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Art. 163 - Sospensione condizionale della pena

1. Nel pronunciare sentenza di condanna alla reclusione o all’arresto per un tempo non superiore a due anni, ovvero a pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell’articolo 135, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni, il giudice può ordinare che l’esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine di cinque anni se la condanna è per delitto e di due anni se la condanna è per contravvenzione. In caso di sentenza di condanna a pena pecuniaria congiunta a pena detentiva non superiore a due anni, quando la pena nel complesso, ragguagliata a norma dell’articolo 135, sia superiore a due anni, il giudice può ordinare che l’esecuzione della pena detentiva rimanga sospesa (1).

2. Se il reato è stato commesso da un minore degli anni diciotto, la sospensione può essere ordinata quando si infligga una pena restrittiva della libertà personale non superiore a tre anni, ovvero una pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell’articolo 135, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a tre anni. In caso di sentenza di condanna a pena pecuniaria congiunta a pena detentiva non superiore a tre anni, quando la pena nel complesso, ragguagliata a norma dell’articolo 135, sia superiore a tre anni, il giudice può ordinare che l’esecuzione della pena detentiva rimanga sospesa (2).

3. Se il reato è stato commesso da persona di età superiore agli anni diciotto ma inferiore agli anni ventuno o da chi ha compiuto gli anni settanta, la sospensione può essere ordinata quando si infligga una pena restrittiva della libertà personale non superiore a due anni e sei mesi ovvero una pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell’articolo 135, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni e sei mesi. In caso di sentenza di condanna a pena pecuniaria congiunta a pena detentiva non superiore a due anni e sei mesi, quando la pena nel complesso, ragguagliata a norma dell’articolo 135, sia superiore a due anni e sei mesi, il giudice può ordinare che l’esecuzione della pena detentiva rimanga sospesa (3)(4).

4. Qualora la pena inflitta non sia superiore ad un anno e sia stato riparato interamente il danno, prima che sia stata pronunciata la sentenza di primo grado, mediante il risarcimento di esso e, quando sia possibile, mediante le restituzioni, nonché qualora il colpevole, entro lo stesso termine e fuori del caso previsto nel quarto comma dell’articolo 56, si sia adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato da lui eliminabili, il giudice può ordinare che l’esecuzione della pena, determinata nel caso di pena pecuniaria ragguagliandola a norma dell’articolo 135, rimanga sospesa per il termine di un anno (5).

(1) Periodo aggiunto dall’art. 1, L. 145/2004.

(2) Periodo aggiunto dall’art. 1, L. 145/2004.

(3) Periodo aggiunto dall’art. 1, L. 145/2004.

(4) Articolo così sostituito prima dall’art. 11, DL 99/1974, e poi dall’art. 104, L. 689/1981. La Corte costituzionale, con 97/1976, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 164 ultimo comma, nella parte in cui non consente la concessione della sospensione condizionale della pena a chi ha già riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto non sospesa, qualora la pena da infliggere cumulata con quella irrogata con la condanna precedente non superi i limiti stabiliti dall’art. 163. La stessa Corte, con sentenza 131/1986, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità del presente articolo, in riferimento agli artt. 3, 79 e 104 Cost. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle pene irrogate dal giudice di pace, ai sensi di quanto disposto dall’art. 60, DLGS 274/2000, entrato in vigore dal 2 gennaio 2002, ai sensi di quanto disposto dall’art. 65 dello stesso DLGS 274/2000, come modificato dall’art. 1, DL 91/2001, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 163/2001.

(5) Comma aggiunto dall’art. 1, L. 145/2004.

Rassegna di giurisprudenza

Parametri applicativi dell’istituto

In caso di sospensione condizionale della pena subordinata all'adempimento di un obbligo risarcitorio, il termine entro il quale l'imputato deve provvedere allo stesso, che costituisce elemento essenziale dell'istituto, va fissato dal giudice in sentenza ovvero, in mancanza, dal giudice dell'impugnazione o da quello della esecuzione. Qualora il termine non venga in tal modo fissato, lo stesso coincide con la scadenza dei termini di cinque o due anni previsti dall'art. 163 (SU, udienza del 23.6.2022, informazione provvisoria).

