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Art. 71 - Impugnazioni delle sentenze relative alla responsabilità amministrativa dell’ente

1. Contro la sentenza che applica sanzioni amministrative diverse da quelle interdittive l’ente può proporre impugnazione nei casi e nei modi stabiliti per l’imputato del reato dal quale dipende l’illecito amministrativo.

2. Contro la sentenza che applica una o più sanzioni interdittive, l’ente può sempre proporre appello anche se questo non è ammesso per l’imputato del reato dal quale dipende l’illecito amministrativo.

3. Contro la sentenza che riguarda l’illecito amministrativo il pubblico ministero può proporre le stesse impugnazioni consentite per il reato da cui l’illecito amministrativo dipende.

Stralcio della relazione ministeriale di accompagnamento al D. Lgs. 231/2001

21. Impugnazioni.

La disciplina delle impugnazioni delle sentenze relative alla responsabilità amministrativa dell’ente, contenuta nella presente sezione, ha tenuto conto di due distinti profili.

Da un lato, l’esigenza di evitare, fin dove possibile, l’insorgere di un possibile contrasto di giudicati tra l’accertamento penale e quello relativo all’illecito amministrativo dipendente dal medesimo reato, modulando la possibilità di impugnare dell’ente in modo simmetrico rispetto a quella riconosciuta all’imputato.

Dall’altro lato, la necessità di garantire all’ente – a prescindere dalle facoltà che l’ordinamento riconosce all’imputato del reato presupposto dell’illecito amministrativo – la più ampia possibilità di impugnare pronunce applicative delle sanzioni interdittive.

Sulla base di questi parametri, l’impugnazione dell’ente (art. 71) è stata così strutturata.

Anzitutto, nei confronti della sentenza che applica sanzioni amministrative diverse da quelle interdittive, l’ente può proporre impugnazione nei casi e nei modi stabiliti per l’imputato del reato dal quale dipende l’illecito amministrativo.

La previsione copre tanto il caso di procedimento cumulativo, per il reato e per l’illecito dell’ente, ed allora nell’impugnazione potrà essere devoluto l’intero oggetto del giudizio, quanto l’ipotesi di trattazione della sola responsabilità dell’ente (derivante da separazione, o in caso di procedimento ab origine relativo al solo illecito amministrativo).

Inoltre, nei confronti della sentenza che applica una o più sanzioni interdittive, l’ente può comunque proporre appello.

E ciò anche se il gravame non è consentito per l’imputato del reato dal quale dipende l’illecito amministrativo.

Si potrebbe obiettare che la disciplina determini, in relazione allo stesso fatto di reato, una asimmetria nelle facoltà di impugnare, a vantaggio dell’ente che in fin dei conti risponde di un illecito amministrativo.

Tuttavia, nel caso in cui l’imputato possa proporre solo ricorso per cassazione e l’ente, invece, possa appellare la sentenza, troverà applicazione il disposto dell’art. 580 c.p.p. Dunque, il ricorso dell’imputato si convertirà, ex lege, in appello: in tal modo, sia pure di riflesso, risultano amplificate anche le possibilità di impugnazione riconosciute all’imputato.

Meno complessa la disciplina relativa alle impugnazioni da parte del pubblico ministero. Contro la sentenza che riguarda l’illecito amministrativo, l’organo dell’accusa può proporre le stesse impugnazioni consentite per il reato da cui l’illecito amministrativo contestato all’ente dipende.

Sempre allo scopo di evitare il più possibile il contrasto di giudicati eterogeneo, ossia tra la pronuncia relativa al reato presupposto e quella che attiene all’illecito dell’ente, è stata dettata una apposita disposizione che attiene all’estensione degli effetti delle impugnazioni presentate dai diversi soggetti (art. 72).

Precisamente, le impugnazioni proposte dall’imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo e quelle proposte dall’ente giovano, rispettivamente, all’ente e all’imputato. Il limite all’effetto estensivo dell’impugnazione è, naturalmente, rappresentato dalla circostanza che le stesse non devono essere fondate su motivi esclusivamente personali.

