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Art. 208 - Riesame della pericolosità

1. Decorso il periodo minimo di durata, stabilito dalla legge per ciascuna misura di sicurezza, il giudice riprende in esame le condizioni della persona che vi è sottoposta, per stabilire se essa è ancora socialmente pericolosa.

2. Qualora la persona risulti ancora pericolosa, il giudice fissa un nuovo termine per un esame ulteriore. Nondimeno, quando vi sia ragione di ritenere che il pericolo sia cessato, il giudice può, in ogni tempo procedere a nuovi accertamenti.

Rassegna di giurisprudenza

Il procedimento avente ad oggetto il riesame della pericolosità sociale ai sensi dell’art. 208 si configura come un procedimento incidentale rispetto a quello, principale, avente ad oggetto l’esecuzione sospesa, per cui, rispetto al procedimento incidentale, non può che valere la regola generale stabilita dall’art. 677, comma 1, CPP, che attribuisce la competenza del procedimento di sorveglianza, comunque avviato e, dunque, anche se iscritto di ufficio, all’ufficio di sorveglianza del locus detentionis (Sez. 1, 57901/2018).

Occorre distinguere tra momento deliberativo e momento esecutivo della misura di sicurezza: di conseguenza la misura può avere inizio quando venga a cessare uno stato di detenzione, ferma restando la possibilità per il soggetto di chiederne la revoca per l’eventuale venire meno della pericolosità in conseguenza dell’incidenza positiva sulla sua personalità della funzione risocializzante della pena (SU, 6/1993; SU, 10281/2008).

Tali principi, in materia di misure di sicurezza personali (fondate sui medesimi presupposti delle misure di prevenzione personali e tendenti al medesimo obiettivo della eliminazione della pericolosità), trovano puntuale base normativa nel disposto dell’art. 205, che espressamente prevede al primo comma che le misure di sicurezza sono ordinate dallo stesso giudice che ha emesso la sentenza di condanna o di proscioglimento contestualmente alla stessa, e prevede (per quanto qui interessa) al secondo comma, n. 3, che le misure possono essere ordinate con provvedimento successivo in ogni tempo nei casi stabiliti dalla legge, tra i quali rientra il caso delle misure applicate quando interviene la dichiarazione di abitualità nel reato ai sensi dell’art. 109, comma 1; nella previsione della rivalutabilità della pericolosità sociale, che costituisce il presupposto dell’applicazione della misura di sicurezza, in sede di revoca della misura ai sensi dell’art. 207 e di riesame della pericolosità ai sensi dell’art. 208; e nel disposto dell’art. 211, che prevede l’esecuzione delle misure di sicurezza, aggiunte a una pena detentiva, dopo che la pena è stata scontata o è altrimenti estinta (Sez. 1, 49976/2018).

In sede di riesame della pericolosità sociale, la sostituzione della libertà vigilata con la più grave misura dell’assegnazione a una casa di lavoro, può essere disposta  in quanto riconducibile a un’ipotesi di trasgressione di obblighi imposti  a seguito di intervenuta condanna, anche non definitiva, del soggetto, a condizione che tale condanna si riferisca a reati commessi durante la effettiva sottoposizione dello stesso alla libertà vigilata (Sez. 1, 4117/2014), mentre, in assenza di trasgressione agli obblighi imposti, la persistenza della pericolosità accertata in sede di riesame comporta soltanto il prolungamento della misura di sicurezza (Sez. 1, 39763/2005), senza che possa qualificarsi trasgressione agli obblighi imposti né lo stato di latitanza, in sé e per sé considerato  a meno che non abbia influito direttamente sulla regolare esecuzione della misura , né l’applicazione di una misura di prevenzione, né un’eventuale condanna sopravvenuta, ove essa si riferisca a reati commessi prima della esecuzione della libertà vigilata (Sez. 1, 4600/2003).

A detti principi deve darsi continuità, poiché gli elementi utilizzabili per formulare un giudizio di accresciuta pericolosità, ai fini della sottoposizione a una misura di sicurezza più grave della libertà vigilata, non possono che essere, ai sensi dell’art. 199, quelli espressamente previsti dalla legge e, in particolare, quelli di cui all’art. 231, equiparandosi la commissione di reati durante l’espiazione della misura alla trasgressione degli obblighi imposti, mentre l’art. 208, che regola il riesame della pericolosità alla scadenza del termine della misura di sicurezza applicata, non prevede che il giudice possa applicare, in sede di riesame della pericolosità, una misura più grave di quella già applicata, potendo soltanto disporne un prolungamento qualora risulti che il soggetto, dopo la scadenza del periodo, sia ancora socialmente pericoloso (Sez. 1, 39941/2018).

La misura di sicurezza personale, diversamente dalla pena, ha una durata massima indeterminata  salvi i limiti introdotti dal DL 52/2014, convertito dalla L. 81/2014  ed è sottoposta alla verifica, in concreto, del venir meno della pericolosità sociale del soggetto, in tal senso la sua cessazione conseguendo esclusivamente all’accertamento della sopravvenuta mancanza di tale pericolosità (ex art. 207), fermo restando che la previsione di un periodo minimo di durata delle misure di sicurezza personali e il necessario riesame della pericolosità sociale  effettuato, oltre che alla scadenza di esso, comunque allorquando vi sia ragione di ritenere che il pericolo sia cessato (ex art 208), nell’alveo giurisdizionale e con le garanzie difensive previste anche nel procedimento di sorveglianza  rendono la mancata fissazione di una durata massima (nei limiti in cui essa tuttora persiste, post L. 81/2014) compatibile con il principio dell’inviolabilità della libertà personale (Sez. 1, 42804/2017).

Nell’ipotesi in cui l’internato sia stato trasferito altrove, per l’esecuzione di un periodo di licenza finale di esperimento, il magistrato di sorveglianza competente per i provvedimenti di cui all’art. 208 è, secondo la regola generale di cui all’art. 677 CPP, quello nel cui ambito territoriale insiste l’ospedale psichiatrico dal quale il predetto è stato trasferito e non quello del luogo ove si è svolto l’esperimento finale (Sez. 1, 32766/2016).

La puntuale osservanza della regola posta dall’art. 208 postula una sicura e positiva valutazione della cessazione della pericolosità per fatti sopravvenuti e concludenti, per cui la mancanza di elementi favorevolmente valutabili giustifica la proroga della misura già precedentemente applicata (Sez. 1, 36623/2016).