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Art. 585 - Circostanze aggravanti

1. Nei casi previsti dagli articoli 582, 583, 583-bis e 584, la pena è aumentata da un terzo alla metà, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 576, ed è aumentata fino a un terzo, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 577, ovvero se il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive, ovvero da persona travisata o da più persone riunite (1).

2. Agli effetti della legge penale, per armi s'intendono:

1) quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona;

2) tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo.

3. Sono assimilate alle armi le materie esplodenti e i gas asfissianti o accecanti.

(1) Comma così sostituito dal comma 59 dell’art. 3, L. 94/2009.

Rassegna di giurisprudenza

Aggravanti previste dall'art. 576

L'aggravante di cui all'art. 576, comma 1, n. 5 sussiste anche quando il delitto di omicidio sia stato commesso nell'atto di un tentativo di violenza sessuale, in quanto l'espressione "in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli artt. 572, 600 bis, 600 ter, 609 bis, 609 quater e 609 octies cod. pen." si riferisce a tutto il processo esecutivo di tali reati e, quindi, anche al tentativo (Sez. 1, 38331/2017).

Nella ipotesi di omicidio aggravato in quanto commesso "in occasione" della commissione di una violenza sessuale (art. 576, primo comma, n. 5), il reato previsto dall'art. 609-bis non resta assorbito nel reato di omicidio, ma concorre con esso qualora difetti la contestualità tra le due condotte (Sez. 1, 29167/2017).

In tema di omicidio, l'aggravante di cui all'art. 576, comma primo, n. 5.1) - e cioè l'aver commesso il fatto da parte di chi sia l'autore del delitto di cui all'art. 612-bis. nei confronti della stessa persona offesa - è configurabile nel caso di improcedibilità del reato di atti persecutori

I caratteri della fermezza e dell'irrevocabilità della risoluzione criminosa, necessari per la configurazione dell'aggravante della premeditazione, non ricorrono nel caso in cui, pur essendovi stata accurata programmazione di un'azione letale, muti l'oggetto della stessa, venendo di fatto l'azione impulsivamente rivolta contro persona diversa da quella cui si rivolgeva l'ideazione criminosa, investita da un accesso d'ira per essersi posta come ostacolo imprevisto rispetto all'intento originario (Sez. 1, 47880/2011).

Integra il delitto di omicidio aggravato dai motivi abietti la condotta di colui che uccide, per vendetta e con l'intenzione di affermare il proprio prestigio criminale, la persona offesa di un tentativo di estorsione che lo aveva denunziato, confermando le proprie accuse nel corso del relativo giudizio (Sez. 1, 8410/2009).

La circostanza aggravante del delitto di omicidio prevista dall'art. 576, comma primo, n. 5 (aver commesso il fatto nell'atto di commettere taluno dei delitti già previsti dagli artt. 519, 520 e 521 e oggi dagli artt. 609 bis e seguenti, introdotti dalla legge n. 66 del 1996, recante norme contro la violenza sessuale) è compatibile con l'aggravante teleologica prevista dal precedente n. 1 dello stesso articolo che sia stata contestata con riferimento a uno di tali delitti, in quanto l'assorbimento di essi in quello di omicidio in funzione di inasprimento sanzionatorio per quest'ultimo non cancella la loro autonomia ai plurimi e diversi effetti di volta in volta rilevanti per l'ordinamento giuridico (Sez. 1, 6775/2005).

Nell'omicidio l'aggravante del nesso teleologico ex art. 576 n. 1 ha natura meramente soggettiva e per la sua struttura concerne i motivi soggettivi dell'agire e non già l'elemento materiale del reato: conseguentemente, per essere estesa ai concorrenti, è necessario che costoro abbiano voluto la finalità conseguita dall'agente materiale ed abbiano con cosciente volontà a tal uopo delegato l'esecutore del reato; ciò in quanto l'art. 113 afferma che le circostanze concernenti, tra l'altro, i motivi a delinquere sono valutate soltanto con riguardo alla persona cui

