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Art. 271 - Divieti di utilizzazione

1. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati qualora le stesse siano state eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge o qualora non siano state osservate le disposizioni previste dagli articoli 267 e 268 commi 1 e 3.

1-bis. Non sono in ogni caso utilizzabili i dati acquisiti nel corso delle operazioni preliminari all’inserimento del captatore informatico sul dispositivo elettronico portatile e i dati acquisiti al di fuori dei limiti di tempo e di luogo indicati nel decreto autorizzativo.

2. Non possono essere utilizzate le intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni delle persone indicate nell’articolo 200 comma 1, quando hanno a oggetto fatti conosciuti per ragione del loro ministero, ufficio o professione, salvo che le stesse persone abbiano deposto sugli stessi fatti o li abbiano in altro modo divulgati.

3. In ogni stato e grado del processo il giudice dispone che la documentazione delle intercettazioni previste dai commi 1, 1-bis e 2 sia distrutta, salvo che costituisca corpo del reato.

Rassegna giurisprudenziale

Divieti di utilizzazione (art. 271)

Premessa esplicativa

Inutilizzabilità (definizione)

L’inutilizzabilità è anzitutto un concetto relazionale. Si manifesta cioè nel rapporto tra qualcosa e il suo possibile uso ed esprime una caratteristica di inservibilità, cioè di assenza di ogni possibilità funzionale.

La definizione, per essere completa, richiede un’ulteriore distinzione: l’inutilizzabilità può essere coessenziale al suo oggetto e sottintende in tal caso la sua inidoneità intrinseca e naturalistica a raggiungere un determinato scopo; oppure può derivare da una regola che rende inidoneo ciò che di per sé stesso sarebbe idoneo.

Queste caratteristiche dell’inutilizzabilità in senso generale si attagliano perfettamente anche alla tipologia propria della legge penale che, unitamente a nullità, decadenza e inammissibilità, compone il più ampio genus dell’invalidità.

La sua relazionalità si manifesta infatti in direzione della prova nel senso che la sanzione dell’inutilizzabilità colpisce elementi di prova e impedisce di utilizzarli come tali.

Al tempo stesso la legge processuale penale e la sua interpretazione più accreditata per la parte che qui interessa ripropongono, come già chiarito, un duplice modello: l’inutilizzabilità patologica (nella duplice accezione di regime riservato alla prova viziata e di conseguenza del vizio) che trova il suo fondamento nell’art. 191 ed è propria delle prove acquisite in violazione di legge; l’inutilizzabilità fisiologica, propria delle prove legittime ma comunque inutilizzabili, in conseguenza del combinato disposto degli artt. 514 e 526, poiché formate senza contraddittorio nella  fase delle indagini preliminari.

 

Natura dell’inutilizzabilità sancita dall’art. 271

Si tratta di un’inutilizzabilità speciale, intendendosi per tale quella che deriva dalla violazione delle regole di formazione di una specifica prova.

È invece generale l’inutilizzabilità disciplinata dall’art. 191 comma 1 (prove illegittimamente acquisite), collegata a tutte le prove acquisite in violazione di legge e rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.

 

Inutilizzabilità speciale posta a protezione del segreto professionale

L’art. 271 comma 2 vieta l’uso delle intercettazioni che abbiano captato conversazioni o comunicazioni delle persone indicate nell’elenco dell’art. 200 comma 1.

Si tratta dei ministri di confessioni religiose i cui statuti non contrastino con l’ordinamento giuridico, degli avvocati, investigatori privati autorizzati, consulenti tecnici e notai, dei medici e chirurghi, farmacisti e ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria e degli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre determinata dal segreto professionale.

Il divieto riguarda ovviamente le sole conversazioni e comunicazioni che abbiano ad oggetti fatti conosciuti in ragione di un rapporto professionale e cessa se gli interessati abbiano deposto su di essi.

 

Inutilizzabilità derivata

Con questa espressione si intende il fenomeno in virtù del quale l’illegittimità di una prova acquisita in violazione di legge si trasmette alle prove successive ad essa collegate di modo che l’inutilizzabilità della prima rende inutilizzabili anche le seconde.

Il concetto deriva dalla dottrina anglosassone che fa leva sull’immagine dell’albero avvelenato da cui non possono che derivare frutti altrettanto avvelenati.

