CAPO I - DELLE MISURE DI SICUREZZA PERSONALI
SEZIONE I - DISPOSIZIONI GENERALI
1. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla legge e fuori dei casi dalla legge stessa preveduti.
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1. Le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione.
2. Se la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza è diversa, si applica la legge in vigore al tempo dell’esecuzione.
3. Le misure di sicurezza si applicano anche agli stranieri, che si trovano nel territorio dello Stato.
4. Tuttavia l’applicazione di misure di sicurezza allo straniero non impedisce l’espulsione di lui dal territorio dello Stato, a norma delle leggi di pubblica sicurezza.
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1. Quando, per un fatto commesso all’estero, si procede o si rinnova il giudizio nello Stato, è applicabile la legge italiana anche riguardo alle misure di sicurezza.
2. Nel caso indicato nell’articolo 12, n. 3, l’applicazione delle misure di sicurezza stabilite dalla legge italiana è sempre subordinata all’accertamento che la persona sia socialmente pericolosa.
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1. Le misure di sicurezza possono essere applicate soltanto alle persone socialmente pericolose che abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato.
2. La legge penale determina i casi nei quali a persone socialmente pericolose possono essere applicate misure di sicurezza per un fatto non preveduto dalla legge come reato.
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1. Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell’articolo precedente quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati.
2. La qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanze indicate nell’articolo 133.
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[1. Le misure di sicurezza sono ordinate, previo accertamento che colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa.
2. Nei casi espressamente determinati, la qualità di persona socialmente pericolosa è presunta dalla legge.
3. Nondimeno anche in tali casi l’applicazione delle misure di sicurezza è subordinata all’accertamento di tale qualità, se la condanna o il proscioglimento è pronunciato:
1) dopo dieci anni dal giorno in cui è stato commesso il fatto, qualora si tratti di infermi di mente, nei casi preveduti dal primo capoverso dell’articolo 219 e dell’articolo 222;
2) dopo cinque anni dal giorno in cui è stato commesso il fatto, in ogni altro caso.
4. È altresì subordinata all’accertamento della qualità di persona socialmente pericolosa l’esecuzione, non ancora iniziata, delle misure di sicurezza aggiunte a pena non detentiva, ovvero concernenti imputati prosciolti, se, dalla data della sentenza di condanna o di proscioglimento, sono decorsi dieci anni nel caso preveduto dal primo capoverso dell’articolo 222, ovvero cinque anni in ogni altro caso.]
(1) Articolo abrogato dall’art. 31, L. 663/1986.
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1. Le misure di sicurezza sono ordinate dal giudice nella stessa sentenza di condanna o di proscioglimento.
2. Possono essere ordinate con provvedimento successivo:
1) nel caso di condanna durante la esecuzione della pena o durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all’esecuzione della pena;
2) nel caso di proscioglimento, qualora la qualità di persona socialmente pericolosa sia presunta, e non sia decorso un tempo corrispondente alla durata minima della relativa misura di sicurezza (1);
3) in ogni tempo, nei casi stabiliti dalla legge.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 8-27 luglio 1982, n. 139, ha dichiarato, fra l’altro, l’illegittimità dell’art. 205 c.p., cpv. n. 2, nella parte in cui non subordina il provvedimento di ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario dell’imputato prosciolto per infermità psichica, al previo accertamento da parte del giudice della cognizione o dell’esecuzione della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità medesima al tempo dell’applicazione della misura. La stessa Corte, con sentenza 5-15 luglio 1993, n. 319, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 205 c.p., in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.
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1. Durante l’istruzione o il giudizio, può disporsi che il minore di età, o l’infermo di mente, o l’ubriaco abituale, o la persona dedita all’uso di sostanze stupefacenti, o in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool o da sostanze stupefacenti, siano provvisoriamente ricoverati in un riformatorio o in un manicomio giudiziario, o in una casa di cura e di custodia (1).
