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Art. 416 - Associazione per delinquere

1. Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l’associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette anni.

2. Per il solo fatto di partecipare all’associazione, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.

3. I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.

4. Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie, si applica la reclusione da cinque a quindici anni.

5. La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più.

6. Se l’associazione è diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, nonchè all’articolo 12, comma 3-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si applica la reclusione da cinque a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da quattro a nove anni nei casi previsti dal secondo comma (1).

7. Se l’associazione è diretta a commettere taluno dei delitti previsti dagli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, e 609-undecies, si applica la reclusione da quattro a otto anni nei casi previsti dal primo comma e la reclusione da due a sei anni nei casi previsti dal secondo comma (2).

(1) Comma aggiunto dall’art. 4, L. 228/2003 e poi così modificato dal comma 5 dell’art. 1, L. 94/2009.

(2) Comma aggiunto dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 4, L. 172/2012.

Rassegna di giurisprudenza

Elementi strutturali

…Struttura organizzativa

Non è l’accordo, stretto tra i componenti di uno stesso nucleo familiare, di commettere nel tempo più delitti, espressivi di una comune deliberazione criminosa a costituire il requisito indispensabile dell’associazione per delinquere, ma piuttosto quello dell’organizzazione, sia pure in forma rudimentale. È attraverso l’organizzazione strutturale che i partecipanti si predispongono alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nella consapevolezza di far parte di un sodalizio criminoso durevole e di essere disponibili ad operare per l’attuazione del progetto delinquenziale comune (Sez. 5, 12101/2021).

La  mancanza di prova circa una gerarchia fra i componenti dell’associazione non costituisce elemento ostativo alla sussistenza di detto reato, il cui elemento materiale consiste nell’associarsi di tre o più persone allo scopo di commettere più delitti, senza che sia richiesta una distribuzione gerarchica di funzioni, l’esistenza di un rapporto di subordinazione e la presenza di un capo; evenienza quest’ultima che la norma, al pari dell’esistenza di promotori od organizzatori, considera come eventuale, configurando un’autonoma e più grave fattispecie criminosa (Sez. 3, 19198/2017).

L’associazione a delinquere si caratterizza per tre elementi fondamentali: a) un vincolo associativo, tendenzialmente permanente, o comunque stabile, destinato a durare anche oltre la realizzazione dei delitti concretamente programmati; b) una struttura organizzativa idonea a realizzare gli obiettivi criminosi presi di mira; c) l’indeterminatezza del programma criminoso. Va precisato che i requisiti della stabilità del vincolo associativo e dell’indeterminatezza del programma criminoso possono essere legittimamente desunti dal susseguirsi ininterrotto, per un apprezzabile lasso di tempo, delle condotte integranti i reati-fine ad opera di soggetti stabilmente collegati; nel contempo il vincolo associativo non deve presentare carattere di assoluta stabilità, essendo sufficiente che esso non sia programmaticamente circoscritto alla consumazione di uno o più delitti predeterminati, sicché il rapporto di interazione criminosa può essere limitato anche ad un breve periodo di tempo. Il discrimine tra partecipazione al reato associativo e concorso di persone nel reato continuato va individuato nella natura dell’accordo criminoso, che nel secondo caso si manifesta in via occasionale e temporanea, per quanto funzionale a realizzare la commissione di più reati determinati, commessi i quali le singole volontà non convergono più verso uno scopo unitario; nella partecipazione al reato associativo, invece, l’accordo criminoso persegue il fine di realizzare un più vasto programma di azioni antigiuridiche indeterminate da compiere nell’indistinto futuro e con la permanenza di un vincolo associativo tra i partecipanti, ciascuno dei quali vuole, e tale è considerato dagli altri, essere associato per dare esecuzione al progetto condiviso. In definitiva, è proprio il diverso livello qualitativo dell’accordo tra i soggetti che consente di differenziare i due istituti, entrambi caratterizzati da un collegamento nelle volontà e nelle azioni degli autori del reato, che dà luogo, nel concorso di persone nel reato, ad un’unione occasionale in vista del perseguimento di uno scopo specifico, nel delitto associativo ad un vincolo stabile e duraturo nella comune consapevolezza della sua permanenza anche a prescindere dagli esiti delle iniziative criminose progettate o in corso. Va ribadito, inoltre, che è consentito al giudice, pur nell’autonomia del reato-mezzo rispetto ai reati-fine, dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto - che attraverso gli stessi si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima (Sez. 2, 3492/2019).

