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CAPO VI MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE E REMISSIONE DEL DEBITO

Art. 47

Affidamento in prova al servizio sociale (4)

1. Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato può essere affidato al servizio sociale fuori dell’istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare. (1) (2)

2. Il provvedimento è adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalità, condotta collegialmente per almeno un mese in istituto, se il soggetto è recluso, e mediante l’intervento dell’ufficio di esecuzione penale esterna, se l’istanza è proposta da soggetto in libertà, nei casi in cui si può ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati. (5)

3. L’affidamento in prova al servizio sociale può essere disposto senza procedere all’osservazione in istituto quando il condannato, dopo la commissione del reato, ha serbato comportamento tale da consentire il giudizio di cui al comma 2.

3-bis. L’affidamento in prova può, altresì, essere concesso al condannato che deve espiare una pena, anche residua, non superiore a quattro anni di detenzione, quando abbia serbato, quantomeno nell’anno precedente alla presentazione della richiesta, trascorso in espiazione di pena, in esecuzione di una misura cautelare ovvero in libertà, un comportamento tale da consentire il giudizio di cui al comma 2.

4. L’istanza di affidamento in prova al servizio sociale è proposta, dopo che ha avuto inizio l’esecuzione della pena, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo dell’esecuzione. Quando sussiste un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, l’istanza può essere proposta al magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo di detenzione. Il magistrato di sorveglianza, quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’ammissione all’affidamento in prova e al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione e non vi sia pericolo di fuga, dispone la liberazione del condannato e l’applicazione provvisoria dell’affidamento in prova con ordinanza. L’ordinanza conserva efficacia fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, cui il magistrato trasmette immediatamente gli atti, che decide entro sessanta giorni.

5. All’atto dell’affidamento è redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovrà seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla libertà di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali ed al lavoro.

6. Con lo stesso provvedimento può essere disposto che durante tutto o parte del periodo di affidamento in prova il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato; in particolare sono stabilite prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati.

7. Nel verbale deve anche stabilirsi che l’affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza familiare.

8. Nel corso dell’affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza. Le deroghe temporanee alle prescrizioni sono autorizzate, nei casi di urgenza, dal direttore dell’ufficio di esecuzione penale esterna, che ne dà immediata comunicazione al magistrato di sorveglianza e ne riferisce nella relazione di cui al comma 10.

9. Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita.

10. Il servizio sociale riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto. (3)

11. L’affidamento è revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova.

12. L’esito positivo del periodo di prova estingue la pena detentiva ed ogni altro effetto penale, ad eccezione delle pene accessorie perpetue. Il tribunale di sorveglianza, qualora l’interessato si trovi in disagiate condizioni economiche, può dichiarare estinta anche la pena pecuniaria che non sia stata già riscossa. (6)

12-bis. All’affidato in prova al servizio sociale che abbia dato prova nel periodo di affidamento di un suo concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della sua personalità, può essere concessa la detrazione di pena di cui all’articolo 54. Si applicano gli articoli 69, comma 8, e 69-bis nonché l’articolo 54, comma 3.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 386/1989, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non prevede che nel computo delle pene, ai fini della determinazione del limite dei tre anni, non si debba tener conto anche della pena espiata.

(2) Comma interpretato autenticamente dall’art. 14-bis, DL 306/1992, nel senso che la disposizione ivi contenuta nella parte in cui indica i limiti che la pena inflitta non deve superare perché il condannato possa beneficiare dell’affidamento in prova al servizio sociale, va interpretata nel senso che deve trattarsi della pena da espiare in concreto, tenuto conto anche dell’applicazione di eventuali cause estintive.

(3) La Corte costituzionale, con sentenza 343/1987, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui - in caso di revoca del provvedimento di ammissione all’affidamento in prova per comportamento incompatibile con la prosecuzione della prova - non consente al Tribunale di sorveglianza di determinare la residua pena detentiva da espiare, tenuto conto della durata delle limitazioni patite dal condannato e del suo comportamento durante il trascorso periodo di affidamento in prova.

(4) La Corte Costituzionale, con sentenza 78/2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo, ove interpretato nel senso che allo straniero extracomunitario, entrato illegalmente nel territorio dello Stato o privo del permesso di soggiorno, sia in ogni caso precluso l’accesso alle misure alternative da esso previste.

(5) Comma così modificato dall’art. 7, comma 1, lett. a), D.Lgs. 123/2018.

(6) Comma così modificato dall’art. 1, comma 7, L. 3/2019.

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Art. 47-bis

Affidamento in prova in casi particolari (1)

[1. Se la pena detentiva, inflitta entro il limite di cui al comma 1 dell’art. 47, deve essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, l’interessato può chiedere in ogni momento di essere affidato in prova al servizio sociale per proseguire o intraprendere l’attività terapeutica sulla base di un programma da lui concordato con una unità sanitaria locale o con uno degli enti, associazioni, cooperative o privati di cui all’art. 1-bis del decreto-legge 22 aprile 1985, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1985, n. 297. Alla domanda deve essere allegata certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza e la idoneità, ai fini del recupero del condannato, del programma concordato.

