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Art. 154 - Più querelanti: remissione di uno solo

1. Se la querela è stata proposta da più persone, il reato non si estingue se non interviene la remissione di tutti i querelanti.

2. Se tra più persone offese da un reato taluna soltanto ha proposto querela, la remissione, che questa ha fatto, non pregiudica il diritto di querela delle altre.

Rassegna di giurisprudenza

La remissione di querela, intervenuta in pendenza del ricorso per cassazione e ritualmente accettata, determina l’estinzione del reato che prevale su eventuali cause di inammissibilità e va rilevata e dichiarata dal giudice di legittimità, purché il ricorso sia stato tempestivamente proposto (SU, 24246/2004).

La remissione della querela, non solo determina l’estinzione del diritto punitivo dello Stato, ma paralizza anche la perseguibilità del reato per il venir meno della condizione di procedibilità che la sorreggeva in costanza di efficacia della querela.

Può dunque affermarsi che la remissione di querela ha un effetto estintivo al pari di ogni altra causa di estinzione del reato, ma, nello stesso tempo, riveste connotazioni peculiari rispetto alle altre cause di estinzione, in quanto si collega direttamente all’esercizio dell’azione penale in forza di un diritto potestativo del querelante, diretto, attraverso un atto contrario, a porre nel nulla la condizione per l’inizio dell’azione penale.

L’art. 152 comma 3 prevede che la remissione della querela, al contrario delle altre cause estintive del reato, può intervenire solo prima della condanna da intendersi come condanna irrevocabile coincidente con la formazione del giudicato formale, salvo che la legge disponga altrimenti (Sez. 5, 3722/2019).

Integra remissione tacita di querela la mancata comparizione all’udienza dibattimentale del querelante, previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l’eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela (SU, 31668/2016).

Ai fini dell’efficacia della remissione di querela, occorre verificare l’assenza della volontà dell’imputato di coltivare il processo, tanto che si ritiene non indispensabile l’accettazione, essendo sufficiente che, da parte del querelato, non vi sia un rifiuto espresso o tacito della remissione (Sez. 5, 7072/2011).

La remissione di querela si configura come un atto giuridico unilaterale, il quale si perfeziona con la sua manifestazione e che non necessita di accettazioni o adesioni del querelato, il quale può soltanto rifiutare la remissione, rendendola inefficace e impedendo la declaratoria di improcedibilità.

Pertanto, se, per un verso, la causa sopravvenuta di improcedibilità si perfeziona anche in presenza di una dichiarazione espressa di accettazione della querela, realizzata con formalità analoghe a quelle previste per l’atto di remissione ai sensi dell’art. 340, comma 1, CPP, per altro verso, l’art. 155, ancorché rubricato "accettazione della remissione", configura in realtà anche un meccanismo fondato sulla "ricusa tacita", la quale si realizza quando il querelato ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di accettare la remissione.

Dunque, la disposizione testé richiamata contempla un comportamento concludente consistente non già in una manifestazione di volontà del querelato di aderire alla remissione di querela, quanto piuttosto in una tacita manifestazione di volontà diretta a impedirla: non, dunque, un comportamento positivo di accettazione, ma uno negativo di rifiuto. E su tali basi, si è condivisibilmente affermato che l’accettazione debba essere presunta fintanto che non vi siano elementi indicativi di una volontà contraria del querelato, il quale si sia trovato nelle condizioni di potere accettare o rifiutare (Sez. 1, 12919/2018).

La remissione di querela, causa di estinzione del reato, disciplinata dagli artt. 152 e ss., è una dichiarazione di volontà, con la quale il querelante revoca l’atto già proposto al fine dì annullarne gli effetti. Quello di rimettere la querela è un diritto personale irrevocabile, non subordinabile a condizioni o termini, che compete esclusivamente alla persona offesa dal reato, come agevolmente si ricava dal disposto dell’art. 156, che prevede che il diritto di remissione "si estingue" con la morte della persona offesa dal reato (Sez. 5, 22495/2016).