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Conferenza di servizi: tutela degli interessi ambientali e qualificati e superamento del dissenso

La composizione del dissenso manifestato in sede di conferenza di servizi dalle amministrazioni preposte alla tutela degli interessi qualificati specificati dall’art. 14-quater della Legge n. 241/1990 – ambientali, paesaggistico-territoriali, del patrimonio storico–artistico, della salute e della pubblica incolumità - è l’aspetto della disciplina generale dell’istituto che ha subito le maggiori modifiche normative nel corso degli anni.

Di tali categorie di interessi, quelli ambientali richiedono senz'altro la maggiore attenzione, dato che la conferenza di servizi è il momento procedimentale dove maggiore è la considerazione del particolare valore che essi assumono, il laboratorio privilegiato per l’analisi della ponderazione procedimentale rafforzata di cui godono.

Anche se il meccanismo di superamento del dissenso non riguarda soltanto la tutela degli interessi a protezione rafforzata, il particolare regime applicabile al dissenso espresso dalle amministrazioni preposte alla cura di tali interessi rappresenta una delle principali deroghe a tutela dell’ambiente – forse la più importante – alle ordinarie esigenze di semplificazione perseguite mediante la conferenza di servizi.

La versione iniziale dell’art. 14 ha uno spessore davvero molto scarno, constando di solo quattro commi (1) rispetto agli oltre trenta attuali (2). Tanto la conferenza istruttoria quanto quella decisoria sono prefigurate quali strumenti ad utilizzazione solo eventuale, dove l’effetto sostitutivo riguarda solo gli atti endoprocedimentali e si produce solo se vi concordano «tutte le amministrazioni intervenute».

Si prevede poi un sistema di silenzio assenso con dissenso postumo e un regime derogatorio per le amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sensibili, tra cui quelli ambientali. Per contro, non è previsto alcun meccanismo di superamento del dissenso, contemplandosi dunque un sistema deliberativo unanimitario fonte di frequenti blocchi procedimentali.

Nel complesso, nel formalizzare i risultati cui erano giunte la prassi amministrativa e la disciplina di settore antecedenti, il legislatore delinea uno strumento dai contorni non definiti nitidamente e connotato da indubbi elementi di rigidità (3).

Fin dalla formulazione originaria della Legge n. 241/1990, la tutela degli interessi ambientali – che non è presente in nessuno dei tre disegni di legge presentati sul procedimento amministrativo ma viene aggiunta nel corso dei lavori parlamentari (4) – si profila subito come un profilo derogatorio alle esigenze di semplificazione in relazione al sistema del silenzio–assenso con dissenso postumo.

La norma parla di «amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico–territoriale e della salute dei cittadini», usando «un’espressione non facilmente interpretabile nella sua genericità. Forse con essa si vuole alludere ad ogni ente od organo, monocratico o collegiale, chiamato a rilasciare, nel corso del procedimento amministrativo, atti inerenti alla protezione dell’ambiente, del paesaggio e della salute».

In realtà, «tale formula sembra volutamente molto lata, in modo da estendere il più possibile l’esclusione dell’operatività del tacito assenso nell'ambito della conferenza di servizi qualora si debbano tutelare i valori di cui agli artt. 9 e 32 Cost.» (5).

Con la prima modifica, operata dalla Lrgge n. 537/1993, l’imprecisione della formula secondo cui le determinazioni concordate «tengono luogo» degli atti endoprocedimentali richiamati viene sostituita dalla formula secondo cui «le determinazioni concordate nella conferenza sostituiscono a tutti gli effetti i concerti, le intese, i nullaosta e gli assensi richiesti».

La novella legislativa introduce anche un comma 2-bis che non richiede più la necessità di un’approvazione all'unanimità, un sistema che si era trasformato in una fonte di veti opposti e che aveva determinato un ricorso non particolarmente frequente a tale istituto, cui ora si cerca di rimediare prevedendo un potere sostitutivo statale in caso di mancato raggiungimento dell’unanimità (6).

Non viene però istituito ancora alcun collegamento tra gestione del dissenso e tutela degli interessi ambientali. Si stabilisce ora che, «qualora nella conferenza sia prevista l’unanimità per la decisione e questa non venga raggiunta, le relative determinazioni possono essere assunte dal Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Tali determinazioni hanno il medesimo effetto giuridico dell’approvazione all'unanimità in sede di conferenza di servizi».