Anche la Consulta (Corte costituzionale, sentenza 34/1973) accreditò un concetto analogo, osservando che «attività compiute in dispregio dei fondamentali diritti del cittadino non possono essere assunte di per sé a giustificazione ed a fondamento di atti processuali a carico di chi quelle attività costituzionalmente illegittime abbia subito».

Occorre comunque chiarire che non esiste alcuna norma che riconosca esplicitamente questa situazione e, ancor meno, che ne regoli gli effetti.

Quest’omissione marca una profonda differenza con la diversa sanzione della nullità alla cui dichiarazione, secondo il disposto dell’art. 185 comma 1, segue l’invalidità degli atti consecutivi che dipendono da quello nullo.

Proprio questa differenza, unitamente all’opinione diffusa che la materia delle sanzioni processuali sia governata dalla più rigorosa tassatività e non ammetta quindi estensioni analogiche, ha indotto la giurisprudenza di legittimità ad adottare un più che collaudato indirizzo interpretativo che, applicato al tema delle intercettazioni, considera utilizzabili i risultati di intercettazioni autorizzate sulla base di una rappresentazione indiziaria fondata sui frutti di intercettazioni inutilizzabili.

È un orientamento criticabile per varie ragioni.

Anche ad ammettere che il concetto di inutilizzabilità derivata sia riferibile solo a connessioni tra prove ed escluda invece collegamenti tra prove e provvedimenti e perfino ad escludere la stessa proponibilità del concetto, non si può comunque ignorare che l’art. 271 afferma l’inutilizzabilità in ogni caso di inosservanza delle regole poste dall’art. 267.

Fa parte di queste l’esistenza di un decreto motivato e certamente non è tale un provvedimento autorizzativo che si fondi su prove viziate e quindi inutilizzabili. Sicché, in un caso del genere non dovrebbe neanche parlarsi di inutilizzabilità derivata ma di inutilizzabilità originaria e autonoma del decreto che consente l’intercettazione.

Se poi si volesse negare – sebbene non si riesca ad immaginare su quali basi – la fondatezza di questa considerazione, verrebbe comunque in soccorso il disposto dell’art. 125 comma 3 (Forme dei provvedimenti del giudice) che condanna alla nullità i decreti che devono essere motivati per legge e non assolvono a quest’obbligo.

Una seconda e rilevante ragione di censura sta nel fatto che l’art. 271 non contiene alcun inciso che autorizzi una deroga anche limitata all’assolutezza dell’inutilizzabilità.

In altri casi, invece, il legislatore ha esplicitamente introdotto deroghe del genere, come ha fatto, ad esempio, nell’art. 226 comma 5 Att. laddove si prevede che «In ogni caso gli elementi acquisiti attraverso le attività preventive non possono essere utilizzati nel procedimento penale, fatti salvi i fini investigativi».

La constatazione che una disposizione del genere non è contenuta nell’art. 271 conferma che in questo caso l’intento legislativo è di precludere ogni uso del materiale raccolto in violazione di legge, in qualunque direzione si voglia prendere in considerazione.

C’è infine un ultimo argomento ed è quello della distruzione delle registrazioni inutilizzabili disposta dall’art. 271 comma 3.

La specifica correlazione tra inutilizzabilità e distruzione è affermata con inequivocabile chiarezza già nella Relazione preliminare al codice di rito laddove si legge che «Per le inter­cettazioni illegittime è stata mantenuta, nell’art. 271, l’inutilizzabilità a qualsiasi fine, accompagnata dalla distruzione della relativa documentazione».

Del resto, anche senza questa opportuna notazione, sarebbe ugualmente chiaro che la distruzione entrerebbe in conflitto col principio di non contraddizione se fossero possibili forme di uso anche ridotto e limitato del materiale intercettivo inutilizzabile.

Sicchè, pur prendendosi atto del diritto vivente in materia, si osserva che la sua coerenza sistematica e, ciò che più conta, la sua coerenza ai principi costituzionali sono fortemente dubbie.

 

Distruzione della documentazione delle intercettazioni inutilizzabili

Come si è anticipato, questa procedura è prevista dal terzo comma dell’art. 271 e completa il pacchetto garantistico congegnato dal legislatore per prevenire il rischio derivante dalla continuazione dell’esistenza fisica delle registrazioni inutilizzabili e dalla connessa eventualità che si usi ciò che non può essere usato.