In tema di sospensione condizionale della pena, è illegittima la decisione con la quale il beneficio, richiesto dal difensore, sia negato dal giudice sulla base di una valutazione di non convenienza per l'imputato. Ciò, innanzitutto, perché la valutazione di non convenienza per l'imputato di fruire della sospensione condizionale è di pertinenza esclusiva di quest'ultimo (Sez. 3, 34586/2021).

Non può presumersi la pericolosità sociale di uno straniero per il solo fatto che egli sia privo in Italia di fissa dimora e di stabile occupazione lavorativa e, per ciò, dedito alla consumazione di illeciti, essendo del tutto arbitrario ricollegare la pericolosità sociale a detta semplice condizione personale, in assenza di ogni altro elemento concreto di segno contrario (Sez. 4, 36764/2020).

La condizione di incensurato dell'imputato, pur non essendo di per sé certamente sufficiente ai fini dell'applicazione della sospensione condizionale della pena, costituisce tuttavia un elemento di indubbia valenza positiva, che esige l'individuazione di uno o più aspetti di segno contrario idonei a neutralizzarla (Sez. 3, 5597/2021).

La condizione di incensurato dell'imputato, pur non essendo di per sé certamente sufficiente ai fini dell'applicazione della sospensione condizionale della pena, costituisce tuttavia un elemento di indubbia valenza positiva, che esige l'individuazione di uno o più aspetti di segno contrario idonei a neutralizzarla, e ciò soprattutto laddove la pena irrogata risulti distante dal limite di pena fissato ai fini della concedibilità del beneficio ai sensi dell'art. 163 (Sez. 3, 10111/2021).

La condizione di incensurato dell'imputato, pur non essendo di per sé certamente sufficiente ai fini dell'applicazione della sospensione condizionale della pena, costituisce tuttavia un elemento di indubbia valenza positiva, che esige l'individuazione di uno o più aspetti di segno contrario idonei a neutralizzarla, e ciò soprattutto laddove la pena inflitta al condannato risulti distante dal limite di pena fissato ai fini della concedibilità del beneficio ai sensi dell'art. 163 c.p. (ovvero, in via ordinaria, due anni di pena detentiva, salvi i diversi e maggiori limiti previsti per i condannati minorenni e per coloro che abbiano età compresa tra i 18 e i 21 anni) (Sez. 3, 14547/2020).

È illegittima la sentenza con la quale l’esclusione del beneficio della sospensione condizionale nei confronti di un soggetto che sia allo stato incensurato venga giustificata in ragione della sua condizione di persona priva di occupazione e di fissa dimora, senza che siano indicati altri elementi fondanti il giudizio prognostico negativo ed atti ad annichilire l'elemento, di sicura valenza positiva, offerto dalla condizione di incensuratezza (Sez. 3, 37558/2021).

Con riguardo al beneficio della sospensione condizionale della pena, pur non sussistendo le condizioni ostative previste dagli artt.163 e 164, cionondimeno rientra nella discrezionalità dell’AG valutare se il colpevole si asterrà In futuro dal commettere ulteriori reati. Nel valutare la concedibilità del beneficio, inoltre, il giudice di merito non ha l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi indicati nell’art.133, potendo limitarsi a menzionare quelli ritenuti prevalenti. Il giudice deve concedere o negare il beneficio sulla base dei criteri di politica criminale che governano l’istituto, e cioè deve concederlo ogni volta che, sulla base dei parametri di cui all’art. 133, ritenga che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati e che la stessa sospensione condizionale possa costituire per il condannato una controspinta al delitto, essendo conseguentemente congrua la motivazione del diniego fondata sui medesimi parametri, dai quali ai contrario il giudice abbia desunto un giudizio prognostico sfavorevole (Sez. 4, 2318/2019).

Legittimamente il beneficio della sospensione condizionale della pena è negato dal giudice in base a prognosi sfavorevole nella quale rientrano, oltre le sentenze di condanna riportate dall’imputato, anche i precedenti giudiziari di cui all’art. 133 in quanto il giudizio prognostico ex art. 164, comma primo, peraltro, è del tutto indipendente dai limiti relativi alla misura della pena fissati dall’art. 163 che determinano la concedibilità in astratto del beneficio ma non certo il contenuto favorevole della prognosi (Sez. 4, 114/2019).

In tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno, il giudice, pur non essendo tenuto a svolgere un preventivo accertamento delle condizioni economiche dell'imputato, deve tuttavia effettuare un motivato apprezzamento di esse, se dagli atti emergano elementi che consentano di dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione (Sez. 2, 41083/2019).

In tema di sospensione condizionale della pena, è illegittima la decisione con la quale il beneficio, richiesto dal difensore, sia negato dal giudice sulla base di una valutazione di non convenienza per l’imputato, essendo tale valutazione di pertinenza esclusiva di quest’ultimo (Sez. 5, 1274/2019).

Ai fini del giudizio circa la concedibilità o meno della sospensione condizionale della pena, la presenza di precedenti condanne per reati poi depenalizzati può legittimamente essere valutata dal giudice come elemento ostativo alla presunzione che il colpevole si asterrà, per il futuro, da commettere ulteriori reati (Sez. 4, 119/2019).

Le precedenti condanne relative a fatti non più costituenti reato per abolitio criminis non sono preclusive della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena (Sez. 3, 971/2019).

In tema di sospensione condizionale della pena, l’irregolare presenza di uno straniero nel territorio nazionale non è di per sé indice di prognosi sfavorevole, ai fini della concessione del beneficio di cui all’art. 163; lo stato di incensuratezza di un cittadino straniero non può presumersi insussistente solo per il fatto che egli sia privo in Italia di fissa dimora e di stabile occupazione lavorativa e per ciò dedito alla consumazione di illeciti, essendo del tutto arbitrario ricollegare la pericolosità sociale a detta semplice condizione personale, in assenza di ogni altro elemento concreto di segno contrario. È dunque illegittima la motivazione di diniego della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena fondata esclusivamente sulla condizione di clandestino (Sez. 5, 13807/2020).

La sospensione condizionale della pena non è concedibile a chi abbia riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto, pur se è intervenuta la riabilitazione (Sez. 6, 3916/2016).

In tema di sospensione condizionale della pena, quando il beneficio sia subordinato all’obbligo di prestazione di attività non retribuita a favore della collettività, il giudice non può prescindere dalla non opposizione dell’imputato, non implicitamente ricavabile dalla mera richiesta del beneficio non concesso in primo grado con l’atto d’appello, anche quando il beneficio previsto dall’art. 163, è concesso a persona che ne abbia già usufruito (Sez. 5, 1292/2019).

L’omessa pronuncia da parte del giudice di merito sulla richiesta di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena determina l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio, poiché la decisione sul punto involge accertamenti in fatto e valutazioni di merito, anche con riferimento al giudizio prognostico indicato nell’art. 164, che sono sottratti al giudice di legittimità (Sez. 3, 971/2019).

Secondo la giurisprudenza di legittimità, in capo al giudice di primo grado non vi è, in termini assoluti, uno specifico onere motivazionale concernente la concessione della sospensione condizionale della pena, beneficio che, peraltro, non necessariamente corrisponde a un interesse concreto del soggetto beneficiario il quale potrebbe anche chiederne la revoca a determinate condizioni (SU, 12234/1985; SU, 6563/1994).

Tale affermazione trova conferma nel novellato art. 546 CPP, in cui non vi è menzione alcuna della sospensione condizionale della pena tra le questioni su cui il giudice ha l’obbligo di fornire una concisa motivazione, mentre è stato inserito un riferimento espresso «all’accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all’imputazione e alla loro qualificazione giuridica», nonché «alla punibilità e alla determinazione della pena, secondo le modalità stabilite dal comma 2 dell’art. 533, e della misura di sicurezza» (Sez. 1, 1523/2019).

Fermo il dovere di motivazione da parte del giudice, l’imputato non può dolersi della mancata applicazione della sospensione condizionale della pena, qualora non l’abbia richiesta nel giudizio di appello (SU, udienza del 25/10/2018, motivazione non ancora depositata).