La previsione di un univoco potere sostitutivo statale, quale strumento di superamento del dissenso, suscita subito diverse critiche, a partire dal fatto di riguardare non l’intero procedimento ma solo una fase di esso. Particolarmente controversa è la circostanza che esso operi anche nei casi in cui il soggetto promuovente non sia un’amministrazione statale, perché in tal caso l’intervento governativo sposta il processo decisionale al livello superiore a quello a cui appartengono gli interessi della conferenza, con conseguenti dubbi di costituzionalità per possibile lesione dell’autonomia regionale e locale. Inoltre, se il presupposto per la sua attivazione è la previsione dell’unanimità per la decisione, sorgono dubbi e perplessità che vi siano casi in cui la conferenza decida a maggioranza (7).

Con la Legge n. 127/1997 l’intervento sostitutivo viene quindi sottratto al soggetto statale e trasferito all'amministrazione agente, sia pure in via facoltativa, perché adesso «nel caso in cui una amministrazione abbia espresso, anche nel corso della conferenza, il proprio motivato dissenso, l’amministrazione procedente può assumere la determinazione di conclusione positiva del procedimento dandone comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, ove l’amministrazione procedente o quella dissenziente sia una amministrazione statale; negli altri casi la comunicazione è data al presidente della regione ed ai sindaci».

Residua al Presidente del Consiglio dei Ministri solo un potere sospensivo della decisione finale, nel qual caso la conferenza può essere riconvocata o si riprende l’iter del procedimento amministrativo ordinario, ma da esercitarsi entro trenta giorni dall'approvazione della determinazione finale, pena la sua esecutività.

Di particolare rilevanza ai nostri fini, il regime differenziato di tutela per gli interessi a protezione rinforzata viene per la prima volta collegato al meccanismo di superamento del dissenso, perché, qualora il motivato dissenso alla conclusione del procedimento sia espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute dei cittadini, l’amministrazione procedente può richiedere al Presidente del Consiglio dei Ministri l’adozione della determinazione conclusiva, a meno che non sia intervenuta una precedente valutazione di impatto ambientale negativa.

Si assiste dunque ad un mutamento rispetto alla configurazione iniziale del regime derogatorio per gli interessi a tutela rinforzata, essendo emerso come, nella sua formulazione incondizionata, il regime di eccezione accordato a tali interessi dalla Legge n. 241/1990 era tale da renderli quasi estranei ai propositi di semplificazione e razionalizzazione dei procedimenti caratterizzanti la riforma. In effetti, esso aveva il risultato indiretto di rendere la normativa ambientale quasi un “diritto speciale”, estraniando

la stessa funzione di tutela ambientale dal processo di modernizzazione dell’amministrazione in ragione dei superiori interessi costituzionali che legittimano il regime derogatorio (8).

Peraltro, oltre che come auspicabile fine di un potere di veto delle amministrazioni preposte alla cura degli interessi sensibili, la modifica è stata oggetto anche di riserve e perplessità, sembrando sottendere un «significato apparente» ed un «significato reale».

Ora, il «significato apparente» è appunto che l’amministrazione procedente può adottare ugualmente la determinazione finale solo se il dissenso è stato espresso da un organo preposto alla cura di un interesse pubblico a tutela ordinaria, mentre la manifestazione del dissenso proveniente da un organo preposto alla cura di un interesse pubblico a tutela rinforzata determina l’intervento sostitutivo del Presidente del Consiglio dei Ministri e l’assunzione della decisione con deliberazione collegiale del Consiglio dei Ministri.

Per contro, il «significato reale» è che agli interessi a tutela ordinaria è accordata una protezione superiore di quella tributata agli interessi a tutela rinforzata. Mentre, infatti, il dissenso espresso da amministrazioni preposte alla cura di questi ultimi può essere sempre superato attivando il potere sostitutivo del Presidente del Consiglio dei Ministri e l’adozione collegiale della deliberazione, il dissenso manifestato da un’amministrazione preposta alla cura di un interesse a tutela ordinaria resta insuperabile qualora il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Regione o il Sindaco, a seconda delle competenze, si sia avvalso della facoltà di sospendere il provvedimento finale ugualmente emanato dall’amministrazione procedente (9), che si risolve nel potere tanto di bloccare l’efficacia del provvedimento adottato dall’autorità procedente quanto di sostituire la determinazione finale della conferenza con un proprio atto (10).

