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Art. 586-bis - Utilizzo o somministrazione di farmaci o di altre sostanze al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti (1) (2)

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645 chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l'utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, ricompresi nelle classi previste dalla legge, che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull'uso di tali farmaci o sostanze.

2. La pena di cui al primo comma si applica, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a chi adotta o si sottopone alle pratiche mediche ricomprese nelle classi previste dalla legge non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero dirette a modificare i risultati dei controlli sul ricorso a tali pratiche.

3. La pena di cui al primo e secondo comma è aumentata:

a) se dal fatto deriva un danno per la salute;

b) se il fatto è commesso nei confronti di un minorenne;

c) se il fatto è commesso da un componente o da un dipendente del Comitato olimpico nazionale italiano ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un'associazione o di un ente riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano.

4. Se il fatto è commesso da chi esercita una professione sanitaria, alla condanna consegue l'interdizione temporanea dall'esercizio della professione.

5. Nel caso previsto dal terzo comma, lettera c), alla condanna consegue l'interdizione permanente dagli uffici direttivi del Comitato olimpico nazionale italiano, delle federazioni sportive nazionali, società, associazioni ed enti di promozione riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano.

6. Con la sentenza di condanna è sempre ordinata la confisca dei farmaci, delle sostanze farmaceutiche e delle altre cose servite o destinate a commettere il reato.

7. Chiunque commercia i farmaci e le sostanze farmacologicamente o biologicamente attive ricompresi nelle classi indicate dalla legge, che siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, [al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti] ovvero idonei a modificare i risultati dei controlli sull'uso di tali farmaci o sostanze, attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico e dalle altre strutture che detengono farmaci direttamente destinati alla utilizzazione sul paziente, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 5.164 a euro 77.468.

(1) Articolo introdotto dal DLGS 21/2018, in sostituzione dell'art. 9 L. 376/2000.

(2) La Corte costituzionale, con la sentenza 105/2022, ha dichiarato l'illegittimità di questo articolo, limitatamente alle parole «al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti» previste dal comma 7.

Rassegna di giurisprudenza

L'art. 9 L. 376/2000 è stato abrogato dal DLGS 21/2018 entrato in vigore il 6 aprile 2018, che ha introdotto il corrispondente reato nel codice penale all'art. 586-bis. Tale sopravvenuta modifica normativa non ha determinato l'abrogazione del reato, ma solo della norma, a seguito della sua riformulazione e del suo inserimento nel codice penale (Sez. 3, 46056/2018).

Il comma 2 dell'art. 9 della L. 376/2000 (ora art. 586-bis) prevede che "La pena di cui al primo comma si applica, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a chi adotta o si sottopone alle pratiche mediche ricomprese nelle classi previste dalla legge non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero dirette a modificare i risultati dei controlli sul ricorso a tali pratiche". Trattasi di reato punito a titolo di dolo specifico, cioè l'intenzione dell'agente di alterare la prestazione o modificare, in sede di controllo, i risultati sull'attività proibita. Le condotte tipiche assumono rilevanza penale alla condizione che l'agente si prefigga dunque la finalità di alterare le prestazioni agonistiche ovvero di modificare i risultati dei controlli sul ricorso a tali pratiche. Accanto alla consapevolezza di procurare ad altri, somministrare, assumere o favorire l'utilizzo di farmaci o sostanze comprese in determinate classi, unitamente alla consapevolezza che tali farmaci o sostanze non siano giustificati da condizioni patologiche, il dolo dell'agente deve avere di mira l'intenzione di alterare le prestazioni agonistiche dell'atleta (Sez. 3, 30889/2018).

La natura dopante delle sostanze, la quale costituisce presupposto per l'integrazione dei reati previsti dall'art. 9 della L. 376/2000, può essere desunta anche da una serie di elementi di tipo oggettivo che consentono di includere le stesse all'interno delle classi previste dall'art. 2 della medesima legge, indipendentemente dalla acquisizione delle tabelle ministeriali recanti la classificazione dei farmaci e delle pratiche vietate, in quanto a queste deve assegnarsi carattere meramente ricognitivo (fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l'affermazione di penale responsabilità per il reato di commercio di sostanze dopanti con riferimento ad attività avente ad oggetto il testosterone e suoi derivati, in quanto sostanze notoriamente adoperate per le loro proprietà anabolizzanti) (Sez. 3, 36700/2014).

Per la configurabilità del delitto di detenzione di sostanze farmacologicamente o biologicamente attive (cosiddetti anabolizzanti) non è richiesto che l'attività sportiva sia svolta a livello professionistico o comunque agonistico (Sez. 3, 32963/2013).

Il reato di assunzione di sostanze dopanti ha natura istantanea con effetti permanenti e si perfeziona nel momento dell'assunzione della sostanza vietata, essendo irrilevante l'eventuale perdurante pericolo dell'alterazione delle prestazioni agonistiche (Sez. 6, 39482/2017).

