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Art. 461 - Opposizione

1. Nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, personalmente o a mezzo del difensore eventualmente nominato, possono proporre opposizione mediante dichiarazione ricevuta nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari che ha emesso il decreto ovvero nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trova l’opponente.

2. La dichiarazione di opposizione deve indicare, a pena di inammissibilità, gli estremi del decreto di condanna, la data del medesimo e il giudice che lo ha emesso. Ove non abbia già provveduto in precedenza, nella dichiarazione l’opponente può nominare un difensore di fiducia.

3. Con l’atto di opposizione l’imputato può chiedere al giudice che ha emesso il decreto di condanna il giudizio immediato ovvero il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena a norma dell’articolo 444.

4. L’opposizione è inammissibile, oltre che nei casi indicati nel comma 2, quando è proposta fuori termine o da persona non legittimata.

5. Se non è proposta opposizione o se questa è dichiarata inammissibile, il giudice che ha emesso il decreto di condanna ne ordina l’esecuzione.

6. Contro l’ordinanza di inammissibilità l’opponente può proporre ricorso per cassazione.

Rassegna giurisprudenziale

Opposizione (461)

Il mancato accoglimento della richiesta concordata di applicazione di pena proposta in sede di opposizione a decreto penale comporta l'emissione del decreto di giudizio immediato pur in assenza di espresse previsioni normative che stabiliscano tale sequenza procedurale; è principio ormai pacifico quello che stabilisce che il mancato accoglimento dell'opposizione al decreto penale, nella parte contenente richiesta di applicazione della pena, deve essere equiparato all'ipotesi in cui la richiesta di patteggiamento non sia stata proposta o non sia stato acquisito il consenso della parte pubblica, con la conseguenza che il processo non può regredire alla fase delle indagini preliminari, ma deve ricevere un ulteriore impulso che gli consenta di approdare alla fase giudiziale con la conseguenza che, ove l'opponente non abbia richiesto il giudizio abbreviato o se la richiesta di patteggiamento venga rigettata, il giudice non può che disporre il giudizio immediato, che costituisce lo sbocco necessario dell'opposizione quando difettino o non siano richiesti o consentiti altri riti (la Corte, nel caso di specie, ha avuto modo di precisare che il giudice procedente non si era attenuto ai superiori principi con la conseguenza di avere compresso le facoltà difensive dell'imputato, che si è trovato costretto al pagamento di sanzione pecuniaria contenuta in un provvedimento giurisdizionale di cui non poteva essere ordinata l'esecuzione, oltre che privato della possibilità di far valere in sede giudiziale le proprie ragioni, sia mediante la riproposizione in termini identici della richiesta di patteggiamento già respinta dal giudice per le indagini preliminari, sia con il confronto in contraddittorio con l'accusa. Infatti, evidenziano i giudici di legittimità, la preclusione stabilita dall'art. 464 co. 3 c.p.p. riguarda soltanto l'eventualità che una richiesta di patteggiamento venga presentata per la prima volta nel giudizio conseguente all'opposizione, il che non inibisce la reiterazione della precedente domanda, sulla quale deve esercitarsi il controllo del giudice dibattimentale sulla precedente decisione di rigetto) (Sez. 1, 45440/2021).

È abnorme il provvedimento con il quale il GIP a seguito di opposizione a decreto penale con richiesta di ammissione all'oblazione, dichiari esecutivo il decreto opposto sul presupposto della impossibilità di ammettere all'oblazione l'imputato, perché priva quest'ultimo della possibilità di rimettere in discussione, nei contraddittorio delle parti, la sua responsabilità: ai sensi dell'art. 464, comma 1, il giudice deve invero emettere decreto di giudizio immediato anche nel caso in cui l'imputato, con l'atto di opposizione, non abbia chiesto il giudizio (Sez. 3, 34665/2021).

L’opposizione a decreto penale di condanna ha natura impugnatoria e, in quanto tale, rende applicabile, in virtù del principio del favor impugnationis, le norme in tema di conservazione degli effetti dell’atto anche ove la parte non abbia correttamente qualificato l’istanza (Sez. 4, 13598/2019).

