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Art. 219 - Assegnazione a una casa di cura e di custodia

1. Il condannato, per delitto non colposo, a una pena diminuita per cagione di infermità psichica o di cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti, ovvero per cagione di sordomutismo, è ricoverato in una casa di cura e di custodia per un tempo non inferiore a un anno, quando la pena stabilita dalla legge non è inferiore nel minimo a cinque anni di reclusione (1).

2. Se per il delitto commesso è stabilita dalla legge la pena di morte (2) o la pena dell’ergastolo, ovvero la reclusione non inferiore nel minimo a dieci anni, la misura di sicurezza è ordinata per un tempo non inferiore a tre anni (1).

3. Se si tratta di un altro reato, per il quale la legge stabilisce la pena detentiva, e risulta che il condannato è persona socialmente pericolosa, il ricovero in una casa di cura e di custodia è ordinato per un tempo non inferiore a sei mesi; tuttavia il giudice può sostituire alla misura del ricovero quella della libertà vigilata. Tale sostituzione non ha luogo, qualora si tratti di condannati a pena diminuita per intossicazione cronica da alcool o da sostanze stupefacenti (3).

4. Quando deve essere ordinato il ricovero in una casa di cura e di custodia, non si applica altra misura di sicurezza detentiva.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 249/1983, ha dichiarato: a) l’illegittimità dell’art. 219, primo comma, c.p., nella parte in cui non subordina il provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia dell’imputato condannato per delitto non colposo ad una pena diminuita per cagione di infermità psichica, al previo accertamento da parte del giudice della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità medesima, al tempo dell’applicazione della misura di sicurezza; b) l’illegittimità dell’art. 219, secondo comma, c.p., nella parte in cui non subordina il provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia dell’imputato condannato ad una pena diminuita per cagione di infermità psichica, per un delitto per il quale è stabilita dalla legge la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a dieci anni, al previo accertamento da parte del giudice della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità medesima al tempo della applicazione della misura di sicurezza.

(2) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita con l’art. 1 del DLGS LGT 224/1944 e sostituita con la pena dell’ergastolo.

(3) La Corte costituzionale, con sentenza 1102/1988, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 219, terzo comma, del codice penale, nella parte in cui, per i casi ivi previsti, subordina il provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia al previo accertamento della pericolosità sociale, derivante dalla seminfermità di mente, soltanto nel momento in cui la misura di sicurezza viene disposta e non anche nel momento della sua esecuzione.

Rassegna di giurisprudenza

La misura di sicurezza della libertà vigilata può essere applicata, in luogo della misura dell’assegnazione ad una casa di cura e di custodia, anche nei confronti del condannato affetto da vizio parziale di mente, se in concreto detta misura sia capace di soddisfare le esigenze di cura e tutela della persona e di controllo della sua pericolosità sociale; ciò, seguito della parziale declaratoria di incostituzionalità dell’art. 222 ad opera della Corte costituzionale, sentenza 253/2003 (Sez. 3, 14260/2016).

La determinazione della durata della misura di sicurezza applicata è stata corretta alla luce del fatto che «Ai fini dell’applicazione della misura di sicurezza del ricovero in una casa di cura custodia, per l’individuazione della "pena stabilita dalla legge" rilevante a norma dell’art. 219, primo comma, devono considerarsi eventuali circostanze, aggravanti ed attenuanti, ma non anche la diminuente per il vizio parziale di mente, in quanto l’infermità di mente e la connessa pericolosità costituiscono la ragione giustificativa del provvedimento» (Sez. 1, 4459/2014).

Naturalmente la stessa regola non può che valere anche per la determinazione della pena ai sensi del comma 2, dell’art. 219, norma tuttora vigente e non attinta da declaratoria di incostituzionalità (Sez. 2, 50721/2016).

Ai fini della determinazione della pena ex art. 219 comma 1 debbano essere considerate le eventuali circostanze, ma non la diminuente della seminfermità, da considerare a questi fini connotazione soggettiva e non indice di minore gravità, per l’evidente ragione che infermità di mente e connessa pericolosità costituiscono la ragione della misura stessa, e sarebbe intrinsecamente contraddittorio diminuire la risposta sanzionatoria proprio in conseguenza di quella pericolosità che impone la misura di sicurezza (Sez. 1, 4459/2014).

È indubbio che l’art. 219 comma 3 contempla anche la possibilità di far ricorso alla misura non detentiva della libertà vigilata, che ben può essere integrata da opportune prescrizioni, secondo un principio immanente nell’intero sistema delle misure di sicurezza, conformemente alla consolidata lettura che di esso ha operato il giudice delle leggi, secondo cui, appunto, "si deve escludere l’automatismo che impone al giudice di disporre comunque la misura detentiva, anche quando una misura meno drastica, e in particolare una misura più elastica e non segregante come la libertà vigilata, accompagnata da prescrizioni stabilite dal giudice medesimo, si riveli capace, in concreto, di soddisfare contemporaneamente le esigenze di cura e tutela della persona interessata e di controllo della sua pericolosità sociale" (così, in parte motiva, Corte costituzionale, 208/2009; si veda anche Sez. 1, 18314/2011, secondo la quale: "La misura di sicurezza della libertà vigilata può essere applicata, in luogo della misura dell’assegnazione ad una casa di cura e di custodia, anche nei confronti del condannato affetto da vizio parziale di mente, se in concreto detta misura sia capace di soddisfare le esigenze di cura e tutela della persona e di controllo della sua pericolosità sociale").

Dunque, l’imprescindibile premessa della possibilità di applicazione della libertà vigilata, in luogo dell’assegnazione a una casa di cura e custodia è che la misura di sicurezza non detentiva sia di fatto idonea a contenere adeguatamente la pericolosità sociale del soggetto (Sez. 6, 15870/2016).

Risponde al vero che, secondo la formulazione testuale dell’art. 219 tale misura va applicata al "condannato" per delitti non colposi nei confronti del quale sia riconosciuto il vizio parziale di mente; deve però considerarsi che, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale 253/2003, che ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell’art. 222 nella parte in cui non consente di sostituire il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario con diversa misura prevista dalla legge in grado di garantire cure adeguate all’infermo di mente ed al contempo di porre rimedio alla sua pericolosità sociale, l’assegnazione a casa di cura e custodia è applicabile anche in caso di assoluzione dell’imputato per totale vizio totale di mente (Sez. 1, 39804/2010).