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Art. 590-sexies - Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario (1)

1. Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell'esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.

2. Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

(1) Articolo inserito dall’art. 6, comma 1, L. 24/2017.

Rassegna di giurisprudenza

In tema di responsabilità dell'esercente la professione sanitaria, l'art. 590-sexies prevede una causa di non punibilità applicabile ai soli fatti inquadrabili nel paradigma dell'art. 589 o di quello dell'art. 590, e operante nei soli casi in cui l'esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse; la suddetta causa di non punibilità non è applicabile, invece, né ai casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né quando l'atto sanitario non sia per nulla governato da linee-guida o da buone pratiche, né quando queste siano individuate e dunque selezionate dall'esercente la professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico caso, né, infine, in caso di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse (SU, 8770/2018).

Le Sezioni unite (SU, 8777/2018) ricostruendo la portata precettiva della disposizione di cui all'art. 590-sexies, hanno chiarito che l'errore medico può cadere sulla scelta delle linee guida ovvero nella fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee guida adeguate al caso di specie; con la precisazione che, in tale ultima ipotesi, l'esercente la professione sanitaria risponde per morte o lesioni personali derivanti dall'esercizio di attività medico chirurgica, se l'evento si è verificato per colpa grave da imperizia nell'esecuzione di raccomandazioni di linee guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenuto conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell'atto medico. Come si vede, secondo diritto vivente, la distinzione tra colpa lieve e colpa grave per imperizia, nell'ambito della fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee guida che risultino adeguate al caso di specie, mantiene una sua attuale validità: ciò in quanto la colpa lieve per imperizia esecutiva, nel senso ora chiarito, delimita l'area di irresponsabilità penale del professionista sanitario.

La giurisprudenza di legittimità aveva chiarito che le linee guida costituiscono sapere scientifico e tecnologico codificato, in modo che possa costituire un'utile guida per orientare agevolmente, in modo efficiente ed appropriato, le decisioni terapeutiche. L'art. 5 della L. 24/2017 regola specificamente le modalità di esercizio delle professioni sanitarie, muovendo da tale alveo interpretativo. La norma stabilisce, infatti, che «Gli esercenti le professioni sanitarie .... si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida» accreditate, espresse cioè da istituzioni individuate dal Ministero della salute. Tali linee guida sono sottoposte a verifica dell'Istituto superiore di sanità in ordine alla conformità a standard predefiniti ed alla rilevanza delle evidenze scientifiche poste a supporto delle raccomandazioni. In mancanza di tali raccomandazioni, i professionisti si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali.

Ai fini di interesse, null'altro che rilevare che il legislatore del 2017 ha inteso costruire un sistema istituzionale, pubblicistico, di regolazione dell'attività sanitaria, che ne assicuri lo svolgimento in modo uniforme, appropriato, conforme ad evidenze scientifiche controllate. Secondo la vigente normativa il professionista sanitario è tenuto ad attenersi alle raccomandazioni, sia pure con gli adattamenti propri di ciascuna fattispecie concreta. E lo stesso professionista, per converso, ha la legittima, coerente pretesa a vedere giudicato il proprio comportamento alla stregua delle medesime direttive impostegli. Non sfugge che in tema di responsabilità medica, ai fini dell'applicazione della causa di esonero da responsabilità prevista dall'art. 3 del DL 158/2012, come modificato dalla L. 189/2012, si è affermato che è necessaria l'allegazione delle linee guida alle quali la condotta del medico si sarebbe conformata, al fine di consentire al giudice di verificare: a) la correttezza e l'accreditamento presso la comunità scientifica delle pratiche mediche indicate dalla difesa; b) l'effettiva conformità ad esse della condotta tenuta dal medico nel caso in esame.

Il richiamato insegnamento, peraltro, deve essere contestualizzato, alla luce delle sopravvenute modifiche normative, in forza delle quali l'esercente la professione sanitaria è espressamente tenuto ad uniformarsi alle linee guida, che sono state istituzionalizzate, nelle forme sopra ricordate. Ed invero, la giurisprudenza più recente ha considerato che in tema di responsabilità degli esercenti la professione sanitaria, in base all'art. 2, quarto comma, la motivazione della sentenza di merito deve indicare se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, specificare di quale forma di colpa si tratti (se di colpa generica o specifica, e se di colpa per imperizia, o per negligenza o imprudenza), appurare se ed in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali (Sez. 4, 412/2019).

La ratio legis sottesa alla novella normativa apportata dalla L. 24/2017 è quella di pretendere che l'esercente la professione sanitaria sia non solo accurato e prudente nel seguire l'evoluzione del caso sottopostogli ma anche e soprattutto preparato sulle leges artis ed impeccabile nelle diagnosi anche differenziali e capace, dunque, di fare scelte ex ante adeguate e di personalizzarle anche in relazione alle evoluzioni del quadro clinico che gli si presenta. A ciò consegue che nei casi in cui tale percorso sia stato correttamente seguito e ciò nonostante l'evento lesivo o mortale si sia verificato con prova della riconduzione causale al comportamento del sanitario, il residuo dell'atto medico che appaia connotato da errore colpevole per imperizia potrà essere inquadrato nell'ambito della nuova causa di non punibilità.