Deve ritenersi illegittimo il provvedimento con cui il giudice, nel dichiarare l’inammissibilità dell’opposizione al decreto penale di condanna per intervenuta rinunzia, condanna l’imputato alla rifusione delle spese di costituzione di parte civile, atteso che la condanna al risarcimento e alle restituzioni non è prevista dalla disciplina del rito speciale in oggetto e risulta comunque incompatibile con la stessa (Sez. 4, 21271/2009).

Sulla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova ex art. 464-bis, avanzata in sede di opposizione a decreto penale di condanna, è competente a decidere il GIP e non il giudice del dibattimento (Sez. 1, 30721/2017).

All'inammissibilità dell'istanza di messa alla prova presentata in sede di opposizione a decreto penale non può conseguire, tout court, l'inammissibilità dell'opposizione al decreto penale di condanna posto che, una volta fatto oggetto di opposizione, il decreto penale perde la sua natura di condanna anticipata e produce unicamente l'effetto di costituire il presupposto per l'introduzione di un giudizio (Sez. 4, 28136/2020).

Una volta che sia stato ritualmente opposto, il decreto penale di condanna perde la sua natura di condanna anticipata e l’unico effetto che esso produce è quello di introdurre un giudizio (immediato, abbreviato, di patteggiamento) del tutto autonomo e non più dipendente dal decreto penale di condanna, che, in ogni caso, ai sensi dell’art. 464, comma 3, ultima parte, è revocato ex nunc dal giudice del dibattimento, dopo la verifica della ritualità della instaurazione del giudizio. Pertanto, instaurato il dibattimento a seguito di opposizione, il Tribunale, di fronte ad un decreto penale di condanna, da considerare come non più esistente in quanto revocato, deve procedere alla trattazione del processo e pronunciarsi nel merito in ordine a tutte le richieste formulate dall’imputato (Sez. 3, 20261/2014).

È abnorme il provvedimento del tribunale in composizione monocratica, davanti al quale si sia instaurato il giudizio ordinario a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, che ha dichiarato la nullità del predetto decreto penale e disposto la restituzione degli atti al PM, determinando un inammissibile regresso del procedimento, in quanto, con l'opposizione, il decreto penale è da considerare come non più esistente e non può essere oggetto di declaratoria di nullità (Sez. 4, 11478/2021).

La mancata indicazione, nell’atto di opposizione a decreto penale, di tutti gli elementi previsti dall’art. 461 non ne determina la inammissibilità, atteso che l’atto in questione non è a forma vincolata e gli elementi indicati nel citato art. 461 hanno carattere indicativo ed equipollente, nel senso che devono consentire globalmente o alternativamente l’individuazione certa del provvedimento impugnato; la ratio della disposizione va individuata nella rapidità della procedura e nella connessa esigenza di identificare con immediatezza e certezza il provvedimento opposto; pertanto, se l’atto di opposizione è formulato in termini tali che non vi siano dubbi sul provvedimento impugnato, lo scopo voluto dalla norma è raggiunto (Sez. 5, 18855/2014).

L’art. 648 comma 3 dispone che il decreto penale di condanna è irrevocabile quando è inutilmente decorso il termine per proporre opposizione o quello per impugnare l’ordinanza che la dichiara inammissibile. Ai fini del decorso del termine per la proposizione dell’impugnazione, la legge attribuisce valore solo ed esclusivamente al verificarsi dell’evento indicato dall’art. 461, mentre nessuna incidenza spiega (né potrebbe spiegare) l’apposizione, a cura della cancelleria, sull’originale del provvedimento soggetto ad impugnazione, dell’attestazione di passaggio in giudicato, costituendo tale attestazione unicamente un adempimento amministrativo di carattere interno, previsto a tutt’altri fini dall’art. 27 del DM 30 settembre 1989 n. 334, recante “Regolamento per l’esecuzione del codice di procedura penale”. Pertanto, destituita di giuridico fondamento è la tesi, secondo cui l’indicazione della data di irrevocabilità del decreto (antecedente alla notificazione dello stesso) precluda la possibilità di proporre opposizione (Sez.1, 6982/2018).