2. Si applica la procedura di cui al comma 4 dell’art. 47 anche se la domanda è presentata dopo che l’ordine di carcerazione è stato eseguito. In tal caso il pubblico ministero o il pretore ordina la scarcerazione del condannato.

3. Il tribunale di sorveglianza, nominato un difensore al condannato che ne sia privo, fissa senza indugio la data della trattazione, dandone avviso al richiedente, al difensore e al pubblico ministero almeno cinque giorni prima. Se non è possibile effettuare la notifica dell’avviso al condannato nel domicilio indicato nella richiesta e lo stesso non compare all’udienza, il tribunale di sorveglianza dichiara inammissibile la richiesta.

4. Ai fini della decisione, il tribunale di sorveglianza può anche acquisire copia degli atti del procedimento e disporre gli opportuni accertamenti in ordine al programma terapeutico concordato, deve altresì accertare che lo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza o l’esecuzione del programma di recupero non siano preordinati al conseguimento del beneficio.

5. Dell’ordinanza che conclude il procedimento è data immediata comunicazione al pubblico ministero o al pretore competente per l’esecuzione, il quale, se l’affidamento non è disposto, emette ordine di carcerazione.

6. Se il tribunale di sorveglianza dispone l’affidamento, tra le prescrizioni impartite devono essere comprese quelle che determinano le modalità di esecuzione del programma. Sono altresì stabilite le prescrizioni e le forme di controllo per accertare che il tossicodipendente o l’alcooldipendente prosegue il programma di recupero. L’esecuzione della pena si considera iniziata dalla data del verbale di affidamento.

7. L’affidamento in prova al servizio sociale non può essere disposto, ai sensi del presente articolo, più di due volte.

8. Si applica, per quanto non diversamente stabilito, la disciplina prevista dalla presente legge per la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale.]

(1) Articolo abrogato dall’art. 3, comma 1, L. 165/1998.

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Art. 47-ter

Detenzione domiciliare (1)

01. La pena della reclusione per qualunque reato, ad eccezione di quelli previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, e dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e dall’articolo 4-bis della presente legge, può essere espiata nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza, quando trattasi di persona che, al momento dell’inizio dell’esecuzione della pena, o dopo l’inizio della stessa, abbia compiuto i settanta anni di età purché non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza né sia stato mai condannato con l’aggravante di cui all’articolo 99 del codice penale. (1-bis)

1. La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell’arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza ovvero, nell’ipotesi di cui alla lettera a), in case famiglia protette, quando trattasi di:

a) donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente; (2)

b) padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole;

c) persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali;

d) persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente;

e) persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.

[1.1. Al condannato, al quale sia stata applicata la recidiva prevista dall’ articolo 99, quarto comma, del codice penale, può essere concessa la detenzione domiciliare se la pena detentiva inflitta, anche se costituente parte residua di maggior pena, non supera tre anni.] (3) 

1-bis. La detenzione domiciliare può essere applicata per l’espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1 quando non ricorrono i presupposti per l’affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati. La presente disposizione non si applica ai condannati per i reati di cui all’articolo 4-bis.

1-ter. Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite di cui al comma 1, può disporre la applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, termine che può essere prorogato. L’esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare. (4)

1-quater. L’istanza di applicazione della detenzione domiciliare è rivolta, dopo che ha avuto inizio l’esecuzione della pena, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo di esecuzione. Nei casi in cui vi sia un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, l’istanza di detenzione domiciliare di cui ai precedenti commi 01, 1, 1-bis e 1-ter è rivolta al magistrato di sorveglianza che può disporre l’applicazione provvisoria della misura. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 47, comma 4.

1-quinquies. Nei confronti dei detenuti per uno dei delitti previsti dall’articolo 51, comma 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale o sottoposti al regime previsto dall’articolo 41 -bis , il tribunale o il magistrato di sorveglianza, prima di provvedere in ordine al rinvio dell’esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 o 147 del codice penale con applicazione della detenzione domiciliare, ai sensi del comma 1 -ter , o alla sua proroga, chiede il parere del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza e, nel caso di detenuti sottoposti al regime previsto dall’articolo 41-bis , anche quello del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo in ordine all’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto. I pareri sono resi al magistrato di sorveglianza e al tribunale di sorveglianza nel termine, rispettivamente, di due giorni e di quindici giorni dalla richiesta. Salvo che ricorrano esigenze di motivata eccezionale urgenza, decorsi detti termini, il magistrato o il tribunale di sorveglianza procedono comunque anche in assenza dei pareri. (5)

[2. La detenzione domiciliare non può essere concessa quando è accertata l’attualità di collegamenti del condannato con la criminalità organizzata o di una scelta di criminalità.] (6)

[3. Se la condanna di cui al comma 1 deve essere eseguita nei confronti di persona che trovasi in stato di libertà o ha trascorso la custodia cautelare, o la parte terminale di essa, in regime di arresti domiciliari, si applica la procedura di cui al comma 4 dell’articolo 47] (7)

4. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne fissa le modalità secondo quanto stabilito dal secondo comma dell’articolo 284 del codice di procedura penale. Determina e impartisce altresì le disposizioni per gli interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la detenzione domiciliare.