La previsione della distruzione sottolinea la portata assoluta dell’inutilizzabilità descritta dall’art. 271, cioè la sua inservibilità per qualunque tipo di decisione, nei confronti di qualunque soggetto.

 

Obbligo di motivazione del decreto autorizzativo

L’inutilizzabilità degli esiti delle operazioni captative derivante dall’inosservanza dell’obbligo di motivazione dei decreti autorizzativi delle intercettazioni integra un’inutilizzabilità del risultato delle intercettazioni avente carattere assoluto, perché derivante dalla violazione dei diritti fondamentali della persona tutelati dalla Costituzione (Sez. 3,15828/2015).

 

Uso di impianti diversi da quelli in dotazione alle Procure della Repubblica

Le questioni attinenti alla legittimità del ricorso a impianti esterni non possono essere ricondotte nell’alveo della inutilizzabilità patologica: pertanto, al di là delle asserite violazioni, si è in presenza di acquisizioni pienamente utilizzabili nel giudizio abbreviato (Sez. 6, 2930/2009).

La mancanza in atti di un provvedimento del PM che autorizzi il ricorso a impianti esterni non può essere interpretata come prova del fatto che le intercettazioni siano effettivamente avvenute presso tali impianti, derivandone al contrario la legittima presunzione del ricorso ad impianti interni (Sez. 4, 3307/2017).

L’inidoneità dell’impianto, che a norma dell’art. 268 comma 3 giustifica l’utilizzo di apparecchiature esterne agli uffici della procura della Repubblica, attiene non solo all’aspetto tecnico o strutturale, concernente le condizioni materiali dell’impianto stesso, ma anche a quello cosiddetto funzionale, da valutare in relazione al tipo di indagine che si svolge e allo specifico delitto per il quale si procede.

In questo contesto, risulta essere motivazione sufficiente, seppure in via sintetica, il richiamo all’opportunità di non creare ritardi nell’azione investigativa o il fatto che la struttura carceraria rendeva impossibile, per fatto strutturale dipendente da ragioni di sicurezza, l’allaccio ad una sala esterna (Sez. 2, 6811/2017).

 

Sostituzione delle utenze intercettate

Non ricorre alcuna inutilizzabilità nel caso in cui nel corso delle intercettazioni siano sostituite le utenze intercettate. Ciò che rileva è che le nuove utenze siano usate dalla stessa persona nei cui confronti era stata autorizzata l’attività intercettiva e restino inalterati i presupposti legittimanti. Difatti, il dovere del giudice di indicare la linea telefonica sulla quale è consentita l’intercettazione ha il solo scopo di identificare con precisione la persona titolare del diritto compresso (Sez. 6, 31297/2017).

 

Intercettazioni proseguite dopo la formale cessazione delle operazioni

Il provvedimento di cessazione delle intercettazioni adottato del PM equivale alla sua rinuncia alla prosecuzione delle operazioni che dunque non possono essere riprese senza un formale provvedimento di riattivazione. Ne deriva che, in assenza di quest’ultimo atto, la prosecuzione delle operazioni è illegittima per inosservanza delle disposizioni dell’art. 267 e i suoi risultati sono inutilizzabili (Sez. 5, 28566/2017).

 

Verbale delle operazioni previsto dall’art. 267 comma 5

Le irregolarità nell’indicazione dell’inizio e della fine delle operazioni di intercettazione non determinano l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni medesime. Ciò perché la invalidità e l’inutilizzabilità sono patologie processuali soggette alla regola della tassatività e non possono essere ricostruite in base a violazioni di disposizioni finalizzate alla mera regolarità degli atti, peraltro ancora non definitivamente redatti e depositati (Sez. 6, 32522/2015).

L’omessa indicazione nel verbale delle operazioni delle generalità delle persone che hanno preso parte alle attività intercettive non determina alcuna inutilizzabilità (Sez. 4, 49306/2004).

