x

x

Art. 222 - Ricovero in un manicomio giudiziario

1. Nel caso di proscioglimento per infermità psichica , ovvero per intossicazione cronica da alcool o da sostanze stupefacenti, ovvero per sordomutismo, è sempre ordinato il ricovero dell’imputato in un manicomio giudiziario per un tempo non inferiore a due anni; salvo che si tratti di contravvenzioni o di delitti colposi o di altri delitti per i quali la legge stabilisce la pena pecuniaria o la reclusione per un tempo non superiore nel massimo a due anni, nei quali casi la sentenza di proscioglimento è comunicata all’Autorità di pubblica sicurezza (1).

2. La durata minima del ricovero nel manicomio giudiziario è di dieci anni, se per il fatto commesso la legge stabilisce la pena di morte (2) o l’ergastolo, ovvero di cinque se per il fatto commesso la legge stabilisce la pena della reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a dieci anni (3).

3. Nel caso in cui la persona ricoverata in un manicomio giudiziario debba scontare una pena restrittiva della libertà personale, l’esecuzione di questa è differita fino a che perduri il ricovero nel manicomio.

4. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche ai minori degli anni quattordici o maggiori dei quattordici e minori dei diciotto, prosciolti per ragione di età, quando abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato, trovandosi in alcuna delle condizioni indicate nella prima parte dell’articolo stesso (4).

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 139/1982, ha dichiarato, fra l’altro: a) l’illegittimità del primo comma, nella parte in cui non subordina il provvedimento di ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario dell’imputato prosciolto per infermità psichica, al previo accertamento da parte del giudice della cognizione o della esecuzione della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità medesima al tempo della applicazione della misura; b) non fondate le questioni di legittimità del primo comma, in riferimento all’art. 4, primo e secondo comma Cost., all’art. 27, primo e terzo comma Cost. e all’art. 32, primo e secondo comma, Cost.; con sentenza 324/1998, ha dichiarato, tra l’altro: a) l’illegittimità del primo e secondo comma, nella parte in cui prevedono l’applicazione anche ai minori della misura di sicurezza del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario; b) l’illegittimità del quarto comma; con sentenza 7-11 giugno 1999, n. 228, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità del primo comma, in riferimento agli artt. 3 e 13 Cost.

(2) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita con l’art. 1, DLGS LGT 224/1944 che ad essa ha sostituito la pena dell’ergastolo.

(3) La Corte costituzionale, con sentenza 324/1998, ha dichiarato, tra l’altro: a) l’illegittimità del primo e secondo comma, nella parte in cui prevedono l’applicazione anche ai minori della misura di sicurezza del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario; b) l’illegittimità del quarto comma.

(4) La Corte costituzionale, con sentenza 253/2003, ha dichiarato: a) l’illegittimità dell’articolo 222 del codice penale, nella parte in cui non consente al giudice, nei casi ivi previsti, di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell’infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale; b) non fondata la questione di legittimità dell’art. 219, primo e terzo comma, del codice penale, in riferimento all’art. 3 Cost.

Rassegna di giurisprudenza

La Corte costituzionale con sentenza 253/2003 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 222 (ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario), nella parte in cui non consente al giudice, nei casi ivi previsti, di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell’infermo di mente ed a far fronte alla sua pericolosità sociale.

La Corte costituzionale in motivazione ha censurato «il vincolo rigido imposto al giudice di disporre comunque la misura detentiva (tale è il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario: art. 215, primo comma, n. 3, anche quando una misura meno drastica, e in particolare una misura più elastica e non segregante come la libertà vigilata, che è accompagnata da prescrizioni imposte dal giudice di contenuto non tipizzato (e quindi anche con valenza terapeutica), "idonee ad evitare le occasioni di nuovi reati" (art. 228, secondo comma), appaia capace, in concreto, di soddisfare contemporaneamente le esigenze di cura e tutela della persona interessata e di controllo della sua pericolosità sociale».

Ha evidenziato, inoltre, che per l’infermo di mente "‘l’automatismo di una misura segregante e "totale", come il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, imposta pur quando essa appaia in concreto inadatta, infrange l’equilibrio costituzionalmente necessario e viola esigenze essenziali di protezione dei diritti della persona, nella specie del diritto alla salute di cui all’art. 32 della Costituzione".

Di qui la necessità «di eliminare l’accennato automatismo, consentendo che, pur nell’ambito dell’attuale sistema, il giudice possa adottare, fra le misure che l’ordinamento prevede, quella che in concreto appaia idonea a soddisfare le esigenze di cura e tutela della persona, da un lato, di controllo e contenimento della sua pericolosità sociale dall’altro lato». Alla citata pronuncia è seguita la sentenza 367/2004, che ha dichiarato anche l’illegittimità costituzionale dell’art. 206 (applicazione provvisoria delle misure di sicurezza), nella parte in cui non consente al giudice di disporre, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una misura di sicurezza non detentiva, prevista dalla legge, idonea ad assicurare alla persona inferma di mente cure adeguate ed a contenere la sua pericolosità sociale.

Si ricorda, in proposito, che il primo comma del citato art. 206 prevede l’applicazione provvisoria delle misure di sicurezza, limitandola alle sole misure detentive di natura custodiale-terapeutica (ospedale psichiatrico giudiziario o casa di cura e di custodia), ovvero a quelle minorili (riformatorio giudiziario e libertà vigilata - artt. 36 e ss., DPR 448/1988).

