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Art. 414 - Riapertura delle indagini

1. Dopo il provvedimento di archiviazione emesso a norma degli articoli precedenti, il giudice autorizza con decreto motivato la riapertura delle indagini su richiesta del pubblico ministero motivata dalla esigenza di nuove investigazioni.

2. Quando è autorizzata la riapertura delle indagini, il pubblico ministero procede a nuova iscrizione a norma dell’articolo 335.

Rassegna giurisprudenziale

Riapertura delle indagini (art. 414)

È abnorme la pronuncia di revoca del provvedimento di archiviazione, essendo quest’ultimo suscettibile di essere rimosso nei suoi effetti solo tramite il ricorso per cassazione avverso di esso o tramite la riapertura delle indagini disposta ex art. 414 su richiesta del PM titolare dell’azione penale, oltre a doversi considerare l’indebita regressione del procedimento alla fase di disamina della richiesta di archiviazione (Sez. 6, 14538/2015).

Il decreto di archiviazione, pur non essendo munito dell’autorità della res judicata, è connotato da un’efficacia preclusiva, quantunque limitata, operante sia con riferimento al momento dichiarativo della carenza di elementi idonei a giustificare il proseguimento delle indagini, sia riguardo al momento della loro riapertura, condizionata dal presupposto dell’esigenza di nuove investigazioni (SU, 9/2000).

Una volta disposta, al di fuori dei casi indicati nell’art. 345, l’archiviazione di una notizia di reato, non è consentito al PM chiedere e al GIP valutare  senza il preventivo provvedimento di autorizzazione alla riapertura delle indagini previsto dall’art. 414  l’applicazione di misura cautelare o l’emissione di altro provvedimento che implichi l’attualità di un procedimento investigativo nei confronti della stessa persona e per lo stesso fatto, si fondi la relativa richiesta su una semplice rilettura di elementi già presenti negli atti archiviati o su elementi acquisiti, anche occasionalmente, dopo l’archiviazione; e ciò sul rilievo che il decreto di archiviazione è connotato da un’efficacia preclusiva, quantunque limitata, operante sia con riferimento al momento dichiarativo della carenza di elementi idonei a giustificare il proseguimento delle indagini, sia riguardo al momento della loro riapertura, condizionata dal presupposto dell’esigenza di nuove investigazioni, che rappresenta per il giudice parametro di valutazione da osservare nella motivazione della decisione di cui all’art. 414 (SU, 9/2000).

L’art. 414 prescrive una motivazione (e quindi una giustificazione) tipizzata, centrata sull’esigenza di nuove investigazioni, che possono esitare anche in modesti risultati che, però, valutati unitamente al materiale preesistente  certamente utilizzabile  ben possono giustificare una sostanziale ribaltamento del quadro indiziario.

Non è dunque richiesta, per la riapertura, l’emersione di nuovi elementi (aliunde acquisiti) ma è necessario e sufficiente che plausibilmente si prospettino nuove ipotesi o piste investigative (Sez. 1, 8630/2018).

L’art. 414 dispone che il PM può ottenere la riapertura delle indagini quando vi siano nuove investigazioni da compiere, ma nessun elemento induce ad interpretare la norma nel senso che il requirente sia vincolato solo al compimento di quelle indagini. Il dinamismo investigativo connaturato all’agire del PM, in linea con i principi dell’art. 112 Cost., può consentire infatti di ritenere che alcune investigazioni ritenute inizialmente necessarie abbiano perso di rilevanza o siano divenute inutili alla luce delle nuove acquisizioni e che viceversa altre investigazioni, non previste o non indicate, si siano manifestate necessarie, come ad esempio accade quando taluno abbia indicato altra persona come fonte della propria conoscenza e ne sia necessaria l’escussione.

In definitiva, atteso che anche modesti risultati, valutati unitamente al materiale preesistente  certamente utilizzabile , ben possono giustificare un sostanziale ribaltamento del quadro indiziario, secondo la regola propria al regime della prova indiretta espressa nell’antico brocardo quae singula non probant et unita probant (SU, 9/2000), va affermato il principio che, disposta la riapertura delle indagini, il PM non è vincolato a svolgere tutte e solo le investigazioni indicate nella richiesta ma mantiene la sua libertà di iniziativa potendo valutare che nell’evolversi della vicenda alcune di esse non siano più necessarie o all’inverso che sia necessario compierne altre in precedenza non indicate (Sez. 1, 8630/2018).

La mancanza del provvedimento di riapertura delle indagini ex art. 414 determina non solo la inutilizzabilità degli atti di indagine eventualmente compiuti dopo il provvedimento di archiviazione ma anche la preclusione all’esercizio dell’azione penale per quello stesso fatto reato, oggettivamente e soggettivamente considerato, da parte del medesimo ufficio del PM. Ciò vale anche qualora il nuovo atto di impulso processuale passi attraverso un vaglio preventivo del giudice, come nel caso della richiesta di rinvio a giudizio, che dà luogo all’udienza preliminare.