Di particolare rilevanza per gli interessi ambientali, la Legge n. 340/2000 opera un’ulteriore intensificazione del regime diversificato di protezione degli interessi a tutela rinforzata, prevedendo ora che, qualora il motivato dissenso sia espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico–territoriale, del patrimonio storico–artistico o della salute, la decisione è rimessa dall'amministrazione procedente al Consiglio dei Ministri, ove l’amministrazione dissenziente o quella procedente sia un’amministrazione statale, ovvero ai competenti organi collegiali esecutivi degli enti territoriali, nelle altre ipotesi (art. 14–quater, comma 3).

Peraltro, la giurisprudenza ha specificato subito i limiti della rimessione attinenti ai rapporti tra maggioranza e minoranza in seno alla conferenza, escludendo che il parere negativo espresso da un'amministrazione statale preposta alla tutela ambientale impedisca sempre la conclusione dei lavori e richieda la devoluzione della questione al livello superiore.

In tal senso, l’art.14-quater, nel prevedere al comma 2 che la conferenza di servizi delibera a maggioranza (nella versione risultante dalla l. n. 241/1990) e al comma 3 che occorre la delibera del Consiglio dei Ministri, se il dissenso è espresso in conferenza di servizi da un’amministrazione statale preposta alla tutela di un interesse sensibile, va interpretato nel senso che la delibera del Consiglio dei Ministri occorre solo nell’ipotesi in cui nella conferenza vi sia una maggioranza favorevole e l’amministrazione statale preposta alla cura di interessi ambientali o delle altre categorie di interessi sia rimasta in minoranza, sicché si ritiene che la conferenza di servizi non possa concludere il procedimento, occorrendo la fase ulteriore in Consiglio dei Ministri.

Laddove invece l’amministrazione statale non sia l’unica dissenziente, perché la maggioranza dei partecipanti alla conferenza di servizi si è espressa in senso negativo, il procedimento si conclude con la determinazione negativa della conferenza e non occorre l’intervento del Consiglio dei Ministri (11). In altri termini, il meccanismo di rimessione opera solo nel caso in cui il dissenso qualificato faccia parte di un ventaglio minoritario di dissensi e sia perciò oggettivamente superabile (12).

Sempre con riferimento agli interessi ambientali, la novella legislativa prevede comunque che, in presenza di una valutazione di impatto ambientale positiva, il regime aggravato previsto in caso di manifestazione di dissenso da parte di un’amministrazione preposta alla cura di un interesse a tutela rinforzata operi solo per gli enti deputati alla protezione della salute dei cittadini (13).

In sostanza, operando «una sorta di presunzione di compatibilità ambientale» (14), il dissenso motivato espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico–territoriale e del patrimonio storico–artistico viene privato di efficacia dalla presenza della valutazione di impatto ambientale positiva.

Qualora invece la valutazione di impatto ambientale sia negativa, si prevede l’applicazione dell’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 303/1999, che prevede il potere del Consiglio dei Ministri – su iniziativa del Presidente – di decidere in merito alle questioni sulle quali siano emerse valutazioni discordanti tra le varie pubbliche amministrazioni (art. 14–quater, comma 5).

Anche le condizioni di manifestazione del dissenso sono adesso precisate in maniera rigorosa, perché questo «a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso» (art. 14–quater, comma 1).

NOTE

(1) «1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l’amministrazione procedente indice di regola una conferenza di servizi. 2. La conferenza stessa può essere indetta anche quando l’amministrazione procedente debba acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche. In tal caso le determinazioni concordate nella conferenza tra tutte le amministrazioni intervenute tengono luogo degli atti predetti. 3. Si considera acquisito l’assenso dell’amministrazione la quale, regolarmente convocata, non abbia partecipato alla conferenza o vi abbia partecipato tramite rappresentanti privi della competenza ad esprimerne definitivamente la volontà, salvo che essa non comunichi all’amministrazione procedente il proprio motivato dissenso entro venti giorni dalla conferenza stessa ovvero dalla data di ricevimento della comunicazione delle determinazioni adottate, qualora queste ultime abbiano contenuto sostanzialmente diverso da quelle originariamente previste. 4. Le disposizioni di cui al comma 3 non si applicano alle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico–territoriale e della salute dei cittadini».

