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Art. 52

Licenza al condannato ammesso al regime di semilibertà

1. Al condannato ammesso al regime di semilibertà possono essere concesse a titolo di premio una o più licenze di durata non superiore nel complesso a giorni quarantacinque all’anno.

2. Durante la licenza il condannato è sottoposto al regime della libertà vigilata.

3. Se il condannato durante la licenza trasgredisce agli obblighi impostigli, la licenza può essere revocata indipendentemente dalla revoca della semilibertà.

4. Al condannato che, allo scadere della licenza o dopo la revoca di essa, non rientra in istituto sono applicabili le disposizioni di cui al precedente articolo.

Rassegna di giurisprudenza

Ai sensi dell’art. 50, l’ammissione al regime di semilibertà è disposta in relazione ai progressi compiuti nel corso del trattamento, quando sussistono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società. L’art. 51 prevede che il provvedimento di semilibertà possa essere revocato in ogni tempo quando il soggetto non si appalesi idoneo al trattamento. Una specifica previsione riguarda le licenze concesse al condannato in regime di semilibertà, che possono essere revocate in caso di trasgressione agli obblighi imposti (art. 52). L’art. 51-ter permette al magistrato di sorveglianza di sospendere in via cautelativa la misura con provvedimento immediatamente esecutivo che decade se la decisione del TDS non interviene entro trenta giorni. Ai fini del giudizio di revoca del beneficio della semilibertà, assumono rilievo le condotte che, per natura, modalità di commissione ed oggetto, siano tali da arrecare grave vulnus al rapporto fiduciario che deve esistere tra il condannato semilibero e gli organi del trattamento, dovendosi valutare se il complessivo comportamento del condannato riveli l’inidoneità al trattamento e quindi l’esito negativo dell’esperimento. Senza dubbio, la revoca del beneficio è giustificata quando il soggetto non si appalesi idoneo al trattamento, ma tale valutazione tendenzialmente è collegata alla violazione di qualche obbligo (non a caso, i commi successivi dell’art. 51 fanno riferimento esclusivamente a condotte assunte in violazione degli obblighi); il giudice ha l’obbligo di accertare se la violazione commessa sia tale da far ritenere che il soggetto sia inidoneo al trattamento e che, quindi, l’esperimento abbia avuto esito negativo, fornendo, in tema, motivazione (Sez. 1, 12832/2017).

Il ravvedimento - senz'altro distinto e non ricavabile dalla mera collaborazione con la giustizia - è un presupposto che afferisce alla sfera intimistica del condannato, da collegarsi ad un concetto di riscatto morale del singolo nonché ad una valutazione globale della personalità del condannato stesso attraverso un giudizio che consideri ogni manifestazione di condotta idonea ad assumere valore sintomatico (Sez, 1, 31221/2020)

L'istituto del permesso premio si caratterizza per la portata più ampia che presenta rispetta al permesso di "necessità" e tende a una più duttile caratterizzazione dell'esecuzione della pena detentiva, attraverso la valorizzazione del suo significato premiale e del particolare tipo di esperienza che lo contraddistingue, che risultano parte integrante del programma di trattamento (art. 30- ter, comma 3), affiancandosi alla funzione premiale in senso proprio di altra valenza schiettamente special-preventiva (Corte. cost. 95/227 e 95/504), funzioni che tendono sinergicamente alla finalità rieducativa, cui l'istituto non risulta affatto estraneo considerando che, ai fini della concessione del permesso premio, il magistrato di sorveglianza deve verificare, oltre ai requisiti della regolare condotta del detenuto e dell'assenza di pericolosità sociale (che corrispondono alla funzione premiale dell'istituto), il profilo della funzionalità rispetto alla cura degli interessi affettivi, culturali e di lavoro del detenuto, acquisendo a tale ultimo riguardo le informazioni necessarie a valutare la coerenza del beneficio con il trattamento complessivo e con le sue finalità di risocializzazione (Nel caso di specie, la Corte, richiamando alcuni precedenti, ha chiarito che, con specifico riguardo al requisito dell'assenza di pericolosità sociale, tale verifica richiede maggiore rigore nei casi di soggetti condannati per reati di particolare gravità e con fine pena lontana nel tempo, in relazione ai quali rileva, in senso negativo, anche la mancanza di elementi indicativi di una rivisitazione critica del pregresso comportamento deviante) (Sez. 1, 31222/2020).