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Art. 52 - Impugnazione dei provvedimenti che applicano le misure cautelari

1. Il pubblico ministero e l’ente, per mezzo del suo difensore, possono proporre appello contro tutti i provvedimenti in materia di misure cautelari, indicandone contestualmente i motivi. Si osservano le disposizioni di cui all’articolo 322-bis, commi 1-bis e 2, del codice di procedura penale.

2. Contro il provvedimento emesso a norma del comma 1, il pubblico ministero e l’ente, per mezzo del suo difensore, possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge. Si osservano le disposizioni di cui all’articolo 325 del codice di procedura penale.

Stralcio della relazione ministeriale di accompagnamento al D. Lgs. 231/2001

Quanto al regime delle impugnazioni delle misure cautelari, l’art. 52 prevede un unico strumento avverso tutti i provvedimenti cautelari emessi nei confronti di enti. Si tratti o meno di provvedimenti introduttivi della cautela stessa, ovvero che incidono in seconda battuta sopra una cautela già in atto, il mezzo di impugnazione previsto, sia per la parte pubblica che per l’ente, è quello dell’appello con indicazione contestuale dei motivi.

Mediante il richiamo all’art. 322-bis commi 1-bis e 2 c.p.p., si chiarisce poi che l’organo deputato a conoscere di tale impugnazione è il tribunale “circondariale” in composizione collegiale e che le regole di svolgimento di quell’incidente sono le medesime, in quanto compatibili, che governano l’appello in materia di misure cautelari reali.

Contro le decisioni emesse dal tribunale “circondariale” è poi ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge secondo le modalità e la disciplina di cui all’art. 325 del codice di procedura penale, la cui applicazione è espressamente richiamata dal comma 2 dell’art. 66.”

 

 

Rassegna di giurisprudenza

È ammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 325 CPP, nei confronti del provvedimento con cui è stata rigettata l’istanza di riesame proposta avverso il decreto di sequestro preventivo a fini di confisca, emesso nell’ambito del procedimento per l’accertamento della responsabilità da reato degli enti collettivi (SU, 26654/2008).

Ai sensi dell’art. 52 comma 2, il ricorso per cassazione è ammesso solo contro i provvedimenti del tribunale competente a decidere sull’appello e non anche per contro le ordinanze che applicano all’ente la misura cautelare, tenuto conto che la prescrizione ad osservare “le disposizioni di cui all’art. 325 del codice di procedura penale” è riferita alla disciplina da applicare al ricorso ammesso contro i provvedimenti di cui al comma 1 del medesimo art. 52.

Il richiamo all’art. 325 CPP deve intendersi limitato ai soli commi 3 e 4, i quali disciplinano modalità ed effetti della presentazione del ricorso per cassazione e non anche al comma 2 che introduce, invero, una deroga al comma 1 del medesimo articolo, prevedendo espressamente il ricorso diretto solo contro il decreto di sequestro, che altrimenti non sarebbe stato ammissibile a norma dell’art. 568 comma 2 CPP, non trattandosi di provvedimento sulla libertà personale, ovvero ex art. 569 CPP, limitato alle sole sentenze.

Il ricorso immediato in cassazione previsto dall’art. 325 comma 2 CPP completa ed esaurisce il sistema configurato dalla disciplina codicistica in tema di misure cautelari per la quale il ricorso “per saltum” è ammesso soltanto in alternativa al riesame delle ordinanze cautelari ex art. ex art. 311 comma 2 e, in ogni caso, non anche là dove sia previsto l’appello.

Dunque, l’impugnazione prevista dall’art. 52 contro i provvedimenti che applicano le misure cautelari agli enti collettivi è soltanto l’appello (Sez.6, 37985/2004).

Nel procedimento per l’accertamento dell’illecito amministrativo ex Decreto 231/2001, è inammissibile da parte della Corte di cassazione il sindacato sui vizi della motivazione del provvedimento applicativo di una misura cautelare interdittiva nei confronti dell’ente (Sez. 2, 3615/2005).

 

Art. 322-bis CPP

Anche in caso di mancata tempestiva proposizione da parte dell’interessato della richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare reale, resta intangibile il diritto all’appello ex dell’art. 322-bis, in quanto la mancata richiesta di riesame non preclude la revoca della misura cautelare per la mancanza delle condizioni di applicabilità della stessa, seppur in assenza di fatti sopravvenuti (SU, 46201/2018).

In tema di impugnazioni, allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, a norma dell’art. 568, comma 5, a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l’esistenza di una “voluntas impugnationis”, consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente.