L’inosservanza delle disposizioni previste dall’art. 89 Att. in tema di verbali e nastri registrati delle intercettazioni non determina, l’inutilizzabilità degli esiti dell’attività captativa legittimamente disposta ed eseguita. Infatti, la sanzione d’inutilizzabilità degli esiti di intercettazioni telefoniche, stante il principio di tassatività, non può essere dilatata sino a comprendervi l’inosservanza delle disposizioni di cui all’art. 89, non espressamente richiamato dall’art. 271.

In particolare, la traduzione delle conversazioni, attività logicamente e cronologicamente successiva alla captazione di queste, non è una delle operazioni previste dall’art. 89 Att., con la conseguenza che quello dell’interprete non fa parte dei nominativi che devono essere annotati nel verbale delle operazioni previsto dall’art. 268, comma 1. Tale omissione costituisce una nullità relativa che deve essere tempestivamente dedotta (Sez. 6, 31285/2017).

L’eccezione di inutilizzabilità di intercettazioni di comunicazioni telefoniche che si basa soltanto sull’omessa indicazione delle generalità dell’interprete traduttore è infondata perché nessuna disposizione ricollega a tale omissione la nullità o la inutilizzabilità dell’attività da lui svolta: la omissione costituisce una mera irregolarità (per inottemperanza all’art. 115, comma 1, Att.), perché la capacità dell’interprete di svolgere adeguatamente il compito assegnato è un dato obiettivo, desumibile dalla correttezza della traduzione eseguita e trascritta, per cui la sua identificazione appare del tutto indifferente ai fini del relativo controllo (Sez. 6, 30783/2007).

All’omessa indicazione, nel verbale di esecuzione delle intercettazioni, delle generalità dell’interprete di lingua straniera che abbia proceduto all’ascolto, traduzione e trascrizione delle conversazioni, segue l’inutilizzabilità di tali operazioni per l’impossibilità di desumerne la capacità dell’ausiliario di svolgere ed eseguire adeguatamente l’incarico affidatogli (Sez. 3, 28216/2015).

La questione dell’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche relative a conversazioni in lingua straniera a causa della mancata identificazione dell’interprete non può essere dedotta nell’interesse di chi sia stato ammesso al rito abbreviato e abbia per ciò stesso accettato l’utilizzabilità nei suoi confronti anche delle prove affette da inutilizzabilità fisiologica (Sez. 2, 41205/2017).

La sanzione prevista dall’art. 271 comma 1 in relazione all’art. 268, comma 1, colpisce l’omessa redazione del verbale delle operazioni e non il suo eventuale mancato deposito. Il mancato rispetto del termine di 5 giorni dalla conclusione delle operazioni per il deposito dei verbali e delle registrazioni non è causa di nullità, non essendo espressamente prevista, né di inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, atteso il mancato richiamo, nell’art. 271, al quarto e al sesto comma dell’art. 268 (Sez. 4, 43472/2017).

 

Utilizzazione dei risultati delle intercettazioni che presentano aspetti di connessione con Stati esteri

Sono legittime e utilizzabili senza necessità di una previa procedura di rogatoria internazionale le intercettazioni di conversazioni avvenute tra un’utenza situata in territorio maltese e utenze situate nel territorio degli Emirati arabi dal momento che la rete delle comunicazioni utilizzata dalla Repubblica di Malta è costituita da cavi sottomarini collegati con nodi di smistamento ubicati in Sicilia. Si verifica in tal modo un transito dei dati nel territorio italiano e questo è sufficiente a radicare la giurisdizione interna (Sez. 3, 24305/2017).

In tema di rogatorie internazionali vige la prevalenza della lex loci sulla lex fori. Sono dunque utilizzabili captazioni eseguite nei Paesi Bassi in accordo alla legislazione di quello Stato purché, in applicazione del combinato disposto degli artt. 27 e 31 delle preleggi e 191 e 729, la prova non sia stata acquisita in contrasto con principi fondamentali e inderogabili dell’ordinamento giuridico italiano e quindi con l’inviolabile diritto di difesa (Sez. 2, 2174/2017).

 

Traslazione delle intercettazioni in diverso procedimento

È inutilizzabile a fini cautelari nel procedimento ad quem l’intercettazione proveniente da diverso procedimento se il primo decreto autorizzativo sia allegato in forma completamente omissata così impedendo alla difesa e al giudice di verificare l’esistenza dei presupposti legali dell’intercettazione disposta nel procedimento a quo (Sez. 6, 40945/2017).