L’esercizio dell’azione penale è, infatti, espressione di una scelta che il PM compie, in relazione a una determinata notitia criminis, al termine delle indagini preliminari in alternativa alla richiesta di archiviazione, sicché, archiviato il procedimento, il PM perde il potere di adottare ulteriori opzioni sul medesimo fatto, a meno che non chieda e ottenga il decreto di riapertura delle indagini, dal quale infatti consegue una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato (SU, 33885/2010).

La pronuncia del decreto di archiviazione determina una preclusione processuale all’utilizzazione degli elementi acquisiti successivamente ad esso e prima dell’adozione del decreto di autorizzazione alla riapertura delle indagini di cui all’art. 414, la cui emissione funge da condizione di procedibilità per la ripresa delle investigazioni in ordine allo stesso fatto e nei confronti delle stesse persone, nonché per l’adozione di ogni consequenziale provvedimento, compresa l’applicazione di misure cautelari (Sez. 2, 12856/2018).

La sanzione di inutilizzabilità, derivante dalla violazione dell’art. 414, incide, in via esclusiva, sugli atti che riguardano lo stesso fatto, oggetto dell’indagine conclusa con il provvedimento di archiviazione, e non anche su fatti diversi o successivi, benché collegati con i fatti oggetto della precedente indagine (Sez. 2, 3255/2014).

Anche nel giudizio abbreviato, la prova, affetta da un vizio patologico, derivante dalla mancanza del decreto autorizzativo della riapertura delle indagini, non è utilizzabile, non essendo validamente assunta. Invero, l’accettazione del giudizio, allo stato degli atti, non comporta la possibilità di un giudizio, incentrato su elementi di prova„ irregolarmente acquisiti al processo, ma solo l’accettazione di un processo, già consolidato, nelle sue risultanze processuali (Sez. 5, 11942/2018).

Il PG distrettuale può esercitare il potere di avocazione nei soli due casi tassativamente previsti dall’art. 412, cioè in caso di inerzia del PM in punto di esercizio dell’azione penale o, in alternativa, di omessa richiesta di archiviazione nonché in caso di fissazione dell’udienza camerale ex art. 409, comma 3. Di tal che il potere avocativo non è esercitabile nell’ipotesi di mancata richiesta di riapertura delle indagini ai sensi dell’art. 414 su istanza della persona offesa (Sez. 6, 38455/2017).

Nell’ipotesi di reato permanente, quale è il delitto di associazione mafiosa, l’archiviazione non seguita dalla autorizzazione alla riapertura delle indagini non preclude lo svolgimento di nuove investigazioni ed anche l’esercizio dell’azione penale in relazione a fatti e comportamenti atti a dimostrare la consumazione dell’illecito limitatamente ai segmenti temporali successivi a quelli oggetto del provvedimento di archiviazione.

Ne consegue che la sanzione di inutilizzabilità derivante dalla violazione dell’art. 414 colpisce eventualmente solo gli atti che riguardano lo stesso fatto oggetto dell’indagine conclusa con il provvedimento di archiviazione e non anche fatti diversi o successivi, benché collegati con quelli oggetto della precedente indagine (Sez. 5, 43663/2015).

L’archiviazione non accompagnata da autorizzazione alla riapertura delle indagini non ha effetto preclusivo in riferimento a elementi nuovi che incidano su frammenti di condotta successivi a quelli coperti da preclusione, pur se collegati ad essi, tanto da consentire l’applicazione di una misura per tali fatti ulteriori (Sez. 2, 14777/2017).

L’art. 414 non prevede impugnazione di sorta contro il decreto dispositivo della riapertura delle indagini preliminari in precedenza archiviate, con la conseguenza, che, alla luce del precetto recato dall’art. 568, è inammissibile il ricorso per la cassazione di tale decreto (Sez. 5, 14991/2012).

Nel procedimento contro ignoti non è richiesta l’autorizzazione del GIP alla riapertura delle indagini dopo il provvedimento di archiviazione per essere rimasti sconosciuti gli autori del reato, in quanto il regime autorizzatorio prescritto dall’art. 414 è diretto a garantire la posizione della persona già individuata e sottoposta ad indagini, mentre nel procedimento contro ignoti l’archiviazione ha la semplice funzione di legittimare il congelamento delle indagini, senza alcuna preclusione allo svolgimento di ulteriori, successive attività investigative, ricollegabili direttamente al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale (SU, 13040/2006).

Non è ricorribile per cassazione il provvedimento del PM che abbia dichiarato non luogo a provvedere sulla richiesta di riapertura delle indagini, funzionale, nella prospettiva della parte civile deducente, alla modifica della formula di archiviazione, già giudicata inammissibile dal GIP (Sez. 1, 39803/2018).

In caso di contestazione del reato di associazione mafiosa l’archiviazione disposta per un determinato arco temporale non seguita dalla riapertura delle indagini, preclude che all’indagato possano essere contestati in un nuovo procedimento le condotte poste in essere nel periodo coperto dalla archiviazione in assenza di provvedimento di riapertura adottato su richiesta del PM e disposto dal giudice nelle forme previste dall’art. 414 (Sez. 2, 5276/2019).