Consiglio di Stato: formazione del silenzio inadempimento senza diffida e messa in mora

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.2728/2006

Reg.Dec.

N. 2374 Reg.Ric.

ANNO 2005

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Protezione Civile e dal Ministero dell’Interno – Delegato Coordinamento Protezione Civile rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici sono elettivamente domiciliati in Roma via dei Portoghesi n. 12;

contro

Tizio rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Marrone con domicilio eletto in Roma piazza Mazzini n. 27;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio sede di Roma Sez. I bis n. 384/2005;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2006 relatore il Consigliere Sabino Luce. Udito l’avv. Buccellato su delega dell’avv. Marrone;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con sentenza n. 384/2005, del 28 luglio 2004/18 gennaio 2005, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio accoglieva il ricorso (n. 6794/2004) proposto da Tizio contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della protezione civile, il Ministero dell’interno-delegato per il coordinamento della protezione civile e la Regione Lazio.

Il ricorso era stato proposto per la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dalle intimate amministrazioni sull’istanza del ricorrente volta ad ottenere la concessione dei contributi per la ricostruzione di cui all’ordinanza n. 3047 del 2000 del Ministero dell’interno, delegato per il coordinamento della protezione civile in riferimento ad un suo immobile lesionato dal sisma.

Respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso – che era stata dedotta dall’amministrazione per non essere stato attivato il procedimento di messa in mora di cui all’art. 25 del 21 gennaio 1957, n. 3 e poiché era stato emanato un esplicito provvedimento di rigetto dell’istanza – i giudici di primo grado ritenevano che l’amministrazione aveva l’obbligo di provvedere indipendentemente da ogni valutazione di merito riguardante la fondatezza o meno dell’istanza proposta.

Contro l’indicata decisione la Previdenza del Consiglio dei Ministri ha proposto appello al Consiglio di Stato chiedendo, con ricorso notificato il 5 marzo 2005, la riforma dell’impugnata decisione con la declaratoria dell’insussistenza dell’obbligo di una appellante a provvedere sull’istanza proposta dal Tizio; il ricorso, nella resistenza del Tizio, che concludeva, invece per il rigetto dell’appello, era chiamato per l’udienza odierna al cui esito era trattenuto in decisione dal Collegio.

DIRITTO

Tizio chiedeva, in data 7 settembre 2000, la concessione dei contributi per la ricostruzione di un suo immobile danneggiato dal sisma della Valle dell’Aniene del mese di marzo 2000. ai sensi dell’ordinanza n. 3047/2000 del Ministero dell’interno delegato per il coordinamento della protezione civile.

L’istanza era respinta con provvedimento n. 3991 del 27 febbraio 2001 per mancanza delle condizioni richieste; l’istanza medesima era, tuttavia riproposta successivamente (fra l’altr, il 26 marzo 2004) dal Tizio senza che alla stessa facesse seguito alcun atto o provvedimento dell’amministrazione.

Il Tribunale amministrativo regionale, con l’impugnata sentenza, come già rilevato nelle premesse di fatto, ha ritenuto l’illegittimità dell’inerzia dell’amministrazione in considerazione della novità del contenuto della seconda istanza rispetto a quelle che in precedenza era stata respinta e nonostante la mancata attivazione del procedimento di preventiva messa in mora di cui all’art. 25 del D.P.R. n. 3 del 1957 ritenuto non più necessario ai fini della configurazione del silenzio inadempimento.

Con il primo motivo di appello, l’amministrazione ricorrente censura l’impugnata decisione per violazione di legge per erronea e falsa applicazione dell’art. 1 comma 2 della legge n. 241 del 1990. Secondo l’amministrazione ricorrente, l’obbligo della pubblica amministrazione di concludere il procedimento con un provvedimento espresso viene meno, in presenza di reiterate richieste aventi il medesimo contenuto, qualora risulti adottata una formale risoluzione amministrativa rimasta inoppugnata.

Il motivo di doglianza, pur implicando l’enunciazione di principi condivisi, con riferimento alla specifica ipotesi esaminata, non è, tuttavia, fondato e come tale va respinto.

Ed invero, come risulta dall’impugnata sentenza e come ammette la stessa amministrazione appellante, prima della riproposizione della domanda da parte del Tizio erano sopravvenuti mutamenti di fatto e di diritto che attribuivano il carattere della novità alla riformulata richiesta: con una nuova perizia, il Tizio aveva documentato ulteriori danni derivanti alla sua abitazione per effetto dell’evento sismico e l’annullamento del decreto del Presidente della Giunta regionale del Lazio (Commissario delegato alla ricostruzione dei comuni danneggiati dal sisma) in base al quale i danni dovevano essere liquidati.