Il che vuol dire – tenuto conto della struttura complessa dell’illecito dell’ente – che le doglianze dell’imputato, che non attengono alla sussistenza del fatto illecito o ai profili dello stesso che valgono ad escludere la responsabilità dell’ente, ovvero relative all’estinzione del reato per cause diverse dall’amnistia o dalla remissione della querela, non possono riverberarsi a vantaggio dell’ente. Ugualmente, rimarranno confinate nella sfera della rilevanza solo penale le impugnazioni relative all’entità e alla specie della pena inflitta, alle circostanze del reato, alla concessione dei benefici di legge, etc.

Per converso, l’impugnazione dell’ente, nella quale non si contestino i profili relativi al reato, ma ci si dolga dell’imputazione del fatto di reato all’ente o si invochi l’intervenuta prescrizione della sanzione, ovvero si chieda un mutamento della sanzione applicata, non produrrà effetti nei confronti della statuizione relativa all’imputato.

Nonostante la disciplina introdotta, è pur sempre possibile che si verifichi un contrasto di giudicati in relazione all’accertamento della responsabilità penale della persona fisica e della responsabilità amministrativa dell’ente. Per tale ipotesi, l’art. 73 prevede, espressamente, la possibilità di revisione delle sentenze pronunciate nei confronti dell’ente.

Quanto ai presupposti e al procedimento, è stata richiamata la relativa disciplina processuale penale, nei limiti di compatibilità.

Onde evitare possibili dubbi interpretativi, si è chiarito, infine, che al procedimento di accertamento della responsabilità amministrativa dell’ente non sono applicabili le disposizioni del codice di procedura che regolano la riparazione dell’errore giudiziario (che presuppongono la natura penale della condanna e, perlopiù, l’espiazione senza giusto titolo di una pena detentiva o di una misura di sicurezza).”

 

Rassegna di giurisprudenza

L’imputato autore del reato presupposto non è legittimato e non ha interesse ad impugnare, anche nel caso di simultaneus processus, il capo della sentenza relativo all’affermazione della responsabilità ex D. Lgs. 231/2001 dell’ente nel cui interesse o vantaggio lo stesso sia stato commesso.

Quanto alla legittimazione, l’art. 71, nel disciplinare le impugnazioni delle sentenze relative alla responsabilità amministrativa dell’ente, individua inequivocabilmente ed esclusivamente in quest’ultimo il soggetto legittimato a proporle, com’è logico atteso che è anche l’unico soggetto nei cui confronti è destinata a produrre direttamente i propri effetti la decisione oggetto di impugnazione e ad essere applicate le sanzioni amministrative previste dal decreto.

Né rileva in senso contrario quanto stabilito dal successivo art. 72, il quale riproduce sostanzialmente la regola posta dall’art. 587 comma 1 CPP in tema di estensione dei motivi d’impugnazione nel procedimento soggettivamente cumulativo. Infatti che l’ente possa giovarsi dell’impugnazione proposta dall’imputato purchè non fondata su motivi esclusivamente personali (e viceversa), non è certo sintomo della legittimazione dello stesso imputato ad impugnare i capi della sentenza che riguardano l’affermazione della responsabilità della persona giuridica, così come egli non sarebbe legittimato ad impugnare quelli relativi alla posizione di altro imputato.

Quanto invece alla sussistenza dell’interesse all’impugnazione, deve ritenersi che siano affatto irrilevanti le conseguenze economiche indirette o riflesse che potrebbero riverberarsi nella sfera soggettiva del socio o dell’amministratore a seguito dell’irrogazione delle sanzioni previste dal D. Lgs. 231/2001, a maggior ragione quando quest’ultimo vanta personalità giuridica ed è dunque dotato di piena autonomia patrimoniale (Sez. 5, 50102/2015 e, da ultimo, Sez. 2, 35442/2019).