Pur dovendosi escludere in linea generale che la vendetta possa costituire motivo abietto idoneo a configurare l'aggravante prevista dall'art. 61, n. 1, l'aggravante stessa deve invece ritenersi configurabile nell'ipotesi di omicidio per vendetta attuata nei confronti del supposto delatore esercitata per consolidare il vincolo di omertà di un gruppo criminoso, indebolito da fughe di notizie e collaborazioni alle indagini. La finalità di impedire la denuncia di delitti e di garantire la compattezza di un gruppo criminoso, ostacolando la difesa della collettività, costituisce motivo in contrasto con le norme fondamentali della convivenza civile, è considerato con profonda riprovazione da coloro che della comunità si sentono parte, ed integra pertanto l'aggravante prevista dall'art. 61, n. 1 (Sez. 1, 6231/1995).

 

Aggravanti previste dall'art. 577

Premeditazione

La premeditazione, configurata come circostanza aggravante nei delitti di omicidio volontario, ex art. 577, primo comma, n. 3 e di lesione personale, ex art. 585, primo comma, è contraddistinta da due elementi costitutivi: un apprezzabile intervallo temporale tra l'insorgenza del proposito criminoso e l'attuazione di esso (elemento di natura cronologica), tale da consentire una ponderata riflessione circa l'opportunità del recesso, e la ferma risoluzione criminosa perdurante senza soluzione di continuità nell'animo dell'agente fino alla commissione del crimine (Sez. 1, 6290/2019).

Elementi costitutivi della circostanza aggravante della sono un apprezzabile intervallo temporale tra l'insorgenza del proposito criminoso e l'attuazione di esso, tale da consentire una ponderata riflessione circa l'opportunità del recesso (elemento di natura cronologica) e la ferma risoluzione criminosa perdurante senza soluzione di continuità nell'animo dell'agente fino alla commissione del crimine (elemento di natura ideologica), dovendosi escludere la suddetta aggravante solo quando l'occasionalità del momento di consumazione del reato appaia preponderante, tale cioè da neutralizzare la sintomaticità della causale e della scelta del tempo, del luogo e dei mezzi di esecuzione del reato (Sez. 5, 42576/2015).

Non osta alla configurabilità dell'aggravante della premeditazione il fatto che il soggetto agente abbia condizionato l'attuazione del proposito criminoso alla mancata verificazione di un evento ad opera della vittima, quando la condizione risolutiva si pone come un avvenimento previsto, atto a far recedere la più precisa e ferma risoluzione criminosa del reo (Sez. 1, 19974/2013).

In tema di omicidio volontario, non è sicuro indice rivelatore della premeditazione, che si sostanzia in una deliberazione criminosa coltivata nel tempo e mai abbandonata, l'intervallo di una notte tra la preparazione e l'esecuzione, sì come non possono trarsi elementi di certezza della predisposizione di un agguato, perché quest'ultima attiene alla realizzazione del delitto e non è sufficiente a dimostrare l'esistenza di quel processo psicologico di intensa riflessione e di fredda determinazione che caratterizza la indicata circostanza aggravante (Sez. 1, 47250/2011).

Elementi costitutivi della circostanza aggravante della premeditazione sono un apprezzabile intervallo temporale tra l'insorgenza del proposito criminoso e l'attuazione di esso, tale da consentire una ponderata riflessione circa l'opportunità del recesso (elemento di natura cronologica) e la ferma risoluzione criminosa perdurante senza soluzione di continuità nell'animo dell'agente fino alla commissione del crimine (elemento di natura ideologica) (SU, 337/2009).

In tema di omicidio volontario, l'agguato costituisce una modalità di esecuzione del delitto e può assumere rilevanza probatoria ai fini dell'aggravante della premeditazione quando dimostri che il delitto è stato deliberato in un arco di tempo apprezzabile in concreto e sufficiente a far riflettere l'agente sulla decisione presa (Sez. 1, 24733/2004).