Con il secondo motivo di ricorso la stessa amministrazione appellante censura, poi, l’impugnata decisione per violazione di legge per erronea e falsa applicazione dell’art. 25 del D.P.R. n. 3 del 1957: il ricorso al Tribunale amministrativo regionale, non era stato preceduto da formale diffida e messa in mora del ricorrente così come tassativamente imposto dalla norma richiamata.

Anche tale censura è infondata e come tale va respinta.

È pur vero, infatti – come dedotto dall’amministrazione appellante – che la giurisprudenza prevalente di questo Consiglio di Stato, nella vigenza della normativa applicabile alla causa in esame, era dell’avviso che per la formazione del silenzio inadempimento era necessaria la preventiva attivazione della procedura di diffida e messa in mora di cui al richiamato art. 25 comma 1 del T.U. 10 gennaio 1957 n. 3; è altrettanto vero, tuttavia, che le modifiche apportate alla legge n. 241 del 1990, ed in particolare dal comma 4 bis del relativo art. 2 dalla legge n. 15/2005, implicano che alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento, come stabiliti dai commi 2 e 3 dello stesso art. 2, l’interessato può immediatamente e direttamente proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale senza dover preventivamente attivare il procedimento di diffida e messa in mora.

Ad avviso del collegio, la sopravvenienza normativa pur non trovando diretta applicazione con riferimento ai casi pregressi, induce, in ogni caso, ad una riconsiderazione del precedente orientamento interpretativo, costituendo una sorta di interpretazione autentica del testo in una prospettiva di chiarificazione e semplificazione del procedimento; il che, peraltro, contribuisce, con specifico riferimento al caso di specie, ad evitare l’effetto paradossale per il Tizio di vedersi dichiarare inammissibile il proposto ricorso e nel contempo riconosciuto il diritto a riproporlo sulla base delle nuove norme negli stessi termini in cui lo aveva attivato precedentemente.

L’appello va, quindi, respinto con conferma della decisone impugnata e con compensazione delle spese processuali ricorrendovi giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello e conferma l’impugnata decisione. Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2006 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:

Giorgio GIOVANNINI Presidente

Sabino LUCE Consigliere Est.

Giuseppe ROMEO Consigliere

Lanfranco BALUCANI Consigliere

Domenico CAFINI Consigliere

Presidente

GIORGIO GIOVANNINI

Consigliere Segretario

SABINO LUCE CECI

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il...15/05/2006

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa

al Ministero..............................................................................................

a norma dell’art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642

Il Direttore della Segreteria

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.2728/2006

Reg.Dec.

N. 2374 Reg.Ric.

ANNO 2005

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Protezione Civile e dal Ministero dell’Interno – Delegato Coordinamento Protezione Civile rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici sono elettivamente domiciliati in Roma via dei Portoghesi n. 12;

contro

Tizio rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Marrone con domicilio eletto in Roma piazza Mazzini n. 27;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio sede di Roma Sez. I bis n. 384/2005;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2006 relatore il Consigliere Sabino Luce. Udito l’avv. Buccellato su delega dell’avv. Marrone;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con sentenza n. 384/2005, del 28 luglio 2004/18 gennaio 2005, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio accoglieva il ricorso (n. 6794/2004) proposto da Tizio contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della protezione civile, il Ministero dell’interno-delegato per il coordinamento della protezione civile e la Regione Lazio.

Il ricorso era stato proposto per la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dalle intimate amministrazioni sull’istanza del ricorrente volta ad ottenere la concessione dei contributi per la ricostruzione di cui all’ordinanza n. 3047 del 2000 del Ministero dell’interno, delegato per il coordinamento della protezione civile in riferimento ad un suo immobile lesionato dal sisma.

Respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso – che era stata dedotta dall’amministrazione per non essere stato attivato il procedimento di messa in mora di cui all’art. 25 del 21 gennaio 1957, n. 3 e poiché era stato emanato un esplicito provvedimento di rigetto dell’istanza – i giudici di primo grado ritenevano che l’amministrazione aveva l’obbligo di provvedere indipendentemente da ogni valutazione di merito riguardante la fondatezza o meno dell’istanza proposta.

Contro l’indicata decisione la Previdenza del Consiglio dei Ministri ha proposto appello al Consiglio di Stato chiedendo, con ricorso notificato il 5 marzo 2005, la riforma dell’impugnata decisione con la declaratoria dell’insussistenza dell’obbligo di una appellante a provvedere sull’istanza proposta dal Tizio; il ricorso, nella resistenza del Tizio, che concludeva, invece per il rigetto dell’appello, era chiamato per l’udienza odierna al cui esito era trattenuto in decisione dal Collegio.

DIRITTO

Tizio chiedeva, in data 7 settembre 2000, la concessione dei contributi per la ricostruzione di un suo immobile danneggiato dal sisma della Valle dell’Aniene del mese di marzo 2000. ai sensi dell’ordinanza n. 3047/2000 del Ministero dell’interno delegato per il coordinamento della protezione civile.