L’art. 416 non necessita indefettibilmente di un’organizzazione ai fini della sua configurabilità, ma è indubbio che la giurisprudenza di legittimità richiede in genere la sussistenza di un minimo di strutture organizzate per rendere costituzionalmente orientata l’applicazione di figure di reato di natura associativa ed in particolare in determinati settori come il terrorismo internazionale (Sez. 6, 7129/2019).

La  mancanza di prova circa una gerarchia fra i componenti dell’associazione non costituisce elemento ostativo alla sussistenza di detto reato, il cui elemento materiale consiste nell’associarsi di tre o più persone allo scopo di commettere più delitti, senza che sia richiesta una distribuzione gerarchica di funzioni, l’esistenza di un rapporto di subordinazione e la presenza di un capo; evenienza quest’ultima che la norma, al pari dell’esistenza di promotori od organizzatori, considera come eventuale, configurando un’autonoma e più grave fattispecie criminosa (Sez. 3, 19198/2017).

 

…Dimensioni dell’associazione

Nello schema normativo previsto dall’art. 416-bis non rientrano solo grandi associazioni di mafia ad alto numero di appartenenti ma anche piccole mafie con un basso numero di appartenenti, non necessariamente armate, che assoggettano un determinato territorio o un determinato settore di attività avvalendosi, però, del metodo dell’intimidazione da cui derivano assoggettamento ed omertà. Esistono peraltro anche piccole mafie che pure possono essere riportate al modello di stampo mafioso solo per la metodologia che adottano (Sez. 2, 36111/2017).

 

...La nozione di partecipazione

Nel reato di associazione per delinquere, la condotta di partecipazione consiste nel contributo, apprezzabile e concreto sul piano causale, all'esistenza e al rafforzamento dell'associazione e, quindi, alla realizzazione dell'offesa degli interessi tutelati dalla norma incriminatrice, qualunque sia il ruolo o il compito che il partecipe svolga nell'ambito dell'associazione. L'attività delittuosa conforme al piano associativo costituisce un elemento indiziante di grande rilevanza ai fini della dimostrazione della appartenenza ad essa quando attraverso le modalità esecutive e altri elementi di prova possa risalirsi all'esistenza del vincolo associativo e quando la pluralità delle condotte dimostri la continuità, la frequenza e l'intensità dei rapporti con gli altri associati. In tal senso, anche la partecipazione ad un episodio soltanto dell’attività delittuosa programmata può costituire elemento indiziante dell'appartenenza all'associazione, ma in tal caso il valore di tale indizio è sicuramente ridotto ed è necessario che dalla partecipazione al singolo episodio sia desumibile "l'affectio societas" dell'agente, e che essa sia fonte di penale responsabilità a carico di chi la mette in atto. Quando, infatti, il soggetto abbia fornito un contributo alla realizzazione di un unico episodio rientrante nel programma associativo e a tale contributo non venga riconosciuta rilevanza penale, il valore indiziante ai fini della appartenenza all'associazione diventa minimo ed insufficiente ad un riconoscimento di responsabilità (Sez. 6, 32615/2020)

…Scopi e interessi personali degli associati

Non costituisce di per sé ostacolo per la costituzione del vincolo associativo e la realizzazione del fine comune, la diversità degli scopi personali e degli interessi economici perseguiti dai singoli partecipi (Sez. 2, 52005/2016).

