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Art. 544-sexies - Confisca e pene accessorie (1)

1. Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 544-ter, 544-quater e 544-quinquies, è sempre ordinata la confisca dell’animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato. È altresì disposta la sospensione da tre mesi a tre anni dell’attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli animali se la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta è pronunciata nei confronti di chi svolge le predette attività. In caso di recidiva è disposta l’interdizione dall’esercizio delle attività medesime.

(1) Articolo inserito dalla L. 189/2004.

Rassegna di giurisprudenza

L’art. 3 della L. 189/2004 ha introdotto, nel corpo delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale, gli artt. 19-ter e 19-quater. Quest’ultima disposizione, rubricata “affidamento degli animali sequestrati o confiscati”, stabilisce che “gli animali oggetto di provvedimenti di sequestro o di confisca sono affidati ad associazioni o enti che ne facciano richiesta individuati con decreto del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro dell’interno”. Inoltre, a mente dell’art. 7 della stessa legge, rubricato “diritti e facoltà degli enti e delle associazioni”, “ai sensi dell’articolo 91 del codice di procedura penale, le associazioni e gli enti di cui all’articolo 19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale perseguono finalità di tutela degli interessi lesi dai reati previsti dalla presente legge”.

E in attuazione dell’art. 19-quater, ATT. CPP, il Ministero della Salute ha emanato il DM. 2 novembre 2006. Ora, secondo quanto affermato in sede di legittimità, il combinato disposto delle due norme non conferisce alle associazioni ed enti individuati con il citato decreto ministeriale, alcun diritto di costituirsi, in esclusiva, quale parte civile nei processi penali relativi ai reati commessi ai danni di animali. Infatti, l’art. 7 della L. 189/2004 riconosce automaticamente, in favore di tali associazioni ed enti (individuate al solo fine di ottenere l’affidamento e la custodia degli animali), l’esistenza della finalità di tutela degli interessi lesi dai reati previsti dalla stessa legge, ma non esclude in alcun modo che tale finalità possa essere perseguita anche da associazioni diverse da quelle così individuate, le quali deducano di aver subito un danno diretto dal reato.

Ciò anche, e soprattutto, ove si consideri che persona danneggiata (legittimata a costituirsi parte civile) e persona offesa (legittimata a esercitare anche le facoltà espressamente previste dal titolo VI del libro primo - parte prima CPP) non sono normativamente sovrapponibili e che mentre l’art. 91 CPP attribuisce agli enti e alle associazioni ivi indicati, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato, l’art. 74 CPP riconosce a chiunque assuma di avere subito un danno in conseguenza del reato, la legittimazione all’azione civile nel processo penale.

Ne consegue che è pienamente ammissibile la costituzione di parte civile di un’associazione, anche non riconosciuta, che avanzi, iure proprio, la pretesa risarcitoria, assumendo di aver subito, per effetto del reato, un danno, patrimoniale o non, consistente nell’offesa all’interesse perseguito dal sodalizio e posto nello statuto quale ragione istituzionale della propria esistenza ed azione, con la conseguenza che ogni attentato a tale interesse si configura come lesione di un diritto soggettivo inerente alla personalità o all’identità dell’ente (SU, 38343/2014). Ciò sul presupposto che determinati organismi abbiano “fatto di un determinato interesse” collettivo “l’oggetto principale della propria esistenza”, tanto che esso sia “diventato elemento interno e costitutivo del sodalizio e come tale ha assunto una consistenza di diritto di soggettivo”.

Nondimeno, perché questo accada è necessario, secondo la giurisprudenza di legittimità, fare riferimento ad una situazione storica determinata, al ruolo concretamente svolto dall’organismo che si costituisce nel giudizio e alla sua capacità di rappresentare, in un contesto ben determinato, gli interessi per la cui tutela si intende esercitare, nel processo penale, l’azione civile. Sul punto, non si può dubitare che un’associazione, la quale, come nel caso di specie, sia statutariamente deputata alla protezione di una determinata categoria di animali (cani), debba riconoscersi come tendenzialmente portatrice degli interessi penalmente tutelati, tra gli altri, dai reati di cui agli artt. 544-bis, 544-ter, 544-quater, 544-quinquies e 727 (Sez. 3, 34095/2006).

In una siffatta ipotesi, infatti, l’ente, per l’attività concretamente svolta e, appunto, per la sua finalità statutaria primaria, coincidente con la tutela dei cani, ovvero degli interessi lesi dai reati contestati, si fa portatore, secondo il ricordato meccanismo di immedesimazione, di una posizione di diritto soggettivo che lo legittima a chiedere il risarcimento dei danni derivati dalle violazioni della legge penale. Nondimeno, onde evitare forme di abnorme dilatazione nella legittimazione alla tutela civilistica, è necessario che vi sia anche una forma di collegamento territoriale tra l’associazione e il luogo in cui l’interesse è stato inciso (Sez. 3, 4562/2018).

Secondo il testuale tenore dell’art. 544-sexies, in caso di condanna o di patteggiamento per uno dei delitti previsti dagli artt. 544-ter, 544-quater e 544-quinquies (si tratta cioè di quei reati contro il sentimento per gli animali di cui al titolo IX-bis del libro secondo del codice penale, introdotti con L. 189/2004, caratterizzati dal fatto che, in esito alla loro perpetrazione, la bestia oggetto delle lesioni fisiche sia comunque rimasta in vita) è sempre ordinata la confisca dell’animale vittima materiale dei reati de quibus, salvo che non risulti che lo stesso sia di proprietà di terzi. La confisca è dunque un provvedimento vincolato (Sez. 3, 14973/2015).