L’ambito applicativo è quindi soggettivamente limitato al minore di età, all’infermo di mente, all’ubriaco abituale, alla persona dedita all’uso di sostanze stupefacenti o in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool o da sostanze stupefacenti. In linea con gli stessi principi sopra enunciati, in altra sentenza (208/2009) la stessa Corte costituzionale ha ribadito che "si deve escludere l’automatismo che impone al giudice di disporre comunque la misura detentiva, anche quando una misura meno drastica, e in particolare una misura più elastica e non segregante come la libertà vigilata, accompagnata da prescrizioni stabilite dal giudice medesimo, si riveli capace, in concreto, di soddisfare contemporaneamente le esigenze di cura e tutela della persona interessata e di controllo della sua pericolosità sociale.

Tale principio, dettato in relazione alla misura del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario, vale anche per l’assegnazione ad una casa di cura e di custodia, che è, a sua volta, misura di sicurezza detentiva e quindi segregante (art. 215, comma secondo, n. 2), sicché ad essa ben si attagliano le conclusioni circa la violazione del principio di ragionevolezza e del diritto alla salute svolte, in particolare, nella sentenza n. 253 del 2003".

Né differenze significative "possono ravvisarsi nella circostanza che la misura di cui all’art. 222 presuppone che il soggetto interessato risulti gravemente infermo di mente, e quindi non sia penalmente responsabile. Come rilevato in dottrina e in giurisprudenza, vi è una sostanziale identità concettuale tra vizio totale e vizio parziale di mente, il cui unico elemento differenziatore consiste nella diversa incidenza quantitativa esercitata sulla capacità d’intendere e di volere, capacità esclusa nell’ipotesi di cui all’art. 88, soltanto diminuita - ma comunque grandemente scemata - nell’ipotesi di cui all’art. 89" (Sez. 5, 51137/2015).

Il provvedimento di ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario (a seguito della sentenza della Corte costituzionale 139/1982 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 222 nella parte in cui non subordina, nel caso di imputato prosciolto perché non imputabile per infermità psichica (art. 88), detto provvedimento al previo accertamento da parte del giudice, della persistente pericolosità sociale derivante da tale infermità al momento della applicazione della misura) non è più applicabile obbligatoriamente ed automaticamente: ne consegue che ove il giudice ritenga di applicare la misura del ricovero in ospedale psichiatrico ovvero una misura diversa (Corte costituzionale, sentenza 253/2003) ha l’obbligo di motivare in ordine alla accertata attuale pericolosità sociale dell’imputato mentre non è richiesta alcuna esplicita motivazione nel caso in cui detta pericolosità sia ritenuta insussistente (Sez. 6, 30517/2015).

Posto che la capacità di intendere e di volere dell’adulto (a differenza di quanto si verifica nel caso del minore ultraquattordicenne), forma oggetto di una vera e propria presunzione, sia pure "juris tantum", l’obbligo di motivazione sul punto, quando la detta capacità sia ritenuta sussistente, va posto in stretta correlazione con la prospettazione, da parte della difesa, di elementi specifici potenzialmente atti a vincere la detta presunzione; attitudine, questa, che può essere riconosciuta solo quando i detti elementi si appalesino idonei a dimostrare l’esistenza di una vera e propria "infermità" la quale, pur non dovendo necessariamente identificarsi in una infermità propriamente "psichica" (come è invece richiesto, non a caso, dagli artt. 219 e 222 ai fini dell’applicazione delle misure di sicurezza ivi previste), deve tuttavia essere caratterizzata (poiché altrimenti non si tratterebbe neppure di "infermità") da inequivocabili connotazioni patologiche, obiettivamente rilevabili, indipendentemente dalla loro classificabilità o meno in una o in un’altra categoria nosologica (Sez. 3, 7222/2016).

Benché al giudice di pace non sia in linea di principio inibita (sussistendo la pericolosità sociale, a norma dell’art. 31 L. 663/1986) l’applicazione di misure di sicurezza personali, occorre rilevare che quella prevista dalla legge, per il caso di proscioglimento per infermità psichica, è, a norma dell’art. 222, la misura detentiva del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario (da eseguire ora, a norma dell’art. 3-ter, comma 4, DL 211/2011, convertito con L. 9/2012, esclusivamente all’interno delle apposite residenze a ciò deputate, denominate R.E.M.S.).

Questa misura, tuttavia, è testualmente esclusa in relazione alle contravvenzioni, ai delitti colposi ed agli altri delitti per i quali la legge stabilisce la pena della multa, ovvero della reclusione per un tempo non superiore nel massimo a due anni; nei quali casi la sentenza di proscioglimento è solo comunicata all’autorità di pubblica sicurezza.

È allora agevole rilevare come, in relazione ai reati attribuiti alla cognizione del giudice di pace, il sistema sanzionatorio delineato dal DLGS 274/2000 preveda pene esclusivamente pecuniarie, che solo in alcune ipotesi ed a determinate condizioni possono essere sostituite da pene «paradetentive»; e finanche queste ultime  a quelle detentive equiparate «per ogni effetto giuridico» dall’art. 58 dello stesso testo legislativo  spaziano nell’ambito di una cornice edittale, i cui limiti massimi risultano, per previsione generale (artt. 53 e 54 DLGS 274), largamente inferiori al «tetto» dei due anni. Si deve pertanto escludere, anche in astratto, l’attuale possibilità di fare applicazione, da parte del giudice di pace, per i reati di sua competenza, della misura di sicurezza detentiva di cui all’art. 222; e quindi anche, in sua sostituzione, di eventuali misure di sicurezza gradate, che fossero stimate adeguate in rapporto alle esigenze di cura e di controllo della pericolosità sociale (Sez. 1, 41218/2018).