 

Fatto commesso in danno del coniuge

Ai fini della configurabilità dell'aggravante del rapporto di «coniugio», prevista dall'art. 577, anche in relazione all'art. 585, è ininfluente l'eventuale sussistenza del regime di separazione legale fra i due coniugi, regime che attenua il complesso degli obblighi nascenti dal matrimonio, eliminando seguentemente quello della coabitazione, ma non toglie lo status di coniuge, con i corrispondenti obblighi personali e permanenti che lo costituiscono, status che si perde solo con lo scioglimento del matrimonio (Sez. 1, 42462/2006).

 

Motivi abietti o futili

I motivi abietti e futili coesistono allorché il delitto sia, contemporaneamente, espressione di un impulso sproporzionato alla causa scatenante e tale da costituire un mero pretesto di uno sfogo violento e di una ragione spregevole (Sez. 5, 40090/2018).

L'aggravante dei motivi futili sussiste solo ove la determinazione criminosa sia stata indotta da uno stimolo esterno di tale levità, banalità e sproporzione, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l'azione criminosa, tanto da potersi considerare, più che una causa determinante dell'evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento (Sez. 5, 38377/2017).

I motivi abietti e futili coesistono allorché il delitto sia, contemporaneamente, espressione di un impulso sproporzionato alla causa scatenante e tale da costituire un mero pretesto di uno sfogo violento e di una ragione spregevole (Sez. 5, 40090/2018).

Allorché siano contestate, in relazione al medesimo reato, le circostanze aggravanti di aver agito sia al fine di agevolare l'attività di un'associazione di tipo mafioso, sia per motivi abietti, le due circostanze concorrono se quella comune, nei termini fattuali della contestazione e dell'accertamento giudiziale, risulta autonomamente caratterizzata da un quid pluris rispetto alla finalità di consolidamento del prestigio e del predominio sul territorio del gruppo malavitoso (SU, 337/2009, ripresa da Sez. 1, 56411/2018).

Il giudizio sui motivi abietti o futili, che integrano la circostanza aggravante di cui all'art. 61, comma 1, n. 1, non può essere riferito ad un comportamento medio, attesa la difficoltà di definire i contorni di un simile astratto modello di agire, ma va ancorato agli elementi concreti, tenendo conto delle connotazioni culturali del soggetto giudicato, del contesto sociale, del particolare momento e delle condizioni in cui il fatto si è verificato, nonché dei fattori ambientali che possono avere condizionato la condotta criminosa. Per valutare la futilità del motivo, pertanto, deve tenersi conto non solo della coscienza collettiva, ma anche dell'ambiente in cui il reo vive ed opera, dovendosi indagare se, in relazione all'una ed all'altro, il movente possa considerarsi come un pretesto per lo sfogo degli istinti delittuosi o sia tale da realizzare, invece, una sufficiente spinta al reato (Sez. 5, 36892/2017).

 

Sevizie e crudeltà

L'aggravante dell'aver agito con crudeltà e sevizie sussiste nella condotta di chi infierisce lungamente e rabbiosamente sulla vittima sino a massacrarla, eccedendo nei limiti della normalità causale essendo irrilevante che la vittima abbia potuto o meno percepire la natura afflittiva degli atti di crudeltà. Più volte si è evidenziato come la circostanza aggravante in questione, caratterizzata da una condotta eccedente rispetto alla normalità causale, che determina sofferenze aggiuntive ed esprime un atteggiamento interiore specialmente riprovevole, deve essere accertata alla stregua delle modalità della condotta e di tutte le circostanze del caso concreto, comprese quelle afferenti al dolo (Sez. 1, 20185/2018).

Nella circostanza aggravante di cui all'art. 61, primo comma, n. 4, per "sevizie" deve intendersi una condotta studiata e specificamente finalizzata a cagionare sofferenze ulteriori e gratuite, rispetto alla "normalità causale" del delitto perpetrato; si ha invece "crudeltà" quando l'inflizione di un male aggiuntivo, che denota la spietatezza della volontà illecita manifestata dall'agente, non è frutto di una sua scelta operativa preordinata (SU, 40516/2016).

Il dolo d'impeto, designando un dato meramente cronologico consistente nella repentina esecuzione di un proposito criminoso improvvisamente insorto, è incompatibile con la circostanza aggravante della crudeltà di cui all'art. 61, primo comma, n. 4 (SU, 40516/2016).