Al riguardo, in particolare, sono stati enunciati i seguenti principii a) se un provvedimento giurisdizionale è impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso dal tipo (unico) legislativamente prescritto e/o proposto dinanzi a giudice incompetente, il giudice adito – prescindendo da qualunque analisi valutativa in ordine alla indicazione di parte, se frutto cioè di errore ostativo o di scelta deliberata – deve limitarsi semplicemente, a norma della regula iuris dettata dall’art. 568, comma 5, a prendere atto della voluntas impugnationis (elemento minimo questo che dà esistenza giuridica all’atto proposto e lascia impregiudicata la sua validità) e a trasmettere gli atti al giudice competente; b) tale fenomeno è dogmaticamente inquadrabile nella categoria dell’esatta qualificazione giuridica dell’atto; c) il potere di procedere a tale qualificazione e di accertare l’esistenza dei requisiti di validità dell’atto è riservato in via esclusiva al giudice competente a conoscere, secondo la previsione del sistema delineato dal codice, sia dell’ammissibilità che della fondatezza dell’impugnazione; d) la trasmissione degli atti al giudice competente non richiede necessariamente un provvedimento giurisdizionale, ma può avvenire anche con un atto di natura meramente amministrativa; e) unico limite all’operatività della menzionata disposizione di cui all’art. 568, comma 5, è costituito dall’inimpugnabilità del provvedimento, la quale concettualmente esclude qualunque possibilità di diversa qualificazione del gravame eventualmente proposto (Sez. 6, 38253/2018).

L’appello cautelare reale è disciplinato, nei suoi presupposti e nelle sue scansioni procedurali, dall’art. 322-bis, non dal successivo art. 324 che riguarda il diverso procedimento di riesame.

L’art. 322-bis richiama, a fini procedurali, il precedente art. 310 che, a sua volta, non prevede l’applicabilità dell’art. 309, commi 5, 9 e 10. Ne consegue che in tema di appello cautelare non trova applicazione il disposto dell’art 309, comma 9 (Sez. 3, 33402/2018).Non possono essere dedotti con l’appello ex art. 322-bis, che è mezzo d’impugnazione residuale rispetto al giudizio di riesame, motivi che avrebbero dovuto essere proposti con tale ultimo mezzo (Sez. 3, 26273/2018).

Non è possibile eccepire con l’appello ex art. 322-bis l’illegittimità del provvedimento del GIP con cui era stato disposto il sequestro preventivo, per mancanza dell’autonoma richiesta del PM, perché questione da sottoporre all’attenzione del Tribunale, in sede di riesame, e non dopo oltre un anno dall’emissione del provvedimento (Sez. 3, 55509/2017).

Tra i provvedimenti suscettibili di ricorso immediato in cassazione non rientra quello che respinge la richiesta di revoca del sequestro.

In tale caso, infatti, l’unico strumento di controllo esperibile è l’appello di cui all’art. 322-bis (Sez. 3, 30065/2018).I provvedimenti del giudice che procede in ordine ai poteri e all’operato dell’amministratore giudiziario, non attenendo all’applicazione o alla modifica del vincolo cautelare, ma alle modalità esecutive ed attuative della misura, non sono impugnabili davanti giudice dell’appello cautelare ex art. 322-bis ma le questioni che ad essi si riferiscono devono essere proposte al giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 666, comma 4 (Sez. 6, 28003/2014).

Il terzo rimasto estraneo al processo, formalmente proprietario del bene già in sequestro, di cui sia stata disposta con sentenza la confisca, può chiedere al giudice della cognizione, prima che la pronuncia sia divenuta irrevocabile, la restituzione del bene e, in caso di diniego, proporre appello dinanzi al tribunale del riesame (SU, 48126/2017).

È immediatamente esecutiva l’ordinanza emessa a norma dell’art. 322-bis dal TDR che, in accoglimento dell’appello del PM, abbia disposto il sequestro preventivo, in quanto la clausola di compatibilità che regola il rinvio alle disposizioni di cui all’art. 310 esclude l’operatività del comma 3 di tale articolo, ai sensi del quale l’efficacia del provvedimento è differita fino alla definitività dello stesso, trattandosi di previsione riferita esclusivamente alla libertà personale (Sez. 3, 32935/2018).