2. Il giudice revoca l’ordine, quando ritenga che tali persone non siano più socialmente pericolose.
3. Il tempo dell’esecuzione provvisoria della misura di sicurezza è computato nella durata minima di essa (2)(3).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 324/1998, ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità del presente comma, nella parte in cui prevede la possibilità di disporre il ricovero provvisorio anche di minori in un ospedale psichiatrico giudiziario. L’art. 62, L. 354/1975, sull’ordinamento penitenziario indica gli ospedali psichiatrici giudiziari come istituti per l’esecuzione delle misure di sicurezza al posto dei manicomi giudiziari.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 96/1970, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente comma, in riferimento all’art. 3 Cost.
(3) La Corte costituzionale, con sentenza 367/2004 ha dichiarato l’illegittimità del presente articolo, nella parte in cui non consente al giudice di disporre, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una misura di sicurezza non detentiva, prevista dalla legge, idonea ad assicurare alla persona inferma di mente cure adeguate e a contenere la sua pericolosità sociale.
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1. Le misure di sicurezza non possono essere revocate se le persone ad esse sottoposte non hanno cessato di essere socialmente pericolose.
2. La revoca non può essere ordinata se non è decorso un tempo corrispondente alla durata minima stabilita dalla legge per ciascuna misura di sicurezza (1).
[3. Anche prima che sia decorso il tempo corrispondente alla durata minima stabilita dalla legge, la misura di sicurezza applicata dal giudice può essere revocata con decreto del ministro della giustizia] (2).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 110/1974, ha dichiarato, fra l’altro, l’illegittimità dell’art. 207, terzo comma, nella parte in cui attribuisce al Ministero di Grazia e Giustizia - anziché al giudice di sorveglianza - il potere di revocare le misure di sicurezza, nonché l’illegittimità del secondo comma dello stesso art. 207 c.p., in quanto non consente la revoca delle misure di sicurezza prima che sia decorso il tempo corrispondente alla durata minima stabilita dalla legge.
(2) Comma abrogato dall’art. 89, Ord. pen.
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1. Decorso il periodo minimo di durata, stabilito dalla legge per ciascuna misura di sicurezza, il giudice riprende in esame le condizioni della persona che vi è sottoposta, per stabilire se essa è ancora socialmente pericolosa.
2. Qualora la persona risulti ancora pericolosa, il giudice fissa un nuovo termine per un esame ulteriore. Nondimeno, quando vi sia ragione di ritenere che il pericolo sia cessato, il giudice può, in ogni tempo procedere a nuovi accertamenti.
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1. Quando una persona ha commesso, anche in tempi diversi, più fatti per i quali siano applicabili più misure di sicurezza della medesima specie, è ordinata una sola misura di sicurezza.
2. Se le misure di sicurezza sono di specie diversa, il giudice valuta complessivamente il pericolo che deriva dalla persona e, in relazione ad esso, applica una o più misure di sicurezza stabilite dalla legge.
3. Sono in ogni caso applicate le misure di sicurezza detentive, alle quali debba essere sottoposta la persona, a cagione del pericolo presunto dalla legge.
4. Le disposizioni precedenti si applicano anche nel caso di misure di sicurezza in corso di esecuzione, o delle quali non siasi ancora iniziata l’esecuzione.
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1. L’estinzione del reato impedisce l’applicazione delle misure di sicurezza e ne fa cessare l’esecuzione.
2. L’estinzione della pena impedisce l’applicazione delle misure di sicurezza, eccetto quelle per le quali la legge stabilisce che possono essere ordinate in ogni tempo, ma non impedisce l’esecuzione delle misure di sicurezza che sono state già ordinate dal giudice come misure accessorie di una condanna alla pena della reclusione superiore a dieci anni. Nondimeno, alla colonia agricola e alla casa di lavoro è sostituita la libertà vigilata.
3. Qualora per effetto di indulto o di grazia non debba essere eseguita la pena di morte (1), ovvero, in tutto o in parte, la pena dell’ergastolo, il condannato è sottoposto a libertà vigilata per un tempo non inferiore a tre anni.
