Consiglio di Stato: l’autorizzazione "unica" impianti di rifiuti deroga agli strumenti urbanistici

Premessa

Con la decisione in commento, il Consiglio di Stato ribadisce l’efficacia di autorizzazione “unica” dell’autorizzazione di cui all’art. 208 del d. lgs. 152/2006 (noto come “Codice dell’ambiente”) relativa agli impianti di smaltimento o recupero di rifiuti.

Come è noto, tale disposizione prevede che questo provvedimento valga non solo quale approvazione del progetto di impianto ed autorizzazione alla realizzazione e alla gestione dello stesso, ma anche che esso sostituisca «ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali», costituisca, «ove occorra, variante allo strumento urbanistico» e comporti «la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori».

Può essere interessante evidenziare altresì che, nel caso affrontato dal Consiglio di Stato, l’autorizzazione in parola fosse stata a propria volta sostituita (e, per così dire, “assorbita”) dall’autorizzazione integrata ambientale o “AIA” (la cui disciplina è confluita, a seguito della riforma operata dal d. lgs. 128/2010, nello stesso d. lgs. 152/2006, e precisamente nella Parte seconda).

Si è perciò verificato il fenomeno – espressamente avallato in tal caso dal Consiglio di Stato – per cui l’AIA, nel sostituire l’“autorizzazione unica” di cui all’art. 208, ne ha acquisito l’efficacia. Va infatti ricordato che, di regola, l’AIA autorizza il solo esercizio di un impianto e non è perciò un’autorizzazione “unica”. In particolare, non ha il potere di sostituire le autorizzazioni diverse da quelle “ambientali” in senso stretto (tra le quali assumono un indubbio rilievo quelle di natura edilizia).

Il caso

Alcune associazioni ambientaliste avevano impugnato in primo grado l’ordinanza con la quale la Provincia aveva rilasciato ad una società l’autorizzazione integrata ambientale per l’ampliamento della discarica e l’ordinanza con cui quello stesso Ente aveva ritenuto di non sottoporre il progetto di ampliamento della discarica a procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA), segnalando, fra le altre cose, come il progetto in questione ricadesse risultasse in contrasto con lo strumento urbanistico vigente.

Il TAR Toscana aveva dato torto alle ricorrenti, rigettando il ricorso.

Le medesime associazioni hanno quindi proposto appello innanzi al Consiglio di Stato, deducendo tre motivi. Con il secondo, in particolare, è stata contestata la violazione degli articoli 15, 16 e 17 della legge regionale Toscana n. 1/2005, in quanto – ad avviso delle ricorrenti – la realizzazione dell’ampliamento avrebbe dovuto essere preceduta dalla modifica degli strumenti urbanistici vigenti da attuarsi attraverso il modulo procedimentale previsto dalle norme indicate, non potendo ritenersi sufficiente l’effetto di variante degli strumenti urbanistici previsto dall’articolo 208, comma 6, d. lgs. 152/2006.

Con la decisione n. 220/2011, il Consiglio di Stato ha tuttavia giudicato non fondato l’appello, ricordando come nella fattispecie si applicasse il citato art. 208 del d. lgs. 152/2006, «trattandosi di norma speciale nazionale, sopravvenuta alla precedente legge regionale» e come esso consenta di «derogare agli strumenti urbanistici vigenti».

Conclusioni

Se la decisione del Consiglio di Stato appare ineccepibile rispetto alla conclusione cui perviene, non convince invece pienamente il passaggio in cui essa sottolinea che l’art. 208 del d. lgs. 152/2006 è norma, oltre che speciale, sopravvenuta rispetto alla legge regionale del 2005 invocata dalle ricorrenti.

Si deve infatti osservare che:
• una medesima disposizione era contenuta anche nel previgente art. 27 del d. lgs. 22/1997 (noto come “decreto Ronchi”), di cui l’art. 208 riproduce – con qualche modifica – il contenuto;
• non sembra possibile ritenere che l’effetto di derogare agli strumenti urbanistici attribuito al provvedimento di approvazione dei progetti di impianti di smaltimento o recupero di rifiuti dall’art. 27 del decreto Ronchi fosse venuto meno a seguito dell’entrata in vigore della legge regionale Toscana n. 1/2005;
• neppure una futura legge regionale (che sarebbe, dunque, sopravvenuta rispetto al d. lgs. 152/2006) potrebbe “depotenziare” l’autorizzazione in questione, vertendosi in materia riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato in forza dell’art. 117 della Costituzione. Il bilanciamento fra i vari interesse contrapposti è stato attuato, a monte, dal legislatore statale mediante la disposizione contenuta nel più volte citato art. 208 e le Regioni non possono metterlo in discussione con proprie leggi; altrimenti si vanificherebbe fin troppo agevolmente l’intento perseguito dalla disposizione in questione di consentire di superare, ove necessario e con le dovute modalità, la prevedibile “opposizione” dei Comuni – cui spettano ordinariamente le competenze in materia urbanistica ed edilizia – all’insediamento degli impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti nel proprio territorio. È, infatti, risaputo che il timore delle ricadute ambientali e sanitarie negative di tali impianti induce spesso le comunità locali ad osteggiarne apertamente la realizzazione.

