti al magistrato di sorveglianza, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale della sede dell’ufficio di sorveglianza.

3-bis.  Il tribunale di sorveglianza e il magistrato di sorveglianza, nelle materie di rispettiva competenza, quando provvedono su richieste di provvedimenti incidenti sulla libertà personale di condannati da Tribunali o Corti penali internazionali, danno immediata comunicazione della data dell’udienza e della pertinente documentazione al Ministro della giustizia, che tempestivamente ne informa il Ministro degli affari esteri e, qualora previsto da accordi internazionali, l’organismo che ha pronunciato la condanna.

Rassegna giurisprudenziale

Procedimento di sorveglianza (art. 678)

Sono costituzionalmente illegittimi gli artt. 666 comma 3, 678 comma 1 e 679 comma 1 nella parte in cui non consentono che, su istanza degli interessati, il procedimento per l’applicazione delle misure di sicurezza si svolga, davanti al magistrato di sorveglianza e al tribunale di sorveglianza, nelle forme dell’udienza pubblica (Corte costituzionale, sentenza 135/2014).

Sono costituzionalmente illegittimi gli artt. 666 comma 3 e 678 comma 1 nella parte in cui non consentono che, su istanza degli interessati, il procedimento dinanzi al tribunale di sorveglianza, nelle materie di sua competenza, si svolga nelle forme dell’udienza pubblica (Corte costituzionale, sentenza 97/2015).

La nomina del difensore di fiducia, intervenuta nel procedimento di cognizione, o di esecuzione, non spiega effetti in quelli di sorveglianza (Sez. 1, 26881/2015), ciascuno dei quali è anche autonomo da altri già celebrati, o eventualmente da celebrare, a carico dello stesso condannato, pur quando si tratti delle vicende attinenti ad una medesima misura alternativa (Sez. 1, 21291/2017).

Nel procedimento di sorveglianza, ai fini dell’eventuale rinvio dell’udienza camerale, non può assumere rilievo l’impedimento del difensore per concomitante impegno professionale, attesa l’assenza di espresse disposizioni che lo prevedano e la specificità del procedimento, che comporta la necessità di assicurare la celere applicazione di statuizioni esecutive, dovendosi pertanto sopperire alla mancata presentazione del difensore di fiducia tramite la nomina di uno di ufficio (Sez. 1, 50160/2017).

In contrario avviso: deve trovare applicazione anche nel procedimento di sorveglianza la norma di cui all'art. 420-ter comma 5, con la conseguenza che il legittimo impedimento del difensore, anche dovuto a concomitante impegno professionale, costituisce causa di rinvio dell'udienza, purché documentato e tempestivamente comunicato all'AG (Sez. 1, 26846/2022).

Al domicilio dichiarato deve indirizzarsi, per il condannato, la notifica ex artt. 666, comma 3, e 678, comma 1, e la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, in tal caso  perché sia integrata l’ipotesi della sua impossibilità, con successiva effettuazione di essa (senza bisogno di attivare le ricerche funzionali alla declaratoria d’irreperibilità, non necessaria) presso il difensore ex art. 161, comma 4,  non è sufficiente l’attestazione dell’agente notificatore di mancata reperibilità del destinatario, se questa non è accompagnata da un accertamento da eseguire in loco, teso a verificare personalmente la presenza ivi dell’interessato o, in alternativa, di persone in grado di ricevere la notifica per suo conto. L’iter di notificazione difforme dal modello legale comporta la nullità della citazione del condannato per l’udienza di sorveglianza davanti al giudice e di tutti gli atti conseguenti (Sez. 1. 37323/2018).

Nel procedimento di sorveglianza, il rinvio a nuovo ruolo dell’udienza camerale, non contenendo l’indicazione della data della nuova udienza, comporta l’obbligo di notificare l’avviso di fissazione di quest’ultima all’interessato ed al suo difensore, a pena di nullità di ordine generale, assoluta ed insanabile, non solo se il differimento sia stato disposto per legittimo impedimento a comparire del condannato ma anche se lo stesso sia stato ordinato per qualunque altra causa, ma non al difensore di fiducia, sia in relazione alla prima udienza che a quella di rinvio (Sez. 1, 36734/2015).

L’omesso avviso dell’udienza al difensore di fiducia tempestivamente nominato dall’imputato o dal condannato, integra una nullità assoluta ai sensi degli artt. 178, comma primo lett. c) e 179, comma primo, quando di esso è obbligatoria la presenza, a nulla rilevando che la notifica sia stata effettuata al difensore d’ufficio e che in udienza sia stato presente un sostituto nominato ex art. 97, comma 4 (SU, 24630/2015).