In tema di intercettazioni disposte in altro procedimento, l’omesso deposito degli atti relativi, ivi compresi i nastri di registrazione, presso l’autorità competente per il diverso procedimento, non ne determina l’inutilizzabilità, in quanto detta sanzione non è prevista dall’art. 270 e non rientra nel novero di quelle di cui all’art. 271 aventi carattere tassativo (Sez. 5, 1801/2015).

Il giudice del procedimento ad quem non è tenuto rilevare eventuali vizi, rilevanti ai sensi degli artt. 267 e 268, presenti nel procedimento in cui le intercettazioni furono disposte, gravando il relativo onere sulla parte che intende far valere l’inutilizzabilità, sulla base di copia degli atti che la stessa ha diritto di ottenere, ai sensi dell’art. 116. (Sez. 5, 4758/2016).

Sono utilizzabili nel procedimento di prevenzione i risultati delle intercettazioni telefoniche e ambientali, la cui utilizzabilità sia accertata nel giudizio penale di cognizione, senza la necessità di alcuna preventiva valutazione ad hoc da parte del giudice della prevenzione, trattandosi di prova la cui conformità all’ordinamento è stata delibata nella sede propria, nel contraddittorio delle parti, all’esito di un giudizio con la partecipazione di tutte le parti interessate al suo utilizzo.

Ne consegue che il giudice della prevenzione non deve compiere alcuna nuova valutazione al riguardo, salva la verifica della capacità dimostrativa della prova in questione ai fini del giudizio di pericolosità del proposto (Sez. 5, 52095/2014).

 

Uso delle intercettazioni a fini cautelari e connessi obblighi di produzione documentale del PM

È da escludere la necessità del deposito, ex art. 268 in vista della utilizzazione a fini cautelari, dei risultati delle registrazioni, ma anche la necessità che il PM alleghi alla richiesta di emissione del provvedimento cautelare il verbale e la registrazione relativi alle operazioni di intercettazione, ravvisandosi, in sostanza, una sorta di presunzione d’esistenza e di conformità, senza la necessità di un controllo giurisdizionale sulla effettiva sussistenza di tale documentazione, dalla quale discende la validità della prova; ciò sul rilievo che l’art. 271 non menziona l’art. 89 Att., essendo, perciò, consentito utilizzare a fini cautelari i dati conoscitivi tratti dalle captazioni effettuate, senza che il PM sia tenuto a produrre, né al giudice per le indagini preliminari, né, eventualmente, al tribunale del riesame, la relativa documentazione (Sez. 5, 12010/2017).

 

Atti trasmessi al Tribunale del Riesame

L’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni telefoniche deriva dalla effettiva inosservanza delle disposizioni richiamata dall’art. 271 e non può ricollegarsi alla mancata trasmissione al TDR, da parte del PM, dei decreti autorizzativi che vanno messi a disposizione del giudice del riesame e della difesa al solo scopo di controllare l’effettiva sussistenza delle condizioni legittimanti l’effettuazione delle intercettazioni. L’accertamento di siffatte condizioni può essere realizzato anche attraverso l’acquisizione da parte del giudice del riesame dei decreti autorizzativi (Sez. 1, 4582/1999).

In tema di misure cautelari, se i decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche non siano allegati alla richiesta del PM, la successiva omessa trasmissione degli stessi al TDR, a seguito di impugnazione del provvedimento coercitivo, non determina l’inutilizzabilità, né la nullità assoluta ed insanabile delle intercettazioni, salvo che la difesa dell’indagato abbia presentato specifica e tempestiva richiesta di acquisizione e la stessa o il giudice non siano stati in condizione di effettuare un efficace controllo di legittimità (Sez. 6, 7521/2013).

La mancata trasmissione al Tribunale del riesame dei decreti di autorizzazione delle intercettazioni telefoniche non determina l’inutilizzabilità delle comunicazioni intercettate, che consegue alle violazioni specificatamente previste dall’art. 271, ma dà luogo alla perdita di efficacia della misura cautelare applicata in base all’art. 309, commi 5 e 10, quando essi siano stati presentati dal PM al GIP con la richiesta di misura cautelare (Sez. 6, 51677/2014).

