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Art. 578 - Decisione sugli effetti civili nel caso di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione e nel caso di improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione

1.Quando nei confronti dell’imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili.

1-bis. Quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la Corte di cassazione, nel dichiarare improcedibile l'azione penale per il superamento dei termini di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 344-bis, rinviano per la prosecuzione al giudice civile competente per valore in grado di appello, che decide valutando le prove acquisite nel processo penale.

Rassegna giurisprudenziale

Decisione sugli effetti civili nel caso di estinzione del reato per amnistia o prescrizione (art. 578)

Non sussiste alcuna ragione per la quale, in sede di appello, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 578, non debba prevalere la formula assolutoria nel merito rispetto alla causa di estinzione del reato: e ciò, non solo nel caso di acclarata piena prova di innocenza, ma anche in presenza di prove ambivalenti, posto che alcun ostacolo procedurale, né le esigenze di economia processuale che costituiscono, con riferimento al principio della ragionevole durata del processo, la ratio ed il fondamento della disposizione di cui all’art. 129, comma 2, possono impedire la piena attuazione del principio del favor rei con l’applicazione della regola probatoria di cui al secondo comma dell’art. 530 (SU, 35490/2009).

È illegittima la sentenza “predibattimentale” con la quale il giudice di appello dichiari l’estinzione del reato per prescrizione, qualora in primo grado la parte civile abbia proposto richiesta di condanna dell’imputato al risarcimento dei danni, in quanto solo nel dibattimento può procedersi alla delibazione di merito relativamente ai capi della sentenza che concernono gli interessi civili, nel contraddittorio delle parti (nella fattispecie la Corte, in applicazione del principio enunciato, ha disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in quanto pronunciata in violazione di legge, disponendo la trasmissione degli atti per nuovo giudizio. In particolare la Corte, dopo aver osservato come sia affetta da nullità la sentenza predibattimentale di appello pronunciata de plano per intervenuta prescrizione ma che, tuttavia, ragioni di economia processuale fanno prevalere la causa estintiva del reato sulla nullità assoluta e insanabile, salvo che non risulti evidente la prova dell’innocenza dell’imputato, ha evidenziato che tale principio non trova applicazione nel caso in cui vi sia la presenza di una parte civile, che attiva la previsione dell’art. 578 che impone alla corte di appello o alla Corte di cassazione di decidere l’impugnazione ai soli effetti civili anche in caso di prescrizione o di amnistia) (Sez. 2, 32477/2020).

Nel caso in cui il giudice di appello dichiari non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato (o per intervenuta amnistia), omettendo di motivare in ordine alla responsabilità dell’imputato ai fini delle statuizioni civili, l’eventuale accoglimento del ricorso per cassazione proposto dall’imputato impone l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, a norma dell’art. 622 (SU, 40109/2013).

In caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile, sottoposto a sanzione pecuniaria civile, ai sensi del D. Lgs. 7/2016, il giudice della impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili. Il giudice della esecuzione, viceversa, revoca, con la stessa formula, la sentenza di condanna o il decreto irrevocabili, lasciando ferme le disposizioni e i capi che concernono gli interessi civili (SU, 46688/2016).

In tema di reati di competenza del giudice di pace non sussiste l’interesse per la parte civile ad impugnare la sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato ai sensi dell’art. 35 del D. Lgs. 274/2000 (SU, 33864/2015).

In ogni caso in cui il giudice di appello abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato (o per intervenuta amnistia), senza motivare in ordine alla responsabilità dell’imputato ai fini delle statuizioni civili, a seguito di ricorso per cassazione proposto dall’imputato, ritenuto fondato dalla corte di cassazione, deve essere disposto l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, a norma dell’art. 622 (SU, 40109/2013).

Allorché la parte civile impugni una sentenza di proscioglimento che non abbia accolto le sue conclusioni, chiedendo la riforma di tale pronunzia, l’atto di impugnazione, ricorrendo le altre condizioni, è ammissibile anche quando non contenga l’indicazione che l’atto è proposto ai soli effetti civili, discendendo tale effetto direttamente dall’art. 576 (SU, 6509/2013).