(1) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abrogata dall’art. 1, DLGS LGT 224/1944 e sostituita con la pena dell’ergastolo.
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1. Le misure di sicurezza aggiunte a una pena detentiva sono eseguite dopo che la pena è stata scontata o è altrimenti estinta.
2. Le misure di sicurezza, aggiunte a pena non detentiva, sono eseguite dopo che la sentenza di condanna è divenuta irrevocabile.
3. L’esecuzione delle misure di sicurezza temporanee non detentive, aggiunte a misure di sicurezza detentive, ha luogo dopo la esecuzione di queste ultime.
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1. Alle misure di sicurezza previste dal presente capo si applicano gli articoli 146 e 147.
2. Se la misura di sicurezza deve essere eseguita nei confronti dell’autore di un delitto consumato o tentato commesso con violenza contro le persone ovvero con l’uso di armi e vi sia concreto pericolo che il soggetto commetta nuovamente uno dei delitti indicati il giudice può ordinare il ricovero in una casa di cura o in altro luogo di cura comunque adeguato alla situazione o alla patologia della persona (2).
(1) Articolo aggiunto dall’art. 7, L. 231/1999.
(2) Comma aggiunto dall’art. 2, L. 40/2001.
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1. L’esecuzione di una misura di sicurezza applicata a persona imputabile è sospesa se questa deve scontare una pena detentiva, e riprende il suo corso dopo l’esecuzione della pena.
2. Se la persona sottoposta a una misura di sicurezza detentiva è colpita da un’infermità psichica, il giudice ne ordina il ricovero in un manicomio giudiziario, ovvero in una casa di cura e di custodia.
3. Quando sia cessata l’infermità, il giudice, accertato che la persona è socialmente pericolosa, ordina che essa sia assegnata ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro, ovvero a un riformatorio giudiziario, se non crede di sottoporla a libertà vigilata.
4. Se l’infermità psichica colpisce persona sottoposta a misura di sicurezza non detentiva o a cauzione di buona condotta, e l’infermo viene ricoverato in un manicomio comune, cessa l’esecuzione di dette misure. Nondimeno, se si tratta di persona sottoposta a misura di sicurezza personale non detentiva, il giudice, cessata l’infermità, procede a nuovo accertamento ed applica una misura di sicurezza personale non detentiva qualora la persona risulti ancora pericolosa.
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1. Le misure di sicurezza detentive sono eseguite negli stabilimenti a ciò destinati.
2. Le donne sono assegnate a stabilimenti separati da quelli destinati agli uomini.
3. In ciascuno degli stabilimenti è adottato un particolare regime educativo o curativo e di lavoro, avuto riguardo alle tendenze e alle abitudini criminose della persona e, in genere, al pericolo sociale che da essa deriva.
4. Il lavoro è remunerato. Dalla remunerazione è prelevata una quota per il rimborso delle spese di mantenimento.
5. Per quanto concerne il mantenimento dei ricoverati nei manicomi giudiziari, si osservano le disposizioni sul rimborso delle spese di spedalità.
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1. Nel caso in cui la persona sottoposta a misura di sicurezza detentiva si sottrae volontariamente alla esecuzione di essa, ricomincia a decorrere il periodo minimo di durata della misura di sicurezza dal giorno in cui a questa è data nuovamente esecuzione.
2. Tale disposizione non si applica nel caso di persona ricoverata in un manicomio giudiziario o in una casa di cura e di custodia.
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SEZIONE II - DISPOSIZIONI SPECIALI
1. Le misure di sicurezza personali si distinguono in detentive e non detentive.
2. Sono misure di sicurezza detentive:
1) l’assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro;
2) il ricovero in una casa di cura e di custodia;
3) il ricovero in un manicomio giudiziario;
4) il ricovero in un riformatorio giudiziario.
3. Sono misure di sicurezza non detentive:
1) la libertà vigilata;
2) il divieto di soggiorno in uno o più comuni, o in una o più province;
3) il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche;
4) l’espulsione dello straniero dallo Stato.