In tema di omicidio, l'aggravante di aver agito con crudeltà non può ravvisarsi nella mera reiterazione di colpi di coltello inferti alla vittima, se tale azione, che è connessa alla natura del mezzo usato per conseguire l'effetto delittuoso, non eccede i limiti della normalità causale e non trasmoda in una manifestazione di efferatezza (Sez. 1, 33021/2012).

La circostanza aggravante prevista per il delitto di omicidio dall'art. 577, comma primo, n. 4, nella forma dell'aver adoperato sevizie o agito con crudeltà verso le persone, ha natura soggettiva e ricorre quando le modalità della condotta 'esecutiva del reato evidenzino la volontà di infliggere alla vittima patimenti esuberanti il normale processo causale di produzione dell'evento ed estrinsechino un "quid pluris" rispetto all'attività richiesta per la consumazione del reato stesso; in tali casi la punizione in termini più severi trova giustificazione nella particolare riprovevolezza del contegno del soggetto agente, improntato a malvagità ed a provocare patimenti gratuiti e superflui rispetto a quanto richiesto per cagionare la morte, nonché rivelatore dell'assenza di qualsiasi pietà umana (Sez. 1, 30285/2011).

Vanno ricomprese nel concetto di crudeltà tutte le manifestazioni che denotano, durante l'iter criminoso, l'ansia dell'agente di appagare la propria volontà di arrecare dolore (Sez. 1, 1894/1996).

L'azione crudele, essendo qualificata dalla particolare intensità del dolo e dall'assenza di sentimenti di pietà verso gli altri, sfugge a qualsiasi automatismo che pretenda di ravvisarla in ogni caso in cui sia inferto un numero predeterminato in astratto di colpi; deve, al contrario, riconoscersi dalle modalità operative e dal concreto comportamento dell'agente, che risulti sul piano volitivo ed effettuale spietato ed insensibile, secondo la testuale formulazione della norma (Sez. 1, 2960/1997).

La natura soggettiva della circostanza aggravante prevista per il delitto di omicidio dall'art. 577, comma primo, n. 4 (aver commesso il fatto per motivi abietti o futili ovvero adoperando sevizie o agendo con crudeltà verso le persone) non preclude la sua estensione al concorrente che, con il proprio volontario contributo, abbia dato adesione alla realizzazione dell'evento, rappresentandosi e condividendo gli sviluppi dell'azione esecutiva posta in essere dall'autore materiale del delitto e, perciò, maturando e facendo propria la particolare intensità del dolo che abbia assistito quest'ultima (nella specie è stata ritenuta sussistente la circostanza in discorso nel fatto di chi, presente alla selvaggia aggressione della vittima, ne abbia impedito la fuga, riportandola di peso nel luogo in cui era stata proditoriamente attirata e aggredita, e nelle mani dell'aggressore, visibilmente in preda a un'incontenibile furia omicida, sul rilievo che tale condotta non può non significare, secondo una logica applicazione del criterio di imputazione disciplinato dagli artt. 59, comma secondo, e 118, la piena consapevolezza delle spietate modalità con cui l'aggressore avrebbe proseguito nell'azione delittuosa) (Sez. 1, 6775/2005).

 

Fatto insidioso

Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall'art. 577, comma 1, n. 2, l'espressione “mezzo insidioso” indica quello che, per la sua natura ingannevole o per il modo e le circostanze che ne accompagnano l'uso, reca in sé un pericolo nascosto, tale da sorprendere l'attenzione della vittima e rendere alla stessa impossibile, o comunque più difficile che di fronte ad ogni altro mezzo, la difesa (Sez. 2, 29921/2002).

 

Strumenti atti a offendere

In tema di lesioni personali volontarie, ricorre la circostanza aggravante di cui all'art. 585, comma 2, n. 2, laddove la condotta lesiva sia in concreto realizzata adoperando qualsiasi oggetto, anche di uso comune e privo di apparente idoneità all'offesa (Sez. 5, 8640/2016).