In tema di procedimento per decreto, il soggetto condannato può nominare il difensore sin dal momento in cui si è perfezionata la notificazione del decreto penaleInvero, a partire da quel momento sorge la facoltà e l’interesse per il predetto soggetto a proporre opposizione, onde la successiva nomina del difensore deve necessariamente comprendere anche la facoltà, per costui, di avvalersi del diritto di cui all’art. 461 (Sez. 3, 22768/2018).

L’art. 461, comma 1, laddove prevede la legittimazione del difensore eventualmente nominato a proporre l’opposizione al decreto penale, deve essere interpretato nel senso che la legittimazione compete anche al difensore nominato d’ufficio (Sez. 5, 18722/2022).

Sono legittimati a proporre opposizione al decreto penale di condanna non solo l’imputato e il difensore di fiducia, ma anche il difensore nominato d’ufficioDepongono in tal senso plurimi elementi di interpretazione letterale e logico-sistematica. Innanzitutto, occorre rilevare che la genericità dell’art. 461 comma 1 – attributiva della legittimazione a proporre impugnazione all’imputato “personalmente o a mezzo del difensore eventualmente nominato” – se comparata con quella contenuta nell’art. 460 comma 3, - che prevede la notifica di copia del decreto “al condannato, al difensore d’ufficio o al difensore di fiducia eventualmente nominato” - autorizza una lettura estensiva e la riferibilità del disposto normativo sia al difensore di fiducia che a quello d’ufficio. In secondo luogo, lo strumento dell’opposizione al decreto penale di condanna, volto a riaffermare il principio del contraddittorio nella formazione della prova (derogabile solo con il consenso dell’imputato) e funzionale all’introduzione del bilanciamento rispetto alla precedente fase di emissione del provvedimento senza preventiva instaurazione del contraddittorio, presuppone un’ampia nozione del diritto di difesa, comprensiva dell’assistenza tecnica, come del resto desumibile dall’intervenuta eliminazione del conferimento al difensore della procura speciale per proporre opposizione, prevista, invece, nell’abrogato codice di rito. L’assistenza tecnica, quale massima espressione del diritto di difesa costituzionalmente sancito (art. 24 Cost.), è strettamente correlata, da un lato, alla valutazione dei vantaggi derivanti dal particolare tipo di procedimento (consistente riduzione della pena fino alla metà del minimo edittale, esonero dal pagamento delle spese processuali, inapplicabilità delle pene accessorie) e, dall’altro, alle prospettive aperte dall’opposizione (instaurazione del giudizio con conseguente, possibile irrogazione di una pena diversa e più grave, come stabilito dall’art. 464 comma 4, accesso ai riti speciali). In questo articolato contesto, solo l’assistenza tecnica del difensore è in grado di guidare l’imputato in una scelta informata e consapevole. Una diversa interpretazione che escludesse la legittimazione del difensore d’ufficio a proporre opposizione si porrebbe in contrasto con quanto stabilito nel titolo VII del codice di rito, che non legittima alcuna distinzione tra i diritti e le facoltà attribuiti al difensore di fiducia e quelli riservati a difensore d’ufficio. Essa contrasterebbe anche con l’art. 24 Cost., che sancisce l’indefettibilità del diritto di difesa, quale diritto indisponibile, e con l’art. 3 della Carta fondamentale, non sussistendo obiettive ragioni di ordine logico e sistematico idonee a riservare un diverso trattamento al difensore, a seconda che si tratti di un legale investito di un mandato fiduciario o di un avvocato nominato d’ufficio. Sulla base di tali argomentazioni è possibile affermare che la ratio della modifica dell’art. 460, introdotta dalla L. 60/2001, che prevede il dovere di notificazione del decreto penale di condanna con relativo precetto al difensore d’ufficio, deve essere ravvisata nella volontà legislativa di garantire nella sua pienezza ed effettività il diritto di difesa, legittimando il difensore d’ufficio a proporre opposizione nell’interesse del proprio assistito, in conformità, del resto, alla disciplina generale delle impugnazioni (categoria generale cui è riconducibile anche l’opposizione) dettata dall’art. 571 (Sez. 4, 7693/2018).