 

…Elemento psicologico

Il dolo del delitto di associazione a delinquere, che è integrato dalla coscienza e volontà di partecipare attivamente alla realizzazione del programma delinquenziale in modo stabile e permanente, può desumersi in modo fortemente indiziante dalla stessa realizzazione dell’attività delittuosa in termini conformi al piano associativo.

Si può risalire al dolo nel caso in cui, attraverso le modalità esecutive e altri elementi di prova, possa risalirsi all’esistenza del vincolo associativo e quando la pluralità delle condotte dimostri l’esistenza di rapporti con alcuni degli associati (in questo senso, la mancata conoscenza tra tutti i diversi partecipanti è elemento circostanziale che non assume alcuna rilevanza in ordine alla sussistenza dell’organizzazione criminale) (Sez. 6, 12538/2019).

 

Circostanze aggravanti

La circostanza aggravante della transnazionalità può applicarsi ai reati fine consumati dai sodali di un’associazione per delinquere anche in caso di immedesimazione tra tale associazione ed il gruppo criminale organizzato transnazionale (Sez. 5, 25663/2018).

Qualifica di organizzatore

In tema di associazione a delinquere, la qualifica di organizzatore spetta a colui che, in autonomia, cura il coordinamento e l’impiego delle strutture e delle risorse associative, nonché reperisce i mezzi necessari alla realizzazione del programma criminoso, ponendo in essere un’attività che assuma i caratteri dell’essenzialità e dell’infungibilità, non essendo invece necessario che lo stesso soggetto sia anche investito di compiti di coordinamento e di direzione dell’attività di altri soggetti (Sez. 5, 6368/2021).

Concorso nei reati-fine

Il concorso nel reato-fine non può essere semplicemente desunto dal ruolo dirigenziale od organizzativo rivestito dal soggetto nell’associazione criminosa, che pur ha assunto quel genere di reato nei fini del sodalizio, né dalla dimestichezza e frequentazione con gli altri aderenti all’associazione stessa (Sez. 5, 6368/2021).

Regole in materia di competenza

La connessione teleologica tra delitto associativo e reati-fine, ai sensi dell’art. 12, comma 1, lett. c), CPP, indefettibilmente postula il riscontro del nesso di strumentalità necessaria, configurabile solo nell’ipotesi in cui risulti che, fin dalla costituzione del sodalizio criminoso o dall’adesione ad esso, i singoli partecipi, nell’ambito del generico programma criminoso, avessero già individuato uno o più specifici fatti di reato, dagli stessi poi effettivamente commessi (Sez. 1, 17100/2019).

In tema di reati associativi la competenza per territorio si determina in relazione alla base ove si svolgono la programmazione, l’ideazione e la direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio, assumendo rilievo non tanto il luogo in cui si è stipulato il pactum sceleris, quanto quello in cui si è effettivamente palesata e realizzata l’operatività della struttura (Sez. 1, 17096/2019).

 

Presunzioni cautelari

Si è in presenza di una duplice presunzione relativa in relazione al titolo di reato associativo, sia per la sussistenza delle esigenze cautelari (an della cautela) che per la scelta della misura (quomodo della stessa) (Sez. 6, 53028/2017). In presenza di tale reato, come rammentato dal Giudice delle leggi (sentenza 231/2011), il giudice deve considerare sussistenti le esigenze cautelari, quante volte non consti la prova della loro mancanza, secondo uno schema di prova di tipo negativo e secondo un modello che, sul piano pratico, si traduce in una marcata attenuazione dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti applicativi della custodia cautelare in carcere e assolve l’obbligo di motivazione dando semplicemente atto dell’inesistenza di elementi idonei a vincere la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari, senza dovere specificamente motivare sul punto; solo nel caso in cui l’indagato, o la sua difesa, abbiano allegato elementi di segno contrario, egli sarà tenuto a giustificare la ritenuta inidoneità degli stessi a superare la presunzione.