[4-bis. Nel disporre la detenzione domiciliare il tribunale di sorveglianza, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte delle autorità preposte al controllo, può prevedere modalità di verifica per l’osservanza delle prescrizioni imposte anche mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 275-bis del codice di procedura penale.] (8)

5. Il condannato nei confronti del quale è disposta la detenzione domiciliare non è sottoposto al regime penitenziario previsto dalla presente legge e dal relativo regolamento di esecuzione. Nessun onere grava sull’amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l’assistenza medica del condannato che trovasi in detenzione domiciliare.

6. La detenzione domiciliare è revocata se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione delle misure.

7. Deve essere inoltre revocata quando vengono a cessare le condizioni previste nei commi 1, 1 bis e 1-ter. (9)

8. Il condannato che, essendo in stato di detenzione nella propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati nel comma 1, se ne allontana, è punito ai sensi dell’art. 385 del codice penale. Si applica la disposizione dell’ultimo comma dello stesso articolo. (10)

9. La condanna per il delitto di cui al comma 8, salvo che il fatto non sia di lieve entità, importa la revoca del beneficio.

9-bis. Se la misura di cui al comma 1-bis è revocata ai sensi dei commi precedenti la pena residua non può essere sostituita con altra misura.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 414/1991, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui non prevede che la reclusione militare sia espiata in detenzione domiciliare quando trattasi di persona in condizioni di salute particolarmente gravi che richiedono costanti contatti con i presidi sanitari territoriali.

(1-bis) La Corte costituzionale, con sentenza 56/2021, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, limitatamente alle parole "né sia stato mai condannato con l’aggravante di cui all’articolo 99 del codice penale".

(2) La Corte Costituzionale, con sentenza 177/2009, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della seconda parte della presente lettera.

(3) Comma abrogato dal DL 78/2013, convertito con modifiche nella L. 94/2013.

(4) La Corte costituzionale, con sentenza 99/2019, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 47-ter, comma 1-ter, nella parte in cui non prevede che, nell’ipotesi di grave infermità psichica sopravvenuta, il tribunale di sorveglianza possa disporre l’applicazione al condannato della detenzione domiciliare anche in deroga ai limiti di cui al comma 1 del medesimo art. 47-ter.

(5) Questo comma è stato introdotto dall'art. 2, comma 1, lettera b), del DL 28/2020.

(6) Comma abrogato dal DL 152/1991, convertito con modifiche nella L. 203/1991.

(7) Comma abrogato dalla L. 165/1998.

(8) Comma abrogato dal DL 146/2013, convertito con modifiche nella L. 10/2014.

(9) Il riferimento all'art. 1-ter è stato introdotto dall'art. 1 del DL 29/2020.

(10) La Corte Costituzionale, con sentenza 177/2009, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non limita la punibilità ai sensi dell’art. 385 del codice penale al solo allontanamento che si protragga per più di dodici ore, come stabilito dall’art. 47-sexies, comma 2, della presente L. 354/1975, sul presupposto, di cui all’art. 47-quinquies, comma 1, della medesima legge, che non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti.

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Art. 47-quater

Misure alternative alla detenzione

nei confronti dei soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria

1. Le misure previste dagli articoli 47 e 47-ter possono essere applicate, anche oltre i limiti di pena ivi previsti, su istanza dell’interessato o del suo difensore, nei confronti di coloro che sono affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell’articolo 286-bis, comma 2, del codice di procedura penale e che hanno in corso o intendono intraprendere un programma di cura e assistenza presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell’assistenza ai casi di AIDS.

2. L’istanza di cui al comma 1 deve essere corredata da certificazione del servizio sanitario pubblico competente o del servizio sanitario penitenziario, che attesti la sussistenza delle condizioni di salute ivi indicate e la concreta attuabilità del programma di cura e assistenza, in corso o da effettuare, presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell’assistenza ai casi di AIDS.

3. Le prescrizioni da impartire per l’esecuzione della misura alternativa devono contenere anche quelle relative alle modalità di esecuzione del programma.

4. In caso di applicazione della misura della detenzione domiciliare, i centri di servizio sociale per adulti svolgono l’attività di sostegno e controllo circa l’attuazione del programma.

