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Art. 69 - Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti

1. Quando concorrono insieme circostanze aggravanti e circostanze attenuanti, e le prime sono dal giudice ritenute prevalenti, non si tiene conto delle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti, e si fa luogo soltanto agli aumenti di pena stabiliti per le circostanze aggravanti.

2. Se le circostanze attenuanti sono ritenute prevalenti sulle circostanze aggravanti, non si tiene conto degli aumenti di pena stabiliti per queste ultime, e si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti.

3. Se fra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti il giudice ritiene che vi sia equivalenza, si applica la pena che sarebbe inflitta se non concorresse alcuna di dette circostanze.

4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole, esclusi i casi previsti dall’articolo 99, quarto comma, nonché dagli articoli 111 e 112, primo comma, numero 4), per cui vi è divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti, ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato (1) (2) (3) (3-bis).

[5. In tal caso, gli aumenti e le diminuzioni di pena si operano a norma dell’articolo 63, valutata per ultima la recidiva] (4).

(1) Comma così sostituito prima dall’art. 6, DL 99/1974 e poi dall’art. 3, L. 251/2005. La Corte costituzionale con sentenza 27-28 aprile 1994, n. 168 ha dichiarato, fra l’altro, l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui prevede che nei confronti del minore imputabile sia applicabile la disposizione del primo comma dello stesso articolo 69 in caso di concorso tra la circostanza attenuante di cui all’art. 98 del codice penale e una o più circostanze aggravanti che comportano la pena dell’ergastolo, nonché nella parte in cui prevede che nei confronti del minore stesso siano applicabili le disposizioni del primo e del terzo comma del citato art. 69, in caso di concorso tra la circostanza attenuante di cui all’art. 98 del codice penale e una o più circostanze aggravanti che accedono ad un reato per il quale è prevista la pena base dell’ergastolo; con sentenza 5-15 novembre 2012, n. 251 ha dichiarato l’illegittimità del presente comma, come sostituito dal citato art. 3 della legge 251/2005, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, del codice penale; con sentenza 14-18 aprile 2014, n. 105, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, come sostituito dall’art. 3, L. 251/2005, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 648, secondo comma, cod. pen., sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.; con sentenza 14-18 aprile 2014, n. 106, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, come sostituito dall’art. 3, L. 251/2005, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 609-bis, terzo comma, cod. pen., sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.; con sentenza 24 febbraio-7 aprile 2016, n. 74, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, come sostituito dall’art. 3, L. 251/2005, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 7, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 sulla recidiva reiterata prevista dall’art. 99, quarto comma, cod. pen. La stessa Corte, con sentenza 5-14 giugno 2007, n. 192, ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità del presente comma, in riferimento agli articoli 3, 25, secondo comma, 27, primo e terzo comma, 101, secondo comma, e 111, primo e sesto comma Cost.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 73/2020, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 89 sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all’art. 99, quarto comma.

(3) La Corte costituzionale, con sentenza 55/2021, ha dichiarato  l’illegittimità costituzionale di questo comma nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 116, secondo comma, sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma.

(3-bis) La Corte costituzionale, con sentenza 143/2021, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di questo comma, come sostituito dall’art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del fatto di lieve entità – introdotta con sentenza 68/2012 della stessa Corte costituzionale, in relazione al reato di sequestro di persona a scopo di estorsione, di cui all’art. 630 cod. pen.– sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.

(4) Comma abrogato dall’art. 7, DL 99/1974.

Rassegna di giurisprudenza

Le Sezioni unite, all’esito dell’udienza del 14 luglio 2022, secondo l’informazione fornita dal Servizio novità della Cassazione, al quesito devoluto “se ai fini del sindacato di legittimità della sentenza di applicazione della pena, configuri pena illegale quella determinata a seguito della erronea applicazione del giudizio di comparazione tra circostanze eterogenee in violazione del criterio unitario previsto dall'art. 69, comma terzo, cod.”, hanno fornito soluzione: “Negativa. La pena determinata a seguito dell'erronea applicazione del giudizio di comparazione assume natura illegale solo ove il risultato finale del procedimento di computo sia inosservante dei limiti edittali generali, nonché dei limiti edittali propri delle singole previsioni di reato, restando irrilevanti i passaggi intermedi” (SU, udienza del 14 luglio 2022, informazione provvisoria).

Le circostanze attenuanti che concorrono sia con circostanze aggravanti soggette a giudizio di comparazione ai sensi dell’art. 69 c.p., sia con circostanza che invece non lo ammette in modo assoluto, devono essere previamente sottoposte a tale giudizio e, in caso di ritenuta equivalenza, si applica la pena che sarebbe inflitta -per il reato aggravato da circostanza “privilegiata” - se non ricorresse alcuna di dette circostanze (SU, 42414/2021).

Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (SU, 10713/2010).

E nel giudizio ex art. 69, così come nella determinazione, in misura inferiore a quella massima consentita dalla legge, della riduzione di pena dovuta al giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, il giudice può valorizzare anche i precedenti penali relativi a reati depenalizzati o estinti, trattandosi di fattispecie che rimangono significative di una predisposizione dell’imputato a violare la legge penale (Sez. 4, 54014/2018).

In tema di concorso di circostanze, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra aggravanti ed attenuanti sono censurabili in sede di legittimità soltanto nell’ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico, e non anche qualora risulti sufficientemente motivata la soluzione dell’equivalenza allorché il giudice, nell’esercizio del potere discrezionale previsto dall’art. 69, l’abbia ritenuta la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena in concreto irrogata (Sez. 5, 45298/2018).

Le fattispecie previste nell’art. 12, comma 3, D. Lgs. 286/1998 configurano circostanze aggravanti del reato di pericolo di cui al comma 1 del medesimo articolo. Alla soluzione adottata conseguono effetti sostanziali e processuali, non limitati all’applicabilità del bilanciamento delle circostanze di cui all’art. 69 all’aggravante di cui all’art. 12, comma 3 T.U. immigrazione; si pensi, ad esempio, alla disciplina dell’art. 59, comma 2, che permette l’addebito delle circostanze aggravanti anche per colpa, mentre la qualificazione della norma come fattispecie autonoma di reato presupporrebbe esclusivamente una responsabilità dolosa; si pensi ancora all’ambito delle misure cautelari (SU, 40982/2018).

Quando il giudice d’appello interviene sulla struttura del reato base revisionando il giudizio di bilanciamento tra circostanze lo stesso non è vincolato alla definizione di aumenti per la continuazione omogenei a quelli definiti in primo grado in relazione ad un reato base diverso per gravità, ma deve solo rispettare il limite della pena finale che non può mai essere superiore a quella inflitta in primo grado (Sez. 2, 50949/2017).

In tema di concorso di circostanze, il giudizio di comparazione risulta sufficientemente motivato quando il giudice, nell’esercizio del potere discrezionale previsto dall’art. 69 scelga la soluzione dell’equivalenza, anziché della prevalenza delle attenuanti, ritenendola quella più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto. (Sez. 2, 31531/2017).

La richiesta di riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti, pur costituente “motivo nuovo” contenuto in una memoria tardivamente presentata, non preclude al giudice d’appello la possibilità di effettuare anche d’ufficio il giudizio di comparazione a norma dell’art. 69 (Sez. 3, 18896/2011).

In tema di concorso di circostanze aggravanti ad effetto speciale, la disciplina di cui all’art. 63, comma quarto, si applica integralmente nel caso in cui la recidiva concorre con altra aggravante speciale e rispetto a questa sia stata ritenuta meno grave, con la conseguenza che il giudice, quand’anche la recidiva sia di natura obbligatoria e comporti un aumento predeterminato della pena, può procedere all’ulteriore aumento di pena entro il limite di cui al combinato disposto degli artt. 63, comma quarto, e 64, comma primo (Sez. 2, 2212/2019).

Secondo una pronuncia isolata, l’esclusione delle circostanze aggravanti “privilegiate” dal giudizio di bilanciamento comporta anche l’inoperatività della regola di calcolo ispirata dal favor rei, dettata dall’art. 63, quarto comma, (Sez. 2, 18278/2017). Già in precedenza, tuttavia, le Sezioni unite avevano chiarito che, «L’art. 63 detta le regole per il computo delle circostanze del reato nel corso del giudizio di merito, quando sia affermata la responsabilità dell’imputato. Il secondo comma disciplina l’ipotesi della coesistenza di più circostanze aggravanti comuni ovvero di più circostanze attenuanti comuni (fatti salvi ovviamente i criteri di bilanciamento previsti dall’art. 69 quando concorrano circostanze aggravanti e attenuanti comuni), prevedendo cumulativi incrementi o decrementi della pena per ciascuna circostanza di cui il giudice di merito riconosca la sussistenza (cumulo materiale).