La presunzione può essere superata dallo stesso giudice, se dagli atti risultino, ictu oculi, elementi che mettano in evidenza che non sussistono esigenze cautelari (SU, 16/1995). Tra gli elementi che possono privare di valenza la suddetta presunzione si pone il considerevole lasso di tempo intercorrente tra l’emissione della misura e i fatti contestati in via provvisoria all’indagato (Sez. 6, 14957/2019).

 

Criteri di valutazione della prova

In tema di associazione per delinquere, è consentito al giudice, pur nell’autonomia del reato-mezzo rispetto ai reati-fine, dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto che attraverso di essi si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima (SU, 10/2001; Sez. 2, 19435/2016).

 

Captatori informatici per scopi di intercettazione

Limitatamente ai procedimenti per delitti di criminalità organizzata, è consentita l’intercettazione di conversazioni o comunicazioni tra presenti  mediante l’installazione di un captatore informatico in dispositivi elettronici portatili (ad es., personal computer, tablet, smartphone, ecc.)  anche nei luoghi di privata dimora ex art. 614, pure non singolarmente individuati e anche se ivi non si stia svolgendo l’attività criminosa.

Per reati di criminalità organizzata devono intendersi non solo quelli elencati nell’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, CPP, ma anche quelli comunque facenti capo a un’associazione per delinquere, ex art. 416, correlata alle attività criminose più diverse, con esclusione del mero concorso di persone nel reato (SU, 26889/2016).

 

Associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti

In considerazione dell'autonomia tra reato associativo e reato-fine, derivante dal fatto che il primo prescinde dalla commissione degli illeciti oggetto del programma criminoso, la commissione di reati di cui all'art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990, non può, da sola ed automaticamente, costituire prova della commissione del reato associativo di cui all'art. 74 d.P.R. n. 309/1990, costituendo al più indice sintomatico dell'esistenza dell'associazione: tuttavia, è altrettanto vero che, anche il coinvolgimento in un solo reato-fine può integrare l'elemento oggettivo della partecipazione, laddove le connotazioni della condotta dell'agente, consapevolmente servitosi dell'organizzazione per commettere il fatto, ne riveli, secondo massime di comune esperienza, un ruolo specifico in funzione delle dinamiche operative e della crescita criminale dell'associazione (Sez. 3, 1346/2022).

L’associazione di cui all’art. 74 DPR 309/1990 è figura speciale rispetto all’ipotesi base di cui all’art. 416, e si caratterizza per talune peculiarità, le quali non mancano di avere rilevanti ricadute sul piano della configurabilità. In primo luogo, è chiaro che tutti i delitti concernenti le sostanze stupefacenti rientrano senz’altro nella finalità sociale del delitto associativo e, poi, che i reati in materia di commercio dello stupefacente necessitano di una predisposizione di mezzi non particolarmente significativi per il raggiungimento dello scopo, sicché anche l’organizzazione è più agile e meno strutturata essendo sufficiente una minima organizzazione senza necessità di struttura gerarchica e che, ancora, la specificità dell’illecita attività perseguita attraverso l’illecito commercio non richiede, inoltre, a differenza dell’art. 416, alcuna stipula di un patto espresso fra gli associati, essendo, all’evidenza, bastevole condividere l’attività illecita attraverso cui si perpetua nel tempo la vita con mezzi anche rudimentali creati per il perseguimento del fine comune, in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati. Quanto alla partecipazione all’associazione per delinquere finalizzata all’attività di narcotraffico, essa può essere desunta anche dalla commissione di singoli episodi criminosi e che anche il coinvolgimento in un solo episodio non è incompatibile con la partecipazione dell’agente all’organizzazione dedita al narcotraffico, non di meno è indispensabile che siffatta condotta, per le sue connotazioni, come manifestatasi nel caso concreto, sia in grado di attestare, al di là di ogni ragionevole dubbio e secondo massime di comune esperienza, un ruolo specifico della persona, funzionale all’associazione e alle sue dinamiche operative e di crescita criminale, e risultino compiute con l’immanente coscienza e volontà dell’autore di fare parte dell’organizzazione (Sez. 3, 13605/2019).