È stato altresì chiarito che la norma in esame continua a sottendere esclusivamente il profilo di colpa lieve del sanitario come quello da sottrarre alla responsabilità penale, in linea con la tradizione giuridica sviluppatasi negli ultimi decenni. Ne consegue che, in base alla nuova legge, l'esercente la professione sanitaria risponde a titolo di colpa, per morte o lesioni personali, derivanti dall'esercizio di attività medico - chirurgica: a) se l'evento si è verificato per colpa, anche lieve, da negligenza o imprudenza; b) se l'evento si è verificato per colpa, anche lieve, da imperizia quando il caso concreto non sia regolato dalle raccomandazioni delle linee guida o di buona pratica clinico assistenziale; c) se l'evento si sia verificato per colpa, anche lieve, da imperizia nella individuazione e nella scelta di linee guida o di buone pratiche clinico assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto; d) se l'evento si è verificato per colpa grave da imperizia nell'esecuzione di raccomandazioni di linee guida o buone pratiche clinico assistenziali adeguate tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell'atto medico.

Ed ancora, l'omessa o la ritardata diagnosi è una ipotesi da ascrivere, di regola, ad imperizia per inosservanza delle leges artis che disciplinano tale settore delle attività sanitarie salvo il caso in cui il comportamento sia improntato ad indifferenza, o comunque ad assoluta superficialità e lassismo. La valutazione sulla gravità della colpa deve essere effettuata in concreto tenendo conto dell'homo eiusdem professionis et condicionis che è quello del modello dell'agente operante in concreto, nelle specifiche condizioni concretizzatesi. Nella demarcazione gravità/lievità rientra la misurazione della colpa sia in senso oggettivo che soggettivo e, dunque, l'entità del rimprovero personale sulla base delle specifiche condizioni dell'agente e del suo grado di specializzazione; la problematicità della vicenda; la particolare difficoltà delle condizioni in cui il medico ha operato e la difficoltà obiettiva di cogliere e collegare le informazioni cliniche.

Ne consegue che l'abrogato art. 3, comma 1, del DL 158/2012, convertito nella L. 189/2012 (che stabiliva l'esclusione della responsabilità dovuta a colpa lieve quando il professionista, nello svolgimento delle proprie attività, si fosse attenuto a linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità connotate da colpa lieve da negligenza o imprudenza che in caso di errore determinato da colpa lieve da imperizia compiuto nella fase di scelta delle linee - guida adeguate (Sez. 4, 54802/2018).

Il legislatore del 2017, con scelta sovrana, ha ritenuto di limitare l'innovazione alle sole situazioni astrattamente riconducibili alla sfera dell'imperizia. Sono così state troncate, per il futuro, le incertezze verificatesi nelle prassi, anche quella di legittimità, in ordine all'applicabilità della legge n. 189/2012 alle linee guida la cui inosservanza conduce ad un giudizio non di insipienza tecnico-scientifica (imperizia) ma di trascuratezza, e quindi di negligenza (Sez. 4, 23283/2017). L'art. 590-sexies si applica solo quando sia stata elevata o possa essere elevata imputazione di colpa per imperizia. Non di meno, ove a carico dei sanitari emergano profili di colpa per negligenza, può assumere rilevanza il riferimento alla L. 189/2012, in quanto legge più favorevole, ai sensi dell'art. 2, comma 4. Le Sezioni unite, infatti, (SU, 8770/2018) hanno chiarito che l'art. 3, del DL 158/2012, oggi abrogato, risulta più favorevole in relazione alle contestazioni per comportamenti del sanitario commessi prima della entrata in vigore della novella del 2017, connotati da negligenza o imprudenza con configurazione di colpa lieve, che, per il citato decreto Balduzzi, erano esenti da responsabilità in caso di rispetto delle linee guida o delle buone pratiche accreditate (Sez. 4, 412/2019).

Le linee guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico -operativo, dalle buone pratiche clinico- assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico-terapeutico più appropriato in specifiche circostanze cliniche (Sez. 4, 18430/2014).

Le linee guida consistono nell'indicazione di standards diagnostico-terapeutici conformi alle regole dettate dalla migliore scienza medica, a garanzia della salute del paziente e costituiscono il condensato delle acquisizioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche concernenti i singoli ambiti operativi. Sono quindi qualcosa di molto diverso da una semplice buona pratica clinico-assistenziale. Ma anche se volesse accedersi alla tesi, pur non esente da profili di problematicità, dell'equiparazione delle linee- guida attualmente vigenti alle buone pratiche clinico-assistenziali, previste dall'art. 590-sexies, aprendo così la strada ad un'immediata operatività dei principi dettati da quest'ultima norma, rimarrebbe insuperabile il rilievo secondo cui essa esclude la punibilità soltanto laddove siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida oppure le buone pratiche clinico- assistenziali (Sez. 4, 47748/2018).

Le linee-guida costituiscono, secondo una definizione ancora attuale con riferimento alla cosiddetta legge Balduzzi nelle more della pubblicazione del Sistema nazionale per le linee guida (SNLG) ai sensi dell'art.5, comma 3, L. 24/2017, «raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate mediante un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni scientifiche, al fine di aiutare medici e pazienti a decidere le modalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche». La dottrina epistemologica italiana ha, poi, osservato che le linee guida possono avere diverso grado di cogenza, presuppongono l'esistenza e la plausibilità di molteplici comportamenti degli esercenti le professioni sanitarie, a fronte della medesima situazione data, e sono volte a ridurre la variabilità e la soggettivizzazione dei comportamenti clinici (Sez. 4, 16237/2013).

Le linee-guida non esauriscono il sapere scientifico che deve trovare ingresso nel processo e, se a volte contengono vere e proprie cautele, quando regolano l'attività medica come attività pericolosa, in altri casi si sostanziano in regole di giudizio della perizia del medico. Non è, allora, conforme alle finalità della legge una motivazione che enunci la regola di comportamento desumibile da linee-guida senza specificare se si tratti di regola cautelare o di regola di giudizio della perizia del sanitario (Sez. 4, 27794/2018).