Art. 313 - Procedimento
1. Il giudice provvede con ordinanza a norma dell’articolo 292, previo accertamento sulla pericolosità sociale dell’imputato. Ove non sia stato possibile procedere all’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini prima della pronuncia del provvedimento, si applica la disposizione dell’articolo 294.
2. Salvo quanto previsto dall’articolo 299 comma 1, ai fini dell’articolo 206 comma 2 del codice penale, il giudice procede a nuovi accertamenti sulla pericolosità sociale dell’imputato nei termini indicati nell’articolo 72.
3. Ai fini delle impugnazioni, la misura prevista dall’articolo 312 è equiparata alla custodia cautelare. Si applicano le norme sulla riparazione per l’ingiusta detenzione.
Rassegna giurisprudenziale
Procedimento (art. 313)
L’art. 206 Cod. pen. disciplina specificamente ed esclusivamente l’applicazione provvisoria delle misure di sicurezza, prevedendo al capoverso la revoca della misura nel solo caso in cui venga meno la pericolosità sociale (nell’accezione di cui all’art. 203 Cod. pen.).
Tale norma sostanziale trova esatta e conforme corrispondenza (nonché bilanciamento) nel capoverso dell’art. 313 che, al fine di assicurare una revoca tempestiva della misura per il caso che venga meno il suo presupposto peculiare, prevede l’applicazione dell’art. 72 ed in particolare nuovi accertamenti ogni sei mesi ovvero anche prima quando il giudice ne ravvisi l’esigenza (Sez. 5, 32429/2018).
È ammissibile la richiesta di riparazione per la ingiusta detenzione in relazione alla restrizione della libertà indebitamente sofferta per l’applicazione della misura di sicurezza del ricovero in una casa di cura (Sez. 4, 5001/2009).
L’art. 313, comma 1 impone l’interrogatorio della persona nei cui confronti la misura di sicurezza deve essere provvisoriamente applicata soltanto nel caso in cui essa non abbia reso interrogatorio in sede di indagini o, comunque, prima della pronuncia del provvedimento (Sez. 1, 23731/2017).
La consulenza disposta dal PM sulla capacità di intendere e di volere della persona sottoposta alle indagini e sulla sua pericolosità sociale, in funzione della richiesta di applicazione provvisoria di misura di sicurezza ai sensi degli artt. 312 e 313 non può essere considerato “atto di indagine”, non avendo efficacia probatoria.
Ciò per la natura intrinseca dell’accertamento, che si risolve in un giudizio, sia pure tecnicamente qualificato, inerente alla persona indiziata di reato che proviene da un esperto nominato dalla parte pubblica ed è, comunque, suscettibile di essere nuovamente espletato su disposizione, anche d’ufficio, del giudice, non costituendo una fonte di prova cristallizzata; nonchè per la funzionalità di tale valutazione all’applicazione interinale di misura di sicurezza, espressamente equiparata alla custodia cautelare dall’art. 313, comma 3.
Di conseguenza non andava applicata né la disciplina dell’incidente probatorio, che rappresenta un mezzo di acquisizione anticipata della prova, né quella dell’art. 360, che disciplina gli accertamenti tecnici non ripetibili, poiché non è atto irripetibile l’accertamento tecnico, mediante consulenza, sullo stato psichico di una persona, allorquando riguardi una condizione costante e non contingente e, per tale ragione, non suscettibile di modificazione.
Né andava rispettata la disciplina dell’articolo 224-bis, che prescrive l’assistenza obbligatoria del difensore, a pena di nullità, in caso di perizie che richiedono il compimento di atti idonei ad incidere sulla libertà personale, poiché tale disposizione contiene una disciplina all’evidenza di tipo eccezionale, che si giustifica in ragione delle attività, particolarmente invasive, necessarie ai fini dello svolgimento della perizia per la determinazione del profilo del DNA o per accertamenti medici (il prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale su persone viventi) quando non vi sia il consenso della persona da sottoporre all’esame del perito.
In altri termini, la consulenza del PM è, in questo caso, un atto dal valore endoprocessuale che serve ad orientare le scelte del PM procedente e che il giudice della misura di sicurezza interinale prende in considerazione unitamente alle altre emergenze documentali in tema di imputabilità e pericolosità (Sez. 5, 11120/2015).
Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di applicazione provvisoria di una misura di sicurezza è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi.
Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici (Sez. 5, 11120/2015).