4. Quando la legge stabilisce una misura di sicurezza senza indicarne la specie, il giudice dispone che si applichi la libertà vigilata, a meno che, trattandosi di un condannato per delitto, ritenga di disporre l’assegnazione di lui a una colonia agricola o ad una casa di lavoro.
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1. Sono assegnati a una colonia agricola o ad una casa di lavoro:
1) coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza;
2) coloro che essendo stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, e non essendo più sottoposti a misura di sicurezza, commettono un nuovo delitto, non colposo, che sia nuova manifestazione della abitualità, della professionalità o della tendenza a delinquere;
3) le persone condannate o prosciolte, negli altri casi indicati espressamente nella legge.
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1. L’assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro ha la durata minima di un anno. Per i delinquenti abituali, la durata minima è di due anni, per i delinquenti professionali di tre anni, ed è di quattro anni per i delinquenti per tendenza.
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1. Nelle colonie agricole e nelle case di lavoro i delinquenti abituali o professionali e quelli per tendenza sono assegnati a sezioni speciali.
2. Il giudice stabilisce se la misura di sicurezza debba essere eseguita in una colonia agricola, ovvero in una casa di lavoro, tenuto conto delle condizioni e attitudini della persona a cui il provvedimento si riferisce. Il provvedimento può essere modificato nel corso dell’esecuzione.
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1. Il condannato, per delitto non colposo, a una pena diminuita per cagione di infermità psichica o di cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti, ovvero per cagione di sordomutismo, è ricoverato in una casa di cura e di custodia per un tempo non inferiore a un anno, quando la pena stabilita dalla legge non è inferiore nel minimo a cinque anni di reclusione (1).
2. Se per il delitto commesso è stabilita dalla legge la pena di morte (2) o la pena dell’ergastolo, ovvero la reclusione non inferiore nel minimo a dieci anni, la misura di sicurezza è ordinata per un tempo non inferiore a tre anni (1).
3. Se si tratta di un altro reato, per il quale la legge stabilisce la pena detentiva, e risulta che il condannato è persona socialmente pericolosa, il ricovero in una casa di cura e di custodia è ordinato per un tempo non inferiore a sei mesi; tuttavia il giudice può sostituire alla misura del ricovero quella della libertà vigilata. Tale sostituzione non ha luogo, qualora si tratti di condannati a pena diminuita per intossicazione cronica da alcool o da sostanze stupefacenti (3).
4. Quando deve essere ordinato il ricovero in una casa di cura e di custodia, non si applica altra misura di sicurezza detentiva.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 249/1983, ha dichiarato: a) l’illegittimità dell’art. 219, primo comma, c.p., nella parte in cui non subordina il provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia dell’imputato condannato per delitto non colposo ad una pena diminuita per cagione di infermità psichica, al previo accertamento da parte del giudice della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità medesima, al tempo dell’applicazione della misura di sicurezza; b) l’illegittimità dell’art. 219, secondo comma, c.p., nella parte in cui non subordina il provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia dell’imputato condannato ad una pena diminuita per cagione di infermità psichica, per un delitto per il quale è stabilita dalla legge la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a dieci anni, al previo accertamento da parte del giudice della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità medesima al tempo della applicazione della misura di sicurezza.
(2) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita con l’art. 1 del DLGS LGT 224/1944 e sostituita con la pena dell’ergastolo.
(3) La Corte costituzionale, con sentenza 1102/1988, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 219, terzo comma, del codice penale, nella parte in cui, per i casi ivi previsti, subordina il provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia al previo accertamento della pericolosità sociale, derivante dalla seminfermità di mente, soltanto nel momento in cui la misura di sicurezza viene disposta e non anche nel momento della sua esecuzione.
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1. L’ordine di ricovero del condannato nella casa di cura e di custodia è eseguito dopo che la pena restrittiva della libertà personale sia stata scontata o sia altrimenti estinta.