Ai fini della configurabilità di un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico è necessaria la presenza di tre elementi: a) l’esistenza di un gruppo, i componenti del quale siano aggregati consapevolmente per il compimento di una serie indeterminata di reati in materia di stupefacenti; b) l’organizzazione di attività personali e di beni economici per il perseguimento del fine illecito comune, con l’assunzione dell’impegno di apportarli anche in futuro per attuare il piano permanente criminoso; c) sotto il profilo soggettivo, l’apporto individuale apprezzabile e non episodico di almeno tre associati, che integri un contributo alla stabilità dell’unione illecita. Va, peraltro, chiarito che l’esistenza di una pur minimale struttura organizzativa, sebbene non compaia espressamente tra gli elementi costitutivi del fatto, è implicitamente richiesta alla luce dell’interpretazione della fattispecie associativa in esame, delineata come reato di pericolo e a dolo specifico, in uno con il principio di offensività, nel senso che il mero accordo tra tre o più persone per la commissione di più delitti in materia di stupefacenti non è punibile (semmai integrando l’ipotesi di cui all’art. 115) se ad esso non segue la predisposizione di mezzi e risorse idonei al conseguimento del fine, ossia la realizzazione di più delitti di cui all’art. 73 DPR 309/1990. Va, inoltre, evidenziato che l’elemento distintivo del delitto associativo ex art. 74 DPR 309/1990 rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti va individuato nel carattere stabile dell’accordo criminoso, e, quindi nella presenza di un reciproco impegno alla commissione di una pluralità di reati. Il discrimine tra reato associativo e concorso di persone nel reato continuato di cui all’art. 73 risiede perciò non nel profilo organizzativo, che ben può essere comune in entrambi i casi, ma nel fatto che, con riguardo all’ipotesi di cui agli artt. 110, 81, comma 2, l’accordo criminoso è occasionale e limitato, essendo diretto alla commissione di più reati determinati, ispirati da un unico disegno che li prevede tutti; non così nel delitto associativo, in cui, per un verso, la sussistenza del reato prescinde dalla commissione di reati fine (sempre che, come detto, l’accordo si sia tradotto nella predisposizione di mezzi idonei al conseguimento del programma criminoso), e, per altro verso, il vincolo tra gli associati trascende la realizzazione dei singoli reati scopo del sodalizio (Sez. 3, 16787/2019).

Integra gli estremi costitutivi dell’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti lo svolgimento continuativo, da parte di un nucleo familiare, di un’attività di spaccio presso l’abitazione dotata di una stabile “clientela”, di una rudimentale organizzazione fondata sull’interscambio dei ruoli esecutivi e sulla predisposizione di un nascondiglio funzionale al deposito dello stupefacente nelle pertinenze dell’abitazione nonché di stabili canali di rifornimento (Sez. 5, 6782/2015).

Ai fini della configurazione della condotta di organizzatore in un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, è necessario che il soggetto svolga compiti di coordinamento dell’attività degli associati, in modo da assicurare, attraverso una continua assistenza, la piena funzionalità dell’organismo criminale (Sez. 6, 38240/2018).

In materia di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la partecipazione dell'imputato al sodalizio criminoso può essere desunta anche dalla commissione di singoli episodi criminosi, purché siffatte condotte, per le loro connotazioni, siano in grado di attestare, al di là di ogni ragionevole dubbio e secondo massime di comune esperienza, un ruolo specifico della persona, funzionale all'associazione e alle sue dinamiche operative e di crescita criminale, e risultino compiute con l'immanente coscienza e volontà dell'autore di fare parte dell'organizzazione (Sez. 6, 38393/2021).