Devono essere richiamati i principi di legittimità sulla natura eccezionale e discrezionale del potere del giudice di appello di applicare, anche d’ufficio, la sospensione condizionale della pena o il beneficio della non menzione della condanna e/o una o più circostanze attenuanti, ai sensi del quinto comma dell’art 597 CPP, rispetto alla regola dettata dal primo comma della medesima disposizione, secondo il quale l’appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti. Peraltro l’omessa motivazione da parte del giudice d’appello in merito al mancato esercizio di tale potere d’ufficio è sindacabile in cassazione solo ove la parte interessata ne abbia sollecitato l’esercizio nel corso della discussione del giudizio di appello (Sez. 5, 4740/2019).

La sospensione condizionale della pena concessa senza richiesta nelle ipotesi di condanna alla sola pena pecuniaria lede l’interesse dell’imputato  poiché potrebbe incidere sulla sospensione della pena detentiva, agendo la pena pecuniaria ai sensi dell’art. 163 e 164 nel calcolo della pena complessiva rilevante per la sospensione  che pertanto può ricorrere per l’eliminazione della sospensione; sospensione che può essere eliminata, con annullamento senza rinvio, dalla Corte di legittimità (Sez. 1, 2636/2019).

In tema di sospensione condizionale della pena, è illegittima la decisione con la quale il beneficio, richiesto dal difensore, sia negato dal giudice sulla base di una valutazione di non convenienza per l’imputato, essendo tale valutazione di pertinenza esclusiva di quest’ultimo. In sostanza il giudice si deve limitare ad una valutazione in linea con le disposizioni di legge, essendo riservata al solo imputato la valutazione della convenienza o meno di usufruire, nel caso specifico, del beneficio in questione (Sez. 5, 1274/2019).

Anche qualora la pena inflitta con la seconda condanna, cumulata con quella inflitta con la prima che aveva disposto la sospensione condizionale, non superi il limite di pena stabilito dall’art. 163, tale circostanza non impedisce la revoca, ma, al contrario, comporta che quest’ultima deve essere obbligatoriamente disposta dal giudice dell’esecuzione ove il delitto oggetto della seconda condanna sia stato commesso nel quinquennio. Ed allora, se nei casi previsti dall’art. 168 comma 1 n. 1, il giudice dell’esecuzione deve necessariamente disporre la revoca, tale obbligo ricorre soltanto quando la seconda pena non sia stata anch’essa sospesa condizionalmente, oppure quando anche la seconda sospensione sia stata anch’essa revocata per effetto di una ulteriore condanna - intervenuta anche successivamente al quinquennio dall’irrevocabilità della prima condanna - non operando, in siffatta ipotesi, il disposto di cui all’ultima parte dell’art. 164 ultimo comma - espressamente richiamato dal primo comma dell’art. 168 stesso codice - dal momento che esso si basa sul presupposto che vi siano due sole condanne a pena sospesa (Sez. 1, 29822/2021).

Incrocio con altri istituti

Non sussiste contrasto logico tra la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e il diniego delle attenuanti generiche, posto che secondo la costante linea interpretativa di legittimità i due istituti sono caratterizzati da diversi presupposti e da differenti finalità, in quanto il secondo è volto a considerare la personalità del reo ai fini della proporzionalità e dell’adeguatezza della pena, mentre il primo si fonda su un giudizio prognostico strutturalmente diverso da quello posto a fondamento delle attenuanti generiche perché è orientato a prevenire, in funzione condizionale e quindi disincentivante, la commissione di ulteriori attività criminose (Sez. 4, 39475/2016).

Non vi è incompatibilità tra la concessione del beneficio ex art. 163 e il rigetto dell’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto. I giudizi posti a fondamento dell’uno e dell’altra devono essere tenuti distinti, anche sul piano motivazionale, perché il primo si riferisce ad una valutazione prognostica circa la capacità dell’autore del reato di astenersi in futuro dalla commissione di nuovi fatti di rilevanza penale, mentre i parametri di valutazione previsti dal comma primo dell’art. 131-bis si riferiscono alla struttura e alla natura del fatto (con riferimento alla pena edittale, alla modalità e particolare tenuità della condotta, all’esiguità del danno) e al profilo psicologico di esso ovvero a tipizzate connotazioni di propensione al crimine (Sez. 5, 4779/2019).