5. Nei casi previsti dal comma 1, il giudice può non applicare la misura alternativa qualora l’interessato abbia già fruito di analoga misura e questa sia stata revocata da meno di un anno.

6. Il giudice può revocare la misura alternativa disposta ai sensi del comma 1 qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto a misura cautelare per uno dei delitti previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale, relativamente a fatti commessi successivamente alla concessione del beneficio.

7. Il giudice, quando non applica o quando revoca la misura alternativa per uno dei motivi di cui ai commi 5 e 6, ordina che il soggetto sia detenuto presso un istituto carcerario dotato di reparto attrezzato per la cura e l’assistenza necessarie.

8. Per quanto non diversamente stabilito dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’articolo 47-ter.

9. Ai fini del presente articolo non si applica il divieto di concessione dei benefici previsto dall’articolo 4-bis, fermi restando gli accertamenti previsti dai commi 2, 2-bis e 3 dello stesso articolo.

10. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle persone internate.

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Art. 47-quinquies

Detenzione domiciliare speciale (1)

1. Quando non ricorrono le condizioni di cui all’articolo 47-ter, le condannate madri di prole di età non superiore ad anni dieci, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli, possono essere ammesse ad espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e alla assistenza dei figli, dopo l’espiazione di almeno un terzo della pena ovvero dopo l’espiazione di almeno quindici anni nel caso di condanna all’ergastolo, secondo le modalità di cui al comma 1-bis. (2)

1-bis. Salvo che nei confronti delle madri condannate per taluno dei delitti indicati nell’articolo 4-bis, l’espiazione di almeno un terzo della pena o di almeno quindici anni, prevista dal comma 1 del presente articolo, può avvenire presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri ovvero, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti o di fuga, nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e all’assistenza dei figli. In caso di impossibilità di espiare la pena nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora, la stessa può essere espiata nelle case famiglia protette, ove istituite. (3)

2. Per la condannata nei cui confronti è disposta la detenzione domiciliare speciale, nessun onere grava sull’amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l’assistenza medica della condannata che si trovi in detenzione domiciliare speciale.

3. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare speciale, fissa le modalità di attuazione, secondo quanto stabilito dall’articolo 284, comma 2, del codice di procedura penale, precisa il periodo di tempo che la persona può trascorrere all’esterno del proprio domicilio, detta le prescrizioni relative agli interventi del

servizio sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la misura. Si applica l’articolo 284, comma 4, del codice di procedura penale.

4. All’atto della scarcerazione è redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto deve seguire nei rapporti con il servizio sociale.

5. Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita; riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto.

6. La detenzione domiciliare speciale è revocata se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione della misura.

7. La detenzione domiciliare speciale può essere concessa, alle stesse condizioni previste per la madre, anche al padre detenuto, se la madre è deceduta o impossibilitata e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre.

8. Al compimento del decimo anno di età del figlio, su domanda del soggetto già ammesso alla detenzione domiciliare speciale, il tribunale di sorveglianza può:

a) disporre la proroga del beneficio, se ricorrono i requisiti per l’applicazione della semilibertà di cui all’articolo 50, commi 2, 3 e 5;

b) disporre l’ammissione all’assistenza all’esterno dei figli minori di cui all’articolo 21-bis, tenuto conto del comportamento dell’interessato nel corso della misura, desunto dalle relazioni redatte dal servizio sociale, ai sensi del comma 5, nonché della durata della misura e dell’entità della pena residua.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 187/2019, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 58-quater, commi 1, 2 e 3, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui detti commi, nel loro combinato disposto, prevedono che non possa essere concessa, per la durata di tre anni, la detenzione domiciliare speciale, prevista dall’art. 47-quinquies della stessa legge n. 354 del 1975, al condannato nei cui confronti è stata disposta la revoca di una delle misure indicate nel comma 2 dello stesso art. 58-quater; ha dichiarato inoltre, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale dell’art. 58-quater, commi 1, 2 e 3, della legge n. 354 del 1975, nella parte in cui detti commi, nel loro combinato disposto, prevedono che non possa essere concessa, per la durata di tre anni, la detenzione domiciliare, prevista dall’art. 47-ter, comma 1, lettere a) e b), della stessa legge n. 354 del 1975, al condannato nei cui confronti è stata disposta la revoca di una delle misure indicate al comma 2 dello stesso art. 58-quater, sempre che non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 18/2020, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma nella parte in cui non prevede la concessione della detenzione domiciliare speciale anche alle condannate madri di figli affetti da handicap grave ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), ritualmente accertato in base alla medesima legge.

(3) La Corte costituzionale, con sentenza 76/2017, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, limitatamente alle parole «Salvo che nei confronti delle madri condannate per taluno dei delitti indicati nell’articolo 4-bis».

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Art. 47-sexies

Allontanamento dal domicilio senza giustificato motivo

1. La condannata ammessa al regime della detenzione domiciliare speciale che rimane assente dal proprio domicilio, senza giustificato motivo, per non più di dodici ore, può essere proposta per la revoca della misura.