Il titolare di un diritto di credito assistito da garanzia reale su bene sottoposto a sequestro penale può far valere il suo diritto solo in via posticipata davanti al giudice dell’esecuzione penale, a seguito della decisione definitiva sulla confisca; non è invece legittimato a chiedere una tutela in via anticipata, proponendo, durante la pendenza del procedimento penale, istanza di revoca della misura cautelare al fine di poter iniziare o proseguire l’azione esecutiva civile; in definitiva, in tema di sequestro preventivo, il creditore assistito da garanzia reale non è legittimato a chiedere la revoca della misura mentre il processo è pendente né ad avvalersi di impugnazioni, in quanto la sua posizione giuridica non è assimilabile a quella del titolare del diritto di proprietà e il suo diritto di sequela non esclude l’assoggettabilità del bene a vincolo, essendo destinato a trovare soddisfazione solo nella successiva fase della confisca e non attraverso l’immediata restituzione del bene, come invece accadrebbe per il proprietario (Sez. 3, 38755/2018).

 

Art. 325 CPP

La mancanza della procura speciale ai sensi dell’art. 100 delle parti private diverse dall’imputato al difensore non può essere sanata, previa concessione di un termine da parte del giudice, ai sensi dell’art. 182, comma 2, Cod. proc. civ., ma comporta l’inammissibilità dell’impugnazione (Sez. 2, 6611/2013).

Ai sensi dell’art. 325, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (SU, 25932/2008).

Il sindacato demandato alla Corte di Cassazione in materia di sequestro preventivo ha un orizzonte circoscritto, dovendo essere limitato, per espresso disposto normativo, alla assoluta mancanza di motivazione ovvero alla presenza di motivazione meramente apparente.

E la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo altresì di evidenziare con riferimento alla problematica del riesame delle misure cautelari, che il legislatore ha in tal modo inteso sanzionare l’elusione da parte del giudice del riesame del suo compito istituzionale di controllo “in concreto” del provvedimento impugnato, riconducibile alla prescrizione dell’obbligo di motivazione di cui all’art. 125 comma 3, sanzionato a pena di nullità, e dunque deducibile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c).

Deve aggiungersi che la verifica delle condizioni di legittimità della misura, da parte (prima) del Tribunale e (poi) della Corte di legittimità, non può tradursi in un’anticipata decisione della questione di merito, concernente la responsabilità del soggetto indagato, in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria dell’antigiuridicità del fatto (Sez. 2, 38061/2018).

Nel caso di ricorso per Cassazione contro un provvedimento in materia di sequestro preventivo, il procedimento in camera di consiglio deve svolgersi nelle forme dell’art. 127 (SU, 4/1990).

Il ricorso per cassazione proposto dal difensore del terzo interessato avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di riesame relativa a decreto di sequestro preventivo, quando è rilevato il difetto di procura speciale, deve essere dichiarato inammissibile senza che possa trovare applicazione la disciplina della concessione del termine previsto dall’art. 182, comma 2, Cod. proc. civ. per la regolarizzazione del difetto di rappresentanza (Sez. 3, 39077/2013).

Il decreto di sequestro preventivo emesso in via d’urgenza dal PM ai sensi dell’art. 321, comma 3-bis, non è impugnabile. Si tratta, infatti, di un provvedimento avente carattere puramente provvisorio e non ricompreso nell’elencazione di cui all’art. 322-bis  norma non suscettibile di interpretazione analogica, attesa la tassatività dei mezzi di impugnazione  che, come si evince dall’interpretazione letterale della disposizione, con il termine “ordinanza” intende fare chiaro riferimento ai provvedimenti adottati dal giudice e non dal PM e, relativamente a quelli emessi da tale organo, ammette l’appello esclusivamente contro il decreto che dispone la revoca del sequestro (Sez. 3, 49448/2003).

In tema di misure cautelari reali, la Corte di cassazione, qualora ritiene che la competenza territoriale appartenga ad un ufficio giudiziario diverso da quello che procede, deve dichiarare l’incompetenza e disporre la trasmissione degli atti al giudice competente, in applicazione dell’art. 27, che prevede l’inefficacia "differita" del provvedimento di vincolo, previa verifica della sussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora, ma non anche del requisito dell’urgenza, in quanto l’art. 291, comma 2 si applica esclusivamente alle misure cautelari personali (Sez. 3, 27701/2014).

Tra i provvedimenti suscettibili di ricorso immediato in cassazione non rientra quello che respinge la richiesta di revoca del sequestro. In tale caso, infatti, l’unico strumento di controllo esperibile è l’appello di cui all’art. 322-bis (Sez. 3, 30065/2018).

L’articolo 325 consente il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse a norma dell’articolo 322-bis solamente per violazione di legge (Sez. 3, 28748/2018).