La sospensione del processo con messa alla prova è subordinata alla duplice condizione dell’idoneità del programma di trattamento e, congiuntamente, della prognosi favorevole in ordine all’astensione dell’imputato dai commettere ulteriori reati; si tratta di due giudizi diversi rimessi alla discrezionalità del giudice guidata dai parametri indicati dall’art. 133. Ne consegue che l’impossibilità di formulare con esito favorevole la prognosi in ordine alla capacità a delinquere dell’imputato impedisce che quest’ultimo ottenga il beneficio richiesto, indipendentemente dalla presentazione del programma di trattamento» (Sez. 5, 7983/2016). 

Va, infatti, osservato che la sospensione del processo con messa alla prova non rappresenta un diritto assoluto dell’imputato, in quanto la relativa richiesta può trovare accoglimento solo nel caso in cui il giudice al quale viene rivolta, all’esito di un percorso valutativo da effettuare alla luce dei parametri fissati dall’art. 133, reputa idoneo il programma di trattamento presentato e ritiene che l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati, come espressamente previsto dall’art. 464-quater, comma 3, CPP.

L’uso della congiunzione "e" rende evidente che nell’esercizio del suo potere discrezionale il giudice dovrà valutare, avendo sempre come punto di riferimento la gravità del reato e la capacità a delinquere del prevenuto, sia l’idoneità del programma di trattamento, sia la possibilità di formulare una prognosi favorevole nei confronti dell’imputato sulla circostanza che egli per il futuro si asterrà dal commettere ulteriori reati, previsione quest’ultima che, nel rifarsi alla formulazione dell’art. 164, comma 1, (con l’unica rilevante differenza che la valutazione riguarda la persona dell’imputato e non del "colpevole"), accomuna la causa di estinzione del reato di nuovo conio alla sospensione condizionale della pena, di cui all’art. 163.

Trattandosi di due giudizi diversi, attinenti all’uno alla idoneità del programma previsto dall’art. 168-bis, l’altro alla personalità del prevenuto, se ne deduce che l’impossibilità di formulare la suddetta prognosi con esito favorevole per l’imputato, impedisce allo stesso di ottenere la sospensione del processo con messa alla prova, indipendentemente dalla circostanza che sia stato o meno presentato il programma di trattamento (Sez. 4, 4638/2019).

Non può dare diritto alla riparazione la circostanza che il richiedente abbia ottenuto, in sede di cognizione, la sospensione condizionale della pena in ordine al reato relativamente al quale era stato sottoposto a custodia cautelare (Sez. 4 24623/2014).

In tema di guida in stato di ebbrezza, ove sia stata operata la sostituzione della pena principale con il lavoro di pubblica utilità, non può essere concessa la sospensione condizionale della pena, stante l’incompatibilità tra i due istituti (Sez. 4, 10939/2014).

In caso di sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento di una somma liquidata a titolo di risarcimento del danno in favore della parte civile, il termine entro il quale l'imputato deve provvedere all'adempimento del relativo obbligo, qualora non sia stato fissato nella sentenza di condanna, coincide con quello del passaggio in giudicato della stessa, trattandosi di obbligazione pecuniaria immediatamente esigibile (precisa la Corte in sentenza che, superato un risalente e contrario orientamento, la soluzione al quesito è coerente con la natura ed il contenuto dell'obbligazione il cui adempimento determina l'inizio di efficacia del beneficio della sospensione condizionale della pena, poiché, qualora questa consista nell'obbligo di pagare una somma di denaro a titolo di restituzione o di risarcimento, anche solo parziale, del danno, detto termine non può che identificarsi con quello di adempimento delle obbligazioni pecuniarie previsto dall'art. 1183 co. 1 c.c. alla stregua del quale se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può esigerla immediatamente - quod sine die debetur, statim debetur -) (Sez. 1, 2886/2022).

Il termine per l'adempimento dell'ordine di demolizione, cui può essere subordinata la sospensione condizionale della pena, è indicato discrezionalmente dal giudice e, in mancanza, coincide con quello di novanta giorni previsto dalla legge per l'autorità amministrativa: infatti, l'art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001 non prevede uno specifico termine per la demolizione ordinata dal giudice penale, che quindi può fissare in sentenza un termine inferiore o superiore. D'altra parte, la possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena alla demolizione risiede nell'art. 165, primo comma, che mira all'adempimento dell'obbligo restitutorio; per rendere effettivo il precetto, il successivo sesto comma prevede che il giudice stabilisca in sentenza il termine entro il quale gli obblighi debbano essere adempiuti ma non vi è nessun elemento per sostenere che il termine fissato dal giudice sia perentorio (Sez. 3, 36363/2021).