(2) Si può convenire che «la conferenza di servizi è, verosimilmente, fra gli istituti disciplinati dalla legge n. 241 del 1990, quello su cui il Legislatore è più volte tornato» (A. CORRADO, “Partecipazione dei privati in «Conferenza»”, in “Guida dir.”, 2009, n. 27, pp. 51 ss., p. 51.

(3) Cfr. D. D’ORSOGNA–F. DEGNI, “Articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies. Conferenza di servizi, conferenza di servizi preliminare, lavori della conferenza di servizi, effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi, conferenza di servizi in materia di finanza di progetto”, in N. PAOLANTONIO–A. POLICE–A. ZITO (a cura di), “La pubblica amministrazione e la sua azione. Saggi critici sulla legge n. 241/1990 riformata dalle leggi n. 15/2005 e n. 80/2005”, Torino, 2005, pp. 305 ss., p. 323.

(4) L’emendamento, presentato dall’on. Bassanini, è stato introdotto dalla I Commissione Permanente della Camera dei deputati nella seduta del 9 marzo 1989. Cfr. AA.VV., “Atti parlamentari. I lavori preparatori della legge 7 agosto 1990, n. 241”, Roma, 1991, p. 73.

(5) V. PARISIO, “Tutela dei valori ambientali, paesaggistico–territoriali e semplificazione dell’azione amministrativa alla luce della legge 7 agosto 1990, n. 241”, in “Riv. giur. edil.”, 1991, pt. II, pp. 21 ss., p. 24.

(6) Cfr. M. TALANI, “La conferenza di servizi. Nuovi orientamenti giurisprudenziali”, Milano, 2008, p. 114.

(7) Cfr. G. CUGURRA, “La semplificazione del procedimento amministrativo: la conferenza di servizi”, in V. PARISIO (a cura di), “Semplificazione dell’azione amministrativa e procedimento amministrativo alla luce della legge 15 maggio 1997, n. 127”, Milano, 1998, pp. 11 ss., p. 19; D. D’ORSOGNA, “Conferenza di servizi e amministrazione della complessità”, Torino, 2002, p. 96; TALANI, “La conferenza”, pp. 112 e 116.

(8) Cfr. A. RALLO, “Funzione di tutela ambientale e procedimento amministrativo”, Napoli, 2000, pp. 203 s.

(9) Ai sensi dell’art. 14, comma 3–bis, per. 2, come introdotto appunto dalla l. n. 127/1997, «il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa delibera del Consiglio medesimo, o il Presidente della Regione o i Sindaci, previa delibera del Consiglio regionale o dei Consigli comunali, entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, possono disporre la sospensione della determinazione inviata; trascorso tale termine, in assenza di sospensione, la determinazione è esecutiva». Per rimediare alla possibili conseguenze di tale previsione, l’art. 2, comma 28, della l. n. 191/1998, aveva aggiunto un ulteriore periodo secondo il quale, «in caso di sospensione, la conferenza può, entro trenta giorni, pervenire ad una nuova decisione che tenga conto delle osservazioni del Presidente del Consiglio dei ministri. Decorso inutilmente tale termine, la conferenza è sciolta».

(10) Cfr. CUGURRA, op. cit., pp. 20 ss.

(11) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 7 agosto 2003, n. 4568, in www.giustizia-amministrativa.it.

(12) Cfr. D’ORSOGNA, sub art. 14-quater, cit., p. 401 e M. TALANI, sub art. 14–quater, in F. CARINGELLA–D. GIANNINI (a cura di), “Codice del procedimento amministrativo commentato con dottrina e giurisprudenza”, Roma, 2010, pp. 257 ss., p. 261.

(13) Ai sensi dell’art. 14–ter, comma 5, nella versione introdotta dalla l. n. 340/2000 e rimasta in vigore fino alla l. n. 15/2005, «nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la valutazione di impatto ambientale le disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 14–quater, nonché quelle di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute pubblica».