2. Se l’assenza si protrae per un tempo maggiore la condannata è punita ai sensi dell’articolo 385, primo comma, del codice penale ed è applicabile la disposizione dell’ultimo comma dello stesso articolo.

3. La condanna per il delitto di evasione comporta la revoca del beneficio.

4. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano al padre detenuto, qualora la detenzione domiciliare sia stata concessa a questi, ai sensi dell’articolo 47-quinquies, comma 7.

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Art. 48

Regime di semilibertà (1)

1. Il regime di semilibertà consiste nella concessione al condannato e all’internato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale.

2. I condannati e gli internati ammessi al regime di semilibertà sono assegnati in appositi istituti o apposite sezioni autonome di istituti ordinari e indossano abiti civili.

[La concessione della semilibertà non è ammessa nei casi di cui al secondo comma dell’art. 47. (2)]

(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 78/2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo, ove interpretato nel senso che allo straniero extracomunitario, entrato illegalmente nel territorio dello Stato o privo del permesso di soggiorno, sia in ogni caso precluso l’accesso alle misure alternative da esso previste.

(2) Comma abrogato dall’art. 29, L. 663/1986.

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Art. 49

Ammissione obbligatoria al regime di semilibertà (1)

[Sono espiate in regime di semilibertà le pene detentive derivanti dalla conversione di pene pecuniarie, sempreché il condannato non sia affidato in prova al servizio sociale o non sia ammesso al lavoro alle dipendenze di enti pubblici.]

(1) Articolo abrogato dall’art. 110, L. 689/1981.

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Art. 50

Ammissione alla semilibertà (1)

1. Possono essere espiate in regime di semilibertà la pena dell’arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale.

2. Fuori dei casi previsti dal comma 1, il condannato può essere ammesso al regime di semilibertà soltanto dopo l’espiazione di almeno metà della pena ovvero, se si tratta di condannato per taluno dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell’art. 4-bis, di almeno due terzi di essa. L’internato può esservi ammesso in ogni

tempo. Tuttavia, nei casi previsti dall’art. 47, se mancano i presupposti per l’affidamento in prova al servizio sociale, il condannato per un reato diverso da quelli indicati nel comma 1 dell’art. 4-bis può essere ammesso al regime di semilibertà anche prima dell’espiazione di metà della pena.

3. Per il computo della durata delle pene non si tiene conto della pena pecuniaria inflitta congiuntamente a quella detentiva.

4. L’ammissione al regime di semilibertà è disposta in relazione ai progressi compiuti nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società.

5. Il condannato all’ergastolo può essere ammesso al regime di semilibertà dopo avere espiato almeno venti anni di pena.

6. Nei casi previsti dal comma 1, se il condannato ha dimostrato la propria volontà di reinserimento nella vita sociale, la semilibertà può essere altresì disposta successivamente all’inizio dell’esecuzione (2)

della pena. Si applica l’articolo 47, comma 4, in quanto compatibile.

7. Se l’ammissione alla semilibertà riguarda una detenuta madre di un figlio di età inferiore a tre anni, essa ha diritto di usufruire della casa per la semilibertà di cui all’ultimo comma dell’art. 92 del decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431.

(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 78/2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo, ove interpretato nel senso che allo straniero extracomunitario, entrato illegalmente nel territorio dello Stato o privo del permesso di soggiorno, sia in ogni caso precluso l’accesso alle misure alternative da esso previste.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 74/2020, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui non consente al magistrato di sorveglianza di applicare in via provvisoria la semilibertà, ai sensi dell’art. 47, comma 4, in quanto compatibile, anche nell’ipotesi prevista dal terzo periodo del comma 2 dello stesso art. 50.

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Art. 50-bis

Concessione della semilibertà ai recidivi (1)

[La semilibertà può essere concessa ai detenuti, ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma, del codice penale, soltanto dopo l’espiazione dei due terzi della pena ovvero, se si tratta di un condannato per taluno dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell’articolo 4-bis della presente legge, di almeno tre quarti di essa.]

(1) Articolo abrogato dall’art. 2, comma 1, lett. c), DL 78/2013, convertito, con modificazioni, dalla L. 94/2013.

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Art. 51

Sospensione e revoca del regime di semilibertà

1. Il provvedimento di semilibertà può essere in ogni tempo revocato quando il soggetto non si appalesi idoneo al trattamento.

2. Il condannato, ammesso al regime di semilibertà, che rimane assente dall’istituto senza giustificato motivo, per non più di dodici ore, è punito in via disciplinare e può essere proposto per la revoca della concessione.

3. Se l’assenza si protrae per un tempo maggiore, il condannato è punibile a norma del primo comma dell’art. 385 del codice penale ed è applicabile la disposizione dell’ultimo capoverso dello stesso articolo.