Il quarto e il quinto comma disciplinano le ipotesi della coesistenza, rispettivamente, di circostanze aggravanti o di circostanze attenuanti ad effetto speciale, prevedendo (fermo, anche in questi casi, l’eventuale bilanciamento ex art. 69 tra aggravanti e attenuanti concorrenti) che la pena sia aumentata in relazione alla circostanza aggravante speciale più grave ovvero diminuita in relazione alla «pena meno grave» risultante dalle attenuanti (id est dall’attenuante che preveda una maggiore riduzione della pena), con “facoltà” per il giudice di merito di apportare un aumento o una diminuzione ulteriori della pena per l’altra o le altre circostanze ad effetto speciale (aggravanti o attenuanti) una sola volta, quale che sia il numero delle altre circostanze siffatte, e in misura non eccedente un terzo dell’individuata pena base, come statuisce l’art. 64, primo comma» (SU, 38518/2015).

In conclusione, anche in caso di presenza di una aggravante privilegiata ad effetto speciale in concorso omogeneo con una, o più aggravanti ulteriori ad effetto speciale, opera la regola di calcolo del cumulo giuridico di cui all’art. 63 comma 4: il giudice di merito deve tenere conto della circostanza speciale “più grave” ed eventualmente applicare un aumento di pena non superiore ad un terzo per le ulteriori aggravanti speciali globalmente apprezzate, con la conseguenza che l’ulteriore o le ulteriori aggravanti ad effetto speciale restano «assorbite» nell’omologa circostanza più grave; in questo caso la circostanza aggravante soccombente, che consente al giudice, nella sua discrezionalità sanzionatoria (“può”), di applicare un ulteriore aumento di pena, «si trasforma da circostanza ad effetto speciale in circostanza facoltativa comune», non avendo il legislatore predefinito l’entità della variazione di pena che il giudice può apportare (Sez. 5, 47519/2018).

È circostanza più grave quella connotata dalla pena più alta nel massimo edittale e, a parità di massimo, quella con la pena più elevata nel minimo edittale; l’aumento da irrogare in concreto non può in ogni caso essere inferiore alla previsione del più alto minimo edittale per il caso in cui concorrano circostanze, delle quali l’una determini una pena più severa nel massimo e l’altra più severa nel minimo (SU, 20798/2011).

In ipotesi di concorso tra aggravante privilegiata, ulteriori circostanze aggravanti e attenuanti, occorre procedere prima al giudizio di comparazione ai sensi dell’art. 69 tra circostanze “bilanciabili” e, sul risultato così ottenuto, applicare le ulteriori regole di calcolo dettate per l’aggravante privilegiata.

Anzitutto non è consentito prescindere dalla comparazione tra circostanze disomogenee che siano bilanciabili, altrimenti si perverrebbe al risultato incongruo per cui la sola presenza di una circostanza “privilegiata” determinerebbe una estensione del regime di “privilegio” a tutte le altre circostanze coesistenti, sottraendole al bilanciamento.

In tali termini si sono pronunciate le Sezioni unite (SU, 10713/2010), anche se con riferimento al comportamento di una circostanza attenuante “privilegiata”, affermando il principio per cui: «Qualora sia riconosciuta la circostanza attenuante ad effetto speciale della cosiddetta “dissociazione attuosa”, prevista dall’art. 8 D.L. 13 maggio 1991 n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991 n. 203 e ricorrano altre circostanze attenuanti in concorso con circostanze aggravanti, soggette al giudizio di comparazione, va dapprima determinata la pena effettuando tale giudizio e successivamente, sul risultato che ne consegue, va applicata l’attenuante ad effetto speciale»). La ratio è la stessa anche nel caso di aggravante “privilegiata”, alla quale va trasposto il medesimo principio. In secondo luogo l’applicazione di criteri di bilanciamento degli elementi circostanziali del reato ex art. 69 è pregiudiziale rispetto alla regola di cui all’art. 63 quarto comma.

Tale principio si trova ripetutamente espresso nel corpo motivazionale delle citate Sezioni unite (SU, 38518/2015). Pertanto non può condividersi la decisione (Sez. 4, 45846/2017) la quale ha stabilito che: «In tema di guida in stato di ebbrezza, qualora concorrano le circostanze ad effetto speciale di aver provocato un incidente (art. 186, comma 2-bis, CDS) e di aver commesso il fatto in orario notturno (art. 186, comma 2-sexies, CDS), e il giudice ritenga le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante di cui all’art. 186, comma 2-bis, CDS, non deve operarsi l’aumento previsto per la circostanza meno grave di aver commesso il fatto in orario notturno, sottratta al giudizio di bilanciamento in virtù del disposto di cui all’art. 186, comma 2-septies, CDS, atteso che, in caso di concorso di aggravanti ad effetto speciale, ai sensi dell’art. 63, comma 4, cod. pen., deve trovare applicazione la pena stabilita per quella più grave».

