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Art. 21-ter

Visite al minore infermo o al figlio, al coniuge

o convivente affetto da handicap in situazione di gravità

1. In caso di imminente pericolo di vita o di gravi condizioni di salute del figlio minore, anche non convivente, ovvero nel caso in cui il figlio sia affetto da handicap in situazione di gravità, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertata ai sensi dell’articolo 4 della medesima legge, la madre condannata, imputata o internata, ovvero il padre che versi nelle stesse condizioni della madre, sono autorizzati, con provvedimento del magistrato di sorveglianza o, in caso di assoluta urgenza, del direttore dell’istituto, a recarsi, con le cautele previste dal regolamento, a visitare l’infermo o il figlio affetto da handicap grave. In caso di ricovero ospedaliero, le modalità della visita sono disposte tenendo conto della durata del ricovero e del decorso della patologia.

2. La condannata, l’imputata o l’internata madre di un bambino di età inferiore a dieci anni, anche se con lei non convivente, o di figlio affetto da handicap in situazione di gravità, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertata ai sensi dell’articolo 4 della medesima legge, ovvero il padre condannato, imputato o internato, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, sono autorizzati, con provvedimento da rilasciarsi da parte del giudice competente non oltre le ventiquattro ore precedenti alla data della visita e con le modalità operative dallo stesso stabilite, ad assistere il figlio durante le visite specialistiche, relative a gravi condizioni di salute.

2-bis. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche nel caso di coniuge o convivente affetto da handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Rassegna di giurisprudenza

La disciplina dei permessi di visita a prole di minore età in gravi condizioni di salute o affetta da handicap in situazione di gravità di cui all’art. 21-ter non trova applicazione nel caso di figli maggiorenni colpiti da identiche infermità o handicap, atteso il tenore testuale della disposizione (Sez. 1, 32456/2015).

L’art. 21-ter allarga il ventaglio delle opzioni a disposizione della magistratura di sorveglianza per venire incontro alle esigenze che la Costituzione e il legislatore hanno indicato essere degne di tutela; se il detenuto basa la domanda sulla base di una situazione di fatto, il giudice può e deve provvedere alla luce dei vari istituti disponibili (Sez. 1, 52820/2016).

L’art. 2 L. 62/2001 ha inserito l’art. 21-ter, che disciplina le visite al minore infermo ed è articolato in due commi. Il primo comma - che assume rilevanza nel presente procedimento - si riferisce al caso di «imminente pericolo di vita o di gravi condizioni di salute del figlio minore, anche non convivente»; non si stabiliscono ulteriori requisiti di età del minore; in tale ipotesi la madre condannata, imputata o internata, ovvero il padre che versi nelle stesse condizioni della madre (anche a prescindere da una situazione di impossibilità di quest’ultima), dovranno essere autorizzati a recarsi a visitare l’infermo con le cautele previste dal regolamento. Il relativo provvedimento è di competenza del magistrato di sorveglianza o, in caso di assoluta urgenza, del direttore dell’istituto; le modalità della visita dovranno essere stabilite tenendo conto della durata del ricovero e del decorso della patologia. Il secondo comma, si riferisce, invece, alle ipotesi di «visite specialistiche, relative a gravi condizioni di salute» di bambini di età inferiore a dieci anni, anche non conviventi; in tal caso la madre condannata, imputata o internata, ovvero il padre condannato, imputato o internato, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, dovranno essere autorizzati ad assistere il figlio durante le visite, con le modalità operative stabilite dal provvedimento giudiziale, che dovrà essere rilasciato dal «giudice competente» non oltre le ventiquattro ore precedenti alla data della visita. La suesposta regolamentazione, certamente ispirata da finalità umanitarie e dall’intento di consentire ai genitori (anche se detenuti) di assistere i figli minori fuori dell’ambiente carcerario, così come formulata, pone, invero, anche a ragione della sua stessa formulazione letterale, quanto mai sintetica, non pochi problemi interpretativi: sia per quel che attiene l’individuazione del giudice competente (ma ciò solo per quanto attiene l’ipotesi delle visite specialistiche, che non rileva, però, nel presente giudizio), il tipo di procedimento e la forma che deve assumere il provvedimento che lo conclude, sia anche, soprattutto, con riferimento alla possibilità di impugnare un eventuale provvedimento di diniego, questione che specificamente rileva nel presente giudizio (Sez. 1, 10341/2015).

Avverso il diniego dell’autorizzazione a recarsi dal minore infermo, è esperibile un’impugnazione che investa anche il merito della questione decisa in prima istanza (id est la sussistenza dei presupposti per concedere l’autorizzazione) (Sez. 1, 10341/2015).

Riconosciuta la sostanziale riconducibilità dell’autorizzazione ex art. 21-ter - pur con le indubbie sue tipicità, giustificative della diversa collocazione della disposizione - nell’alveo dell’istituto dei permessi di necessità, deve allora ritenersi, nonostante il contenuto predeterminato o vincolato del provvedimento eventualmente concessorio dell’autorizzazione, che allorquando il magistrato di sorveglianza, in base ad una prima sommaria delibazione della richiesta, ritenga che non ricorrano i presupposti per autorizzare la visita, abbia, comunque, il dovere-potere di verificare se la stessa sia accoglibile ai sensi dell’art. 30 (Sez. 1, 10341/2015).