È ammissibile il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile contro la sentenza di appello dichiarativa della nullità della sentenza di primo grado per difetto di correlazione tra imputazione e decisione, anche nel caso in cui, per effetto della prescrizione del reato maturata nel frattempo, sia precluso l’esercizio dell’azione civile nel processo penale, dovendosi, comunque, riconoscere la sussistenza di un interesse della parte civile alla eliminazione della sentenza, al fine di ottenere in sede penale una sentenza di merito dichiarativa della prescrizione (Sez. 6, 19218/2017).

Ove nel processo di formazione della sentenza di penale responsabilità, si inserisca una erronea decisione in rito che, disponendo la regressione del processo per annullamento della sentenza di primo grado di riconoscimento del diritto della parte civile al risarcimento del danno, risulti preclusiva dell’incidentale accertamento civile per decorso della prescrizione del reato nelle more maturata, va attribuita legittimazione ad impugnare alla parte civile, altrimenti lesa nell’utilità pratica derivante dalla pronuncia annullata (Sez. 2, 35794/2013).

La parte civile non può ottenere la rifusione delle spese processuali all’esito del giudizio di legittimità che si è concluso con l’annullamento con rinvio, ma può far valere le proprie pretese nel corso ulteriore del processo, in cui il giudice di merito dovrà accertare la sussistenza, a carico dell’imputato, dell’obbligo della rifusione delle spese giudiziali in base al principio della soccombenza, con riferimento all’esito del gravame (Sez. 5, 25469/2014).

L’azione civile risarcitoria, esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato ha provocato danno, può essere accolta soltanto in presenza di una sentenza di condanna dell’imputato; ne deriva che ove nel giudizio di impugnazione il reato sia stato dichiarato estinto per prescrizione od amnistia, la decisione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili può essere assunta soltanto nel caso in cui, nel precedente grado di giudizio, sia stata affermata, con la sentenza di condanna, la responsabilità dell’imputato (Sez. 6, 41601/2018).

La declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, che, peraltro, comporta anche la preliminare valutazione della sussistenza di cause di non punibilità per una pronuncia assolutoria piena ex art. 129, comporta che, qualora venga iniziata l’azione civile, il giudice di tale procedimento, mancando l’accertamento del fatto-reato da parte del giudice penale, ha il dovere, in tal caso, di accertare ai fini civili se il fatto dannoso abbia effettivamente tale carattere.

Ove tale accertamento sia mancato, per errore del giudice che ha omesso la relativa pronuncia, nondimeno la parte civile conserva l’interesse a coltivare la domanda risarcitoria (la cui prescrizione è interrotta dalla costituzione di parte civile e ricomincia a decorrere dalla sentenza di estinzione del reato) che, però, essendo venuta meno la possibilità di conoscerne da parte del giudice penale, deve essere rimessa al giudice civile (Sez. 6, 41601/2018).

In presenza di una condanna al risarcimento dei danni o alle restituzioni pronunziata dal primo giudice o dal giudice di appello ed essendo ancora pendente l’azione civile, il giudice penale, secondo il disposto dell’art. 578, è tenuto, quando accerti l’estinzione del reato per prescrizione, ad esaminare il fondamento dell’azione civile.

In questi casi la cognizione del giudice penale, sia pure ai soli effetti civili, rimane integra e il giudice dell’impugnazione deve verificare, senza alcun limite, l’esistenza di tutti gli elementi della fattispecie penale al fine di confermare o meno il fondamento della condanna alle restituzioni ed al risarcimento pronunziata dal primo giudice o, come nel caso in esame, confermata dal giudice di appello. Con riguardo, in particolare, all’impugnazione proposta anche in relazione alle statuizioni civili, trova applicazione il principio cosiddetto di immanenza della costituzione di parte civile.

In ragione di tale principio, normativamente previsto dall’art. 76, comma 2, secondo il quale «la costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo», il giudice di legittimità è tenuto a verificare l’esistenza dei presupposti per l’affermazione della responsabilità penale ai soli fini della pronuncia sull’azione civile, allorché abbia rilevato una causa estintiva del reato.