In senso contrario: il reato di assunzione di sostanze dopanti di cui all'art. 9 L. 376/2000 non si consuma nel momento dell'assunzione della sostanza vietata poiché, attesa la sua natura di reato di pura condotta e di pericolo presunto, il pericolo dell'alterazione delle prestazioni agonistiche permane fino a quando la sostanza dopante è idonea a modificare le condizioni psicofisiche e biologiche dell'atleta che l'ha assunta. Al permanere dello stato di pericolo fino alla competizione si lega il rilievo del luogo di svolgimento della gara al fine del radicamento della competenza per territorio (Sez. 3, 27279/2007).

Nel reato di cui all'art. 9, comma 7, L. 376/2000 non è richiesto il dolo specifico, in quanto il commercio clandestino di tali sostanze viene punito indipendentemente dal fine specifico perseguito dal soggetto agente e configura un reato di pericolo, diretto a prevenire il rischio derivante dalla messa in circolazione di tali farmaci, al di fuori delle prescrizioni imposte dalla legge, per la tutela sanitaria delle attività sportive (Sez. 2, 2640/2017).

Il delitto di commercio di sostanze farmacologicamente o biologicamente attive configura un reato di pericolo, dunque, proprio per la finalità di prevenzione del pericolo derivante dalla messa in circolazione di tali farmaci, la fattispecie comprende tutte le attività di predisposizione di canali di commercio sovrapponibili o alternativi a quelli costituiti dalle farmacie o dalle strutture citate nella norma. Il reato è, dunque configurabile, ogniqualvolta si rilevi la predisposizione di un'attività nella prospettiva di un'offerta al pubblico di tali sostanze destinata a durare nel tempo, anche in assenza di un negozio di compravendita (Sez. 3, 46246/2013).

Ai fini del perfezionamento del reato di commercio di sostanze farmacologicamente o biologicamente attive, l'attività di "commercio" deve essere connotata dal carattere della continuità, oltre che da una sia pur elementare organizzazione (Sez. 3, 19198/2017).

La condotta di commercio clandestino, avente ad oggetto le sostanze cosiddette anabolizzanti, deve avere i caratteri di un'attività continuativa, supportata da una elementare struttura organizzativa (Sez. 3 46246/2013).

Se è vero che il reato di commercio di sostanze dopanti attraverso canali diversi da farmacie e dispensari autorizzati può concorrere con il reato di ricettazione, in considerazione della diversità strutturale delle due fattispecie, deve altresì evidenziarsi che il reato previsto dalla legge speciale può essere commesso anche con condotte acquisitive non ricollegabili a un delitto, ne deriva che la condotta può sostanziarsi nel semplice commercio (Sez. 2, 12744/2010).

Proprio per la finalità di prevenzione del pericolo derivante dalla messa in circolazione di tali farmaci, il delitto previsto dall'art. 9, comma 7, L. 376/2000 comprende tutte quelle attività di predisposizione e tenuta di canali di commercio in qualche modo sovrapponibili e alternativi a quelli costituiti dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico, o da altre strutture che detengono farmaci direttamente, unici punti vendita all'interno dei quali il commercio non deve ritenersi clandestino (Sez. 2, 7081/2004).

I reati di ricettazione e commercio abusivo di sostanze dopanti possono concorrere poiché il primo è posto a tutela di un interesse di natura patrimoniale, mentre il secondo è finalizzato alla tutela della salute di coloro che partecipano alle manifestazioni sportive. E così l'acquisto lecito di una sostanza dopante non comporta ricettazione mentre la successiva commercializzazione rileva esclusivamente in tale caso sotto il profilo dell'art. 9 L. 376/2000. Tale principio risulta già ritenuto dalle Sezioni unite (SU, 3087/2006) di questa corte secondo cui il reato di commercio di sostanze dopanti attraverso canali diversi da farmacie e dispensari autorizzati (art. 9, comma settimo, L. 376/2000) può concorrere con il reato di ricettazione (art. 648), in considerazione della diversità strutturale delle due fattispecie - essendo il reato previsto dalla legge speciale integrabile anche con condotte acquisitive non ricollegabili ad un delitto - e della non omogeneità del bene giuridico protetto, poiché la ricettazione è posta a tutela di un interesse di natura patrimoniale, mentre il reato di commercio abusivo di sostanze dopanti è finalizzato alla tutela della salute di coloro che partecipano alle manifestazioni sportive (Sez. 2, 2071/2019).

Vi è un rapporto di specialità tra il reato previsto dall'art. 9, comma 7, della L. 376/2000 e quelli di cui agli artt. 348 e 445, con conseguente corretta applicazione del più generale criterio dell'assorbimento (SU, 3087/2006).