(14) Cfr. TALANI, “La conferenza”, cit., p. 147.

La composizione del dissenso manifestato in sede di conferenza di servizi dalle amministrazioni preposte alla tutela degli interessi qualificati specificati dall’art. 14-quater della Legge n. 241/1990 – ambientali, paesaggistico-territoriali, del patrimonio storico–artistico, della salute e della pubblica incolumità - è l’aspetto della disciplina generale dell’istituto che ha subito le maggiori modifiche normative nel corso degli anni.

Di tali categorie di interessi, quelli ambientali richiedono senz'altro la maggiore attenzione, dato che la conferenza di servizi è il momento procedimentale dove maggiore è la considerazione del particolare valore che essi assumono, il laboratorio privilegiato per l’analisi della ponderazione procedimentale rafforzata di cui godono.

Anche se il meccanismo di superamento del dissenso non riguarda soltanto la tutela degli interessi a protezione rafforzata, il particolare regime applicabile al dissenso espresso dalle amministrazioni preposte alla cura di tali interessi rappresenta una delle principali deroghe a tutela dell’ambiente – forse la più importante – alle ordinarie esigenze di semplificazione perseguite mediante la conferenza di servizi.

La versione iniziale dell’art. 14 ha uno spessore davvero molto scarno, constando di solo quattro commi (1) rispetto agli oltre trenta attuali (2). Tanto la conferenza istruttoria quanto quella decisoria sono prefigurate quali strumenti ad utilizzazione solo eventuale, dove l’effetto sostitutivo riguarda solo gli atti endoprocedimentali e si produce solo se vi concordano «tutte le amministrazioni intervenute».

Si prevede poi un sistema di silenzio assenso con dissenso postumo e un regime derogatorio per le amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sensibili, tra cui quelli ambientali. Per contro, non è previsto alcun meccanismo di superamento del dissenso, contemplandosi dunque un sistema deliberativo unanimitario fonte di frequenti blocchi procedimentali.

Nel complesso, nel formalizzare i risultati cui erano giunte la prassi amministrativa e la disciplina di settore antecedenti, il legislatore delinea uno strumento dai contorni non definiti nitidamente e connotato da indubbi elementi di rigidità (3).

Fin dalla formulazione originaria della Legge n. 241/1990, la tutela degli interessi ambientali – che non è presente in nessuno dei tre disegni di legge presentati sul procedimento amministrativo ma viene aggiunta nel corso dei lavori parlamentari (4) – si profila subito come un profilo derogatorio alle esigenze di semplificazione in relazione al sistema del silenzio–assenso con dissenso postumo.

La norma parla di «amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico–territoriale e della salute dei cittadini», usando «un’espressione non facilmente interpretabile nella sua genericità. Forse con essa si vuole alludere ad ogni ente od organo, monocratico o collegiale, chiamato a rilasciare, nel corso del procedimento amministrativo, atti inerenti alla protezione dell’ambiente, del paesaggio e della salute».

In realtà, «tale formula sembra volutamente molto lata, in modo da estendere il più possibile l’esclusione dell’operatività del tacito assenso nell'ambito della conferenza di servizi qualora si debbano tutelare i valori di cui agli artt. 9 e 32 Cost.» (5).

Con la prima modifica, operata dalla Lrgge n. 537/1993, l’imprecisione della formula secondo cui le determinazioni concordate «tengono luogo» degli atti endoprocedimentali richiamati viene sostituita dalla formula secondo cui «le determinazioni concordate nella conferenza sostituiscono a tutti gli effetti i concerti, le intese, i nullaosta e gli assensi richiesti».

La novella legislativa introduce anche un comma 2-bis che non richiede più la necessità di un’approvazione all'unanimità, un sistema che si era trasformato in una fonte di veti opposti e che aveva determinato un ricorso non particolarmente frequente a tale istituto, cui ora si cerca di rimediare prevedendo un potere sostitutivo statale in caso di mancato raggiungimento dell’unanimità (6).

Non viene però istituito ancora alcun collegamento tra gestione del dissenso e tutela degli interessi ambientali. Si stabilisce ora che, «qualora nella conferenza sia prevista l’unanimità per la decisione e questa non venga raggiunta, le relative determinazioni possono essere assunte dal Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Tali determinazioni hanno il medesimo effetto giuridico dell’approvazione all'unanimità in sede di conferenza di servizi».