Alla luce del rinvio contenuto nell’art. 678, la regola per la trattazione dei procedimenti dalla legge affidati alla competenza del tribunale di sorveglianza è quella del contraddittorio e della discussione del merito ad udienza camerale che si svolge con la partecipazione necessaria del difensore del ricorrente e del PM, con facoltà per le parti (ricorrente, difensore, PM) di depositare memorie e per il giudice di acquisire d’ufficio documenti ed assumere prove, sempre nel rispetto del contraddittorio fra le parti (art. 666, commi 3, 4 e 5); solo all’esito dell’udienza camerale il tribunale di sorveglianza decide sul merito della domanda con ordinanza (art. 666, comma 6); all’osservanza di tale sequenza procedimentale l’art. 666, comma 2, consente, eccezionalmente, di derogare, prevedendo l’emissione immediata di decreto di inammissibilità della domanda le quante volte la stessa sia manifestamente infondata «per difetto delle condizioni di legge»; la giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare il principio secondo cui la manifesta infondatezza della domanda, giustificante  l’emissione del decreto di inammissibilità e la deroga alla regola del contraddittorio assicurato dal procedimento camerale sopra richiamato, è possibile solo quando nel ricorso difettino all’evidenza i requisiti minimi indefettibili richiesti dalla legge per l’accoglimento della domanda, non anche quando il relativo esame da parte del giudice comporti accertamenti e valutazioni discrezionali in riferimento al caso concreto sottoposto al suo esame; nessuna norma di legge processuale prevede che la residenza del condannato in Italia costituisca presupposto di ammissibilità (ovviamente, in rito) di domanda di affidamento in prova al servizio sociale ovvero di detenzione domiciliare; che l’art. 677, comma 2-bis, fa solo obbligo al condannato non detenuto, non latitante, non irreperibile  che presenti tali domande «di fare la dichiarazione o l’elezione di domicilio»; dall’odierno ricorrente effettuata nel caso di specie; la richiesta di misura alternativa alla detenzione, ai sensi dell’art. 656, comma 6, deve essere corredata, a pena d’inammissibilità, anche se presentata dal difensore, dalla dichiarazione o dalla elezione di domicilio effettuata dal condannato non detenuto, non trova applicazione per il condannato latitante o irreperibile ed ha, dall’altro, rimarcato che rimane in ogni caso impregiudicata la concreta concedibilità, da valutare caso per caso, di misure alternative in favore di chi si sia sottratto volontariamente a un provvedimento coercitivo ovvero in favore di chi non abbia uno stabile collegamento con il territorio; in tale ordine di concetti, è dunque illegittimo il decreto di inammissibilità emesso de plano sul solo presupposto che il condannato risieda all’estero; è certamente vero che l’esecuzione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale alla detenzione implica il necessario svolgimento della stessa in Italia, in quanto i centri di servizio sociale per adulti sono deputati a svolgere solo in ambito nazionale la loro attività che, per le sue peculiarità e la sua specifica natura, non è ricompresa tra le funzioni statali esercitabili all’estero da parte di uffici consolari; tale regola vale anche per la detenzione domiciliare, ma è altrettanto vero che le questioni derivanti dalla residenza del condannato all’estero e dell’influenza di tale fatto sulla concreta possibilità di concedere le misure in discorso in Italia, sì da garantire controlli sulla relativa esecuzione, attengono al merito della domanda (possibilità di svolgere in Italia l’opera ovvero esistenza in Italia di luogo di privata dimora ove trascorrere la detenzione), non anche ai presupposti processuali impedienti l’esame del merito medesimo; è solo nel contraddittorio fra le parti che il tribunale di sorveglianza potrà verificare se la residenza del condannato all’estero costituisce in concreto ostacolo allo svolgimento dell’affidamento in prova ovvero della concessione della detenzione domiciliare (Sez. 1, 21961/2018).

Per effetto del rinvio, quanto al procedimento ormai giurisdizionalizzato, operato dall’art. 678 e dall’art. 666, comma 6, alla disciplina generale contenuta nell’art. 568, in quanto compatibile, e della loro natura di mezzi impugnatori volti a contestare la decisione reclamata nell’ambito di specifici motivi di doglianza (Sez. 1, 23934/2013), i reclami previsti dall’ordinamento penitenziario e diretti al tribunale di sorveglianza sono soggetti alle regole generali che disciplinano le impugnazioni. Da tale affermazione di principio discende la conseguenza che la declaratoria di non luogo a procedere sul reclamo compete al “giudice dell’impugnazione” che vi provvede con ordinanza, giudice che va individuato non nel presidente del tribunale di sorveglianza ma nel tribunale stesso (Sez. 7, 47193/2018).

In presenza di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti, è legittimo lo scioglimento del cumulo nel corso dell’esecuzione quando occorre procedere al giudizio sull’ammissibilità della domanda di concessione di un beneficio penitenziario (nel caso di specie, l’affidamento in prova al servizio sociale per finalità terapeutiche di cui all’art. 94, comma primo, L. n. 309 del 1990), che trovi ostacolo nella presenza nel cumulo di uno o più titoli di reato inclusi nel novero di quelli elencati nell’art. 4-bis Ord. pen., sempre che il condannato abbia espiato la parte di pena relativa ai delitti ostativi (Sez. 1, 2285/2014).

