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Art. 339 - Circostanze aggravanti

1. Le pene stabilite nei tre articoli precedenti sono aumentate se la violenza o la minaccia è commessa nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero (1) con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte.

2. Se la violenza o la minaccia è commessa da più di cinque persone riunite, mediante uso di armi anche soltanto da parte di una di esse, ovvero da più di dieci persone, pur senza uso di armi, la pena è, nei casi preveduti dalla prima parte dell’articolo 336 e dagli articoli 337 e 338, della reclusione da tre a quindici anni e, nel caso preveduto dal capoverso dell’articolo 336, della reclusione da due a otto anni (2).

3. Le disposizioni di cui al secondo comma si applicano anche, salvo che il fatto costituisca più grave reato, nel caso in cui la violenza o la minaccia sia commessa mediante il lancio o l’utilizzo di corpi contundenti o altri oggetti atti ad offendere, compresi gli artifici pirotecnici, in modo da creare pericolo alle persone (3).

(1) Il riferimento alle manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico è stato inserito dall’art. 7, comma 1, lettera a), DL 53/2019.

(2) Il presente comma era stato modificato dall’art. 7, DL 8/2007. La modifica, consistente nell’aumento da tre a cinque anni della misura minima della pena, non è più prevista dalla nuova formulazione del citato art. 7 dopo la conversione in legge del suddetto decreto (L. 41/2007).

(3) Comma aggiunto dall’art. 7, DL 8/2007.

Rassegna di giurisprudenza

Uso di armi

Per integrare la specifica aggravante ex art. 339 è sufficiente che la minaccia sia posta in essere mediante l’uso di uno strumento atto ad offendere, nel cui novero certamente va ricompresa un’asta di ferro (Sez. 5, 10390/2019).

L’uso o porto fuori della propria abitazione di un’arma giocattolo assume rilevanza penale soltanto se mediante essa si realizzi un diverso reato del quale l’uso o porto di un’arma rappresenti elemento costitutivo o circostanza aggravante, come avviene nei delitti di rapina aggravata (art. 628, comma 3 n. 1, prima ipotesi), di violenza e resistenza aggravata a pubblico ufficiale (art. 339), di estorsione aggravata (art. 629 cpv.), di minaccia aggravata (art. 612 cpv.), o quando venga portato indosso nella commissione del reato di furto. Mantiene dunque rilevanza l’uso di arma giocattolo non riconoscibile come tale (SU, 3394/1992).

La minaccia attuata con l’esibizione di un coltello concreta l’aggravante dell’uso dell’arma ai sensi dell’art. 339 (Sez. 7, 30278/2018).

L’efficacia intimidatoria delle pistole scacciacani deve essere riconosciuta sia per la somiglianza con una vera arma da fuoco, sia per l’effetto sonoro (Sez. 7, 4351/2018).

 

Lancio di corpi contundenti

Anche il lancio di pietre può assumere valenza intimidatoria, avuto riguardo al contesto nel quale la condotta viene tenuta (contesto del tutto negletto dall’imputato). Ciò che rileva è il fine perseguito dall’agente che, se volto esclusivamente a prefigurare la concreta possibilità di cagionare lesioni all’incolumità della persona destinataria della condotta, attribuisce all’azione quella valenza esclusivamente minacciosa che è valorizzata anche dal legislatore per tipizzare la condotta ai sensi dell’art. 612, cpv.

Il secondo comma dell’art. 612, infatti, nel definire i requisiti della gravità della minaccia, afferma esser tale anche quella «fatta in uno dei modi indicati nell’art. 339» e cioè, «la minaccia (...) commessa mediante il lancio o l’utilizzo di corpi contundenti o altri oggetti atti ad offendere (...) in modo da creare pericolo alle persone» (art. 339, comma terzo). Anche per il legislatore, dunque, il lancio di oggetti atti ad offendere (le pietre sono tali) può astrattamente integrare il reato di minaccia (grave) (Sez. 3, 38601/2018).

 

Più persone riunite

L’aggravante prevista dal comma primo dell’art. 339, cioè la violenza o minaccia da più persone riunite, non prevede che le persone debbano essere cinque o più. La norma, infatti, non fa alcun riferimento all’art. 112 e la successiva e specifica previsione contenuta nell’art. 339, comma 2, nel quale si prevede espressamente l’ipotesi in cui la condotta sia posta in essere "da più di cinque persone", conferma tale assunto (Sez. 2, 46798/2018).

Perché ricorra la circostanza aggravante della minaccia commessa da più persone riunite, di cui all’art. 339, richiamato dall’art. 611 cpv. per la sussistenza dell’ipotesi aggravata della violenza o minaccia per costringere a commettere un reato, occorre che la partecipazione di più persone sia percepita dalla vittima al momento della consumazione del reato (Sez. 5, 13611/1990).

In tema di resistenza a pubblico ufficiale l’omessa menzione dell’estremo delle «più persone riunite» ai fini della contestazione dell’aggravante ex art. 339 nel provvedimento di rinvio a giudizio non è causa di nullità allorquando sia richiamato il concetto d’una «collettività», come nel caso di un equipaggio della nave (Sez. 1, 2034/1983).

 

Più di dieci persone

Ai fini della sussistenza della circostanza aggravante della violenza o minaccia commessa da più di dieci persone, di cui all’art. 339, secondo comma, non rileva che alcune di esse siano rimaste non identificate (Sez. 6, 15546/1990).

 

Associazione segreta

In tema di resistenza, minaccia o violenza a pubblico ufficiale, non possono ritenersi mancanti gli elementi individualizzanti della «associazione segreta», ai fini della sussistenza dell’aggravante relativa all’avvalersi «della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni esistenti o supposte» di cui al primo comma dell’art. 339, qualora l’imputato stesso abbia rivendicato, in precedenza, l’appartenenza a specifici gruppi eversivi, e a nulla rilevando il fatto che si sia poi successivamente «dissociato».

Essenziale è, infatti, che il comportamento dell’agente, comunque manifestato, abbia ingenerato nel soggetto passivo un timore di rappresaglia da parte dell’associazione segreta, creduta esistente, di cui l’agente possa o lasci credere di poter determinare l’intervento (Sez. 5, 10941/1987).