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Art. 263 - Procedimento per la restituzione delle cose sequestrate

1. La restituzione delle cose sequestrate è disposta dal giudice con ordinanza se non vi è dubbio sulla loro appartenenza.

2. Quando le cose sono state sequestrate presso un terzo, la restituzione non può essere ordinata a favore di altri senza che il terzo sia sentito in camera di consiglio con le forme previste dall’articolo 127.

3. In caso di controversia sulla proprietà delle cose sequestrate, il giudice ne rimette la risoluzione al giudice civile del luogo competente in primo grado, mantenendo nel frattempo il sequestro.

4. Nel corso delle indagini preliminari, sulla restituzione delle cose sequestrate il pubblico ministero provvede con decreto motivato.

5. Contro il decreto del pubblico ministero che dispone la restituzione o respinge la relativa richiesta gli interessati possono proporre opposizione sulla quale il giudice provvede a norma dell’articolo 127.

6. Dopo la sentenza non più soggetta a impugnazione, provvede il giudice dell’esecuzione.

Rassegna giurisprudenziale

Procedimento per la restituzione delle cose sequestrate (art. 263)

Sull'istanza di restituzione di cose sequestrate, presentata successivamente alla fissazione dell'udienza preliminare, il GIP, competente a decidere, deve provvedere nel contraddittorio tra le parti, previa fissazione della camera di consiglio ed avviso alle stesse ex art. 127 (Sez. 4, 4174/2022).

In tema di sequestro probatorio, con l’opposizione proposta al GIP ex art 263 comma 5, avverso il decreto del PM di rigetto della richiesta di restituzione delle cose sequestrate, sono deducibili esclusivamente censure relative alla necessità di mantenere il vincolo a fini di prova e non anche alla opportunità o legittimità del sequestro; infatti, le doglianze da ultimo richiamate possono essere fatte valere esclusivamente con la richiesta di riesame, in quanto la competenza a decidere la fondatezza del “fumus” del reato contestato è riservata in via esclusiva al TDR. Ne consegue che l’ordinanza del GIP che provvede sull’opposizione è ricorribile per cassazione per tutti i motivi indicati nell’art. 606, comma 1, ma tali motivi non possono surrettiziamente riproporre questioni che attengono alla legittimità del provvedimento genetico (Sez. 5, 19398/2018).

Le finalità probatorie non sono identificabili con quelle di tutela della proprietà del denunciante. Queste ulteriori esigenze, infatti, trovano autonoma garanzia nel disposto degli artt. 263, comma 3, e 324, comma 8: in forza di tali previsioni, secondo l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, il giudice penale a cui venga chiesta la restituzione delle cose sequestrate, ove accerti l’esistenza di una contestazione ovvero di una controversia sulla proprietà di esse, è tenuto a rimettere gli atti al giudice civile del luogo competente in primo grado per la risoluzione della stessa, pur in mancanza della formale pendenza della lite innanzi a quest’ultimo, e a mantenere il sequestro (Sez. 6, 18002/2018).

La disposizione dell’art. 263, comma 3, secondo la quale il giudice penale, adito per la restituzione dei beni sequestrati, rimette le parti davanti al giudice civile in caso di controversia sulla proprietà dei beni, mantenendo il sequestro, infatti, trova applicazione anche in assenza di formale pendenza della lite davanti a quest’ultimo, purchè però, in tale ipotesi, il giudice penale dia adeguato apprezzamento in motivazione della serietà della potenziale controversia (Sez. 2, 24586/2018).

In corso di indagini preliminari, è il PM l’organo deputato a vagliare, accogliendo o rigettando, le istanze di dissequestro, così attivando la procedura di cui all’art. 263, comma 4 che prevede che sia il GIP a provvedere a norma dell’art. 127. Più specificamente, il GIP che riceve un’istanza di restituzione delle cose sequestrate a fini probatori, deve trasmettere tale richiesta al PM in quanto di sua competenza (Sez. 3, 29886/2018).