 

Inutilizzabilità derivata

È infondata l’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni, in quanto originate da spunti investigativi tratti da intercettazioni inutilizzabili. Infatti, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, ciascun decreto autorizzativo è dotato di autonomia e può ricevere impulso da qualsiasi notizia di reato, ancorché desunta da precedenti intercettazioni inutilizzabili: ne consegue che non è inutilizzabile la prova, che non sarebbe stata scoperta senza l’utilizzazione della prova inutilizzabile (Sez. 6, 54535/2016).

 

Distruzione del materiale intercettivo inutilizzabile

La sentenza 1/2013 della Corte costituzionale, già richiamata nel paragrafo riguardante i limiti soggettivi delle intercettazioni a fronte delle prerogative del Capo dello Stato, ha opportunamente chiarito la differenza della procedura di distruzione rispetto all’udienza stralcio.

Quest’ultima, secondo la Consulta, ha una valenza limitata alla selezione delle registrazioni rilevanti e quindi, in conseguenza della clausola di esclusione contenuta nell’art. 269 comma 2, non ha nulla a che fare con le intercettazioni di cui sia vietata l’utilizzazione che sono di esclusiva competenza del procedimento di distruzione.

Una rilevante parte della decisione in commento è agevolmente trasferibile a tutti gli individui e non solo al Presidente della Repubblica. È quella in cui la Corte evidenzia che la distruzione è l’unico rimedio in grado di ovviare al vulnus creato dalla violazione di legge e di preservare l’ordine giuridico violato ed impedire ulteriori lesioni alla sfera della riservatezza delle comunicazioni, bene attribuito a ciascuno dei consociati dall’art. 15 Cost.

 

Tabulati telefonici

In tema di intercettazioni di conversazioni telefoniche, i dati provenienti dalla rilevazione automatica delle chiamate in partenza da apparecchi telefonici pubblici su una utenza privata sono utilizzabili anche quando tale non sia il contenuto della conversazione intercettata, in quanto il mezzo tecnico adoperato, di limitata intrusione, è assimilabile al sistema di acquisizione dei tabulati telefonici, che sono acquisibili sulla base della semplice autorizzazione del PM (Sez. 2, 45622/2003).

 

Utilizzazione dei risultati delle intercettazioni nel giudizio di equa riparazione

Non sono utilizzabili nel giudizio di equa riparazione i risultati di intercettazioni dichiarate affette da inutilizzabilità patologica nel giudizio di cognizione (SU, 1153/2008).

Sono invece utilizzabili nel medesimo giudizio, a fini della valutazione del dolo o della colpa grave del ricorrente, le intercettazioni viziate da inutilizzabilità fisiologica (Sez. 4, 49771/2013).

 

Obblighi dimostrativi e documentali del ricorrente che eccepisce l’inutilizzabilità delle intercettazioni

Qualora venga eccepita in sede di legittimità l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, siccome asseritamente eseguite fuori dai casi consentiti dalla legge o qualora non siano state osservate le disposizioni previste dagli artt. 267 e 268 commi 1 e 3, è onere della parte indicare specificamente l’atto che si afferma essere affetto dal vizio denunciato e curare che tale atto sia comunque effettivamente acquisito al fascicolo trasmesso al giudice di legittimità, magari provvedendo a produrlo in copia nel giudizio di cassazione. In difetto, il motivo è inammissibile per genericità, non essendo consentito al giudice di legittimità di individuare l’atto affetto dal vizio denunciato (Sez. 2, 44221/2013).

Il ricorrente che lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (Sez. 3, 3207/2014).

 

Estensione del riconoscimento dell’inutilizzabilità anche agli interessati non ricorrenti

Il motivo con il quale sia dedotta l’inutilizzabilità degli esiti delle intercettazioni telefoniche  sui quali si fondi il giudizio di responsabilità dei concorrenti in un medesimo reato  giova anche agli imputati che non abbiano proposto ricorso, o che abbiano proposto un ricorso originariamente inammissibile, o ancora che al ricorso abbiano successivamente rinunciato, trattandosi di motivo non esclusivamente personale che rende operante l’effetto estensivo dell’impugnazione (SU, 30347/2007 e, più di recente,  Sez. 6, 48009/2016).