2. Il giudice, nondimeno, tenuto conto delle particolari condizioni d’infermità psichica del condannato, può disporre che il ricovero venga eseguito prima che sia iniziata o abbia termine la esecuzione della pena restrittiva della libertà personale.
3. Il provvedimento è revocato quando siano venute meno le ragioni che lo determinarono, ma non prima che sia decorso il termine minimo stabilito nell’articolo precedente.
4. Il condannato, dimesso dalla casa di cura e di custodia, è sottoposto all’esecuzione della pena.
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1. Quando non debba essere ordinata altra misura di sicurezza detentiva, i condannati alla reclusione per delitti commessi in stato di ubriachezza, qualora questa sia abituale, o per delitti commessi sotto l’azione di sostanze stupefacenti all’uso delle quali siano dediti, sono ricoverati in una casa di cura e di custodia.
2. Tuttavia, se si tratta di delitti per i quali sia stata inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni, al ricovero in una casa di cura e di custodia può essere sostituita la libertà vigilata.
3. Il ricovero ha luogo in sezioni speciali, e ha la durata minima di sei mesi.
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1. Nel caso di proscioglimento per infermità psichica , ovvero per intossicazione cronica da alcool o da sostanze stupefacenti, ovvero per sordomutismo, è sempre ordinato il ricovero dell’imputato in un manicomio giudiziario per un tempo non inferiore a due anni; salvo che si tratti di contravvenzioni o di delitti colposi o di altri delitti per i quali la legge stabilisce la pena pecuniaria o la reclusione per un tempo non superiore nel massimo a due anni, nei quali casi la sentenza di proscioglimento è comunicata all’Autorità di pubblica sicurezza (1).
2. La durata minima del ricovero nel manicomio giudiziario è di dieci anni, se per il fatto commesso la legge stabilisce la pena di morte (2) o l’ergastolo, ovvero di cinque se per il fatto commesso la legge stabilisce la pena della reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a dieci anni (3).
3. Nel caso in cui la persona ricoverata in un manicomio giudiziario debba scontare una pena restrittiva della libertà personale, l’esecuzione di questa è differita fino a che perduri il ricovero nel manicomio.
4. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche ai minori degli anni quattordici o maggiori dei quattordici e minori dei diciotto, prosciolti per ragione di età, quando abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato, trovandosi in alcuna delle condizioni indicate nella prima parte dell’articolo stesso (4).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 139/1982, ha dichiarato, fra l’altro: a) l’illegittimità del primo comma, nella parte in cui non subordina il provvedimento di ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario dell’imputato prosciolto per infermità psichica, al previo accertamento da parte del giudice della cognizione o della esecuzione della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità medesima al tempo della applicazione della misura; b) non fondate le questioni di legittimità del primo comma, in riferimento all’art. 4, primo e secondo comma Cost., all’art. 27, primo e terzo comma Cost. e all’art. 32, primo e secondo comma, Cost.; con sentenza 324/1998, ha dichiarato, tra l’altro: a) l’illegittimità del primo e secondo comma, nella parte in cui prevedono l’applicazione anche ai minori della misura di sicurezza del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario; b) l’illegittimità del quarto comma; con sentenza 7-11 giugno 1999, n. 228, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità del primo comma, in riferimento agli artt. 3 e 13 Cost.
(2) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita con l’art. 1, DLGS LGT 224/1944 che ad essa ha sostituito la pena dell’ergastolo.
(3) La Corte costituzionale, con sentenza 324/1998, ha dichiarato, tra l’altro: a) l’illegittimità del primo e secondo comma, nella parte in cui prevedono l’applicazione anche ai minori della misura di sicurezza del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario; b) l’illegittimità del quarto comma.
(4) La Corte costituzionale, con sentenza 253/2003, ha dichiarato: a) l’illegittimità dell’articolo 222 del codice penale, nella parte in cui non consente al giudice, nei casi ivi previsti, di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell’infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale; b) non fondata la questione di legittimità dell’art. 219, primo e terzo comma, del codice penale, in riferimento all’art. 3 Cost.
