Art. 584 - Omicidio preterintenzionale
1. Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 e 582, cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni.
Rassegna di giurisprudenza
Elementi strutturali
L'elemento soggettivo del delitto di omicidio preterintenzionale non è costituito da dolo misto a colpa, ma unicamente dal dolo di percosse o lesioni, in quanto la disposizione di cui all'art. 43 assorbe la prevedibilità di evento più grave nell'intenzione di risultato. Pertanto la valutazione relativa alla prevedibilità dell'evento da cui dipende l'esistenza del delitto "de quo" è nella stessa legge, essendo assolutamente probabile che da una azione violenta contro una persona possa derivare la morte della stessa (Sez. 5, 23606/2018).
L'art. 584 concerne ipotesi di reato ben diversa da quella disciplinata dall'art. 586, perché nella preterintenzionalità è necessario che la lesione si riferisca allo stesso genere di interessi giuridici - incolumità delle persone-, mentre nella seconda ipotesi la morte o la lesione debbono essere conseguenza di un delitto doloso diverso. Nel caso previsto dall'art. 586 il delitto dal quale deriva poi la morte della vittima non è costituito, all'evidenza, né da quello di cui all'art. 581, né da quello di cui all'art. 582. L'omicidio preterintenzionale, invece, costituisce una ipotesi a sé, in cui tra la condotta di lesioni o percosse e la morte della vittima sussiste una stretta relazione, non solo eziologica, ma anche funzionale. Secondo una precisa scelta legislativa la violazione del principio del neminem laedere si estende fino a coprire gli eventuali sviluppi che l'aggressione alla sfera fisica della vittima possa aver cagionato.
Ciò in quanto la lesione dell'integrità fisica altrui può comunque avere una progressione che conduce addirittura alla morte della persona aggredita. In altre parole è lo stesso legislatore che indica come prevedibile la morte della vittima, quando verso la stessa sia indirizzata l'attività di aggressione fisica dell'agente, nella prospettiva di assicurare una tutela particolarmente avanzata alla vita umana. In buona sostanza, la valutazione relativa alla prevedibilità dell'evento da cui dipende l'esistenza del delitto de quo è nella stessa legge, come si desume dalla lettera degli artt. 43 e 584, essendo assolutamente probabile che da una azione violenta contro una persona possa derivare la morte della stessa. In tema di omicidio preterintenzionale va dunque esclusa la necessità di ricondurre l'evento morte all'area della colpa (Sez. 5, 55858/2018).
È configurabile il concorso nell'omicidio preterintenzionale (Sez. 5, 12413/2014).
Il delitto di omicidio preterintenzionale ricorre, con riguardo all'elemento psicologico, anche quando gli atti diretti a commettere uno dei delitti previsti dagli art. 581 e 582, dai quali sia derivata, come conseguenza non voluta, la morte, siano stati posti in essere con dolo eventuale (Sez. 5, 4237/2009).
Rapporti con altre fattispecie
Si configura il delitto di omicidio volontario - e non quello di omicidio preterintenzionale - qualora la condotta dell'agente, alla stregua delle regole di comune esperienza, dimostri la consapevole accettazione da parte del medesimo anche solo dell'eventualità che dal suo comportamento possa in concreto derivare la morte del soggetto passivo. Il delitto di omicidio preterintenzionale è caratterizzato dalla totale assenza di volontà omicida (nella forma diretta o indiretta) e l'atteggiamento doloso si dirige solo verso i fatti di lesioni o percosse, risultando la condotta, secondo lo stesso linguaggio normativo, e rispetto all'evento morte, oltre l'intenzione dell'agente.
L'evento morte è pertanto fuori dall'oggetto del dolo e non deve rientrarvi neppure come mera accettazione del rischio relativo. Il delitto previsto dall'art. 586 (morte come conseguenza di altro delitto) si differenzia, contrariamente, dall'omicidio preterintenzionale, poiché nella fattispecie di cui all'art. 586 l'azione è diretta a realizzare un delitto doloso diverso dalle percosse o dalle lesioni personali, mentre nel secondo l'attività è finalizzata a realizzare un evento che, ove non si verificasse la morte, costituirebbe reato di percosse o lesioni (Sez. 5, 23606/2018). Si tratta, allora, di un'ipotesi di aberratio in cui il delitto doloso cui è diretta la volontà dell'agente può essere qualsiasi fatto ad eccezione di quelli di percosse o lesioni, morte o lesioni che, anche in questo caso, derivano dalla condotta dell'agente come conseguenza non voluta (neppur indirettamente) (Sez. 1, 5540/2019).
Il criterio distintivo tra l'omicidio preterintenzionale e l'omicidio volontario risiede nel fatto che, nel primo caso, la volontà dell'agente esclude ogni previsione dell'evento morte, mentre, nel secondo, la previsione dell'evento è necessaria e deve essere accertata in concreto, non essendo sufficiente la semplice prevedibilità dello stesso (Sez. 1, 4425/2014).
Poiché l'omicidio preterintenzionale si differenzia da quello volontario essenzialmente sotto il profilo dell'elemento soggettivo, facendo difetto, nel primo, la volontà omicida non solo sotto la forma del dolo diretto, ma anche sotto quella del dolo indiretto, eventuale o alternativo, ne consegue che va necessariamente definito come omicidio volontario e non preterintenzionale quello nel quale la condotta dell'agente sia stata tale da dimostrare, alla stregua delle regole di comune esperienza, la consapevole accettazione anche della sola eventualità che da detta condotta potesse derivare la morte del soggetto passivo (Sez. 1, 469092/1992, richiamata da Sez. 1, 3619/2018).
Il delitto previsto dall'art. 586 (morte come conseguenza di altro delitto) si differenzia dall'omicidio preterintenzionale perché, nel primo reato, l'attività del colpevole è diretta a realizzare un delitto doloso diverso dalle percosse o dalle lesioni personali, mentre, nel secondo, l'attività è finalizzata a realizzare un evento che, ove non si verificasse la morte, costituirebbe un reato di percosse o lesioni (Sez. 5, 23606/2018). In sostanza, nel delitto di cui all'art. 586 l'agente vuole ledere un bene giuridico che non appartiene, come nel delitto preterintenzionale, allo stesso genere di interessi giuridici tutelati (incolumità, vita) che si distinguono, come tali, solo per la gravità, per la progressione dell'offesa.
Nel delitto di cui all'art. 586 viene offeso un bene giuridico completamente diverso e viene conseguentemente commesso un delitto di diversa specie (Sez. 5, 13192/2019).
Il reato di omicidio preterintenzionale non è assorbito nel delitto di rissa aggravata (Sez. 5, 6918/2016).
Casistica
L'ipotesi prevista dal secondo comma dell'art. 116 non è applicabile all'omicidio preterintenzionale, in quanto trattasi di una forma attenuata di concorso configurabile solo nella ipotesi in cui il concorrente che si vuole anomalo abbia voluto un reato diverso da quello voluto dagli autori materiali e concretamente attuato. Nell'omicidio preterintenzionale, invece, l'evento mortale non è voluto da nessuno dei concorrenti; mentre tutti vogliono le lesioni o le percosse, onde tutti devono rispondere della morte che eventualmente consegua alla aggressione voluta (Sez. 5, 53729/2018).
È ravvisabile l'omicidio preterintenzionale in relazione alla morte della vittima causata da un'azione violenta consistita nell'immobilizzarla o comunque nel porla in significativa difficoltà muoversi anche dovendosi tenere conto delle condizioni di salute della stessa (Sez. 5, 21002/2015).