4. La denuncia per il delitto di cui al precedente comma importa la sospensione del beneficio e la condanna ne importa la revoca.

5. All’internato ammesso al regime di semilibertà che rimane assente dall’istituto senza giustificato motivo, per oltre tre ore, si applicano le disposizioni dell’ultimo comma dell’art. 53.

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Art. 51-bis

Sopravvenienza di nuovi titoli di privazione della libertà

1. Quando, durante l’esecuzione di una misura alternativa alla detenzione, sopravviene un titolo esecutivo di altra pena detentiva, il pubblico ministero competente ai sensi dell’articolo 655 del codice di procedura penale informa immediatamente il magistrato di sorveglianza formulando contestualmente le proprie richieste. Il magistrato di sorveglianza, tenuto conto del cumulo delle pene, se rileva che permangono le condizioni di applicabilità della misura in esecuzione, ne dispone con ordinanza la prosecuzione; in caso contrario, ne dispone la cessazione e ordina l’accompagnamento del condannato in istituto. (1)

2. Avverso il provvedimento di cui al comma 1 è ammesso reclamo ai sensi dell’articolo 69-bis.

(1) Comma così sostituito dall’art. 5, comma 1, lett. a), D.Lgs. 123/2018.

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Art. 51-ter

Sospensione cautelativa delle misure alternative (1)

1. Se la persona sottoposta a misura alternativa pone in essere comportamenti suscettibili di determinarne la revoca, il magistrato di sorveglianza, nella cui giurisdizione la misura è in esecuzione, ne dà immediata comunicazione al tribunale di sorveglianza affinché decida in ordine alla prosecuzione, sostituzione o revoca della misura.

2. Nell’ipotesi di cui al comma 1, il magistrato di sorveglianza può disporre con decreto motivato la provvisoria sospensione della misura alternativa e ordinare l’accompagnamento in istituto del trasgressore. Il provvedimento di sospensione perde efficacia se la decisione del tribunale non interviene entro trenta giorni dalla ricezione degli atti.

(1) Articolo così così sostituito dall’art. 5, comma 1, lett. b), D.Lgs. 123/2018.

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Art. 51-quater

Disciplina delle pene accessorie in caso di concessione di misure alternative (1)

1. In caso di applicazione di una misura alternativa alla detenzione, sono eseguite anche le pene accessorie, salvo che il giudice che ha concesso la misura, tenuto conto delle esigenze di reinserimento sociale del condannato, ne disponga la sospensione.

2. In caso di revoca della misura, ove disposta l’applicazione delle pene accessorie ai sensi del comma 1, l’esecuzione ne viene sospesa, ma il periodo già espiato è computato ai fini della loro durata.

(1) Articolo inserito dall’art. 6, comma 1, D.Lgs. 123/2018.

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Art. 52

Licenza al condannato ammesso al regime di semilibertà

1. Al condannato ammesso al regime di semilibertà possono essere concesse a titolo di premio una o più licenze di durata non superiore nel complesso a giorni quarantacinque all’anno.

2. Durante la licenza il condannato è sottoposto al regime della libertà vigilata.

3. Se il condannato durante la licenza trasgredisce agli obblighi impostigli, la licenza può essere revocata indipendentemente dalla revoca della semilibertà.

4. Al condannato che, allo scadere della licenza o dopo la revoca di essa, non rientra in istituto sono applicabili le disposizioni di cui al precedente articolo.

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Art. 53

Licenze agli internati

1. Agli internati può essere concessa una licenza di sei mesi nel periodo immediatamente precedente alla scadenza fissata per il riesame di pericolosità.

2. Ai medesimi può essere concessa, per gravi esigenze personali o familiari, una licenza di durata non superiore a giorni quindici; può essere inoltre concessa una licenza di durata non superiore a giorni trenta, una volta all’anno, al fine di favorirne il riadattamento sociale.

3. Agli internati ammessi al regime di semilibertà possono inoltre essere concesse, a titolo di premio, le licenze previste nel primo comma dell’articolo precedente.

4. Durante la licenza l’internato è sottoposto al regime della libertà vigilata.

5. Se l’internato durante la licenza trasgredisce agli obblighi impostigli, la licenza può essere revocata indipendentemente dalla revoca della semilibertà.

6. L’internato che rientra in istituto dopo tre ore dallo scadere della licenza, senza giustificato motivo, è punito in via disciplinare e, se in regime di semilibertà, può subire la revoca della concessione.

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Art. 53-bis

Computo del periodo di permesso o licenza

1. Il tempo trascorso dal detenuto o dall’internato in permesso o licenza è computato a ogni effetto nella durata delle misure restrittive della libertà personale, salvi i casi di mancato rientro o di altri gravi comportamenti da cui risulta che il soggetto non si è dimostrato meritevole del beneficio. In questi casi sull’esclusione dal computo decide, con decreto motivato, il magistrato di sorveglianza.