 

… In particolare: sospensione condizionale e patteggiamento

Qualora il patto tra le parti finalizzato all’applicazione concordata di pena contenga anche la subordinazione alla sospensione dell’esecuzione dell’intera pena concordata, la concessione del detto beneficio è elemento dell’accordo che non è modificabile da parte del giudice, al quale compete soltanto il controllo sulla sussistenza dei presupposti di legge per accogliere il negoziato: all’esito di tale verifica, ove ritenga non concedibile la sospensione condizionale, può soltanto respingere l’intero accordo, ma non modificarlo nel suo contenuto o privarlo di un elemento individuato dalle parti quale condizione per la proponibilità dell’intero accordo (Sez. 1, 4115/2019).

Ai sensi dell’art. 444 CPP la parte può subordinare l’efficacia della richiesta alla sospensione condizionale della pena. Il giudice se ritiene che ex art. 163 la sospensione condizionale della pena non possa essere concessa rigetta la richiesta. Ove invece la accolga, è indubbio che in applicazione dell’art. 300 comma 3 CPP la misura cautelare degli arresti domiciliari perde efficacia (Sez. 4, 5080/2019).

 

Altre questioni

La richiesta difensiva dei "benefici di legge" vale univocamente ad indicare la domanda della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, comportando l'obbligo di motivazione da parte del giudice che abbia ritenuto di esercitare, positivamente o negativamente, il potere discrezionale conferitogli dalla legge (Sez. 3, 9147/2021).

Fermo restando il potere-dovere del giudice di appello di concedere la sospensione condizionale in presenza dei presupposti di legge, l’appellante che non abbia proposto specifico motivo non può tuttavia dolersi della mancata motivazione sul punto. Però, qualora la corte di appello abbia ridotto la pena al di sotto dei limiti di legge, è sufficiente che anche soltanto in sede di discussione l’appellante invochi il beneficio per far sorgere in capo alla corte l’obbligo di motivare sul punto (Sez. 2, 22084/2020).

L’eccepita illegittimità costituzionale dell’art. 163, terzo comma, deriva dal confronto di tale disposizione, avente esclusivo riferimento al tempo di commissione del reato, con quella prevista per la persona avente meno di ventuno anni, in quanto se è vero che l’immaturità del giovane può essere assimilata in senso lato alla minore lucidità mentale dell’età senile, è altrettanto vero che tale dato comune è incoerente con gli effetti ed i presupposti della sospensione condizionale della pena. Invero, per l’imputato più giovane, ma non infraventunenne al momento della commissione del reato, la questione dei limiti della sospensione condizionale della pena perde ogni rilevanza nel corso del giudizio, mentre non altrettanto è da dire per chi compia settanta anni nel corso del processo relativo al reato: «la sua età oltre il limite di legge, assume infatti decisivo rilievo logico-giuridico per ritenere che l’effettiva esecuzione della pena nei suoi confronti, ove determinata tra il limite ordinario e quello speciale della sospensione condizionale, possa risultare non più coerente con le finalità rieducative ex art. 27 Cost., proprio a causa della progressiva senescenza». Premesso che la giurisprudenza di legittimità è ferma nell’interpretare la disposizione di legge sostanziale in esame nel senso che per potere usufruire della sospensione condizionale della pena alle condizioni previste dall’ultima parte della medesima disposizione il reo deve avere compiuto gli anni settanta al momento della commissione del fatto, non anche a quello di celebrazione del processo, l’eccezione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata, in quanto: ancorare la concessione del beneficio all’età del reo al momento della commissione del reato costituisce scelta discrezionale del legislatore; nessuna disparità di trattamento, in senso deteriore per chi abbia compiuto settanta anni al momento della commissione del reato, la legge contiene fra tali persone e quelle che, sempre al momento della commissione del reato, abbia più di diciotto anni e meno di ventuno anni (Sez. 1, 746/2019).