La previsione di un univoco potere sostitutivo statale, quale strumento di superamento del dissenso, suscita subito diverse critiche, a partire dal fatto di riguardare non l’intero procedimento ma solo una fase di esso. Particolarmente controversa è la circostanza che esso operi anche nei casi in cui il soggetto promuovente non sia un’amministrazione statale, perché in tal caso l’intervento governativo sposta il processo decisionale al livello superiore a quello a cui appartengono gli interessi della conferenza, con conseguenti dubbi di costituzionalità per possibile lesione dell’autonomia regionale e locale. Inoltre, se il presupposto per la sua attivazione è la previsione dell’unanimità per la decisione, sorgono dubbi e perplessità che vi siano casi in cui la conferenza decida a maggioranza (7).

Con la Legge n. 127/1997 l’intervento sostitutivo viene quindi sottratto al soggetto statale e trasferito all'amministrazione agente, sia pure in via facoltativa, perché adesso «nel caso in cui una amministrazione abbia espresso, anche nel corso della conferenza, il proprio motivato dissenso, l’amministrazione procedente può assumere la determinazione di conclusione positiva del procedimento dandone comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, ove l’amministrazione procedente o quella dissenziente sia una amministrazione statale; negli altri casi la comunicazione è data al presidente della regione ed ai sindaci».

Residua al Presidente del Consiglio dei Ministri solo un potere sospensivo della decisione finale, nel qual caso la conferenza può essere riconvocata o si riprende l’iter del procedimento amministrativo ordinario, ma da esercitarsi entro trenta giorni dall'approvazione della determinazione finale, pena la sua esecutività.

Di particolare rilevanza ai nostri fini, il regime differenziato di tutela per gli interessi a protezione rinforzata viene per la prima volta collegato al meccanismo di superamento del dissenso, perché, qualora il motivato dissenso alla conclusione del procedimento sia espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute dei cittadini, l’amministrazione procedente può richiedere al Presidente del Consiglio dei Ministri l’adozione della determinazione conclusiva, a meno che non sia intervenuta una precedente valutazione di impatto ambientale negativa.

Si assiste dunque ad un mutamento rispetto alla configurazione iniziale del regime derogatorio per gli interessi a tutela rinforzata, essendo emerso come, nella sua formulazione incondizionata, il regime di eccezione accordato a tali interessi dalla Legge n. 241/1990 era tale da renderli quasi estranei ai propositi di semplificazione e razionalizzazione dei procedimenti caratterizzanti la riforma. In effetti, esso aveva il risultato indiretto di rendere la normativa ambientale quasi un “diritto speciale”, estraniando

la stessa funzione di tutela ambientale dal processo di modernizzazione dell’amministrazione in ragione dei superiori interessi costituzionali che legittimano il regime derogatorio (8).

Peraltro, oltre che come auspicabile fine di un potere di veto delle amministrazioni preposte alla cura degli interessi sensibili, la modifica è stata oggetto anche di riserve e perplessità, sembrando sottendere un «significato apparente» ed un «significato reale».

Ora, il «significato apparente» è appunto che l’amministrazione procedente può adottare ugualmente la determinazione finale solo se il dissenso è stato espresso da un organo preposto alla cura di un interesse pubblico a tutela ordinaria, mentre la manifestazione del dissenso proveniente da un organo preposto alla cura di un interesse pubblico a tutela rinforzata determina l’intervento sostitutivo del Presidente del Consiglio dei Ministri e l’assunzione della decisione con deliberazione collegiale del Consiglio dei Ministri.

Per contro, il «significato reale» è che agli interessi a tutela ordinaria è accordata una protezione superiore di quella tributata agli interessi a tutela rinforzata. Mentre, infatti, il dissenso espresso da amministrazioni preposte alla cura di questi ultimi può essere sempre superato attivando il potere sostitutivo del Presidente del Consiglio dei Ministri e l’adozione collegiale della deliberazione, il dissenso manifestato da un’amministrazione preposta alla cura di un interesse a tutela ordinaria resta insuperabile qualora il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Regione o il Sindaco, a seconda delle competenze, si sia avvalso della facoltà di sospendere il provvedimento finale ugualmente emanato dall’amministrazione procedente (9), che si risolve nel potere tanto di bloccare l’efficacia del provvedimento adottato dall’autorità procedente quanto di sostituire la determinazione finale della conferenza con un proprio atto (10).

