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Art. 581 - Percosse

1. Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 309 (1).

2. Tale disposizione non si applica quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato.

(1) Multa così aumentata dall'art. 113 della L. 689/1981. Al reato previsto in questo articolo si applica adesso la pena pecuniaria della multa da euro 258 a euro 2.582, ai sensi di quanto disposto dall'art. 52, comma 2, lettera a), DLGS 274/2000.

Rassegna di giurisprudenza

Nessuna disposizione normativa dettata dalla L. 67/2014 ha determinato un effetto abrogativo del reato previsto e punto dall'art. 581 (Sez. 5, 18115/2018).

Integra il reato di percosse la condotta di colui che colpisca la persona offesa ripetutamente sulla spalla al fine di spintonarla fuori da un negozio, considerato che il termine percuotere non è assunto nell'art. 581 nel solo significato di battere, colpire, picchiare, ma anche in quello più lato, comprensivo di ogni violenta manomissione dell'altrui persona fisica, con la conseguenza che in tale ambito previsionale rientra anche la spinta, la quale si concreta in un'energia fisica esercitata con violenza e direttamente sulla persona (Sez. 5, 2686/2019).

Il termine «percosse», che denota il reato previsto dall'art. 581, pur non dovendosi intendere nel suo stretto significato lessicale, riferito alle azioni del «colpire», del «picchiare» o simili, è comunque associato, secondo i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, al diretto esercizio di energia fisica su altra persona, ovvero, nelle definizioni più ampie, ad una violenta manomissione dell'altrui persona. Tanto presupponendo la necessità di un contatto fisico diretto fra il soggetto agente e la vittima (Sez. 5, 48322/2018).

Ai fini della configurabilità del reato di percosse è sufficiente, trattandosi di reato di mera condotta, l'idoneità della condotta di violenta manomissione dell'altrui persona fisica a produrre un'apprezzabile sensazione dolorifica, non essendo, invece, necessario che tale sensazione di dolore si verifichi (Sez. 5, 38392/2017).

L'integrazione del reato di cui all'art. 581 presuppone una azione violenta produttiva di sensazioni fisiche dolorose senza conseguenze morbose di alcun genere (diversamente si tratterebbe del diverso reato di lesioni) e diretta a cagionare del male). Non sono riconducibili alla fattispecie penalmente sanzionata ex art. 581 le condotte che determinino in qualche misura una manomissione fisica ed anche una sensazione di dolore nella persona offesa con finalità diverse da quelle di infliggere una sofferenza.

La spinta verso un soggetto che si intenda allontanare da una situazione pericolosa, le manovre dirette a medicare un malato, l'aiuto prestato ad un ginnasta per eseguire un esercizio, il pizzicotto diretto a sollecitare l'attenzione o con intento scherzoso, rappresentano altrettanti esempi di gesti che possono provocare manomissioni fisiche ed anche sensazioni dolorose in chi li subisce ma non sono diretti a questo, il che esclude la sussistenza del reato, senza per questo ritenere che l'elemento soggettivo del reato di percosse si configuri in termini di dolo specifico. In altre parole, ove la condotta di manomissione fisica sia doverosa o consentita, l'eventualità che essa determini una sensazione di dolore in capo a chi la subisce non consente, comunque, di ritenere sussistente il reato di percosse (Sez. 5, 4398/2018).

Il delitto di violenza privata assorbe la materialità delle percosse, esaurendo il significato antigiuridico del fatto meno grave (Sez. 7, 48164/2018).

Il delitto di resistenza a pubblico ufficiale assorbe soltanto quel minimo di violenza che si concreta nelle percosse, non già quegli atti che, esorbitando da tali limiti, siano causa di lesioni personali in danno dell'interessato, sicché, in quest'ultima ipotesi, il delitto di lesioni concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale e se l'atto di violenza, con il quale l'agente ha consapevolmente prodotto le lesioni, non risulta fine a se stesso, ma è stato posto in essere allo scopo di resistere al pubblico ufficiale, si realizza il presupposto per ritenere la sussistenza della circostanza aggravante della connessione teleologica di cui all'art. 61, n. 2 (Sez. 6, 24164/2018).

L'identità di materia si ha sempre nel caso di specialità unilaterale per specificazione, perché l'ipotesi speciale è ricompresa in quella generale; e, parimenti, nel caso di specialità reciproca per specificazione, come nel rapporto tra gli artt. 581 (percosse) e 572 (maltrattamenti in famiglia) (Sez. 5, 34455/2018).

L'elemento oggettivo del delitto di violenza privata è costituito da una violenza o da una minaccia che abbiano l'effetto di costringere taluno a fare, tollerare od omettere una condotta determinata; in assenza di tale determinatezza, possono integrarsi i singoli reati di minaccia, molestia, ingiuria, percosse, ma non quello di violenza privata; ne deriva che il delitto di cui all'art. 610 non è configurabile qualora gli atti di violenza e di natura intimidatoria integrino, essi stessi, l'evento naturalistico del reato, vale a dire il pati cui la persona offesa sia costretta (Sez. 5, 10132/2018).

Il delitto di cui all'art. 581 è configurabile allorquando la violenza produce al soggetto passivo soltanto una sensazione fisica di dolore, senza postumi di alcun genere, mentre il delitto di cui all'art. 582, che può essere commesso con qualsiasi mezzo, sussiste quando il soggetto attivo cagioni al soggetto passivo una lesione dalla quale derivi una malattia nel corpo o nella mente.

Il concetto clinico di malattia richiede il concorso del requisito essenziale di una riduzione apprezzabile di funzionalità, a cui può anche non corrispondere una lesione anatomica, e di quello di un fatto morboso in evoluzione a breve o lunga scadenza, verso un esito che potrà essere la guarigione perfetta, l'adattamento a nuove condizioni di vita oppure la morte. Ne deriva che non costituiscono malattia e quindi non possono integrare il reato di lesioni personali, le alterazioni anatomiche, a cui non si accompagni una riduzione apprezzabile della funzionalità (Sez. 5, 5811/2018).