Si deve cioè ritenere che la regola dell’art. 63 quarto comma debba seguire e non precedere il giudizio di comparazione tra circostanze “bilanciabili”. A questo punto, all’esito del giudizio di comparazione tra circostanze “bilanciabili”, si prefigurano tre diversi scenari ai quali, ai fini del successivo passaggio rispetto alla circostanza “privilegiata”, si applicherà la regola propria in rapporto al risultato ottenuto: 1) giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti “bilanciabili”: le diminuzioni di pena opereranno sulla quantità di pena risultante dall’aumento previsto ed applicato per l’aggravante “privilegiata”, detta ultima circostanza opera “pienamente”, cioè senza incontrare il limite stabilito dall’art. 63 quarto comma (Sez. 2, 44155/2014); 2) giudizio di equivalenza: si applicherà la pena con l’aumento per l’aggravante “privilegiata”, anche in tal caso non viene in rilievo il disposto dell’art. 63 quarto comma, posto che una eventuale circostanza più grave di quella “privilegiata” non incide di fatto sulla quantificazione della pena siccome “elisa” dalla, o dalle circostanze di segno opposto; 3) prevalenza delle circostanze aggravanti: torneranno applicabili i commi terzo e quarto dell’art. 63, poiché in tal caso risulta, in concreto, la coesistenza di più circostanze aggravanti tutte di fatto incidenti sulla quantificazione della pena.

Nel caso in cui oltre all’aggravante “privilegiata” sussistano altre aggravanti ad effetto speciale opererà la regola del “cumulo giuridico” di cui all’art. 63 quarto comma, all’esito del quale l’aggravante “privilegiata”, se meno grave, potrebbe risultare recessiva e soccombente (riassunzione dovuta a Sez. 5, 47519/2018).

Va ribadito che, in quanto formalmente circostanza aggravante, alla c.d. continuazione fallimentare debba applicarsi, tra l’altro, anche l’art. 69 e che pertanto, nell’ipotesi in cui vengano contestualmente riconosciute una o più attenuanti, la stessa debba essere posta in comparazione con queste ultime, con la conseguente esclusione della possibilità di irrogare l’aumento di pena previsto dall’art. 219 qualora all’esito del giudizio di bilanciamento la “circostanza” in questione venga ritenuta minusvalente (Sez. 5, 21036/2013, richiamata da Sez. 4, 57428/2018).

In tema di reato continuato, il limite minimo per l’aumento stabilito dalla legge nei confronti dei soggetti per i quali sia stata ritenuta la contestata recidiva reiterata non opera quando il giudice abbia considerato la stessa subvalente alle riconosciute attenuanti, in quanto, in tale ipotesi, la recidiva, pur considerata nel giudizio di bilanciamento, non ha però di fatto potuto paralizzare il loro effetto tipico di riduzione della pena (Sez, 6, 27784/2017).

Ai fini del computo del termine di prescrizione, deve ritenersi “applicata” la recidiva che, nel bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti di cui all’art. 69, produce l’effetto di paralizzare un’attenuante, impedendole di svolgere la sua funzione di concreto alleviamento della pena da irrogare (Sez. 7, 15681/2017).

Il giudizio di equivalenza o di sub-valenza delle circostanze aggravanti rileva soltanto “quoad poenam” e non rende il reato circostanziato perseguibile a querela di parte, ove questa sia prevista soltanto per la sola ipotesi base (Sez. 2, 24754/2015).

Il giudizio di comparazione fissato dall’art. 69 presuppone una valutazione complessiva degli elementi circostanziali, siano essi aggravanti o attenuanti, che trova fondamento nella necessità di giungere alla determinazione del disvalore complessivo dell’azione delittuosa ed è funzionale alla finalità di quantificare la pena nel modo più aderente al caso concreto, mentre non è consentito operare la diminuzione della pena stessa solo per effetto del giudizio di prevalenza dell’attenuante speciale sulla ritenuta recidiva e formulare successivamente il giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e la medesima recidiva già sub valente (Sez. 6, 6/2014).

Il giudizio di comparazione tra circostanze previsto dall’art. 69 ha carattere unitario e non è pertanto consentito operare il bilanciamento tra le attenuanti ed una sola delle aggravanti, dovendosi invece procedere alla simultanea comparazione di tutte le circostanze contestate e ritenute dal giudice (Sez. 6, 12988/2012).

Il nesso di continuazione, presentando caratteristiche e finalità del tutto distinte rispetto alle circostanze del reato, non può mai essere oggetto di giudizio comparativo con le circostanze (Sez. 2, 45046/2011).