Di particolare rilevanza per gli interessi ambientali, la Legge n. 340/2000 opera un’ulteriore intensificazione del regime diversificato di protezione degli interessi a tutela rinforzata, prevedendo ora che, qualora il motivato dissenso sia espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico–territoriale, del patrimonio storico–artistico o della salute, la decisione è rimessa dall'amministrazione procedente al Consiglio dei Ministri, ove l’amministrazione dissenziente o quella procedente sia un’amministrazione statale, ovvero ai competenti organi collegiali esecutivi degli enti territoriali, nelle altre ipotesi (art. 14–quater, comma 3).

Peraltro, la giurisprudenza ha specificato subito i limiti della rimessione attinenti ai rapporti tra maggioranza e minoranza in seno alla conferenza, escludendo che il parere negativo espresso da un'amministrazione statale preposta alla tutela ambientale impedisca sempre la conclusione dei lavori e richieda la devoluzione della questione al livello superiore.

In tal senso, l’art.14-quater, nel prevedere al comma 2 che la conferenza di servizi delibera a maggioranza (nella versione risultante dalla l. n. 241/1990) e al comma 3 che occorre la delibera del Consiglio dei Ministri, se il dissenso è espresso in conferenza di servizi da un’amministrazione statale preposta alla tutela di un interesse sensibile, va interpretato nel senso che la delibera del Consiglio dei Ministri occorre solo nell’ipotesi in cui nella conferenza vi sia una maggioranza favorevole e l’amministrazione statale preposta alla cura di interessi ambientali o delle altre categorie di interessi sia rimasta in minoranza, sicché si ritiene che la conferenza di servizi non possa concludere il procedimento, occorrendo la fase ulteriore in Consiglio dei Ministri.

Laddove invece l’amministrazione statale non sia l’unica dissenziente, perché la maggioranza dei partecipanti alla conferenza di servizi si è espressa in senso negativo, il procedimento si conclude con la determinazione negativa della conferenza e non occorre l’intervento del Consiglio dei Ministri (11). In altri termini, il meccanismo di rimessione opera solo nel caso in cui il dissenso qualificato faccia parte di un ventaglio minoritario di dissensi e sia perciò oggettivamente superabile (12).

Sempre con riferimento agli interessi ambientali, la novella legislativa prevede comunque che, in presenza di una valutazione di impatto ambientale positiva, il regime aggravato previsto in caso di manifestazione di dissenso da parte di un’amministrazione preposta alla cura di un interesse a tutela rinforzata operi solo per gli enti deputati alla protezione della salute dei cittadini (13).

In sostanza, operando «una sorta di presunzione di compatibilità ambientale» (14), il dissenso motivato espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico–territoriale e del patrimonio storico–artistico viene privato di efficacia dalla presenza della valutazione di impatto ambientale positiva.

Qualora invece la valutazione di impatto ambientale sia negativa, si prevede l’applicazione dell’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 303/1999, che prevede il potere del Consiglio dei Ministri – su iniziativa del Presidente – di decidere in merito alle questioni sulle quali siano emerse valutazioni discordanti tra le varie pubbliche amministrazioni (art. 14–quater, comma 5).

Anche le condizioni di manifestazione del dissenso sono adesso precisate in maniera rigorosa, perché questo «a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso» (art. 14–quater, comma 1).

NOTE

(1) «1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l’amministrazione procedente indice di regola una conferenza di servizi. 2. La conferenza stessa può essere indetta anche quando l’amministrazione procedente debba acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche. In tal caso le determinazioni concordate nella conferenza tra tutte le amministrazioni intervenute tengono luogo degli atti predetti. 3. Si considera acquisito l’assenso dell’amministrazione la quale, regolarmente convocata, non abbia partecipato alla conferenza o vi abbia partecipato tramite rappresentanti privi della competenza ad esprimerne definitivamente la volontà, salvo che essa non comunichi all’amministrazione procedente il proprio motivato dissenso entro venti giorni dalla conferenza stessa ovvero dalla data di ricevimento della comunicazione delle determinazioni adottate, qualora queste ultime abbiano contenuto sostanzialmente diverso da quelle originariamente previste. 4. Le disposizioni di cui al comma 3 non si applicano alle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico–territoriale e della salute dei cittadini».

