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Art. 338 - Violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario (1)

1. Chiunque usa violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario, ai singoli componenti o ad una rappresentanza di esso o ad una qualsiasi pubblica autorità costituita in collegio o ai suoi singoli componenti,

per impedirne, in tutto o in parte, anche temporaneamente, o per turbarne comunque l’attività, è punito con la reclusione da uno a sette anni (2).

2. Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto per ottenere, ostacolare o impedire il rilascio o l’adozione di un qualsiasi provvedimento, anche legislativo, ovvero a causa dell’avvenuto rilascio o adozione dello stesso (3).

3. Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto per influire sulle deliberazioni collegiali di imprese che esercitano servizi pubblici o di pubblica necessità, qualora tali deliberazioni abbiano per oggetto l’organizzazione o l’esecuzione dei servizi.

(1) Rubrica così modificata dall’art. 1, comma 1, lett. c), L. 105/2017.

(2) Comma così modificato dall’art. 1, comma 1, lett. a), L. 105/2017.

(3) Comma inserito dall’art. 1, comma 1, lett. b), L. 105/2017.

Rassegna di giurisprudenza

Ai fini della consumazione del reato di cui all’art. 338, l’idoneità della minaccia deve essere valutata con un giudizio "ex ante", tenendo conto delle circostanze oggettive e soggettive del fatto (Sez. 2, 2476/2017).

Integra il delitto di cui all’art. 338 la minaccia, pure contenuta in un’espressione allusiva, che sia in concreto idonea ad incutere il timore di subire un danno ingiusto, non rilevando se il destinatario resista alla minaccia.

L’idoneità del comportamento intimidatorio deve essere valutata con riguardo alle circostanze di fatto e quindi innanzitutto in relazione al contesto socio-ambientale, sicché anche semplici raccomandazioni o sollecitazioni possono assumere un significato fortemente minaccioso, se inserite in una situazione caratterizzata da rilevanti fenomeni di condizionamento violento o intimidatorio della libertà degli organismi pubblici e delle volontà delle persone (Sez. 6, 3828/2006).

Agli effetti di quanto previsto dall’art. 338 c.p., per «corpo» politico, amministrativo o giudiziario deve intendersi una autorità collegiale che eserciti una delle suddette funzioni, in modo da esprimere una volontà unica tradotta in atti che siano riferibili al collegio e non ai singoli componenti che alla formazione di tale volontà concorrono (Sez. 6, 2636/2000).

Ad integrare il reato di minaccia ad un corpo giudiziario è sufficiente che la minaccia venga indirizzata nei confronti del collegio o di taluni suoi componenti al fine di alterare il normale svolgimento delle funzioni, ma non è necessario che in effetti l’impedimento o il turbamento voluto si siano verificati (Sez. 6, 2810/1995).