2. Avverso il decreto può essere proposto dall’interessato reclamo al tribunale di sorveglianza secondo la procedura di cui all’art. 14-ter. Il magistrato che ha emesso il provvedimento non fa parte del collegio.

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Art. 54

Liberazione anticipata

1. Al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione è concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata. A tal fine è valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare o di detenzione domiciliare.

2. La concessione del beneficio è comunicata all’ufficio del pubblico ministero presso la corte d’appello o il tribunale che ha emesso il provvedimento di esecuzione o al pretore se tale provvedimento è stato da lui emesso.

3. La condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell’esecuzione successivamente alla concessione del beneficio ne comporta la revoca. (1)

4. Agli effetti del computo della misura di pena che occorre avere espiato per essere ammessi ai benefici dei permessi premio, della semilibertà e della liberazione condizionale, la parte di pena detratta ai sensi del comma 1 si considera come scontata. La presente disposizione si applica anche ai condannati all’ergastolo.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 186/1995, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui prevede la revoca della liberazione anticipata nel caso di condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell’esecuzione successivamente alla concessione del beneficio anziché stabilire che la liberazione anticipata è revocata se la condotta del soggetto, in relazione alla condanna subita, appare incompatibile con il mantenimento del beneficio.

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Art. 55

Interventi del servizio sociale nella libertà vigilata

1. Nei confronti dei sottoposti alla libertà vigilata, ferme restando le disposizioni di cui all’art. 228 del codice penale, il servizio sociale svolge interventi di sostegno e di assistenza al fine del loro reinserimento sociale.

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Art. 56

Remissione del debito (1)

[1. Il debito per le spese di procedimento e di mantenimento è rimesso nei confronti dei condannati e degli internati che si trovano in disagiate condizioni economiche e hanno tenuto regolare condotta ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 30-ter. La relativa domanda può essere proposta fino a che non sia conclusa la procedura per il recupero delle spese.]

(1) Articolo abrogato dall’art. 299, comma 1, DPR 115/2002 a decorrere dall’1 luglio 2002. L’istituto della remissione del debito è oggi disciplinato dall’art. 6 del medesimo DPR (intitolato allo stesso modo), di cui si riporta il testo qui di seguito:

"1. Se l’interessato non è stato detenuto o internato, il debito per le spese del processo è rimesso nei confronti di chi si trova in disagiate condizioni economiche e ha tenuto una regolare condotta in libertà.

2. Se l’interessato è stato detenuto o internato, il debito per le spese del processo e per quelle di mantenimento è rimesso nei confronti di chi si trova in disagiate condizioni economiche e ha tenuto in istituto una regolare condotta, ai sensi dell’articolo 30 ter, comma 8, della legge 26 luglio 1975, n. 354.

3. La domanda, corredata da idonea documentazione, è presentata dall’interessato o dai prossimi congiunti, o proposta dal consiglio di disciplina, di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, al magistrato competente, fino a che non è conclusa la procedura per il recupero, che è sospesa se in corso”.

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Art. 57

Legittimazione alla richiesta di misure (1)

1. Le misure alternative e quelle di cui agli articoli 30, 30-ter, 52, 53 e 54 nonché all’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, possono essere richieste dal condannato, dall’internato, dai loro prossimi congiunti, dal difensore, ovvero proposte dal gruppo di osservazione e trattamento.

(1) Articolo così sostituito dall’ art. 7, comma 1, lett. b), D.Lgs. 123/2018.

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Art. 58

Comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza

1. Dei provvedimenti previsti dal presente capo ed adottati dal magistrato o dalla sezione di sorveglianza, è data immediata comunicazione all’autorità provinciale di pubblica sicurezza a cura della cancelleria.

2. Alle attività di controllo partecipa, ove richiesta, la polizia penitenziaria, secondo le indicazioni del direttore dell’ufficio di esecuzione penale esterna e previo coordinamento con l’autorità di pubblica sicurezza.

3. Tali attività riguardano esclusivamente l’osservanza delle prescrizioni inerenti alla dimora, alla libertà di locomozione, ai divieti di frequentare determinati locali o persone e di detenere armi. (1)

4. Le attività di controllo sono svolte con modalità tali da garantire il rispetto dei diritti dell’interessato e dei suoi familiari e conviventi, da recare il minor pregiudizio possibile al processo di reinserimento sociale e la minore interferenza con lo svolgimento di attività lavorative. (1)

(1) Comma aggiunto dall’art. 8, comma 1, D.Lgs. 123/2018.

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Art. 58-bis

Iscrizione nel casellario giudiziale (1)

[Nel casellario giudiziale sono iscritti i provvedimenti della sezione di sorveglianza relativi alla irrogazione e alla revoca delle misure alternative alla pena detentiva.]

(1) Articolo abrogato dall’art. 52, comma 1, DPR 313/2002.