La fattispecie associativa prevista dall’art. 74, comma 6, DPR 309/1990 è configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità, predisponendo modalità strutturali ed operative incompatibili con fatti di maggiore gravità e che, in concreto, l’attività associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione dell’art. 73 comma quinto DPR 309/1990 (Sez. 6, 49921/2018).

In tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, il mutamento del rapporto tra fornitore ed acquirente, da relazione di mero reciproco affidamento a vincolo stabile può ritenersi avvenuto solo qualora risulti che la volontà dei contraenti abbia superato la soglia del rapporto sinallagmatico contrattuale, trasformandosi nell'adesione dell'acquirente al programma criminoso, desumibile dalle modalità dall'approvvigionamento continuativo della sostanza dal gruppo, dal contenuto economico delle transazioni, dalla rilevanza obiettiva che l'acquirente riveste per il sodalizio criminale (Sez. 6, 41056/2021).

In presenza di profili strutturali ridotti e di fatti di detenzione, approvvigionamento e spaccio tutti compatibili con la qualificazione in termini di lieve entità, ben potrà attribuirsi tale qualificazione anche all'associazione, a prescindere da una più approfondita verifica del momento genetico e della concreta esclusione a livello programmatico di azioni di maggiore rilievo, mentre in presenza di fatti eccedenti quella soglia, tanto più se coinvolgenti soggetti che abbiano la possibilità di influire sulle determinazioni operative del sodalizio, potrà ragionevolmente presumersi che l'associazione non avesse escluso ma anzi avesse concepito la realizzazione di fatti non di lieve entità, il che varrà a qualificare corrispondentemente il sodalizio, in assenza di prova contraria, da parte di chi abbia interesse, in ordine ad una diversa base progettuale e programmatica e in ordine all'estemporaneità di un'azione di maggior rilievo. (In applicazione di tali principi, la Suprema Corte ha osservato che, per verificare se sussista la fattispecie di cui all'art. 74, comma 6, è necessario innanzitutto accertare che i singoli fatti reato siano di lieve entità, secondo i parametri descritti dall'art. 73, comma 5, DPR 309/1990: è cioè necessario riferirsi ai mezzi, alle modalità, alle circostanze dell'azione ovvero alla quantità e qualità delle sostanze. Influiscono su tale giudizio le concrete articolazioni dell'attività, il modo con cui essa è compiuta, l'intensità e la frequenza, la idoneità a rivolgersi ad una indeterminata clientela relativa ad un ambito territoriale, la capacità di sfuggire all'attività repressiva e di controllo. Ne deriva che se i reati-fine sono qualificati da strategie e modalità insidiose messe a punto dal sodalizio, per entrambi varrà l'esclusione del fatto di lieve entità) (Sez. 6, 8104/2022).

Associazione finalizzata al gioco d'azzardo e alle scommesse on-line

Costituisce un sistema illecito che integra l’associazione di cui all’art. 416 quello basato sulla strutturata e qualificata organizzazione finalizzata all’uso di artifizi e raggiri consistiti, da un lato, nel progettare ed utilizzare siti con estensione “.com”, c.d. gambling on line, collegati a società estere, non autorizzati all’esercizio della raccolta delle scommesse e diffusi – attraverso master e agenti – anche all’interno di agenzie che, parallelamente, utilizzano siti legittimamente autorizzati alla raccolta delle scommesse, i cd. siti “.it”, sì da rendere più difficile la individuazione dei siti illeciti, stante la sovrapponibilità del sistema illecito a quello lecito e, dall’altro lato, nel consentire l’organizzazione del gioco e delle scommesse “da banco per ingenti importi accettando, cioè, direttamente, la conclusione del relativo rapporto contrattuale con la raccolta della posta giocata dal cliente (o la sua promessa) ed il pagamento della eventuale relativa vincita in elusione della normativa di settore, di quella fiscale e di quella anti-riciclaggio (Tribunale di Catania, ufficio GIP, ordinanza 17.11.2018).