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Art. 231 - Trasgressione degli obblighi imposti

1. Fuori del caso preveduto dalla prima parte dell’articolo 177, quando la persona in stato di libertà vigilata trasgredisce agli obblighi imposti, il giudice può aggiungere alla libertà vigilata la cauzione di buona condotta.

2. Avuto riguardo alla particolare gravità della trasgressione o al ripetersi della medesima, ovvero qualora il trasgressore non presti la cauzione, il giudice può sostituire alla libertà vigilata l’assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro, ovvero, se si tratta di un minore, il ricovero in un riformatorio giudiziario.

Rassegna di giurisprudenza

Rientra nel potere discrezionale del giudice l’apprezzamento dell’accentuarsi della pericolosità sociale in presenza di trasgressioni degli obblighi imposti con la libertà vigilata, e quindi la decisione di aggravamento dell’indicata misura di sicurezza. In particolare, la sostituzione della libertà vigilata con una misura di sicurezza detentiva va disposta anche nell’ipotesi in cui, per accertata irreperibilità, non sia stata possibile la consegna personale al soggetto del provvedimento che gli aveva imposto l’originaria misura di sicurezza (Sez. 1, 3430/2018).

La sostituzione della libertà vigilata con una misura più grave, come l’assegnazione ad una casa di lavoro, non può essere disposta in sede di riesame della pericolosità, se non nel caso in cui l’interessato abbia trasgredito gli obblighi impostigli durante il periodo di sottoposizione alla libertà vigilata, come previsto dall’art. 231. L’aggravamento può essere disposto anche in relazione alla commissione di reati durante il periodo di esecuzione della libertà vigilata, in quanto le prescrizioni sono imposte proprio al fine di evitare le occasioni di nuovi reati (art. 228, comma secondo). Non è necessario poi che le trasgressioni trovino conferma in una sentenza di condanna (Sez. 7, 48742/2017).

In sede di riesame della pericolosità sociale, la sostituzione della libertà vigilata con la più grave misura dell’assegnazione a una casa di lavoro, può essere disposta  in quanto riconducibile a un’ipotesi di trasgressione di obblighi imposti  a seguito di intervenuta condanna, anche non definitiva, del soggetto, a condizione che tale condanna si riferisca a reati commessi durante la effettiva sottoposizione dello stesso alla libertà vigilata, mentre, in assenza di trasgressione agli obblighi imposti, la persistenza della pericolosità accertata in sede di riesame comporta soltanto il prolungamento della misura di sicurezza, senza che possa qualificarsi trasgressione agli obblighi imposti né lo stato di latitanza, in sé e per sé considerato – a meno che non abbia influito direttamente sulla regolare esecuzione della misura , né l’applicazione di una misura di prevenzione, né un’eventuale condanna sopravvenuta, ove essa si riferisca a reati commessi prima della esecuzione della libertà vigilata.

A detti principi deve darsi continuità, poiché gli elementi utilizzabili per formulare un giudizio di accresciuta pericolosità, ai fini della sottoposizione a una misura di sicurezza più grave della libertà vigilata, non possono che essere, ai sensi dell’art. 199, quelli espressamente previsti dalla legge e, in particolare, quelli di cui all’art. 231, equiparandosi la commissione di reati durante l’espiazione della misura alla trasgressione degli obblighi imposti, mentre l’art. 208, che regola il riesame della pericolosità alla scadenza del termine della misura di sicurezza applicata, non prevede che il giudice possa applicare, in sede di riesame della pericolosità, una misura più grave di quella già applicata, potendo soltanto disporne un prolungamento qualora risulti che il soggetto, dopo la scadenza del periodo, sia ancora socialmente pericoloso (Sez. 1, 39941/2018).