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Art. 34

Perquisizione personale

1. I detenuti e gli internati possono essere sottoposti a perquisizione personale per motivi di sicurezza.

2. La perquisizione personale deve essere effettuata nel pieno rispetto della personalità.

Rassegna di giurisprudenza

L’esigenza di eseguire perquisizioni personali sui detenuti, da parte dell’amministrazione penitenziaria, è connaturale allo stato di detenzione, in quanto finalizzata a impedire che il detenuto - del quale l’amministrazione è responsabile - rechi danno a sé od altri, ovvero commetta reati (Corte costituzionale, sentenza 526/2000).

Il potere di perquisizione dei detenuti “non è senza limiti, né con riguardo ai presupposti, né con riguardo alle modalità del suo esercizio”, e la garanzia del rispetto di tali limiti, sia di quelli “esterni” del potere esercitato che di quelli “interni” inerenti alla congruità dell’atto rispetto al fine cui è diretto, richiede che le misure siano soggette a “pieno controllo giurisdizionale (Corte costituzionale, sentenza 526/2000).

Non è lesivo della dignità umana del detenuto il controllo delle sue scarpe compiuto con il metal detector (Sez. 7, 38365/2019).

Le perquisizioni personali per motivi di sicurezza di cui all’art. 34 sono legittime, rientrando nel sacrificio della libertà personale derivante dallo stato detentivo, a condizione che vengano eseguite nel rispetto dei diritti del detenuto (Sez. 7, 10256/2015).

L’ordinaria perquisizione personale del detenuto, in regime di sorveglianza speciale ex art. 41-bis e quindi già sottoposto a particolari limitazioni e permanenti forme di controllo, è congrua alle finalità di sicurezza richieste in occasione del suo accesso alla sala per le videoconferenze (Sez. 1, 10076/2015).

Non costituisce legittimo impedimento a comparire all’udienza il rifiuto dell’imputato detenuto di sottoporsi, prima dell’ingresso nell’aula delle videoconferenze, a perquisizione (nella specie mediante denudamento), se la perquisizione è legittimamente disposta (Sez. 2, 38766/2006), equivalendo il suo diniego di consentire agli adempimenti previsti dalla legge (nella specie perquisizione in vista della traduzione) a comportamento inequivocabilmente indicativo della volontà di non presenziare all’udienza (Sez. 2, 486/1999), mentre - ai fini del giudizio sull’impedimento a comparire- l’eventuale illegittimità della perquisizione non può essere oggetto di accertamento incidentale nel giudizio di cassazione, implicando valutazioni di fatto, e deve essere accertata nelle competenti sedi giurisdizionali di merito (Sez. 1, 10076/2015).