L’istanza era respinta con provvedimento n. 3991 del 27 febbraio 2001 per mancanza delle condizioni richieste; l’istanza medesima era, tuttavia riproposta successivamente (fra l’altr, il 26 marzo 2004) dal Tizio senza che alla stessa facesse seguito alcun atto o provvedimento dell’amministrazione.

Il Tribunale amministrativo regionale, con l’impugnata sentenza, come già rilevato nelle premesse di fatto, ha ritenuto l’illegittimità dell’inerzia dell’amministrazione in considerazione della novità del contenuto della seconda istanza rispetto a quelle che in precedenza era stata respinta e nonostante la mancata attivazione del procedimento di preventiva messa in mora di cui all’art. 25 del D.P.R. n. 3 del 1957 ritenuto non più necessario ai fini della configurazione del silenzio inadempimento.

Con il primo motivo di appello, l’amministrazione ricorrente censura l’impugnata decisione per violazione di legge per erronea e falsa applicazione dell’art. 1 comma 2 della legge n. 241 del 1990. Secondo l’amministrazione ricorrente, l’obbligo della pubblica amministrazione di concludere il procedimento con un provvedimento espresso viene meno, in presenza di reiterate richieste aventi il medesimo contenuto, qualora risulti adottata una formale risoluzione amministrativa rimasta inoppugnata.

Il motivo di doglianza, pur implicando l’enunciazione di principi condivisi, con riferimento alla specifica ipotesi esaminata, non è, tuttavia, fondato e come tale va respinto.

Ed invero, come risulta dall’impugnata sentenza e come ammette la stessa amministrazione appellante, prima della riproposizione della domanda da parte del Tizio erano sopravvenuti mutamenti di fatto e di diritto che attribuivano il carattere della novità alla riformulata richiesta: con una nuova perizia, il Tizio aveva documentato ulteriori danni derivanti alla sua abitazione per effetto dell’evento sismico e l’annullamento del decreto del Presidente della Giunta regionale del Lazio (Commissario delegato alla ricostruzione dei comuni danneggiati dal sisma) in base al quale i danni dovevano essere liquidati.

Con il secondo motivo di ricorso la stessa amministrazione appellante censura, poi, l’impugnata decisione per violazione di legge per erronea e falsa applicazione dell’art. 25 del D.P.R. n. 3 del 1957: il ricorso al Tribunale amministrativo regionale, non era stato preceduto da formale diffida e messa in mora del ricorrente così come tassativamente imposto dalla norma richiamata.

Anche tale censura è infondata e come tale va respinta.

È pur vero, infatti – come dedotto dall’amministrazione appellante – che la giurisprudenza prevalente di questo Consiglio di Stato, nella vigenza della normativa applicabile alla causa in esame, era dell’avviso che per la formazione del silenzio inadempimento era necessaria la preventiva attivazione della procedura di diffida e messa in mora di cui al richiamato art. 25 comma 1 del T.U. 10 gennaio 1957 n. 3; è altrettanto vero, tuttavia, che le modifiche apportate alla legge n. 241 del 1990, ed in particolare dal comma 4 bis del relativo art. 2 dalla legge n. 15/2005, implicano che alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento, come stabiliti dai commi 2 e 3 dello stesso art. 2, l’interessato può immediatamente e direttamente proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale senza dover preventivamente attivare il procedimento di diffida e messa in mora.

Ad avviso del collegio, la sopravvenienza normativa pur non trovando diretta applicazione con riferimento ai casi pregressi, induce, in ogni caso, ad una riconsiderazione del precedente orientamento interpretativo, costituendo una sorta di interpretazione autentica del testo in una prospettiva di chiarificazione e semplificazione del procedimento; il che, peraltro, contribuisce, con specifico riferimento al caso di specie, ad evitare l’effetto paradossale per il Tizio di vedersi dichiarare inammissibile il proposto ricorso e nel contempo riconosciuto il diritto a riproporlo sulla base delle nuove norme negli stessi termini in cui lo aveva attivato precedentemente.

L’appello va, quindi, respinto con conferma della decisone impugnata e con compensazione delle spese processuali ricorrendovi giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello e conferma l’impugnata decisione. Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2006 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:

Giorgio GIOVANNINI Presidente

Sabino LUCE Consigliere Est.

Giuseppe ROMEO Consigliere

Lanfranco BALUCANI Consigliere

Domenico CAFINI Consigliere

Presidente

GIORGIO GIOVANNINI

Consigliere Segretario

SABINO LUCE CECI

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il...15/05/2006

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa

al Ministero..............................................................................................

a norma dell’art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642

Il Direttore della Segreteria