È illegittimo il provvedimento del tribunale di sorveglianza con cui non si consente all’interessato la produzione di copia di un provvedimento giurisdizionale per mancato rispetto del termine di cui all’art. 666, comma 3, dal momento che tale norma si riferisce soltanto alle memorie difensive e non anche ai documenti (Sez. 5, 43382/2013).

Nel provvedimento con cui il tribunale di sorveglianza dispone l'affidamento in prova nei confronti del condannato tossicodipendente, l'esecuzione della misura si considera iniziata sempre dalla data del verbale di affidamento, mentre nel caso in cui al momento della decisione del tribunale risulti già in corso un programma terapeutico, l'indicazione di una diversa decorrenza della esecuzione della misura medesima è subordinata alla indicazione di specifiche ragioni, fondate su parametri valutativi normativamente fissati e riferiti al positivo ed ininterrotto svolgimento del programma terapeutico, al tipo ed alla durata delle prescrizioni spontaneamente seguite ed al comportamento tenuto (Nella decisione in commento, la Corte, richiamando il risalente principio di diritto enunciato sopra, ha annullato la decisione del tribunale di sorveglianza perché dal provvedimento impugnato non emergevano le ragioni per le quali la misura alternativa alla detenzione concessa alla condannata doveva farsi decorrere dalla data di sottoscrizione del verbale contenente le prescrizioni accessorie e non da un momento antecedente e più favorevole, tenuto conto che la stessa aveva avviato un percorso di recupero terapeutico dalla tossicodipendenza in epoca anteriore) (Sez. 1, 25008/2022).

In materia di benefici penitenziari l’istante ha onere di lealtà procedimentale e deve collaborare affinché si possano accertare e verificare tutte le condizioni che risultano oggetto di affermazione o di allegazione. Parallelamente, l’AG, a fronte di una richiesta di tal fatta, ha ampia facoltà di procedere al tipo di accertamento che ritiene opportuno e maggiormente idoneo ad offrire la conoscenza più approfondita sulla realtà rappresentata dalla parte per completare la conoscenza su ogni possibile elemento che può incidere sulla determinazione finaleL’organo decidente, in presenza anche di un principio di prova sulla allegata attività lavorativa, ha l’obbligo di procedere ai controlli necessari, al fine di appurarne effettività e concretezza, a prescindere dal volere della parte che intenda evitare accessi e controlli sul posto di lavoro (Sez. 1, 54882/2018).

La partecipazione all’opera di rieducazione è il presupposto che viene richiesto dalla norma di cui all’art. 54 Ord. pen. ed è considerata dal legislatore, di per sé, sintomatica di un percorso che va incoraggiato e premiato, senza che occorra anche la dimostrazione di quel ravvedimento che si richiede invece, probabile o sicuro, per l’accesso alle più incisive misure extra murarie. L’unica condizione negativa prevista è quella istituita dall’art. 4-bis comma 3-bis della L. 354/75, che si riferisce alla esistenza di elementi riferiti da fonti qualificate quali la DNA o la DDA, idonei a far ritenere perduranti, in costanza di detenzione, i collegamenti con la criminalità organizzata la quale per il suo tenore letterale, non consente presunzioni, né ipotizza dimostrazioni al negativo di elementi atti ad escludere detta presunzione, ma richiede l’esistenza di dati positivi e concreti (Sez. 1, 54865/2018).

Anche nel procedimento di sorveglianza opera la sospensione dei termini processuali in periodo feriale (Sez. 1, 35486/2014).

La notificazione al condannato dell'ordinanza del tribunale di sorveglianza applicativa della misura alternativa della detenzione domiciliare produce l'effetto di dare inizio all'esecuzione della misura, con le relative conseguenze (ad es., responsabilità per evasione in caso di mancato rispetto della misura; computo dell'espiazione della pena a far data dalla notifica). Al contempo, il provvedimento con cui il pubblico ministero dà "esecuzione" all'ordinanza del tribunale di sorveglianza non incide sulla esecutività dell'ordinanza stessa; la eventuale nullità della notifica del provvedimento del pubblico ministero non determina il venir meno della esecutività dell'ordinanza del tribunale di sorveglianza ma, al più, impone allo stesso pubblico ministero di rinnovare la notificazione stessa (Il ricorrente aveva proposto un incidente di esecuzione ai sensi dell'art. 670, sostenendo la non esecutività del provvedimento applicativo della misura alternativa ma, sostiene la Corte, la esecutività dei provvedimenti del tribunale di sorveglianza non dipende dall'emissione dell'ordine di esecuzione da parte del pubblico ministero; in virtù dell'art. 100 Reg. esec. ord. pen. "la detenzione domiciliare ha inizio dal giorno in cui è notificato il provvedimento esecutivo che lo dispone" dove l'aggettivo "esecutivo" non costituisce un riferimento all'esecuzione da parte del pubblico ministero, ma indica una caratteristica dell'ordinanza del tribunale di sorveglianza) (Sez. 1, 23211/2022).