(2) Si può convenire che «la conferenza di servizi è, verosimilmente, fra gli istituti disciplinati dalla legge n. 241 del 1990, quello su cui il Legislatore è più volte tornato» (A. CORRADO, “Partecipazione dei privati in «Conferenza»”, in “Guida dir.”, 2009, n. 27, pp. 51 ss., p. 51.

(3) Cfr. D. D’ORSOGNA–F. DEGNI, “Articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies. Conferenza di servizi, conferenza di servizi preliminare, lavori della conferenza di servizi, effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi, conferenza di servizi in materia di finanza di progetto”, in N. PAOLANTONIO–A. POLICE–A. ZITO (a cura di), “La pubblica amministrazione e la sua azione. Saggi critici sulla legge n. 241/1990 riformata dalle leggi n. 15/2005 e n. 80/2005”, Torino, 2005, pp. 305 ss., p. 323.

(4) L’emendamento, presentato dall’on. Bassanini, è stato introdotto dalla I Commissione Permanente della Camera dei deputati nella seduta del 9 marzo 1989. Cfr. AA.VV., “Atti parlamentari. I lavori preparatori della legge 7 agosto 1990, n. 241”, Roma, 1991, p. 73.

(5) V. PARISIO, “Tutela dei valori ambientali, paesaggistico–territoriali e semplificazione dell’azione amministrativa alla luce della legge 7 agosto 1990, n. 241”, in “Riv. giur. edil.”, 1991, pt. II, pp. 21 ss., p. 24.

(6) Cfr. M. TALANI, “La conferenza di servizi. Nuovi orientamenti giurisprudenziali”, Milano, 2008, p. 114.

(7) Cfr. G. CUGURRA, “La semplificazione del procedimento amministrativo: la conferenza di servizi”, in V. PARISIO (a cura di), “Semplificazione dell’azione amministrativa e procedimento amministrativo alla luce della legge 15 maggio 1997, n. 127”, Milano, 1998, pp. 11 ss., p. 19; D. D’ORSOGNA, “Conferenza di servizi e amministrazione della complessità”, Torino, 2002, p. 96; TALANI, “La conferenza”, pp. 112 e 116.

(8) Cfr. A. RALLO, “Funzione di tutela ambientale e procedimento amministrativo”, Napoli, 2000, pp. 203 s.

(9) Ai sensi dell’art. 14, comma 3–bis, per. 2, come introdotto appunto dalla l. n. 127/1997, «il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa delibera del Consiglio medesimo, o il Presidente della Regione o i Sindaci, previa delibera del Consiglio regionale o dei Consigli comunali, entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, possono disporre la sospensione della determinazione inviata; trascorso tale termine, in assenza di sospensione, la determinazione è esecutiva». Per rimediare alla possibili conseguenze di tale previsione, l’art. 2, comma 28, della l. n. 191/1998, aveva aggiunto un ulteriore periodo secondo il quale, «in caso di sospensione, la conferenza può, entro trenta giorni, pervenire ad una nuova decisione che tenga conto delle osservazioni del Presidente del Consiglio dei ministri. Decorso inutilmente tale termine, la conferenza è sciolta».

(10) Cfr. CUGURRA, op. cit., pp. 20 ss.

(11) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 7 agosto 2003, n. 4568, in www.giustizia-amministrativa.it.

(12) Cfr. D’ORSOGNA, sub art. 14-quater, cit., p. 401 e M. TALANI, sub art. 14–quater, in F. CARINGELLA–D. GIANNINI (a cura di), “Codice del procedimento amministrativo commentato con dottrina e giurisprudenza”, Roma, 2010, pp. 257 ss., p. 261.

(13) Ai sensi dell’art. 14–ter, comma 5, nella versione introdotta dalla l. n. 340/2000 e rimasta in vigore fino alla l. n. 15/2005, «nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la valutazione di impatto ambientale le disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 14–quater, nonché quelle di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute pubblica».

(14) Cfr. TALANI, “La conferenza”, cit., p. 147.