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1. Il ricovero in un riformatorio giudiziario è misura di sicurezza speciale per i minori, e non può avere durata inferiore a un anno.
2. Qualora tale misura di sicurezza debba essere, in tutto o in parte, applicata o eseguita dopo che il minore abbia compiuto gli anni ventuno, ad essa è sostituita la libertà vigilata, salvo che il giudice ritenga di ordinare l’assegnazione a una colonia agricola, o ad una casa di lavoro.
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1. Qualora il fatto commesso da un minore degli anni quattordici sia preveduto dalla legge come delitto, ed egli sia pericoloso, il giudice, tenuto specialmente conto della gravità del fatto e delle condizioni morali della famiglia in cui il minore è vissuto, ordina che questi sia ricoverato nel riformatorio giudiziario o posto in libertà vigilata.
2. Se, per il delitto, la legge stabilisce la pena di morte (1) o l’ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, e non si tratta di delitto colposo, è sempre ordinato il ricovero del minore nel riformatorio per un tempo non inferiore a tre anni (2).
3. Le disposizioni precedenti si applicano anche al minore che, nel momento in cui ha commesso il fatto preveduto dalla legge come delitto, aveva compiuto gli anni quattordici, ma non ancora i diciotto, se egli sia riconosciuto non imputabile, a norma dell’articolo 98.
(1) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita con l’art. 1 del DLGS LGT 224/1944 e sostituita con la pena dell’ergastolo.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 1/1971, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui rende obbligatorio ed automatico, per i minori degli anni quattordici, il ricovero, per almeno tre anni, in riformatorio giudiziario.
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1. Quando il minore che ha compiuto gli anni quattordici, ma non ancora i diciotto, sia riconosciuto imputabile, il giudice può ordinare che, dopo l’esecuzione della pena, egli sia ricoverato in un riformatorio giudiziario o posto in libertà vigilata, tenuto conto delle circostanze indicate nella prima parte dell’articolo precedente.
2. È sempre applicata una delle predette misure di sicurezza al minore che sia condannato per delitto durante l’esecuzione di una misura di sicurezza, a lui precedentemente applicata per difetto d’imputabilità.
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1. Il ricovero in un riformatorio giudiziario è sempre ordinato per il minore degli anni diciotto, che sia delinquente abituale o professionale, ovvero delinquente per tendenza, e non può avere durata inferiore a tre anni. Quando egli ha compiuto gli anni ventuno, il giudice ne ordina l’assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro.
2. La legge determina gli altri casi nei quali deve essere ordinato il ricovero del minore in un riformatorio giudiziario.
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1. Quando la legge stabilisce che il ricovero in un riformatorio giudiziario sia ordinato senza che occorra accertare che il minore è socialmente pericoloso, questi è assegnato ad uno stabilimento speciale o ad una sezione speciale degli stabilimenti ordinari.
2. Può altresì essere assegnato ad uno stabilimento speciale o ad una sezione speciale degli stabilimenti ordinari il minore che, durante il ricovero nello stabilimento ordinario, si sia rivelato particolarmente pericoloso.
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1. La sorveglianza della persona in stato di libertà vigilata è affidata all’autorità di pubblica sicurezza. Alla persona in stato di libertà vigilata sono imposte dal giudice prescrizioni idonee ad evitare le occasioni di nuovi reati.
2. Tali prescrizioni possono essere dal giudice successivamente modificate o limitate.
3. La sorveglianza deve essere esercitata in modo da agevolare, mediante il lavoro, il riadattamento della persona alla vita sociale.
4. La libertà vigilata non può avere durata inferiore a un anno.
5. Per la vigilanza sui minori si osservano le disposizioni precedenti, in quanto non provvedano leggi speciali.
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1. Oltre quanto è prescritto da speciali disposizioni di legge, la libertà vigilata può essere ordinata:
1) nel caso di condanna alla reclusione per un tempo superiore a un anno;
2) nei casi in cui questo codice autorizza una misura di sicurezza per un fatto non preveduto dalla legge come reato.