(Consiglio di Stato, Decisione 17 gennaio 2011, n. 220)

[Avv. Andrea Martelli, andrea.martelli@buttiandpartners.com]

Premessa

Con la decisione in commento, il Consiglio di Stato ribadisce l’efficacia di autorizzazione “unica” dell’autorizzazione di cui all’art. 208 del d. lgs. 152/2006 (noto come “Codice dell’ambiente”) relativa agli impianti di smaltimento o recupero di rifiuti.

Come è noto, tale disposizione prevede che questo provvedimento valga non solo quale approvazione del progetto di impianto ed autorizzazione alla realizzazione e alla gestione dello stesso, ma anche che esso sostituisca «ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali», costituisca, «ove occorra, variante allo strumento urbanistico» e comporti «la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori».

Può essere interessante evidenziare altresì che, nel caso affrontato dal Consiglio di Stato, l’autorizzazione in parola fosse stata a propria volta sostituita (e, per così dire, “assorbita”) dall’autorizzazione integrata ambientale o “AIA” (la cui disciplina è confluita, a seguito della riforma operata dal d. lgs. 128/2010, nello stesso d. lgs. 152/2006, e precisamente nella Parte seconda).

Si è perciò verificato il fenomeno – espressamente avallato in tal caso dal Consiglio di Stato – per cui l’AIA, nel sostituire l’“autorizzazione unica” di cui all’art. 208, ne ha acquisito l’efficacia. Va infatti ricordato che, di regola, l’AIA autorizza il solo esercizio di un impianto e non è perciò un’autorizzazione “unica”. In particolare, non ha il potere di sostituire le autorizzazioni diverse da quelle “ambientali” in senso stretto (tra le quali assumono un indubbio rilievo quelle di natura edilizia).

Il caso

Alcune associazioni ambientaliste avevano impugnato in primo grado l’ordinanza con la quale la Provincia aveva rilasciato ad una società l’autorizzazione integrata ambientale per l’ampliamento della discarica e l’ordinanza con cui quello stesso Ente aveva ritenuto di non sottoporre il progetto di ampliamento della discarica a procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA), segnalando, fra le altre cose, come il progetto in questione ricadesse risultasse in contrasto con lo strumento urbanistico vigente.

Il TAR Toscana aveva dato torto alle ricorrenti, rigettando il ricorso.

Le medesime associazioni hanno quindi proposto appello innanzi al Consiglio di Stato, deducendo tre motivi. Con il secondo, in particolare, è stata contestata la violazione degli articoli 15, 16 e 17 della legge regionale Toscana n. 1/2005, in quanto – ad avviso delle ricorrenti – la realizzazione dell’ampliamento avrebbe dovuto essere preceduta dalla modifica degli strumenti urbanistici vigenti da attuarsi attraverso il modulo procedimentale previsto dalle norme indicate, non potendo ritenersi sufficiente l’effetto di variante degli strumenti urbanistici previsto dall’articolo 208, comma 6, d. lgs. 152/2006.

Con la decisione n. 220/2011, il Consiglio di Stato ha tuttavia giudicato non fondato l’appello, ricordando come nella fattispecie si applicasse il citato art. 208 del d. lgs. 152/2006, «trattandosi di norma speciale nazionale, sopravvenuta alla precedente legge regionale» e come esso consenta di «derogare agli strumenti urbanistici vigenti».

Conclusioni

Se la decisione del Consiglio di Stato appare ineccepibile rispetto alla conclusione cui perviene, non convince invece pienamente il passaggio in cui essa sottolinea che l’art. 208 del d. lgs. 152/2006 è norma, oltre che speciale, sopravvenuta rispetto alla legge regionale del 2005 invocata dalle ricorrenti.

Si deve infatti osservare che:
• una medesima disposizione era contenuta anche nel previgente art. 27 del d. lgs. 22/1997 (noto come “decreto Ronchi”), di cui l’art. 208 riproduce – con qualche modifica – il contenuto;
• non sembra possibile ritenere che l’effetto di derogare agli strumenti urbanistici attribuito al provvedimento di approvazione dei progetti di impianti di smaltimento o recupero di rifiuti dall’art. 27 del decreto Ronchi fosse venuto meno a seguito dell’entrata in vigore della legge regionale Toscana n. 1/2005;
• neppure una futura legge regionale (che sarebbe, dunque, sopravvenuta rispetto al d. lgs. 152/2006) potrebbe “depotenziare” l’autorizzazione in questione, vertendosi in materia riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato in forza dell’art. 117 della Costituzione. Il bilanciamento fra i vari interesse contrapposti è stato attuato, a monte, dal legislatore statale mediante la disposizione contenuta nel più volte citato art. 208 e le Regioni non possono metterlo in discussione con proprie leggi; altrimenti si vanificherebbe fin troppo agevolmente l’intento perseguito dalla disposizione in questione di consentire di superare, ove necessario e con le dovute modalità, la prevedibile “opposizione” dei Comuni – cui spettano ordinariamente le competenze in materia urbanistica ed edilizia – all’insediamento degli impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti nel proprio territorio. È, infatti, risaputo che il timore delle ricadute ambientali e sanitarie negative di tali impianti induce spesso le comunità locali ad osteggiarne apertamente la realizzazione.

(Consiglio di Stato, Decisione 17 gennaio 2011, n. 220)

[Avv. Andrea Martelli, andrea.martelli@buttiandpartners.com]