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Art. 235 - Espulsione od allontanamento dello straniero dallo Stato (1)

1. Il giudice ordina l’espulsione dello straniero ovvero l’allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione europea, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge, quando lo straniero o il cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione europea sia condannato alla reclusione per un tempo superiore ai due anni.

2. Ferme restando le disposizioni in materia di esecuzione delle misure di sicurezza personali, l’espulsione e l’allontanamento dal territorio dello Stato sono eseguiti dal questore secondo le modalità di cui, rispettivamente, all’articolo 13, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e all’articolo 20, comma 11, del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 (2).

3. Il trasgressore dell’ordine di espulsione od allontanamento pronunciato dal giudice è punito con la reclusione da uno a quattro anni. In tal caso è obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto, anche fuori dei casi di flagranza, e si procede con rito direttissimo.

(1) Articolo così sostituito dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 1, DL 92/2008, convertito in legge, con modificazioni, con L. 125/2008.

(2) Comma abrogato dal comma 2 dell’art. 1, L. 94/2009.

Rassegna di giurisprudenza

L’espulsione dello straniero, ovvero l’allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino appartenente ad uno stato membro dell’Unione Europea, può essere ordinata nel caso di condanna alla reclusione per un tempo superiore a due anni (art. 235, co. 1). Nel caso di ritenuta continuazione del reato con altri precedentemente giudicati, va preso in considerazione soltanto l’aumento di pena determinato a norma dell’art. 81 cpv. e non già la pena complessiva rideterminata dal giudice sulla base del precedente giudicato, in quanto l’unificazione legislativa di più reati nel reato continuato va affermata là dove vi sia una disposizione apposita in tal senso o dove la soluzione unitaria garantisca un risultato favorevole al reo, non potendo dimenticarsi che il trattamento di maggior favore per il reo è alla base della ratio del reato continuato (Sez. 5, 34818/2021).

L’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, nel caso di condanna alla pena della reclusione per un tempo superiore a due anni  prevista dall’art. 235, come modificato dal DL 92/2008, convertito, con modifiche, con la L. 125/2008  costituisce una misura di sicurezza personale che trova la sua disciplina generale negli artt. 199 e ss. e può essere ordinata dal giudice solo ove, con congrua e logica motivazione, accerti, alla luce dei criteri posti dall’art. 133, la sussistenza in concreto della pericolosità sociale del condannato, la quale si può manifestare principalmente con la reiterazione dei fatti.

Tale misura si inquadra pacificamente nel "genus" delle misure di sicurezza personali e, a differenza di quella prevista dall’art. 86 DPR 309/1990, non presenta alcun profilo di obbligatorietà essendo rimessa, come le altre misure di sicurezza (il cui regime di applicabilità facoltativa è stabilito in via generale dall’art. 202), alla discrezionalità del giudice che potrà applicarla ogni volta che avrà verificato la sussistenza della pericolosità sociale del reo (Sez. 2, 2245/2018).

L’AG può disporre vari tipi di espulsione. A prescindere da quella a titolo di sanzione sostitutiva e di sanzione alternativa alla detenzione, in questa sede rileva il provvedimento emesso ex art. 235. Esso è disposto dal giudice, dopo la condanna. Si tratta di una misura di sicurezza in senso stretto, di carattere non detentivo, finalizzata al controllo della pericolosità del soggetto e che va eseguita dopo l’espiazione della pena. (esecuzione o estinzione) (art. 211). Si tratta di una misura sensibilmente diversa dalle precedenti di tipo amministrativo (che risultano collegate alla irregolarità della posizione giuridica dello straniero sul territorio dello Stato) o a quelle che sono assunte con funzione alternativa o sostituiva della pena e che rivestono il carattere di modelli, in definitiva, alternativi all’esecuzione penale (Sez. 1, 37305/2018).

L’espulsione prevista dagli artt. 235 e 15 DLGS 25 286/1998 può essere disposta, ricorrendone le condizioni, anche nei confronti dello straniero munito di permesso di soggiorno e convivente con prossimi congiunti di nazionalità italiana, atteso il preminente interesse dello Stato all’allontanamento di una persona che, commettendo reati di una certa gravità, si è rivelata incline a delinquere e, dunque, socialmente pericolosa (Sez. 3, 6707/2016).

L’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, nel caso di condanna alla reclusione per un tempo superiore a due anni, prevista dall’art. 235, costituisce una misura di sicurezza personale di carattere facoltativo applicabile dal giudice solo nel caso in cui, con adeguata motivazione, abbia verificato la sussistenza della pericolosità sociale; pertanto, nel caso in cui tale misura non venga applicata con la sentenza di condanna, è corretto ritenere implicita la valutazione negativa in ordine alla pericolosità del condannato (Sez. 2, 39359/2016).

Deve, tuttavia, considerarsi che la questione concernente l’espulsione del territorio dell’imputato dal territorio dello Stato ai sensi dell’art.86 DPR 309/1990 si atteggia diversamente, in quanto questa misura ha carattere obbligatorio. L’art. 86 dispone che lo straniero condannato per uno dei reati previsti dagli artt. 73, 74 79 e art. 82, commi 2 e 3 del medesimo DPR, a pena espiata, «deve» essere espulso dallo Stato e che lo stesso provvedimento di espulsione può essere adottato nei confronti dello straniero condannato per uno degli altri delitti previsti dal medesimo DPR.

La Corte costituzionale, (sentenza 58/1995) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato art. 86, comma 1, nella parte in cui obbligava il giudice ad emettere senza l’accertamento della sussistenza in concreto della pericolosità sociale, contestualmente alla condanna, l’ordine di espulsione, eseguibile a pena espiata, nei confronti dello straniero condannato per uno dei reati di cui sopra. E la giurisprudenza di legittimità ha più volte chiarito che, non sussistendo, a seguito della sentenza della Corte costituzionale, una presunzione assoluta di pericolosità, la verifica circa la sussistenza della pericolosità sociale del condannato deve essere compiuta alla luce degli elementi indicati dall’art. 133, ed essere assistita da adeguata motivazione (Sez. 4, 46492/2018).

La concreta applicazione della misura dell’espulsione è subordinata all’accertamento della pericolosità sociale dell’imputato straniero, accertamento riservato al giudice di merito ancor prima che al giudice dell’esecuzione, il quale è chiamato a intervenire laddove tale accertamento non sia stato effettuato (Sez. 3, 19530/2015).

In forza del principio che regola la successione di leggi penali nel tempo, la norma codicistica che prevede l’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione dallo Stato dello straniero condannato alla reclusione per un tempo superiore ai due anni non opera in riferimento a fatti criminosi commessi prima della novella del codice apportata dalla L. 125/2008, rispetto ai quali trova invece applicazione la pregressa norma che prescriveva l’indicata misura di sicurezza per gli stranieri condannati alla reclusione per un tempo non inferiore ai dieci anni.

Difatti, la misura prevista dall’art. 235 è compresa tra le misure amministrative di sicurezza che, come è noto, hanno contenuto sostanziale e sono, pertanto, soggette alla regola dettata dall’art. 2 comma 4 (Sez. 2, 24342/2010).