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1. La libertà vigilata è sempre ordinata:
1) se è inflitta la pena della reclusione per non meno di dieci anni: e non può, in tal caso, avere durata inferiore a tre anni;
2) quando il condannato è ammesso alla liberazione condizionale;
3) se il contravventore abituale o professionale, non essendo più sottoposto a misure di sicurezza, commette un nuovo reato, il quale sia nuova manifestazione di abitualità o professionalità;
4) negli altri casi determinati dalla legge.
2. Nel caso in cui sia stata disposta l’assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro, il giudice, al termine dell’assegnazione, può ordinare che la persona da dimettere sia posta in libertà vigilata, ovvero può obbligarla a cauzione di buona condotta.
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1. Fuori del caso preveduto dalla prima parte dell’articolo 177, quando la persona in stato di libertà vigilata trasgredisce agli obblighi imposti, il giudice può aggiungere alla libertà vigilata la cauzione di buona condotta.
2. Avuto riguardo alla particolare gravità della trasgressione o al ripetersi della medesima, ovvero qualora il trasgressore non presti la cauzione, il giudice può sostituire alla libertà vigilata l’assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro, ovvero, se si tratta di un minore, il ricovero in un riformatorio giudiziario.
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1. La persona di età minore o in stato di infermità psichica non può essere posta in libertà vigilata, se non quando sia possibile affidarla ai genitori o a coloro che abbiano obbligo di provvedere alla sua educazione o assistenza, ovvero a istituti di assistenza sociale.
2. Qualora tale affidamento non sia possibile o non sia ritenuto opportuno, è ordinato, o mantenuto, secondo i casi, il ricovero nel riformatorio, o nella casa di cura e di custodia.
3. Se, durante la libertà vigilata, il minore non dà prova di ravvedimento o la persona in stato d’infermità psichica si rivela di nuovo pericolosa, alla libertà vigilata è sostituito, rispettivamente, il ricovero in un riformatorio o il ricovero in una casa di cura e di custodia.
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1. Al colpevole di un delitto contro la personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico, ovvero di un delitto commesso per motivi politici o occasionato da particolari condizioni sociali o morali esistenti in un determinato luogo, può essere imposto il divieto di soggiornare in uno o più comuni o in una o più province, designati dal giudice.
2. Il divieto di soggiorno ha una durata non inferiore a un anno.
3. Nel caso di trasgressione, ricomincia a decorrere il termine minimo, e può essere ordinata inoltre la libertà vigilata.
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1. Il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche ha la durata minima di un anno.
2. Il divieto è sempre aggiunto alla pena, quando si tratta di condannati per ubriachezza abituale o per reati commessi in stato di ubriachezza, sempre che questa sia abituale.
3. Nel caso di trasgressione, può essere ordinata inoltre la libertà vigilata o la prestazione di una cauzione di buona condotta.
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1. Il giudice ordina l’espulsione dello straniero ovvero l’allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione europea, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge, quando lo straniero o il cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione europea sia condannato alla reclusione per un tempo superiore ai due anni.
2. Ferme restando le disposizioni in materia di esecuzione delle misure di sicurezza personali, l’espulsione e l’allontanamento dal territorio dello Stato sono eseguiti dal questore secondo le modalità di cui, rispettivamente, all’articolo 13, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e all’articolo 20, comma 11, del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 (2).
3. Il trasgressore dell’ordine di espulsione od allontanamento pronunciato dal giudice è punito con la reclusione da uno a quattro anni. In tal caso è obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto, anche fuori dei casi di flagranza, e si procede con rito direttissimo.
(1) Articolo così sostituito dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 1, DL 92/2008, convertito in legge, con modificazioni, con L. 125/2008.
(2) Comma abrogato dal comma 2 dell’art. 1, L. 94/2009.
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