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Art. 58-ter

Persone che collaborano con la giustizia

1. I limiti di pena previsti dalle disposizioni del comma 1 dell’art. 21, del comma 4 dell’art. 30-ter e del comma 2 dell’art. 50, concernenti le persone condannate per taluno dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell’art. 4-bis, non si applicano a coloro che, anche dopo la condanna, si sono adoperati per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero hanno aiutato concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura degli autori dei reati. (1)

2. Le condotte indicate nel comma 1 sono accertate dal tribunale di sorveglianza, assunte le necessarie informazioni e sentito il pubblico ministero presso il giudice competente per i reati in ordine ai quali è stata prestata la collaborazione.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 253/2019, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1, nella parte in cui non prevede che, ai detenuti per i delitti di cui all’art. 416-bis del codice penale e per quelli commessi  avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo  ovvero  al  fine  di agevolare l’attività delle associazioni in  esso  previste,  possano essere concessi permessi premio anche in  assenza  di  collaborazione con la giustizia a norma dell’art. 58-ter del medesimo ordinamento penitenziario, allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti. Ha inoltre dichiarato in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1, nella parte in cui non prevede che ai detenuti per i delitti ivi contemplati, diversi da quelli di cui all’art. 416-bis cod. pen. e da quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, possano essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia a norma dell’art.  58-ter, allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti.

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Art. 58-quater

Divieto di concessione di benefici

1. L’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio, l’affidamento in prova al servizio sociale, nei casi previsti dall’articolo 47, la detenzione domiciliare e la semilibertà non possono essere concessi al condannato che sia stato riconosciuto colpevole di una condotta punibile a norma dell’articolo 385 del codice penale.

2. La disposizione del comma 1 si applica anche al condannato nei cui confronti è stata disposta la revoca di una misura alternativa ai sensi dell’art. 47, comma 11, dell’art. 47-ter, comma 6, o dell’art. 51, primo comma. (1)

3. Il divieto di concessione dei benefici opera per un periodo di tre anni dal momento in cui è ripresa l’esecuzione della custodia o della pena o è stato emesso il provvedimento di revoca indicato nel comma 2.

4. I condannati per i delitti di cui agli articoli 289-bis e 630 del codice penale che abbiano cagionato la morte del sequestrato non sono ammessi ad alcuno dei benefici indicati nel comma 1 dell’art. 4-bis se non abbiano effettivamente espiato almeno i due terzi della pena irrogata o, nel caso dell’ergastolo, almeno ventisei anni. (3)

5. Oltre a quanto previsto dai commi 1 e 3, l’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI non possono essere concessi, o se già concessi sono revocati, ai condannati per taluni dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell’art. 4-bis, nei cui confronti si procede o è pronunciata condanna per un delitto doloso punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, commesso da chi ha posto in essere una condotta punibile a norma dell’art. 385 del codice penale ovvero durante il lavoro all’esterno o la fruizione di un permesso premio o di una misura alternativa alla detenzione.

6. Ai fini dell’applicazione della disposizione di cui al comma 5, l’autorità che procede per il nuovo delitto ne dà comunicazione al magistrato di sorveglianza del luogo di ultima detenzione dell’imputato.

7. Il divieto di concessione dei benefici di cui al comma 5 opera per un periodo di cinque anni dal momento in cui è ripresa l’esecuzione della custodia o della pena o è stato emesso il provvedimento di revoca della misura.

7-bis. L’affidamento in prova al servizio sociale nei casi previsti dall’articolo 47, la detenzione domiciliare e la semilibertà non possono essere concessi più di una volta al condannato al quale sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma, del codice penale. (2)

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 436/1999, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui si riferisce ai minorenni.

(2) La Corte Costituzionale, con sentenza 79/2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non prevede che i benefici in esso indicati possano essere concessi, sulla base della normativa previgente, nei confronti dei condannati che, prima della entrata in vigore della legge n. 251 del 2005, abbiano raggiunto un grado di rieducazione adeguato ai benefici richiesti.

(3) La Corte costituzionale, con sentenza 149/2018, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui si applica ai condannati all’ergastolo per il delitto di cui all’art. 630 del codice penale che abbiano cagionato la morte del sequestrato e, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nella parte in cui si applica ai condannati all’ergastolo per il delitto di cui all’art. 289-bis del codice penale che abbiano cagionato la morte del sequestrato.

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Art. 58-quinquies

Particolari modalità di controllo nell’esecuzione della detenzione domiciliare

1. Nel disporre la detenzione domiciliare, il magistrato o il tribunale di sorveglianza possono prescrivere procedure di controllo anche mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, conformi alle caratteristiche funzionali e operative degli apparati di cui le Forze di polizia abbiano l’effettiva disponibilità. Allo stesso modo può provvedersi nel corso dell’esecuzione della misura. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 275-bis del codice di procedura penale.

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