Tale principio comporta, infatti, che la parte civile, una volta costituita, debba ritenersi presente nel processo anche se non compaia, debba essere citata anche nei successivi gradi di giudizio anche se non impugnante e senza che sia necessario per ogni grado di giudizio un nuovo atto di costituzione (Sez. 4, 37793/2018, Sez. 4, 55521/2018).

In caso di estinzione del reato sopravvenuta al giudizio di primo grado, lo scrutinio demandato al giudice della impugnazione deve riguardare tutti gli aspetti, ma solo quelli, che siano suscettibili di avere un riflesso diretto sulla validità della statuizione risarcitoria.

Se ne inferisce che possono - rectius devono - trovare spazio le questioni processuali che attengano alla regolare celebrazione del processo in cui è sfociata la sentenza che ha appunto affermato la responsabilità civile, all’utilizzazione della prova su cui poggia l’obbligazione riparatoria ed al rituale e legittimo esercizio dell’azione civile nel processo penale, nonché i vizi che riguardino l’impianto logico argomentativo relativo al fatto reato – fonte di responsabilità civile – e la ricognizione dei presupposti per l’affermazione di detta responsabilità.

Di contro, rimangono fuori dall’alveo del sindacato della Corte quei profili che siano neutri ed ininfluenti ai fini della condanna risarcitoria, che presuppone “soltanto” una valida instaurazione dell’azione civile, l’assenza di vizi del processo, la sussistenza del reato presupposto e delle condizioni per la responsabilità civile. Ininfluenza che, nel comportare una carenza d’interesse, non può che sfociare nell’inammissibilità del motivo di impugnazione ai sensi dell’art. 591, comma 1 lett. a) (Sez. 6, 39914/2018).

La prescrizione maturata antecedentemente alla sentenza di secondo grado, ancorché non eccepita né rilevata in sede di appello, è rilevabile in sede di legittimità, considerato che la mancata declaratoria della causa estintiva del reato in virtù dell’omissione di un mero atto di ricognizione da parte del giudice di appello determinerebbe, ove ne fosse preclusa l’azionabilità in sede di legittimità, l’assoggettamento dell’imputato alla condanna ed alla correlativa esecuzione della pena mentre, in presenza della medesima situazione di fatto e di diritto, la declaratoria di estinzione del reato da parte del giudice di merito, consentirebbe all’imputato di avvalersi della prescrizione, così determinandosi una disparità di trattamento lesiva del principio di uguaglianza, ma solo se, a tal fine, non occorra alcuna attività di apprezzamento delle prove finalizzata all’individuazione di un “dies a quo” diverso da quello indicato nell’imputazione contestata e ritenuto nella sentenza di primo grado (Sez. 5, 39462/2018).

La declaratoria di prescrizione del reato non rende per ciò solo inapplicabile l’art. 603 poiché l’accertamento giudiziale prosegue ai fini dell’accertamento della responsabilità civile, ai sensi dell’art. 578, secondo le regole e le garanzie del processo penale. Tuttavia nella specie valgono i principi delineati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. 5, 36113/2018).

La declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto non consente di decidere sulla domanda di liquidazione delle spese proposta dalla parte civile, poiché si può far luogo alle statuizioni civili nel giudizio penale solo in presenza di una sentenza di condanna o nelle ipotesi previste dall’art. 578, tra le quali non rientra quella di cui all’art. 131-bis Cod. pen. (Sez. 2, 20141/2018).

È inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso per cassazione con il quale il PM deduca profili di carenza nell’accertamento dei fatti in ordine a pronuncia assolutoria adottata dal giudice di secondo grado con la formula “perché il fatto non sussiste”, confermativa della decisione di primo grado, quando nelle more del giudizio di legittimità sia intervenuta la causa estintiva della prescrizione del reato, atteso che il mezzo di impugnazione deve perseguire un risultato non solo teoricamente corretto ma anche praticamente favorevole; né la mera presenza delle parti civili, che non abbiano impugnato la sentenza d’appello, determina l’operatività dell’art. 578, atteso il contenuto assolutorio delle sentenze di primo e secondo grado (Sez. 2, 24458/2018).